42. Ti amo
L'odore di lei gli
penetrò nei polmoni mentre Kei tentava di riempirli d'aria,
lasciando sfogare il respiro affannoso che gli sollevava
ripetutamente il petto nel reclinare il capo all'indietro, sui
cuscini. Avvertendo gli strascichi dell'orgasmo disperdersi lungo i
muscoli di gambe e braccia, rilassò progressivamente la schiena,
allentando la presa con la quale le aveva lasciato, sui fianchi, una
coppia di segni rossi piuttosto caratteristici.
Abbandonato sul
letto, ascoltò il respiro altrettanto irregolare di Yukiko
sfiorargli l'orecchio destro, abbandonata sopra di lui, pelle contro
pelle, il sudore in parte assorbito dalle lenzuola. Il dranzerblader
chiuse gli occhi e si godette la sensazione che, puntuale, gli
pervase ogni muscolo, ogni nervo, ogni fibra del corpo stanco e
soddisfatto.
Ancora dentro di
lei, fece scivolare una delle due mani lungo il profilo della sua
schiena, mentre rifletteva sul proprio compiacimento per il piacere
che sapeva averle procurato e la cui testimonianza gli era stata
impressa sulle spalle e dietro la schiena. Senza dubbio di lì a poco
gli sarebbero comparsi sfregi di un bel rosso fuoco sulla pelle,
eppure la cosa non gli dispiacque per niente: avrebbe fatto l'amore
con lei ancora e ancora, se il suo amichetto lì in basso ne avesse
avuto le forze, ma dopo la terza volta di fila si sentiva
praticamente a secco.
Involontariamente
contrasse i muscoli della sua erezione e bastò quella debole
vibrazione perché la mora sussultasse, irrigidendo ogni muscolo,
ipersensibile dopo quanto era appena successo fra quelle quattro
mura. Quella reazione da parte di lei lo fece ridacchiare, suono al
quale seguì un sibilo contrariato che gli sfiorò nuovamente il lobo
dell'orecchio e che ne aumentò l'ilarità, prolungandogli quella
risata fra i denti.
Yukiko si tirò
indietro quel tanto che bastava da permetter ad entrambi di
incrociare i reciproci sguardi e Kei ne inquadrò senza problemi
l'espressione del viso fra l'imbronciato ed il divertito,
ricambiandola con un sorrisetto sghembo dei suoi. I suoi occhi verdi
rilucevano sotto le ciglia scure come smeraldi e le labbra gonfie di
baci erano schiuse a lasciar passare aria per i polmoni. Le guance
erano tinte da un rossore che andava attenuandosi mentre, ad
incorniciare il tutto, la sua chioma corvina e violacea le ricadeva
sulle spalle in una piega ribelle, dalla quale spuntavano alcune
ciocche temerarie ancor meno soggette alle ordinarie leggi della
fisica. Sulla base del collo, appena sopra la clavicola, individuò
una rosa rossa, un piccolo marchio lasciatole da lui stesso poco
prima, che avrebbe impiegato un giorno o due per scomparire. Il
pensiero lo fece sorridere, ammirando la propria compagna, preda di
sentimenti contrastanti ma che si tradussero presto in un'unica
parola: “Mia”.
Gli venne del tutto
naturale avvolgerle il busto con ambo le braccia e, con un colpo di
reni, capovolgere la situazione. Il movimento improvviso lo costrinse
a uscire da lei, ma una volta che la sentì premuta fra il suo petto
ed il materasso, insinuò il viso nell'incavo del suo collo,
mordicchiandole il lato della mandibola con fare giocoso.
La risata che sgorgò
dal petto della mora lo fece sorridere nuovamente fra sé e sé e ben
presto la voce di lei assunse una sfumatura incredula.
– Un'altra volta??
– Non sai quanto
mi piacerebbe – le mormorò con voce roca all'orecchio, sfiorandole
lo zigomo con la punta del naso, malizioso, prima di continuare –
..ma credo che ti concederò una decina di minuti per riposare.
– Ah, è così..?
– ribatté lei divertita, ruotando appena il capo in sua direzione.
Tornando a
incrociarne lo sguardo, Kei le mostrò di nuovo quel mezzo sorriso
ironico e malizioso al tempo stesso, prima di abbassarsi abbastanza
da posare le sue labbra su quelle di lei. La baciò più
delicatamente di quanto aveva fatto sino a quel momento, avvertendo
ancora in bocca il sapore di lei, così come sapeva avere il suo
odore addosso. Una consapevolezza che gli faceva quasi girare la
testa.
Suo malgrado,
rammentandosi di non potersi ancora rilassare, dovette farsi indietro
per scendere dal letto ed, una volta in piedi sul pavimento in legno,
uscì dalla camera e raggiunse il bagno, dal quale tornò un paio di
minuti dopo.
Accostando la porta
dietro di sé, fece spaziare lo sguardo scuro per l'ambiente, del
tutto incurante del fatto di star girando nudo per casa di qualcun
altro. La luce che filtrava attraverso la finestra aveva assunto una
sfumatura più tenue, tipica di un tardo pomeriggio autunnale, e
tingeva di riflessi più caldi le pareti ed i mobili, senza per
questo risparmiare le tende color panna.
Stirandosi i muscoli
vagamente indolenziti, si voltò allora per contemplare il lato della
camera nel quale giaceva ancora la mora, che durante la sua breve
assenza s'era infilata sotto le coperte. Abbozzando un mezzo sorriso,
Kei rimase a guardarla per una manciata di secondi ancora, seguendone
la curva della schiena sino a ché questa non scompariva sotto il
bordo delle lenzuola color azzurro chiaro e la coperta invernale di
un bel blu notte.
Rilassata, stanca e
soddisfatta.
Ecco come gli
appariva, a tal punto da finire per addormentarsi in quei pochi
minuti che era stato via, e questo non poteva ché essere un motivo
d'orgoglio per lui, sebbene non si limitasse solo a quello. A
sfiorargli il centro del petto vi si mise un moto di tenerezza che
non aveva mai provato per nessun altro e quella sensazione gli fece
delineare le labbra in un tenue sorriso, prima che iniziasse ad
accusare il freddo e pensasse di infilarsi sotto quelle coperte con
lei.
All'intenso brivido
che gli fece rizzare i capelli neri sulla nuca, il blader finalmente
si mosse ed, una volta raggiunto il letto, si infilò sotto le
lenzuola approfittando dello spazio che la stessa ragazza gli aveva
lasciato prima di sprofondare nella fase Rem. Il tempo di mettersi
comodo che Yukiko gli si strinse contro e lui, voltato su un fianco
verso di lei, si bloccò allo stesso modo di come era successo più
d'un mese prima, in quella stanza d'albergo in Russia, cercando di
non svegliarla del tutto. Dopo una manciata di secondi, ancora
tenendo sollevato il busto sul gomito sinistro, si premurò di
coprirla meglio sino alle spalle, prima di infilare il proprio
braccio destro sotto quelle coperte e cingerla all'altezza del
fianco. Il sospiro soddisfatto che le sgorgò dalle labbra gli si
riversò tiepido sulla pelle del petto, rispecchiando in parte il suo
stesso stato d'animo, al punto da sembrargli la cosa più naturale
del mondo quella di far scivolare le dita a seguire il profilo della
spina dorsale di lei.
Quel pensiero lo
sorprese sul momento, inducendolo ad aggrottare le sopracciglia
mentre fissava l'espressione rilassata della ragazza che, di poco più
in basso, sembrava già sul punto di dormire profondamente. Il tocco
lieve della stessa tuttavia lo fece ricredere, perché ella ricambiò
quelle sue attenzioni, posando la mano sinistra sul suo braccio,
sopra il gomito, in una carezza lenta e costante che ebbe il potere
di distrarlo e farlo rilassare a propria volta. In fondo, perché
avrebbe dovuto sorprendersi di stare tanto bene con qualcuno? Solo
perché non gli era mai successo prima?
Sorreggendosi il
capo sul palmo della mano, fece vagare il pensiero mentre con l'iridi
dai riflessi di brace seguiva il profilo della mora come si era
ritrovato a fare diverse volte in un passato recente, soffermandosi
sulla piega leggermente tesa in un accenno di sorriso delle labbra di
lei.
Un sorriso che si
ritrovò ad imitare senza neanche rendersene conto.
Ancora una volta
pensò che, in quel momento, non avrebbe potuto trovarsi in un luogo
migliore se non quel letto, con lei fra le braccia. Una parte della
sua mente gli suggerì che avrebbe potuto essere la stessa cosa in
qualunque altro posto, purché ci fosse stata lei.
La sua
Compagna.
Quand'era diventata
tanto importante da suscitargli emozioni tanto profonde?
Rivangando i propri
ricordi, tornò al tempo in cui l'aveva incontrata la prima volta,
rammentando perfettamente ogni momento di stupore che lei gli aveva
causato, ogni momento in cui si era sentito spiazzato o colpito da
qualcosa che aveva a che fare con lei. Non poteva credere che fossero
arrivati tanto lontano. Non poteva credere di potersi sentire tanto
fortunato e felice solo per il fatto di poterla osservare come in
quel momento.
Si lasciò sfuggire
un debole sbuffo autoironico a labbra serrate, delineate in un mezzo
sorrisetto che avrebbe potuto essere chiaramente una smorfia. S'era
rammollito? Sembrava l'unica spiegazione per ciò che era arrivato a
pensare; l'unica, a parte...
Quel sorrisetto si
dissolse sul suo volto, mentre la conclusione più ovvia gli balenò
nella mente con la stessa intensità della luce di un faro nella
notte. Inarcando ambo le sopracciglia, Kei lasciò che la propria
mente tornasse a tutti i momenti di tenerezza e di ansia vissuti con
lei.. per lei, si corresse, e progressivamente avvertì la
propria espressione tradire la profonda incredulità che lo stava
cogliendo.
Trattenne il fiato.
Se n'era
innamorato.
Si era innamorato di
Natsuki Yukiko, futura presidentessa della Natsuki Corporation
e giovane donna
che definire 'complicata'
sarebbe stato un eufemismo,
senza nemmeno rendersene conto. Una ragazza la cui forza d'animo lo
aveva favorevolmente impressionato, così com'era stato per la sua
potenza di blader. L'unica ad essersi avvicinata abbastanza a
lui da rischiare di
bruciarsi, senza per questo tirarsi indietro o demordere quando aveva
tentato di tenerla a distanza. Alla mente gli tornò in un flash il
ricordo del sogno fatto molte settimane prima, nell'istante esatto in
cui lei riusciva ad infrangere l'oscurità nella quale si era
barricato e con slancio tentava di raggiungerlo, la sua mano protesa
verso di lui.
Comprese
che, in qualche modo, lei gli aveva sempre teso quella mano, sin
dall'inizio, e questo ebbe il potere si sorprenderlo ancor più di
tutto il resto.
Osservando
il viso della ragazza accanto alla quale era disteso con sguardo
diverso, si sentì arrossire, eppure al tempo stesso avvertì la
consapevolezza dei propri sentimenti crescere e rafforzarsi al centro
del petto, pervadendolo da capo a piedi. Una sensazione insolita, che
tuttavia lo fece sorridere spontaneamente, preda di qualcosa che
poteva essere paragonato ad una profonda gratitudine.
Se
n'era innamorato e non avrebbe cercato di negarlo a sé stesso,
perché gli era semplicemente divenuto impossibile.
– Yuki..?
– la
chiamò a bassa voce, cercando di capire se fosse
sveglia.
Lei
non si mosse, né mandò segno di averlo udito in qualche modo o di
star tornando alla realtà. Il suo respiro regolare e profondo
continuò a riempirle i polmoni e scivolarle oltre le labbra
leggermente schiuse per una manciata di secondi piuttosto lunga,
abbastanza da convincerlo del sonno in cui era sprofondata. Doveva
essere stata parecchio stanca, di una stanchezza che lentamente stava
insinuandosi anche in lui, sebbene l'adrenalina che gli era finita in
circolo a causa della rivelazione che lo aveva appena colto stesse
ancora facendo il suo effetto.
Allora
chinò il capo, sfiorandole con la punta del naso la tempia sinistra
ed avvertendo la sensazione setosa dei suoi capelli fargli il
solletico. Inspirando, ne colse nuovamente l'odore, una fragranza che
mista a quella che doveva appartenere allo shampoo che aveva
utilizzato, gli ricordò i fiori di gelsomino, ed il sorriso tornò
ad accentuarglisi, seppur morbidamente, in volto. Si accostò
all'orecchio di lei, scostandole una ciocca di capelli dietro lo
stesso con la mano destra, prima di decidersi a schiudere le labbra.
Trattenne il fiato.
– Ti
amo – le
sussurrò, in un sospiro che flebile gli svuotò i polmoni,
abbattendo anche l'ultimo ostacolo che aveva eretto a difesa di sé
stesso.
Non
osando ancora respirare,
rimase immobile e tese le orecchie, in ascolto di un qualsiasi suono
che potesse suggerire che la ragazza non fosse così addormentata
come aveva supposto, ma non vi fu alcun cambiamento e dopo un minuto
d'orologio tornò a rilassarsi, facendosi nuovamente indietro e
riappoggiando il capo sul palmo della mano sinistra.
Sapeva
di essere sleale, che quella non avrebbe potuto considerarsi una vera
e propria dichiarazione, ma non poteva comunque negare che il proprio
cuore gli stesse battendo ad un ritmo frenetico al centro del petto.
Gli aveva fatto un'impressione strana il suono di quelle due parole,
proferite dalla sua bocca e con la sua voce: aveva dovuto fare uno
sforzo per farle uscire, dandogli quasi l'idea che nel scivolargli
sulla lingua gli avessero raschiato le corde vocali. Non aveva mai
detto niente di simile a nessuno prima, nemmeno a suo padre, e sua
madre se n'era andata che lui era ancora in fasce, per cui non aveva
alcun ricordo di quel tempo o di lei.
Per
la prima volta si sentì completamente in balia delle proprie
emozioni, senza più un appiglio, e la cosa lo inquietò. Non era
abituato a cedere alla propria parte emotiva, si era sempre sforzato
di valutare ogni cosa, di seguire il proprio lato razionale, eppure
ora non ci riusciva. Sapeva solo di voler stare con lei.
E
lei era lì, fra le sue braccia, talmente a suo agio da dormire in
tutta tranquillità. Si fidava di lui.
Si
rilassò, riuscendo grazie a quest'ultima constatazione a scacciare
quella sensazione di paura che l'aveva sfiorato poc'anzi. Fu grazie a
questo che cedette alla sensazione di formicolio del polso sinistro e
scivolò più in basso, ruotando su sé stesso per stendersi supino e
al tempo stesso far passare il proprio braccio sotto il collo
della mora.
Il movimento la destò in parte, ma fu una cosa del tutto naturale
per entrambi incastrarsi in quella nuova posizione ed
il dranzerblader si ritrovò
a stringerla contro di sé,
mentre lei prendeva posizione con il capo sulla sua spalla e gli
cingeva il fianco più lontano con il braccio sinistro. Quando arrivò
ad intrecciare le gambe con la sua, lui si ritrovò per l'ennesima
volta a sorridere, appoggiando la guancia al capo d'ella ed
avvertendo sulla pelle la liscia
consistenza dei suoi capelli scuri. Lasciandosi
così
pervadere da un nuovo senso di pace che lo aiutò ad accantonare
timori e ansie di sorta, colse
il profondo sospiro che
sgorgò dal petto della nightblader.
Un
sospiro che rispecchiava
esattamente il suo stato d'animo.
Non
avrebbe voluto svegliarsi ma, nella penombra della sua stanza,
avvolta dal piacevole tepore che le trasmetteva la presenza del suo
ragazzo, Yukiko iniziò a riemergere dal mondo dei sogni in uno stato
di preallarme. Il ché era assurdo, perché non c'era posto più
sicuro dove avrebbe potuto essere se non quello, convinzione che si
accentuò quando si ricordò con uno sprazzo di lucidità di essere
fra le braccia del suo dranzerblader.
Quando
tuttavia, l'istante successivo, il suono di una voce raggiunse la sua
coscienza chiamandola per nome, venne bruscamente riportata alla
realtà con lo stesso effetto di una secchiata d'acqua gelida: la
signora Natsuki.
– Yuki-chan?!
Sei in casa??
Il
sussulto che la colse svegliò anche il ragazzo al suo fianco, il
quale spalancò gli occhi scuri allarmato mentre la mora si alzava di
scatto a sedere, imprecando fra sé e sé mentre si lasciava
sfuggire, in un sussurro strozzato da
un'ondata di panico: –
È mia madre!
La
reazione di Kei non fu altrettanto fine.
– Cazzo!
– ringhiò
questi, quasi
caracollando giù dal letto, tirandosi dietro le coperte nello
slancio e rischiando per questo di inciampare –
Cazzo! –
ripeté a
voce contenuta, lottando con
la stoffa per
restare in piedi – Mi
sono addormentato.. merda!
– Tesoro?
– la
voce della presidentessa della N.C. questa volta sembrò più vicina
e ad essa si accostò
il caratteristico suono
di passi per le scale.
Non
avevano più tempo.
– Sì!
– esclamò
la mora, guardandosi brevemente intorno mentre il giovane
Hiwatari tentava di
raccattare i suoi vestiti. Saltò
letteralmente giù dal letto,
raggiungendo di corsa la propria cassettiera –
Ci sono, mamma! –
ripeté intanto, prima di
abbassare il tono e rivolgersi al dranzerblader con
fare concitato –
..nasconditi!! –
ormai il panico minacciava di prendere il sopravvento e rovistando
nel cassetto che aveva aperto con forza ne estrasse un paio di
mutandine – Mi..mi
sto cambiando!!
Nei
due secondi a seguire Kei si appiattì contro la parete, proprio
accanto alla porta, stringendo a sé i pantaloni e la maglia ma
dimentico delle scarpe, in bella mostra al centro della camera.
Scarpe che la ragazza con un calcio spedì sotto il letto mentre si
infilava l'indumento intimo e si affrettava ad anticipare sua madre.
Raggiunse la porta proprio mentre la maniglia ruotava e vi si gettò
contro con slancio, impedendo al genitore di schiuderla più di una
manciata di centimetri.
– Non
entrare!
– Oh..
Yuki-chan! – esclamò
la donna, sorpresa –
Che succede?
– Mi
sto cambiando, mamma! –
ribadì la ragazza, facendo
attenzione a non mostrar più del viso oltre lo spiraglio aperto
dall'altra.
La
signora Natsuki sembrò crederci, perché poi se ne uscì con una
delle sue risate caratteristiche.
– Uhuh!
Ma cara, ti ho partorita, non devi sentirti in imbarazzo con la tua
mamma!
– Mamma,
insomma!! –
esclamò spazientita e
completamente nel pallone,
cercando di controllare la propria agitazione e tentando di farla
passare per imbarazzo – Non
ho più 5 anni, rispetta la mia privacy!
– D'accordo,
d'accordo.. – concesse
sua madre a quel punto, facendo un passo indietro e permettendole di
richiudere la porta. Una volta che la serratura tornò a posto, la
voce di lei si fece sentire da oltre l'anta lignea con
una sfumatura più ovattata –
Non mi avevi detto che
saresti uscita stasera.. hai già cenato?
– No,
non l'ho fatto – la
blader scambiò un'occhiata al suo compagno, tanto teso da darle
l'impressione di volersi fondere con il muro dietro la sua schiena.
Non che lei fosse messa meglio, per dire. Si schiarì la voce –
Esco a cena, per l'appunto –
si inventò sul momento.
Il
borbottio del suo stomaco sembrò approvare e sul volto di Kei
comparve un sorrisino divertito ed ironico al contempo, prima che
questi schiudesse le labbra
per mimare le parole:
“Carne alla griglia”.
La
proposta venne accettata dalla mora con un cenno del capo, prima che
alle orecchie le giungesse nuovamente la voce della donna ancora
ferma in corridoio.
– Con
Eiji?
Il
sorriso dal volto del dranzerblader scomparve, come evaporato, mentre
un sopracciglio sfrecciò verso l'alto.
– Chi?
– chiese
di getto lei, non riuscendo a collegare quel nome a nessuno di
conosciuto.
– Ma
come chi?! –
ribatté in tono divertito e
perplesso al tempo stesso l'altra –
Eiji! Il tuo vecchio compagno
di classe? È successo qualcosa, per caso??
Il
cervello di Yukiko riuscì a fare i giusti collegamenti e si illuminò
di comprensione – Ah!
No no, non è successo niente di particolare! –
neanche il tempo di finire di
dire quella frase che avvertì lo sguardo penetrante del suo ragazzo
trafiggerla da parte a parte e lei, voltandosi nuovamente a
guardarlo, sfoggiò un sorrisetto nervoso alla vista della sua nuova
espressione, fra l'accusatorio ed il saccente. Continuò comunque a
parlare a sua madre – Sì,
usciamo. E sono pure in ritardo, mamma!
–
Uhuh.. be', spero di conoscerlo prima o poi.. sembra proprio una cosa
seria!
–
Non..non saprei! È presto per dirlo..
–
Come vuoi tesoro, non ti metterò pressioni!
Quell'ultima
frase, accostata ad un fruscio, fece improvvisamente venire il dubbio
alla mora di star davvero parlando con sua madre. Come sarebbe che
non le avrebbe fatto pressioni? Ma se non aveva fatto altro in tutta
la sua vita! Cos'era cambiato? Che fosse a causa del tipo con cui si
vedeva e di cui non voleva dirle nulla?
– Ehm..
e come vanno le cose fra te e il
tipo con cui esci?
– Oh,
bene direi..
–
Quando lo porterai a casa?
– Yu-Yukiko,
non mi sembra il caso.. –
sentì dire a sua madre,
piuttosto impacciata invero, altra cosa che le fece inarcare
maggiormente un sopracciglio, accentuando l'aria interrogativa che
aveva in volto mentre ascoltava il seguito –
..è un po' presto per dirlo.
Le
parti si erano appena invertite. Quella consapevolezza ebbe il potere
di farla rilassare, ma non per questo si sentì meno impaziente di
chiudere il discorso – Ho
capito mamma, non c'è bisogno che tu mi dica altro –
affermò, prima di deglutire
e aggiungere – Ora
scusa, ma devo proprio vestirmi!
– Sì,
ho capito: ti lascio fare. Divertiti, mi raccomando!
– Lo
farò – le
rispose, prima che il suono di passi nel corridoio le preannunciasse
che sua madre stava allontanandosi. Fece altrettanto, scostandosi
dalla porta soltanto quando la sentì entrare nella sua stanza e
allora Yukiko si voltò di nuovo verso Kei, che sembrava averne
approfittato per infilarsi almeno
i pantaloni.
– Mi
aspetto delle spiegazioni –
le disse lui
con tono basso, ma non per
questo meno gelido, accompagnato
da
un'occhiata penetrante.
Quella
reazione da parte del
blader le fece salire un nuovo brivido su per la spina dorsale, che
la costrinse a sfoggiare un nuovo
sorrisetto nervoso. Da una parte la situazione aveva il suo lato
umoristico, ma per un attimo la mora si pentì della bugia che aveva
dovuto inventarsi per coprire la loro relazione sino a quel momento.
Deglutì, annuendo, prima di
tornare sui propri passi, verso il centro della stanza e poi alla
cassettiera, tirandone fuori un reggiseno pulito.
Anche
Kei si mosse, recuperando il resto dei propri vestiti ed iniziando a
metterseli in silenzio e con una certa rapidità. Lasciandolo fare,
lei per contro esaminò i propri indumenti ancora appesi nell'armadio
e, alla fine, scelse un maglione di lana a collo alto ed un paio
degli ultimi jeans che aveva comprato due giorni prima con sua madre.
Stava cercando di infilarvi le gambe quando la voce del dranzerblader
la richiamò.
– E
questo?
Quell'unica
domanda la fece bloccare, voltando il capo verso di lui perplessa,
finché
non lo vide accanto alla cassettiera, la sua sciarpa in una mano
mentre con l'altra con
l'indice puntato ad un lembo
di stoffa che sporgeva dal cassetto aperto. Le ci vollero un paio di
secondi per capire cosa fosse ciò che il ragazzo le stava indicando
con aria perplessa e ironica al tempo stesso e, quando accadde, fu
lei stessa a sorprendersi.
– Oh..
– riuscì
a dire soltanto inizialmente, prima di finire di tirarsi su i jeans.
Muovendosi per avvicinarsi a sua volta verso
il mobile, si
sentì terribilmente in imbarazzo nel fornirgli una spiegazione,
in tono basso – ..era
il pigiama di mio padre.
Lo
vide inarcare un sopracciglio ed assumere un'aria quasi preoccupata,
reazione che per contro le fece comparire
un leggero mezzo sorriso che
voleva essere incoraggiante –
Mi ero quasi
scordata di averlo –
affermò, con una punta di
malinconia.
Erano
quasi due mesi che non lo metteva, sin da prima di partire per
l'America. Non ne aveva più sentito il bisogno e nemmeno vi aveva
più pensato, sino a quel momento. Notando la perplessità del
ragazzo di fronte a sé fece spallucce, prima di spiegargli
brevemente ciò a cui stava pensando.
– Lo
mettevo spesso quand'ero
giù di morale, mi aiutava.. –
si frenò dal proseguire
quella frase e lui non glielo
chiese, cosa di cui gli fu grata e
poco dopo la riformulò da
capo –
..mi faceva sentire meno sola
– diede
una spinta al cassetto, chiudendolo prima di voltarsi di nuovo ad
incrociare lo sguardo del suo compagno, sorridendogli infine
con più convinzione –
Ora non mi serve più.
Lo
vide ricambiare il sorriso e per un istante si dimenticarono entrambi
del luogo e del momento. Furono i passi della madre di Yukiko a
ricordarlo loro, suono al quale seguì ben presto il
tonfo sordo di una porta che
si chiuse sul corridoio.
Ancora un istante e il rumore
dell'acqua corrente della doccia giunse ovattato sino alle
loro orecchie, inducendo la
mora a tornare a muoversi, di nuovo cosciente della necessità di
sbrigarsi.
– Sbrighiamoci
– incitò
difatti il
suo compagno, indicandogli il letto e procurandosi un paio di
calzini.
Il
tempo a Kei di recuperare le sue scarpe e infilarsele che lei stava
già tentando di aggiustarsi la piega dei capelli davanti allo
specchio. Non ci stette a perdere troppo tempo tuttavia, ben
consapevole di non poter chiedere troppo alla propria chioma
bicolore, e si risolse legandola in una coda alta, prima di voltarsi.
– Andiamo
– disse
soltanto, prima di accostarsi alla porta. Fece cenno al blader di
seguirla e schiudendola con cautela diede un'occhiata fuori: come
previsto, sua madre era in bagno ed aveva solo lasciato la luce
accesa in camera sua. Sgattaiolarono
fuori in punta di piedi, raggiungendo in fretta il pianerottolo delle
scale e scendendole con altrettanta rapidità, la ragazza quasi finì
per fare un bel capitombolo.
Si
riprese all'ultimo, aggrappandosi al corrimano, ed attese
di aver raggiunto indenne
l'atrio ed essersi infilata i
primi stivali che aveva
trovato a portata di mano,
prima di esclamare a voce alta –
Io vado!
La
risposta della donna fu talmente flebile e ovattata che quasi lei non
la udì, ma non per questo attese un istante di più.
Uscirono
sul vialetto e Yukiko tirò fuori le chiavi della macchina che aveva
nella tasca del giubbotto, espirando una nuvoletta candida di fiato
quando l'aria fredda della sera le sfiorò la pelle del volto.
– Prendiamo
la mia – annunciò
senza preamboli, dirigendosi verso quella che a tutti gli effetti era
la sua nuova auto. Lei e sua madre erano andate a ritirarla quello stesso primo pomeriggio in concessionaria e, neanche a dirlo, la signora Natsuki
aveva approfittato di una promozione per dare indietro la loro
utilitaria e farsi un'auto nuova a propria volta. Il risultato era
parcheggiato nel vialetto di casa loro: una Mazda 2
ultimo modello dalla carrozzeria color viola metallizzato a 5 porte
sostava subito accanto ad una Mazda 3
di un rosso fiammante.
Dirigendosi
verso la prima, la nightblader si spostò sul lato di guida mentre
Kei la imitò dall'altro e, dopo un rapido lampeggiare di 4 frecce
arancioni, aprirono all'unisono le portiere e vi si fiondarono
dentro. Gli interni erano in pelle bianca, il cruscotto di un nero
sporco e le rifiniture in grigio chiaro. Avrebbe dovuto procurarsi
delle foderine per i sedili al più presto ed, eventualmente, un
altro paio di cosette a cui aveva pensato. Sui sedili posteriori ci
aveva già piazzato il cuscino rosso a forma di cuore che sua madre
le aveva regalato per il suo San Valentino dei dieci anni.
Soltanto
quando furono fuori dal cancello, in strada, la mora si rilassò
abbastanza da fermarsi al primo stop e voltarsi a cercare lo sguardo
del suo compagno.
– Dove
si va?
– A
destra – le
rispose lui, prima di abbozzare un mezzo sorriso sarcastico –
..ed ora raccontami un
po' di questo Eiji.
Per
un attimo la giovane Natsuki rischiò di grattare la marcia e,
sbuffando, gli rispose soltanto dopo aver scalato sino alla terza –
Ho dovuto inventarmi qualcosa
appena tornata a casa e non mi è venuto in mente altro. Vedila così
– lo
spronò ironica, ridacchiando –
..tu per mia madre ti chiami
Eiji, sei un tennista ed
andavamo a scuola insieme alle superiori.
– Umphf
– il
dranzerblader spostò lo sguardo oltre il finestrino alla sua
sinistra e la mora capì che il discorso era appena stato chiuso lì.
O almeno ebbe
quell'impressione, prima che quella venisse smentita da un ultimo
commento sarcastico –
Potevi almeno inventarti un
nome più figo.
Quell'unica
replica suonò talmente sincera nel suo rimprovero che la fece
scoppiare a ridere.
Sollevando
in una mano la cornetta dell'ufficio, il presidente Hiwatari
schiacciò il tasto di chiamata automatica e attese che il telefono
componesse il numero, accostandola all'orecchio e rimanendo in
ascolto. Non dovette attendere molto prima che la donna all'altro
capo rispondesse.
–
Pronto?
–
Buonasera Natsuki. Puoi parlare?
–
Sì, sì. Yukiko è uscita da poco – assicurò l'altra senza
tentennamenti.
L'uomo
abbozzò un mezzo sorriso – Bene, perché credo di aver assistito
per caso ad una cosa insolita ieri mattina.
La
sua interlocutrice si fece curiosa e vagamente preoccupata al
contempo – Non avranno scoperto...?
–
No no – la rassicurò subito l'uomo, appoggiandosi allo schienale
della sua poltrona da ufficio – Si tratta di qualcos'altro;
qualcosa che riguarda in prima persona entrambi i nostri figli.
–
Mh?
–
Forse è un po' presto per parlare, ma credo che il nostro piano
originario stiano avendo i suoi effetti – le disse, prima di
esporle la scena a cui aveva assistito per caso lui stesso. Quando
ebbe finito, dall'altro capo del telefono seguì una pausa di
silenzio talmente lunga da fargli credere che la sua interlocutrice
fosse rimasta senza parole. Si sbagliava.
–
Uhuhuh.. – la sua particolare risata gli giunse dapprima
sommessa e poi sempre più distinta, seppur di breve durata –
Allora i miei sospetti potrebbero non essere così infondati.. ma
sì, confermo il fatto che sia presto per trarre conclusioni
affrettate. Propongo di continuare come se niente fosse e stare a
vedere come va avanti la cosa.
Sfoggiando
uno dei suoi mezzi sorrisetti sghembi che suo figlio aveva ereditato
da lui, il presidente annuì – Sì, mi pare la cosa più sensata da
fare per ora – affermò compiaciuto dell'acuta mente della sua
compagna d'affari – ..farò in modo di racimolare qualche
informazione in più. So già a chi rivolgermi.
–
Non esagerare – lo ammonì l'altra con tono bonario e
critico al tempo stesso – Se lo scoprissero non ce
lo perdonerebbero mai.
–
È vero – ammise con un sospiro il signor Hiwatari, ben rammentando
quanto il suo rapporto con Kei fosse andato peggiorando, malgrado i
suoi sforzi iniziali di riavvicinarglisi dopo quanto accaduto per
colpa di suo padre. Per fortuna c'era lei a ricordargli la necessità
di una certa moderazione – Piuttosto, la prossima settimana dovrò
partire per un viaggio d'affari ad Hong Kong e pensavo di portar con
me mio figlio. Staremo via qualche giorno.
–
Oh – se ne uscì la signora Natsuki a quel punto, presa alla
sprovvista ma comunque composta, tanto da non lasciar passare più di
un paio di secondi prima di dare una risposta più articolata – Sì,
mi sembra un'ottima idea.. io ne approfitterò per tener d'occhio
Yukiko.
–
Appena avrò la data precisa del nostro ritorno ti farò sapere.
Considerati prenotata per una cena la prima sera disponibile.
–
Uhuh.. d'accordo, come vuoi.
–
Ti saluto, Natsuki – le disse in ultimo, non senza sentirsi a
disagio per la necessità di non potersi permettere una maggiore
informalità in quell'ambiente di lavoro. La risposta che gli giunse
all'orecchio gli suonò infinitamente più dolce.
–
A presto, Susumu.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno a tutti!!
Ok, non mi dilungherò, volevo solo ringraziare le mie ragazze per le loro recensioni - Silmeria, ho aggiustato la parte del capitolo che mi hai segnalato (errore di correzione distratto maledetto XD classica cosa da 'prima volevo scrivere una cosa, poi ci ho ripensato') - e mi scuso ma in sto periodo nn ho molto tempo. Ho un esame il 23 dicembre e devo assolutamente studiare -.- quindi mi spiace, ma sarò terribilmente lenta negli aggiornamenti da ora in poi. In pratica, non so quando riuscirò ad aggiornare!
Scusateeee!
Spero che questo capitolo però vi sia piaciuto abbastanza da portare pazienza con me <3
Scappo! Ma prima di farlo volevo citare qui sotto la fanfic della mia cara Obsidian_Butterfly, perché è stata taaanto carina da citarmi nella sua! <3 Se vi capita fateci un salto, l'idea è molto buona a mio parere e gli sviluppi sembrano decisamente interessanti! ^_^ Aspetto di vederne il seguto: Light and Fire.
un bacione a tutti e buon Dicembre!
Kaiy-chan
P.S. allego qui sotto le auto delle nostre due Natsuki! La prima è quella della madre
la seconda è quella di Yuki-chan con tanto di interni!