Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: whitemushroom    09/12/2014    4 recensioni
"My friends are my power!"
Una raccolta di flashfic sui numerosi personaggi che viaggiano tra i mondi, amano, giocano, sorridono e sperano. Figure maggiori e minori, importanti o poco degni di nota, ma che anche con poco sono riusciti a rendere magico ed indimenticabile il videogioco che ci ha stregati per la sua purezza e la gioia di credere nell'amicizia. Questa raccolta origina dal contest Storytime organizzata per festeggiare il quinto anniversario del nostro fantastico forum, il xiiiorderforum, che è sempre pronto ad accogliere tutti coloro che si sono smarriti tra luce ed oscurità e cercano amici con cui condividere storie e magia.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

160px-Rabbit_KHII




Personaggio: Tappo
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertenze: odio il Bosco dei Cento Acri.


Quel maledetto Ventodì

Tappo adorava l’autunno. Quell’autunno in particolare. Ventodì escluso, s’intende.
Da quando si era stabilito nella casa sotto la Vecchia Quercia non aveva mai ricevuto un raccolto di carote così abbondante, e nessuna delle mele era stata tanto rossa e succosa come quelle che adesso scintillavano nel cestino. Certo, era tutto dovuto al suo duro lavoro, ma quell’anno non c’era zolla dell’orto che non lo stesse ricompensando per la fatica; persino le piantine di piselli erano riuscite a non seccarsi con il calore dell’estate e adesso si erano arrampicate sulle grate della finestra del salotto piene di riconoscenza per tutta l’acqua che aveva versato goccia a goccia nei loro vasetti, incurante del caldo di mezzogiorno. Però avrebbe dovuto portarle nel capanno. Se quello che Uffa aveva detto era vero –e Uffa era un vecchio pigrone al pari degli altri, ma non aveva mai sbagliato una predizione- quell’anno il freddo sarebbe arrivato presto, e Tappo non poteva certo perder tempo a volare appeso ad un palloncino quando c’era così tanto da fare. Per questo adorava l’autunno: non si poteva mai stare con le zampe in mano.
Riempì il carretto avendo cura di appoggiare la zucca sul fondo. Aveva chiesto a Tigro di aiutarlo ad accatastare le ultime dieci zucche nel capanno, ma era chiaro l’altro avesse trovato qualche impegno più saltellosamente interessante del suo raccolto e l’unico aiuto che il coniglio aveva ricevuto in quella settimana era stata un’improvvisa folata di vento che gli aveva aperto la porta di casa proprio quando aveva le braccia cariche di barattoli di miele. Appoggiò il cestino sulla sommità del carretto ed iniziò a scendere la collina accompagnato dal familiare cigolio. Il pomeriggio volgeva al termine, e non c’era nulla di meglio che osservare la luce arancione e rossa quando a casa lo attendeva un fantastico pasticcio di carote per ricompensarlo del duro lavoro.
Fu solo quando abbassò gli occhi verso la sua tana che si accorse della porta aperta, il che voleva dire solo una cosa …
“No, no, e ancora no! Adesso mi sentono!”
Appoggiò il carretto contro la staccionata e si precipitò in casa, ritrovandosi davanti agli occhi esattamente quello che aveva previsto. Frammenti del suo profumatissimo pasticcio di carote sparsi ovunque riuscisse a vedere, compresa la finestra che aveva sostituito giusto il giorno prima su cui spiccava una macchia di crema arancione. Il divano ridotto ad un campo di battaglia implorava pietà sotto le zampe dell’unico vincitore, e l’orsetto Pooh sedeva al centro del tappeto circondato da almeno dieci barattoli di miele il cui contenuto era scivolato sul pavimento come una ragnatela. I peli della schiena gli si rizzarono definitivamente quando vide i teneri viticci dei piselli intrecciati per cullare Pimpi come un’amaca.
“Ehi Tappo, non ce l’hai un’altra torta? Quella alle carote era davvero una schifezza, fattelo dire …” Tigro saltellò giù dal divano e gli venne incontro. Apparve alla sua destra, poi si portò alla sua sinistra, poi a destra, poi ancora a sinistra ed avrebbe continuato in eterno se i suoi occhi non avessero incontrato l’ultimo carico.
“Mele! Adoro le mele! Grazie per averle portate, amico!”
“Non le ho portate per te. E anche se le avessi portate per te … GIU’ LE ZAMPE! E vale anche per te, orsetto Pooh, rimetti subito a posto i miei barattoli!”
“Ma domani è Ventodì, Tappo. Sto solo preparando il mio pancino per la festa. Come posso festeggiare se il mio pancino è vuoto?”
In quei casi c’era solo una cosa da fare prima che la sua tana venisse ridotta ad un cumulo di macerie. Afferrò Pimpi dai germogli, poi con la scopa spostò Pooh, il tappeto, i vasi, i barattoli con tutta la forza che aveva in corpo e li sospinse verso l’uscita proprio quando Tigro stava rientrando con i resti di un innocente torsolo tra le zampe. Pimpi mormorò qualcosa, ma Tappo spinse l’orsetto ghiottone proprio sopra di lui e soffocò qualunque forma di protesta. “MI AVETE STANCATO. STAN-CA-TO. SAPETE COSA VUOL DIRE?”
“Beh, che sei stanco e vuoi dormire. Ma è normale, non fai altro che lavorare tutto il giorno …”
“Certo, IO lavoro tutto il giorno e sempre IO non ne posso più di avere un gruppo di idioti che mi invade casa perché … perché è Ventodì, o Zuccadì, o Tigrodì o qualunque inutile scusa per distruggermi la tana! Avete idea di quanto ci abbia messo a preparare quel pasticcio di carote?”
Tigro si grattò la testa, e ad ogni frazione di secondo che passava Tappo avrebbe voluto calargli la scopa sulla coda. Non capivano, non volevano capire ed a quel punto non avrebbero capito mai. “Suvvia, Tappo, perché non vieni con noi? Dobbiamo provare il mio nuovissimo gioco, il Salta-Coniglio, e non si può giocare a Salta-Coniglio senza un coniglio, giusto? Lascia stare quello stupido pasticcio di carote ed esci da …”
Stupido … pasticcio … di carote …?
“FUORI DALLA MIA TANA!”
Sbatté la porta con un calcio e chiuse la serratura con tre mandate.
“QUANTO VORREI CHE SPARISTE TUTTI QUANTI!”
Quello che seguì fu un rumore agghiacciante. Non era la tana che tremava, i muri che ondeggiavano, la dispensa che si schiantò di colpo sul pavimento a spaventarlo.
No.
Fu il rumore. Come se centinaia di artigli si accanissero contro una porta, raspando, graffiando, cercando a tutti i costi di afferrare qualcosa che sembrava ritrarsi. Non erano contro la sua porta, realizzò mentre cercava di rimettersi in piedi, ma erano da qualche parte, ovunque, sopra e sotto, come se cercassero di portare con loro il capanno, la cucina e persino il soffitto. Fu scosso di nuovo, atterrò contro il tavolo trascinando con sé i piatti ed un bicchiere e quando cercò di aggrapparsi al davanzale ci fu un secondo suono, secco e netto, come se una pagina o un foglio di carta fossero stati strappati dalla furia di un efelante imbizzarrito. Il rumore attraversò in un lampo tutti i mobili più forte di una qualunque scossa del terreno e per un attimo Tappo sentì quello squarcio intorno a sé, dentro di sé ed in ogni singolo punto che riuscisse a vedere, nell’imbottitura del divano e persino nelle tracce di miele cosparse sul pavimento. L’istante successivo il rumore cessò. Le pareti smisero di tremare come se non fosse successo assolutamente nulla.
L’unico suono erano i suoi denti che battevano per la paura.
Mise cautamente una zampa a terra, poi l’altra, terrorizzato che qualunque cosa avesse causato quel frastuono fosse ancora lì. Ma un pensiero lo attraversò di corsa, prima ancora della paura; senza rendersi conto di star commettendo forse la più grande pazzia della sua vita scagliò in un angolo tutti i piatti e corse verso la porta, annaspando per trovare le chiavi in tutto quel disastro. Quando riuscì a spalancarla il cuore gli morì definitivamente in gola. “ … ragazzi …?”
Non c’era nemmeno un suono nell’orto, né un uccellino. Tre grossi solchi attraversavano il terreno da destra a sinistra, come gli artigli di una bestia feroce che aveva riversato la sua ira su tutti gli ortaggi, gli alberi da frutto e persino sul capanno. Ma in quel silenzio spettrale i suoi occhi non potevano far altro che guardare davanti a sé, oltre quella scena di distruzione.
Dove prima vi era lo steccato, adesso vi era soltanto un buio senza fine.
“RAGAZZI?”
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: whitemushroom