Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: Alex e Finger    07/12/2014    1 recensioni
— Non mi sono mai sentito così poco Mentore come vicino a lui. —
— Diceva che sei così disposto ad imparare. Diceva che gli ricordavi Ishak, in qualcosa, anche se siete profondamente diversi. —
Lo sguardo di Ezio scivolò verso il tumulo e si velò per un attimo, mentre percepiva gli occhi di lei fissi sul suo viso.
— Perché mi cercavi? —
Ràhel si prese un attimo prima di rispondere, come se stesse raccogliendo le forze.
— Perché lo amavo. E perché sento che in questo breve tempo, anche tu lo hai amato. Vorrei parlarti di lui. —
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio, Sofia Sartor, Yusuf Tazim
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Istanbul,

Dhul-Qa`da 916

(Gennaio 1511)

 











o tirava delicatamente fino al punto di massima estensione; poi lo lasciava, e quello in un battito di ciglia tornava tutto compatto, molleggiando come un viticcio.

— Yusuf, basta. —

Era una magia. Ne afferrò un altro.

— Yusuf… mi fai sbagliare, smettila. —

Era enorme! Aveva spirali larghe come un tappo di bottiglia, ma quando lo tirò non fece granché. Sbuffando, ne prese un terzo.

— Yusuf! —

Ah, questo gli piaceva: era arricciato al punto giusto. Ne aveva fatti molleggiare pochi del genere, perché quelli così era gradevole arrotolarseli sul dito finché non si sfilacciavano. La cosa l’avrebbe fatta imbestialire, ma Yusuf non aspettava altro, quindi…

Ràhel posò di colpo la penna sulle pagine aperte. — Non hai nulla di meglio da fare? —  chiese, spazientita, girandosi completamente sulla sedia per guardarlo.

Lui aveva nascosto le mani dietro la schiena e ora fingeva di essere interessato ad un libro aperto a caso sulla scrivania. Dopo un lungo silenzio scosse la testa.

Ràhel si abbandonò sullo schienale con un sospiro. — Certo: quel poco che avresti da fare lo sto facendo io per te, —  borbottò.

Erano nello studiolo ricavato dalla biblioteca, dove poco prima Yusuf era entrato sbadigliando, con una tazza di caffè, in babbucce e mezzo svestito. Con un’occhiata assonnata l’aveva intravista dietro la scrivania, sommersa dai volumi e laboriosa come una formichina; anche lei addosso solo la vestaglia e i capelli tutti arruffati.

La tentazione era stata troppa: doveva mettere le mani su quei ricci.

Ràhel si tirò le ginocchia al petto, accucciandosi sulla grande sedia imbottita, e gli rubò un sorso di caffè. — Non riesci a dormire? —

Yusuf si stropicciò gli occhi. — Potrei farti la stessa domanda, sai? —

— Penso che darei la tua stessa risposta… —

L’assenza di Amir aveva pesato come un macigno nei cuori di tutti, lì nel Covo, e pesava tutt’ora a distanza di due mesi.

Yusuf si sedette al suo fianco su una pila di grossi libri che partiva da terra. — La prossima volta mettiamoci d’accordo, così almeno ammazziamo il tempo… —  si allungò verso di lei per solleticarle la pelle del collo con la punta del naso.

Sapık! —  ridacchiò la ragazza.

— Ehi! Aspetta, ecco: ho trovato qualcosa di meglio da fare, —  le mormorò all’orecchio, stuzzicandola.

— Non avevo dubbi. —

Insinuandosi sotto la vestaglia, Yusuf le circondò la vita con le braccia e poi, a tradimento, la prese in braccio. Per la sorpresa e con un gridolino lei gli cinse i fianchi con le ginocchia, quindi Yusuf sprofondò al suo posto sulla poltrona, con una faccia tutta soddisfatta che Ràhel avrebbe voluto riempire di schiaffi. La manovra aveva fatto volare via qualche cartina e cadere dagli scaffali un paio di libri in equilibrio precario, dando l’impressione che in quello studiolo si stessero affrontando due pugili, ma prima che lo scontro avesse inizio, udirono bussare.

Yusuf sbuffò. E certo!

— Sei un uomo con delle responsabilità e non puoi farci niente, —  disse Ràhel sottovoce, beffandosi di lui.

Lui alzò un dito e fece per replicare, ma poi sentirono bussare di nuovo e la voce di Kasim attraverso la porta:

— Ràhel, una persona vuole vederti. —

I due si scambiarono un lungo sguardo.

Troppo lungo.

— Ràhel, ci sei? — chiese Kasim, afferrando la maniglia.

Bok! —  imprecò Yusuf.

La ragazza si alzò in piedi sopra di lui e saltando sulla scrivania si catapultò alla porta prima che l’Assassino l’aprisse. — Fermo, non entrare o farai crollare il mondo! C’è un tale casino qui dentro! — gridò.

— D’accordo, ma sbrigati. Parla la tua lingua e non so come diavolo dirgli di aspettare. —

Yusuf, paralizzato sulla sedia, la vestaglia aperta sul petto, le lanciò un'occhiata da sopra il caos della scrivania e Ràhel fu percorsa da un brivido.

Vali?

 

Il salone centrale era gremito di Assassini e un animato mormorio faceva da sottofondo al crepitio delle fiamme. Il camino era acceso e vi si scaldava la figura imponente di un uomo dai capelli scuri legati in una lunga coda di cavallo. Aveva ampie spalle e lunghe braccia conserte, che sciolse quando, sentendoli arrivare, si voltò. La barba e le sopracciglia erano folte, imbianchite dall’anzianità. Il cappuccio e gli stivali imbottiti di pelliccia; abiti, simboli e armi di terre lontane… Tutti gli occhi della Confraternita erano puntati su di lui, come fosse un raro animale esotico caduto in una corte occidentale. 

Ràhel, basita, s’inchinò con un ginocchio a terra portando il pugno chiuso al cuore; quasi gridando perché tutto il Covo sapesse chi era, salutò:

Mentor. —

Silenzio assoluto.

Il volto rettangolare del Gran Maestro della Valacchia Isvàn cel Mare, scavato di rughe, fu attraversato dall’emozione di chi come un padre, senza fare domande, legge tutta la vita di un figlio nei suoi occhi. — Ridica, fiica mea, —  rispose allargando le braccia e Ràhel si alzò, gettandovisi come se non avesse aspettato altro.

Quando lei si staccò, e prima che potesse aggiungere qualcosa o fare le presentazioni, Istvàn disse: — Io porta notizie molto urge e parla solo a Gran Maestro di Ordine Ottomano. — 

— Ishak è morto. — disse Yusuf.

A quel punto Istvàn si accorse di lui, e Yusuf fece un passo nella sua direzione. — Da dieci anni, —  precisò.

— Io sa. Tu suo successore? —  si stupì il vecchio. Il suo turco mancava della grammatica basilare, ma riusciva di facile comprensione anche malgrado le distorsioni fonetiche.

Ràhel indietreggiò. — Istvàn, lui è Yusuf Tazim. —

Il vecchio Mentore parve sorpreso e lo squadrò da capo a piedi. — Ah! Ecco nome che tue lettere, Ràhel, fatto spesso… Allora noi parla, Maestro. Mostra luogo. —

 

Tornarono nello studiolo, dove il caffè rimasto sulla scrivania era ormai freddo per essere offerto e la confusione regnava sovrana. Due posti c’erano; Ràhel, intermediaria tra le due culture, improvvisò il proprio sulla pila di libri.

Sedendosi, Istvàn commentò: — Questo Covo molto colorato. Costantinopoli molto colorato. Piace. —

Yusuf sorrise. — Grazie. —

— Mia gente deve ancora scopre bellezza di colore. Sofferenza no fa bene a arte. Arte viene dove popolo sta pace. —

— Verissimo. —  assentì Yusuf.

— Mio viaggio porta me molto lontano e in tuo Covo, Yusuf Tazim, perché noi bisogna tuo aiuto. Aiuto di tuoi Assassini. —

— Ti ascolto. —

Istvàn si appoggiò allo schienale con l'aria di un savio che sta per raccontare una vecchia leggenda.

— Tu troppo giovane per ricorda, ma Impalatore Vlad Tepes ha figlio, — cominciò. — Questo figlio stato ostaggio corte di Bayezid ma fugge. Lui rifugia a Sibiu e quando Impero uccide Vlad Tepes… quando Ishak Pasha, — si corresse, — Mentore Assassini Costantinopoli uccide Vlad Tepes, suo padre, egli cova vendetta. Per metà secolo scompare, ma prende corona Voivoda due anni fa e diventa Re di Valacchia. Bayezid no cerca compromesso e uccide suo figlio Milos, che è ostaggio in sua corte. Fatto bene? Fatto Male? Non sa. Mihnea cel Rău, il malvagio, questo suo nome… Com’è parola? Perseguita popolo, uccide ricchi poveri no fa distinzione; ma cosa importa lui uccide, stermina dinastia Craiovesti che Ràhel è. Noi Assassini cerca ferma lui e rivolta di popolo toglie lui trono di Valacchia. Mihnea scappa in terra Ardeal, Transilvania, ma noi trova grazie a alleato, Basarab. Uno Assassino valoroso uccide, però Mihnea è come idra e ha altro figlio, Mircea, che cattura e fa giustizia Assassino di suo padre e poi, codardo, scappa. Trono no ha nome fino a inverno di anno scorso, quando arriva nipote di Impalatore, Vlad V. Lui, giovane solo venti anni, continua opera di suo predecessore, e no da pace a nostra gente che è stanca di morte su suoi campi e dentro suoi letti. Noi cerca uccidere lui due volte, ma… — s’interruppe, spostando la sua attenzione su Ràhel che lo fissava con una ruga profonda sulla fronte.

— Ma Vali è con lui. Mette su nostre tracce e a fine trova nostro nuovo Covo, che noi cambiato una volta quando lui tradisce. È massacro. — Una pausa, per dare tempo a quel fiume di parole di scavarsi il suo letto, e poi, come una supplica, il vecchio concluse così:

— Io vengo te, Yusuf Tazim, perché nostro Ordine in Valacchia è debole e Templari minaccia di controllo tutto. —

Yusuf, l'espressione indecifrabile, non aveva staccato per un istante gli occhi da quelli del suo ospite, e solo ora allontanava lo sguardo da lui come per cercare nelle proprie mani intrecciate sulla pancia (alla maniera di Ishak ) la risposta.

— So che qualche anno fa Bayezid ha inviato delle truppe capeggiate da Mihaloglu bey, — disse. — Questi è un uomo molto influente, nonché un abile condottiero. Vi ha già aiutati in passato e vi aiuterà anche adesso. —

Il vecchio mentore scoppiò in una fragorosa risata. — Tu crede che Impero aiuta? Tu o molto stupido o troppo giovane per fare Maestro di Ordine. —

Tu nu stii, Mentor! —  sbottò la ragazza, improvvisamente, soffiando e gonfiandosi come un gatto.

Taci gura, Ràhel, —  la rimproverò Istvàn. Poi tornò a rivolgersi a Yusuf, allungandosi sulla sedia con il ghiaccio negli occhi: — Impero no alza dito, sta e guarda mentre sue province macchia terra di loro stesso sangue; mentre loro bambini muore e loro donne violenta da loro parenti. Io vecchio che ha visto orrori di guerra civile e esperienza detto me come distingue uomo buono da uomo cattivo. Impero è uomo cattivo, che solo fa suoi interessi, sempre, per suoi cittadini, sue belle moschee, suo bello colore! —  ora quella parola sembrava disprezzarla. — Lascia me insegna una cosa, Yusuf Tazim. Assassini no fa ordini di nessuno e no aspetta che mondo muove prima di loro. Noi insegnato stare nascosti perché vede cosa altri fa e controlla che no è male per libertà di popolo. Se è male, uccide. Quando Ishak fa alleanza con Impero, lui sa che Sultano diventa padrone di Ordine ed è buono alleato, per ora. Ma uno giorno Templari arriva e mette artigli, come verme cova loro uova dove tu non sa. Ishak molto tempo fa viene in Valacchia e dice me che non c’è pace, mai, in alleanza, e sua esperienza detto lui. E infatti cosa ucciso lui? Uomo di Impero, Satrazzan o come dice voi, uno Templare stato a guida di politica in tua terra per quasi venti anni. —

— Sono stato io ad ucciderlo. —

Istvàn sembrò colpito e si lasciò cadere lentamente sullo schienale. — Contento per te... Ora decide: quanti Assassini può dare da portare in Valacchia? —

— Quando? —

— Tu no è stupido. Sa benissimo che parte domani. —

Yusuf cominciò a sfogliare il registro che aveva davanti e, mentre leggeva, annotò velocemente dei nomi su un pezzo di carta. Alla fine disse:

— Diciotto. —

— No fa… com’è parola? No fa tirchio. No basta, serve almeno venti. —

— Impossibile, altrimenti due Covi rimarrebbero sguarniti. Anche qui abbiamo i nostri problemi. — 

— Bizantini è come scimmie che urla e sbatte cose. Assassini di Salonicco può venire aiuta te dopo, ma io bisogno uomini domani. —

— Non c’è nessun Covo a Salonicco, mi dispiace deluderti. —

Istvàn s’incupì. — Se perde Valacchia allora tu è solo. —

Dopo un silenzio eterno Yusuf chiuse il registro con violenza. — Due Maestri, quattordici Assassini e due Reclute. Diciotto teste, non una di più. —

— Diciannove. —

Yusuf si voltò a guardarla sorpreso, ma Ràhel aveva occhi solo per il suo vecchio Maestro, che sfoggiò verso di lei uno strano sorriso.

Lăsa ne, Ràhel, — mormorò Istvàn.

E la ragazza uscì.

Rimasti soli, i due uomini si fissarono a lungo. Poi, ad un tratto e come se avesse passato tutto il tempo a cercare le parole giuste, l’anziano Mentore si allungò verso di lui e gli disse:

— Tu ora da me più uomini, scommette? — chiudendo anche un occhio.

Yusuf, interdetto, balbettò una risposta incomprensibile.

Istvàn ridacchiò. — Io è vecchio, ma no stupido. Quando tu detto me: Ishak è morto, io pensa che tu è suo figlio. Di lui ha preso modo che parla, sa? Modo che tiene mani, modo che guarda in occhi, — disse puntandoseli con due dita, — ma io so che lui più simile a me, uomo che muore senza moglie perché unici figli che ama è suoi Assassini. Tu fortunato, sceglie di stare due piedi in uno stivale, e riesce! —

— Si dice un piede in due stivali, —  osò correggerlo.

Istvàn aggrottò le folte sopracciglia e per un attimo sembrò pronto a balzare sopra la scrivania e riempirlo di botte. Alla fine, però, si fece una grassa risata.

— Mio turco sempre stato pessimo, ma migliora. Primi tempi io e Ishak parla a gesti. Stato divertente… —  gli occhi, due pozzi neri, si persero nei ricordi. — Ràhel è una donna forte e bella, — continuò, — ma che segue suo istinto. Visto sua faccia quando io raccontato che Vali detto a Vlad V dove sta nostro Covo? —

Yusuf cadde contro lo schienale e appoggiò il mento sul petto. — Avrei dovuto? —

— Lei provato paura, eppure detto noi viene in Valacchia. Detto: pronta uccide mio fratello. Vali tradito Ordine perché quando Ishak fatto alleanza con Impero Ottomano, lui visto uno Gran Maestro infrange regola di Assassini di stare in mezzo a scacchiera. Ishak preso posizione tra pedine bianche; Vali no interpreta gesto, sentito tradito lui primo e pensato: io allora va tra pedine nere. —

— Ma perché i Templari? —

— Guerre in mia terra ha insegnato che tra vendetta e potere, passo è molto breve. Quando genitori di Vali e Ràhel viene uccisi, loro entra mio Ordine. Vedo crescere molto diversi e quando vede sparire insieme, io pensa che uno ammazza l’altra. Poi riceve lettera di tuo Maestro, e io sa. Templari trova in Valacchia clima perfetto per coltivare loro seme di discordia. Dove governo è debole e popolo è povero, stupido e triste, c’è spiraglio per Tirannia. In poco tempo Mihnea tagliato più teste di suo padre. Despota esaltato da sua causa, fa vittime tra gente di lettere, distrugge cultura e arte. È primo gradino per potere assoluto. —

Ci fu una lunga pausa, un silenzio teso, drammatico; poi Istvàn si alzò con un po’ di fatica e rimase in piedi.

— Craiovesti è dinastia molto influente, còlta e protetta da Ordine. Sua rivale è famiglia Draculesti che sempre cerca sopprime Craiovesti. No è difficile capire perché. Nostra missione uccide ultimo Templare, Voiovoda Draculesti Vlad V, e mette su trono Basarab V che porta pace in Valacchia. Ora mostra me mio letto. Mia età non fa più questi lunghi viaggi. —

Yusuf lo accompagnò fuori dallo studiolo, dove la biblioteca li accolse muta come una tomba.

— Sei certo che con quell’uomo ci sarà la pace? O ricomincerà tutto daccapo? —  domandò Yusuf quando furono nel salone centrale, ora completamente deserto. Ràhel doveva aver stabilito i turni di guardia e mandato sotto le coperte chi di dovere.

Istvàn accarezzò il motivo di uno dei tappeti appesi alle travi. — Basarab è uomo buono, —  disse, — e finché lui governa, mia gente avrà sua arte. —

 

Più tardi Yusuf tornò nello studiolo e stilò le convocazioni da portare ai Maestri dei Covi di Imperiale e Costantino. Il comunicato recava la lista d’appello e avvertiva del periodo di assenza indefinito. Affidò l’incarico di consegnare il dispaccio a Kasim, che trovò di guardia sull’ingresso del Covo, e quando il ragazzo partì con la lettera, per un po’ Yusuf si mise di guardia al suo posto.

“Se perde Valacchia allora tu è solo.”

Istvàn era stato fin troppo schietto, ma d'altronde Yusuf non trovò nulla da contraddirgli.

Da Ishak aveva ereditato senz'altro il vizio di alzare il gomito con del buon raki e quello del reclutamento facile, ma il tentativo di fondare una Confraternita a Salonicco era morta con lui e perciò, nonostante gli Assassini di Istanbul avessero ormai un fermo controllo sulla città, Yusuf si sentiva le spalle scoperte.

"Bizantini è come scimmie che urla e sbatte cose."

Negli ultimi mesi, culminati con la morte di Amir, il Mediterraneo era stata teatro di innumerevoli tragedie, e dietro al malcontento che fomentava le rivolte si nascondevano i sicari di Andrea Paleologo. Questi seguaci esaltati avevano cominciato a fare trambusto già l’anno precedente, appiccando incendi e seminando discordia tra la gente. Pochi scarsi rimasugli dell’Impero Bizantino, simili a vecchie bucce marce, giravano a piede libero nelle strade aggressivi come bulletti. Questo non lo preoccupava più di tanto, finché era l’Impero ad occuparsene e la Sublime Porta non gli voltava le spalle. Ma Bayezid era lontano da molto tempo e…

“Ma uno giorno Templari arriva e mette artigli, come verme cova loro uova dove tu non sa.”

Istvàn si era divertito a stuzzicare le sue responsabilità.

Le sue responsabilità e il suo passato.

 

Kasim tornò, ghiacciato e tremante come un piccione viaggiatore che ha volato in una tormenta, e prima che riuscisse a chiederglielo il Maestro gli concesse il congedo con una pacca sulla spalla. Ma poco dopo cominciò lui stesso tramutarsi in un ghiacciolo; la pelliccia del mantello aveva cominciato a gelarsi e Yusuf non sentiva più la punta del naso: quindi rientrò e affidò la guardia ad un paio di Reclute, perché adesso che ci pensava, ben altro richiedeva la sua attenzione (gestire la trasferta per il futuro di una Confraternita, per esempio) e quelli non erano più i compiti per il suo rango.

Mancavano ancora un paio d’ore all’alba, ma quando entrò nella sua stanza Yusuf non si stupì di trovare Ràhel già sveglia.

La sua donna era alle prese con la balestra, che teneva appoggiata sulle gambe nude e incrociate. Seduta a terra, la vestaglia aperta intorno alla sua ombra sul tappeto, i quadrelli disposti a ventaglio sul disegno. Aveva tirato fuori dalla cesta e disteso su una panca la sua vecchia uniforme valacca, abbandonata per quella ottomana subito dopo la morte di Ishak nel rientro da Salonicco. L’aveva esposta in bella mostra, di fronte a sé, come la pelle di un animale leggendario, e lei era la sensuale sacerdotessa di una Dea spietata e affamata chiamata Morte.

Yusuf chiuse la porta con un brivido e andò a sedersi sul letto, aspettando che si accorgesse di lui, ma quando Ràhel parlò, mentre passava uno straccio tra i meccanismi dell’arma, fu per chiedere senza emozione:

— Chi sono i due Maestri? —

Un altro brivido.

— Yigit e Nalan. Ho controllato meglio: Serdar e i suoi sono rientrati stamattina da Algeri e potreb…—

Ràhel ridacchiò sommessamente. — Ah, adesso ce li hai i venti Assassini. —

Gliene darei anche cento… tranne uno.

Yusuf la osservò in silenzio senza perdersi un solo gesto di quell’affascinante rituale: la ragazza lucidò una ad una le punte di tutti i quadrelli, ma si bloccò di colpo con la pezzetta a mezz’aria. Tenne lo sguardo basso, sembrò riflettere, poi con uno strattone improvviso fece scattare il meccanismo della balestra, testandone la prontezza.

— No, —  disse solamente, alzandosi e uscendo dal suo cerchio di quadrelli.

— "No" cosa? —

— Neanche il Gran Maestro potrà fare nulla per impedirmi di partire. Ti legherò al letto, se necessario. —

— Hmm, la cosa non mi disp… —

— Piantala! —

Yusuf fece per replicare, ma quando la ragazza si lasciò scivolare la vestaglia di dosso per cominciare a indossare la vecchia uniforme, gli si mozzò il fiato. Profondamente in lotta con se stesso, si costrinse a voltarsi.

Ràhel infilò la spessa calzamaglia e vi mise dentro la camicia di lana. — È la mia famiglia, o meglio… ciò che ne resta, —  disse mentre scivolava dentro al farsetto. — Me ne sono allontanata una volta perché dovevo. —  Lo allacciò con forza e ben stretto. — Ma ora ha bisogno di me e sono pronta a tornare sui miei passi. —  Affondò i talloni negli stivali alti fino al ginocchio e si cinse i fianchi con la fascia.

Yusuf si appoggiò alle ginocchia coi gomiti. Afferrò un quadrello dal pavimento e se lo rigirò nella mano. — D’accordo: se è ammazzare tuo fratello, che vuoi, va’ pure. —  Saggiò la punta di metallo con l’indice. Una pallina di sangue sbocciò dal nulla e maledicendo quello strumento diabolico Yusuf si cacciò il dito in bocca con una smorfia.

Ràhel gli strappò il quadrello di mano e i suoi occhi verdi, grandi, pieni di rabbia e nascosti dietro una foresta di ricci selvaggi, lo pietrificarono.

— Dovesse capitarmi tra le mie stesse mani, giuro su quanto ho di più caro che non esiterei. Lui non si è fatto scrupoli quando ha… —  digrignò la ragazza, ma sentì le parole morirle in gola. — Vizuină, il Covo… —  boccheggiò con lo sguardo perso nel vuoto.

Vide i loro volti: gli uomini, le donne… ma anche i bambini, i protetti, gli orfani come lei che la Confraternita aveva preso sotto la sua ala nel momento del bisogno. Vide il grande atrio ottagonale nel furore della battaglia; sentì le grida, assisté alle atrocità che solo un uomo animato dalla vendetta avrebbe potuto compiere. Chissà quanti…

“È massacro.” Aveva detto Istvàn.

Una lacrima si dondolava tra le sue ciglia senza decidersi a cadere. Ràhel chiuse gli occhi e lentamente calmò il battito del suo cuore, che le tuonava in petto come un tamburo di guerra.

Yusuf la fissava basito. Aveva visto scorrere sul suo viso ciò che le era passato per la mente ed era evidente lo sforzo con cui si stava imponendo di riacquistare la calma e di ritornare fredda, distaccata, come un lago ghiacciato. Lui aspettò. Attese che il suo respiro rallentasse, che i suoi pugni si allentassero e che la ruga che le si era formata sulla fronte si distendesse. Gli occhi di Ràhel si aprirono e quando si posarono su di lui erano come una carezza, anche se di una mano gelata.

Yusuf accennò un sorriso.

— Non dovrò mica venirti a salvare per poterti rivedere? La mia assenza getterebbe la Confraternita nel caos! —

Quella mano gelata parve riscaldarsi un po’.

— Se è per questo, il caos regnerà sovrano già da domani… senza di me. —

— Sei crudele. —  Un broncio esagerato gli comparve sul viso. — E insubordinata. Irrispettosa, oserei dire. Ti sei presa troppe libertà con il tuo Maestro. —

Ràhel si avvicinò in un tintinnio di fibbie. — Solo perché il Maestro me l’ha concesso, —  sussurrò.

Lui afferrò la fascia che le cingeva la vita, fissando con aria critica la fibbia della cintura.

— Mi chiedevo, perché hai messo la tua vecchia uniforme? Quella nuova ti sta molto meglio. Valorizza di più le tue… caratteristiche. —

In risposta ricevette un’occhiataccia. — Come scusa? —

— Perché tanta fretta di vestirti, poi? Dato tuo Mentore stanza con uno letto comodo. Lui dorme profondo, e molto prima che parte; scommette?   disse, imitando la voce del vecchio Maestro valacco e attirando a sé la ragazza.

Ràhel si lasciò cadere sopra di lui e appoggiò la fronte contro il suo petto, nascondendogli la soddisfazione di averle strappato un sorriso.

 

Il salone centrale non era così affollato dai tempi dell'incontro tra Ishak e il Visir Ibrahim Pasha.

Yusuf attraversò la stanza quasi di corsa, dopo aver riconosciuto la sagoma massiccia di Istvàn, vicino al camino, parlare con i due Maestri. Nalan e Yigit lo videro per primi e s’inchinarono, poi anche il Mentore della Valacchia accennò un saluto.  

— Noi prende nave fino a Costantza e con cavalli arriva in Targoviste. Uno viaggio di tre settimane fino a Covo: no aspetta nostre notizie prima di primavera. —

— Se doveste essere intercettati? —  chiese Yusuf.

— Io manda indietro uno tuo Assassino con gambe di lepre e tu sa, — la risposta di Istvàn, indicando i due Maestri, — ma mare per Costantza è buono perché c’è tuo caro Impero che protegge. Quando entra in Targoviste, invece, situazione cambia, rischio aumenta: Templari preso città e aspetta solo noi ritorna. Ma io scrive, e tiene informato tuo Covo. Promesso. —

— Di questo si occuperà Ràhel, se vuoi che capisca qualcosa. —

— Oh, certo. Ma divide tue cose con mia Ràhel da affari di Confraternita, chiaro? —

Yigit finse un colpo di tosse e si aggiustò il cappuccio, dondolandosi sui talloni. — Maestro… Mentore… —  Anche Nalan si congedò, scambiando con il Gran Maestro di Galata una lunga occhiata. L'Assassina aveva qualcosa da dirgli, (o forse qualche altra manata da dargli) ma lo avrebbe fatto dopo.

— Prende. —

Yusuf vide il Mentore della Valacchia sfilarsi uno spesso anello d’oro dal dito.

— Questo è simbolo di dinastia Craiovesti, —  disse Istvàn, e glielo porse.

— Non posso accettare. —

— Io chiesto tuo parere? Prende. Non deve mettere per forza, solo… tiene. Se noi fallisce e Templari controlla Valacchia, mia gente deve sapere che qui c’è alleato, e amico. —

Yusuf strofinò col pollice il leone rampante, consumato dagli anni e da chi, come lui, aveva accarezzato la sua criniera. — Come potrò fartelo riavere? —  chiese.

Istvàn gli sorrise stringendogli una spalla. Poi gli diede una pacca paterna e due schiaffetti, che gli lasciarono un colorito allegro sulla guancia. Niente di più chiaro e nobile per scusarsi di tutti i pregiudizi rimasti in sospeso.

 

Ràhel distese un braccio sulle lenzuola, e le strinse, trovando solo il vuoto.

Fiu de căţea! —  Si alzò di colpo buttando a terra i cuscini e raccolse le varie parti della sua uniforme sparse sul tappeto. Si rivestì in fretta e poi, con la balestra in spalla, uscì di corsa dalla stanza. Trovò il salone centrale deserto fatta eccezione per un Apprendista, di cui le sfuggiva il nome, che la fissava ammutolito.

Perché? Si chiese. Perché Yusuf le aveva fatto questo?!

Si rivolse all’Assassino con un tono di voce che sorprese se stessa: — Sono partiti da molto? —

Quello scosse la testa e Ràhel volò sulla passerella.

 

 

 

Era una bella giornata di sole, ma il freddo pungente di quel gelido inverno stentava a mitigarsi, sfoggiando un vento prepotente che aveva scacciato dalla prima all’ultima nuvola. Uno stormo di gabbiani si riscaldava sulla scogliera e il porto era silenzioso. Yusuf, a gambe larghe sulla banchina, guardava le ultime merci che venivano caricate a bordo della nave. Alcuni mozzi stavano spargendo del sale sul ponte per evitare che si ghiacciasse durante la notte. Il capitano, un turco dai baffi folti, era un uomo di fiducia e lo salutò con un cenno del capo affacciato dalla balaustra di poppa. Dietro di lui riconobbe Istvàn e i due Maestri circondati dai rispettivi adepti.

Si chiese se non fosse stato un insensibile e un egoista nel fare il nome di Nalan per una missione tanto importante e già così presto: sentiva di averla strappata a quel lungo lutto che forse non sarebbe mai cessato con la sola urgenza di affidare Ràhel ad una delle migliori lame celate della Confraternita.

Dopo Amir.

Dare all'Assassina la possibilità di scambiare il suo posto con Serdar, poco prima che salisse sulla nave, non era servito a nulla. Anzi. Nalan lo aveva afferrato per la veste senza dargli il tempo di concludere la frase, gli aveva puntato l’indice contro e fissandolo dritto negli occhi lo aveva accusato di essere un pazzo se pensava di poter spedire in missione un Assassino appena tornato dall'altro capo del Mediterraneo, sia pure della stoffa di Serdar, per dipiù tenendolo lontano dalla famiglia un altro lungo e indeterminato periodo di tempo.

— So perché mi hai scelto, — aveva detto Nalan. — Perché se fosse vivo ci sarebbe Amir, al mio posto. Partecipare a questa missione è perciò un onore, Maestro. — Poi con uno strattone lo aveva liberato, e dopo avergli aggiustato un po' l'uniforme sgualcita, era andata dritta e fiera, come solo Amir avrebbe fatto, verso la passerella.

— Sei un idiota. — 

Ràhel era comparsa al suo fianco senza che se ne fosse accorto.

— Ben alzata! —  esultò Yusuf sorridendo a trentadue denti. — Un idiota molto affascinante, —  la corresse.

Lei prese un respiro profondo. — Per un attimo ho pensato che… —

— Cosa? Che ti avrei trattenuta ad Istanbul con l’inganno dopo averti sedotta? Tanri! Non farei mai una cosa del genere. —

— Semmai io ti ho sedotto, —  disse la ragazza andando verso la passerella.

— Ah, è così… bhé, vedremo chi resisterà di più! —

— Allora hai già perso! —  gridò lei, mentre la ciurma issava le vele che si gonfiarono con un boato. Con quel vento sarebbero filati via come schegge.

Sì, ho già perso.

 

 

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: Alex e Finger