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Autore: Elle Douglas    05/12/2014    1 recensioni
'Ci facciamo sedici foto, e cerchiamo di cambiare espressione e posa in ognuna per renderle diverse.
Alla fine davanti a quella camera diamo anche la testimonianza del nostro amore, e a quello dedichiamo più foto.
Usciamo da lì, e la macchinetta ci da quelle foto un po’ sceme, un po’ serie, un po’ pazze, un po’ innamorate, un po’ noi.
Io le guardo con il mento sul suo braccio mentre lui le tiene in entrambe le mani.
‘Tu quale vuoi?’, dice tenendole in mano ed esaminandole insieme a me.
‘Non posso prenderle’, gli dico affranta.
Lui mi osserva, poi intuisce.
‘Ah, già. A volte dimentico…’, fa lui tra il serio e il dispiaciuto.
‘Specie in serate come questa’, aggiungo io. ‘… in cui tutto sembra perfetto. Noi siamo perfetti’.
-
*Seguito in parte di 'My life with you (Simply Dream).
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. I see him die a little more inside
 
Il giorno dopo è il sole accecante a svegliarmi.
Sono ancora assonnata persa nelle lenzuola sgualcite di una camera ormai familiare. La sua.
Lui non c’è.
Cerco di aprire gli occhi e guardarmi intorno, ma niente.
Guardo l’ora sulla sveglia.
Le 10.30.
Che giorno è oggi? Mi tiro su e riordino le idee insieme ai miei capelli, o almeno cerco di farlo, perché oltre alla sera precedente non ricordo più nulla.
Nella mia mente ancora la passione con cui ci siamo divorati più e più volte durante quella notte.
Guardo le lenzuola, ancora. Le accarezzo dolcemente attraversando il ricordo.
E’ lì che è successo tutto.
E lì che sono diventata sua per davvero.
Ancora non ci credo.
Un sorriso mi si stampa in faccia, ancora incredula.
Io e lui insieme, per la prima volta.
Sono diventata sua, lui è mio, e di nessun' altra. Non devo solo immaginarlo.
Il mio Colin, ora posso dirlo davvero.
Mi alzo e non porto nulla tranne gli slip, sotto il seno, all’altezza delle costole ho alcuni succhiotti. Li accarezzo dolcemente ricordando il momento.
Infilo la prima cosa che trovo a terra, la sua maglia, impaziente di vederlo.
Sono presentabile? Lui c’è?
Dio, quante domande, quante insicurezze piombano ora su di me.
Apro piano la porta scorrevole che da sul salone e lui è in cucina, intento a fare qualcosa.
Sta cantando. E oserei dire che è felice quanto me.
Lo stavamo aspettando da tanto.
Ci stavamo aspettando.
La sua voce è qualcosa di unico, melodiosa, e perfetta. Starei lì ad ascoltarla per ore, e non sarebbe capace di stancarmi.
C’è qualcosa in lui che non lo è?
Sorrido a quell’immagine, a quelle sensazione che mi da.
‘Ehi…’, faccio io avvicinandomi.
Sul suo viso nasce un sorriso enorme seguito da una luce diversa.
E’ felice, io sono felice.
Siamo felici.
Lascia il mestolo che ha in mano e mi viene incontro.
Mi cinge i fianchi dolcemente e mi abbraccia.
‘Ehi, buongiorno amore’, e ho mille brividi a quel nuovo nomignolo che mi affibbia addosso.
E’ la prima volta che mi chiama così e lo guardo sorpresa.
Ci siamo sempre chiamati per nome, o con diminutivi, ma niente del genere.
Mi da un bacio leggero.
Continuo a fissarlo, lui se ne accorge.
‘Che c’è?’, chiede perplesso al mio sguardo.
‘Amore…?’, ripeto le sue parole estasiata. ‘E’ la prima volta che me lo dici’.
‘Questo non vuol dire che non lo pensassi anche prima però. Volevo solo un po’ di sicurezza per dirlo ad alta voce. A te.’
‘Che genere di sicurezza?’
‘Quella di averti al cento percento mia’
Non la smetto di estasiarmi, e il mio sorriso non mi lascia.
‘Dillo ancora’, lo imploro. Mi piace come suona, come mi sta.
‘Amore, amore, amore…’ continua divertito da quella perplessità. ‘Sei il mio amore’.
‘E tu il mio!’, dichiaro. Sfioro dolcemente le sue labbra con le mie, e attendo le sue reazioni.
Poi lo avvolgo in un abbraccio e lo bacio, ancora, e ancora.
E lui ricambia, non si stacca, resta attaccato a me e fa lo stesso, dando più passione a tutto.
Quell’ingrediente in più che riesce a darmi solo lui.
Le sue labbra si muovono sulle mie insieme a tutto il resto, insieme alle mie viscere.
La sua lingua cerca la mia, che perde tempo a farsi trovare e ad accoglierla e a giocare con la sua.
Ciò che riesce a smuovere quest’uomo dentro di me è assurdo.
Adoro i suoi baci, adoro lui, e il modo in cui mi ama e mi prende con sé.
Il modo in cui mi sento ogni volta.
Lo sento.
Non riesco a saziarmi di lui nemmeno un po’ ma mi allontano ugualmente.
Mi tiene ancora stretta.
Mi assaporo le labbra per tenere stretta a me il suo sapore.
‘Non smetterei di baciarti nemmeno per un secondo.’, il suo respiro mi è addosso, mi inebria e mi stordisce.
‘Non preoccuparti, siamo in due’, ultimo bacio e mi avvicino ai fornelli.
‘Sto preparando i pancakes’, mi informa lui. ‘Volevo portarteli a letto, ma non me ne hai dato la possibilità’.
‘Guarda, che posso sempre tornarci a letto, se ciò ti aggrada’, lo provoco.
‘A me farebbe solo piacere, e anche a te da quanto ho potuto vedere…’, allude.
Gli do una pacca, e ride.
Lo lascio ai fornelli e recupero il telefono dal tavolo, lo accendo.
Il tempo di avvio e vengo sommersa da messaggi e chiamate, tutte dallo stesso numero, tutte dalla stessa persona.
Mi sale la nausea.
 
- Giuro non capisco cosa ti stia accadendo.
- Mi spieghi cosa significa questo silenzio?
- Non so dove cercarti e sto impazzendo.
- Non puoi andartene così.
- Sei anni non si gettano nel nulla, pensaci bene.
- Se mi lasci giuro, non so che potrei fare..
 
E via così, da messaggi disperati, ad altri accusatori, ad altri dove rasenta minacce, e altri ancora dove lambisce pazzie.
Colin nota la mia espressione angustiata, quella felicità svanita di colpo.
‘Qualcosa non va?’
‘Una sola cosa…’, lascio intendere senza dire di più. ‘Devo vederlo. Adesso. Deve finire oggi stesso. Non ce la faccio più’.
Mi alzo impettita, mi faccio una doccia veloce e cerco seriamente di non affondare nella rabbia, devo pensare a ciò che ho e non cadere in ciò che lui vuole farmi, ora. Mi vesto con gli abiti del giorno precedente, perché gli altri sono ancora tutti in hotel.
Mangio i pancakes e tutto ciò che ha fatto per me, perché non voglio ci resti male.
Non voglio che quella giornata assuma un gusto amaro, voglio continuare a fare del mio meglio per non rovinarla anche a lui.
Aggiusto i capelli in una coda maldestra, e saluto Colin.
Lui mi blocca e mi prende per un braccio, facendomi voltare.
‘Non vai sola, questo è certo’, prende le chiavi.
Gli metto una mano sul petto e lo fermo atterrita.
‘Non puoi. Sai cosa potrebbe succedere se…’, inghiottisco a vuoto.
Mi guarda fisso.
Ho paura. Ho paura per lui e non voglio che venga con me a subire il peggio, basto io.
‘Non devi preoccuparti per me, lo sai. So badare a me stesso’.
Mi lascio convincere e non so quanto sia buona quella decisione, perché ora oltre a me devo pensare anche a lui.
Robert non lo vedrà bene se glielo sbandiero davanti.
Non so quanto sia capace di fare, ma ho paura ugualmente.
 
La receptionist appena mi vede entrare sembra aver visto la salvezza.
‘Signorina! Pattinson la sta cercando disperatamente da ieri’, fa quella sollevata nel vedermi.
Io mi chiedo che diritto abbia quella donna, ma prima di tutto che allarme c’era se con tanto di messaggio gli avevo detto che volevo stare sola?
Mi sorprenderei anche del fatto che avesse avvertito i miei della cosa, che non sento da giorni.
Ma non sono tra le chiamate perse, quindi sono sollevata, dal sapere che non è arrivato a tanto.
‘Mi da le chiavi della mia stanza, per favore?’, chiedo distaccata, anche un po’ irritata, affacciandomi al bancone come se non avesse detto nulla.
Colin è dietro di me, poco distante.
Cerca quanto può di mantenere le distanze come ho pattuito con lui in auto, e non sa quanto sia difficile per me.
E’ lì con le mani in tasca e lo sguardo deciso, duro, preoccupato quasi.
Nessun contatto, nessuna voce di corridoio. Per ora è così.
‘Si, certo’, ubbidisce quella ritornando al suo vecchio decoro professionale.
‘La 805, giusto?’.
Annuisco.
Sono nervosa.
Mi porge la scheda della mia stanza, dopo averla cercata tra le mille sotto il bancone.
‘Grazie’, sibilo, mi volto e con Colin vado verso l’ascensore.
Sono nervosa, ora che c’è anche lui.
So che Rob non è il tipo, non l’ha mai fatto, ma li sto mettendo io uno contro l’altro, e non va per niente bene.
Ho paura e quasi mi immobilizzo per quanto sono terrorizzata da ciò che potrebbe accadere.
E’ solo colpa mia e non riesco ad avere sguardo e pensieri migliori.
Colin è al suo posto, comprende il mio stato e mi fissa amareggiato. Sa che quando sto così è meglio lasciar perdere.
Per come è, so che vorrebbe andarci lui al posto mio e tenermi al sicuro, prendendosi tutte le colpe anche quelle che non ha, ma non va così.
Sono io a dover porre fine a tutto questo, io che devo affrontare la persona che ho tradito, non lui. Lui non c’entra nulla.
Arriviamo alla sua porta, dall’interno nessun rumore, nessuna voce.
Sembra non esserci nessuno.
Dico a Colin di restare fuori, per un po’. Il tempo di agevolare il tutto.
Il tempo di spiegarmi e far calare un po’ di rancore.
‘Lascerò la porta socchiusa … ’
‘… se sento qualcosa, corro’, continua lui.
‘Non succederà nulla’. Lui lascia cadere il discorso, sa quanto già sia tesa abbastanza.
Accetta suo malgrado e va a sedersi su una poltrona che è nel corridoio.
E’ teso anche lui, con me.
Siamo insieme in ogni cosa, sarà l’empatia che abbiamo verso l’altro, ma l’emozione, la forma che assume uno assume anche l’altro, quasi di rimando.
Infilo la scheda e la porta fa uno scatto.
E’ aperta.
Faccio un respiro profondo ed entro.
La socchiudo dietro di me.
‘Van! O mio Dio Van! Sei tu!’ fa lui nel vedermi entrare, si alza dal letto su cui è seduto con aria sollevata. ‘Sei tornata! Mi hai fatto preoccupare, non capisci cosa ho passato’.
E mi solleva, abbracciandomi.
Io ricambio, ma piano senza troppa enfasi.
Mi mette giù.
‘Non c’era molto di cui preoccuparsi, ti ho inviato un messaggio mi sembra’, mi scosto da lui, e girovago per la stanza osservando ogni cosa.
E’ tutto un gran casino.
Ci sono birre, e scatoli di pizza, mozziconi di sigaretta riempiono il posacenere, e la camera, in sé è un agglomerato di fumo che mi soffoca, quasi a sottolineare la situazione in cui mi trovo.
Tossisco appena mi entra nei polmoni.
E’ risaputo quanto odi il fumo in sé, perdo seriamente il respiro ogni volta che inavvertitamente lo inalo.
Rob, dal canto suo apre tutto ciò che c’è da aprire in quella stanza e spalanca le finestre.
Mi porge un bicchiere d’acqua e mi strofina dolcemente le spalle.
Bevo in tutta fretta e respiro. Sono tutta rossa e ho le lacrime agli occhi.
Mi sottraggo a quel contatto e mi metto accanto alla finestra per purificare i polmoni.
‘Scusa’, dice lui.
Mimo un no con la mano, ancora intenta a riprendermi del tutto.
Stiamo lì così, entrambi in piedi l’uno di fronte all’altro, ma lontani anni luce, almeno da parte mia.
Siamo su due pianeti diversi.
Sono minuti che l’aria è tesa, ed è lui a prendere la prima parola.
‘Quando ho deciso di venire qui, era per starti accanto non per irritarti. Non avrei mai voluto, e quando sei andata via l’altra sera, mi sono sentito in colpa. Volevo passare una settimana serena con te, nulla di più. E’ da un po’ che tu sei sulle tue, a causa di tutto questo. Da quando hai iniziato in questa serie, e pensavo che stare con te anche qui, ti avrebbe agevolato e rilassato come tu agevolavi me quando eravamo insieme sul set. Ho cercato, e in qualche modo si sono invertite le parti.’ Ride tra sè, al ricordo di quei tempi. Poi torna serio. ‘Ne abbiamo passate e superate tante insieme, e mi scuso di averti soffocato. Non volevo davvero, l’unica cosa che desidero è starti accanto e sostenerti perché è tutto nuovo per te…’, leggo nei suoi occhi la convinzione che io abbia scelto per il meglio, per il suo meglio.
Abbasso la testa e cerco le parole adatte a fargli capire dove stiamo andando a finire.
Mi giro e rigiro le mani nelle mani, faccio scrocchiare le dita delle mani, cercando le parole giuste, ancora con quel nervosismo che mi percorre.
Lui è un calmo, di fronte a me, e non fa altro che tenermi gli occhi addosso.
‘Se sono venuta qui, oggi, è per i messaggi che ho ricevuto stamattina…’
‘Lo so, ma devi credermi se ti dico che ero nervoso, nulla di tutto ciò che ho scritto era ciò che pensavo, solo un quarto di ciò che ti ho mandato non era dettato dalla rabbia’, mi interrompe lui e io perdo il filo del discorso.
Chiudo gli occhi cercando di concentrarmi su quelle parole misurate che ho in testa cercando di recuperarle.
Non devo farmi sopraffare.
‘C’è stato un messaggio, più di tutti che ha catturato la mia attenzione e mi ha fatto comprendere che ciò che stavo facendo era sbagliato: Sei anni non si gettano nel nulla, pensaci bene. E’ vero. Sei anni non si buttano via così, ne abbiamo passate tante insieme, e con te sono cresciuta tanto. Mi hai resa ciò che sono ora, mi hai resa forte, unica, e speciale e non posso buttare via tutto questo così, come se non fosse mai successo niente, magari è vero’, è accanto a me. Nei suoi occhi la speranza, la convinzione di avercela fatta. Nei suoi occhi un guizzo di vittoria. ‘Ma magari no … Non rinnego gli anni passati assieme, ciò che sei stato, ciò che siamo stati mi ha riempito il cuore, sei stato importante per me, per ogni piccola cosa e lo sei anche ora ma in modo diverso. Sei anni sono sei anni, ma non posso più portarli avanti, non ce la faccio’.
Qualcosa in lui vacilla e crolla davanti ai miei occhi.
‘Cos… Cosa stai dicendo?’, Non riesco a decifrare il tono della sua voce. mi guarda incredulo, cercando la soluzione prima che gliela dica io.
‘Mi dispiace…’, è tutto quello che riesco a sussurrare.
Lui ancora elabora quelle parole.
‘Vanessa, ti prego spiegami’.
I suoi occhi iniziano ad inondarsi di leggere lacrime. La deduzione è arrivata, e mi sento malissimo perché gli sto spezzando il cuore, e forse sono un po’ egoista nel preferire che si spezzi il suo, e non il mio. Non lo so.
Lo guardo dritta negli occhi, perché non voglio negarli quell’ultima e unica verità, forse la più importante, quella che mi ha portata a quella decisione.
‘Sto dicendo che per quanto tu sia importante per me, non ti amo più. Sento di volerti bene, ma non di amarti ed è questo che mi irrita più di tutto, non sei tu, sono io. Ma non posso portare avanti questa relazione basandola su delle bugie e sull’infelicità di entrambi. Non lo voglio per te, né per me. Che senso avrebbe continuare vivendo come due estranei in casa? Sono cambiata Rob, e non so dirti se in bene o in male. Ma sento che meriti una persona che ti ami con tutta sé stessa accanto, piuttosto di una come me…’. Lo sto distruggendo, e tutto, tutto, sta crollando di fronte ai miei occhi.
Ciò che per ore avevo immaginato potesse accadere non è nulla in confronto a ciò che è.
Una volta pensavo che se fosse finita tra noi, un giorno sarebbe stato per colpa sua, e invece sono io.
Sono io a distruggerlo e a disintegrarlo in quello stesso momento, e l’ultima cosa che vorrei è vederlo in quello stato. Lui che non si è mai meritato niente del genere, invece di continuare a ripagarlo per ciò che è stato lo sto uccidendo.
Ma l’amore non è un fatto di ripagare, non è un favore, un regalo, è altro e non puoi ricambiarlo se non ne sei in grado.
E’ lì di fronte a me sbigottito mentre trattiene a stento le lacrime, e non ce la faccio a vederlo così.
Non è facile neanche per me, anche se dovrebbe esserlo.
‘Non ce la faccio a tornare quella di prima ed amarti come prima…’., dico con voce rotta infine.
‘Se ci impegniamo, se vogliamo, ce la faremo. Non è tutto perduto.’, mi prende le mani e mi esorta in quella visione, riuscendo a farmi sentire una merda più di quanto non mi senta già.
‘A quale scopo Rob? Non posso obbligare il cuore a battere quando è già altrove. Vivremo infelici, io e te! E non è questo che voglio’.
Lui indietreggia e scuote la testa, non ci crede a quelle parole. Non vuole crederci.
Mi guarda ed esplode.
‘Dov’è il tuo cuore, Van?’, chiede sull’orlo di una crisi, cercando di mantenere una calma che non ha.
Abbasso lo sguardo, in colpa.
‘Da un altro’.
Lui si volta, si mette le mani nei capelli e ride, isterico.
‘E’ da lui? Dimmi, è da lui?’, ringhia ad occhi sbarrati.
Non so se rispondere o meno, non so quanto voglio fargli sapere a riguardo.
‘RISPONDIMI!’, urla esasperato su di me.
‘SI!’, sbraito anch’io, affronto il suo sguardo prendendo forza dalla rabbia che ho dentro, dalla rabbia che provo più per me stessa che per lui.
E ho quasi paura della sua reazione ora, perché non ho mai visto nei suoi occhi tanta rabbia.
Poi il suo sguardo si spegne mentre inizia a guardarmi quasi come se non mi conoscesse più, e la cosa mi trafigge in pieno petto.
Un silenzio piomba nella stanza e sembra essere passato il peggio dei cicloni.
Non so che fare.
‘Non avrei mai dovuto farti intraprendere questa carriera. Avrei dovuto tenerti con me, come sempre. Non avresti mai incontrato quel dannato irlandese e saremmo ancora noi’, spolmona per tutta la camera, andando in giro con i pugni chiusi.
‘Fino a quando Rob? Mi avresti chiusa in casa senza più vedere il mondo intorno a me. Come avevi intenzione di fare, sentiamo! Noi non esistiamo più, siamo svaniti da un po’ e lo so che è tutta colpa mia. Se non siamo più come due pezzi di un puzzle è solo colpa mia. Non ci completiamo più Rob, non ci assembliamo più. E tu, io, noi … non vogliamo questo’.
‘Io voglio te, ti sembra tanto strano? Avevamo una vita, progetti davanti. Dovevamo sposarci, cazzo! Te ne rendi conto di questo? E ora?! Molliamo tutto, per un irlandese del cazzo!’
La cosa non fa che peggiorare, e pur comprendendo la sua rabbia esplodo.
‘Ora basta, seriamente! Perché non accetti il fatto che non siamo più affini, che è da mesi che non ci diamo più nulla! Perché non lo accetti?! Ci saremmo incontrati in altre occasioni’, spolmono io in tutta rabbia.
‘Non lo so, un gala. Una premiere, un evento! Se siamo destinati ci saremmo incontrati comunque’.
Ride per trattenere la rabbia che ha dentro.
‘E mi dici che non sei influenzata dallo show’, allude labile.
‘So benissimo ciò che provo Rob, ho sempre creduto al destino, lo sai meglio di me!’, odio quando sminuisce ciò che dico.
Si getta sul letto, e sembra invecchiato di colpo, gli occhi gonfi e ancora grondanti.
Vorrei avvicinarmi, abbracciarlo ma ho paura di rendere la situazione ancora più insostenibile.
Stringo i pugni e resto al mio posto.
‘E’ finita, quindi?’, chiede rassegnato senza trovare via d’uscita. Lo sguardo perso.
Ho un nodo alla gola perché non ci credo a ciò che sto per dire.
‘E’ finita’, e me ne esce un tono smorzato.
Sto soffrendo anche io con lui, anche se potrebbe non crederci.
‘Vorrei restassi nella mia vita, comunque, ma non ho la presunzione di importelo, non lo farei neanche io. Ti dico solo ciò che vorrei ma non te ne devi più preoccupare. Le nostre strade si dividono qui e per quanto ti sia difficile crederlo, soffro anche io per questo, per ciò che ti sto facendo. Ma soffrirei ancor di più se restassi con te e fingerei qualcosa che non provo.’
Lui è muto, del tutto assente e vuoto dentro.
Mi sento morire.
Stiamo lì così, io in piedi, lui seduto di fronte a me come se non ci fosse.
Dopodiché, sempre nei miei passi incerti, vado verso quella scrivania dove è poggiato il suo cappello e mi sfilo il bracciale.
Quel bracciale.
And so the actor fell in love with fan fa rumore appena attecchisce sul legno, e fa male.
Fa male quasi quanto me lasciarlo insieme a tutti quei ricordi.
Quel bracciale era il nostro simbolo, quella frase la nostra storia, ed è difficile lasciare andare via tutto.
Insieme a quello poso accanto l’anello, me lo rigiro per un po’ sul dito e poi lo poggio decisa.
Sto tagliando tutti i fili che mi legano a lui.
Lui è ancora lì, non mi da nessun cenno, ha lo sguardo perso e nello stomaco ho le lame, quell’ultima immagine già so, mi si ripercuoterà addosso tutte le volte.
Non so se salutarlo e come salutarlo.
Cosa dovrei dire? Ci vediamo? Oppure Addio? Dovrei andare verso di lui o restare lì dove sono mentre glielo dico?
Sono in panne.
Faccio per andare verso la porta e poi salutarlo sulla soglia, sarà più facile, mi dico.
‘Come siamo arrivati a questo?’, fa lui con voce incolore.
Ritorno di qualche passo.
‘Non lo so… ma non è colpa tua. E’ solo mia.’ E vado via così, senza aggiungere altro.
Lasciandogli anche un pezzo di me oltre ad un bracciale e un anello.

 
   
 
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