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Autore: CinderNella    11/12/2014    4 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hi there! Il banner è sempre stato fatto da _Lith_, lo stile del titolo è sempre ispirato a FRIENDS e la foto non è la mia assolutamente (ma Jess e Tom <3) ma è stata modificata da me. Buona lettura!












 
The Guy Who Turned Her Down

16. The One With His Nosy Friend And The Talk






Stava controllando sul set – e sotto l’ombrellino nero, perché sebbene fosse primavera e stessero a Toronto, prendere il sole completamente vestito di nero e con tutto quell’ammasso di tessuti addosso non era piacevole –  il cellulare durante una pausa, quando l’altrettanto milleottocentescamente acconciata Jessica si era sporta oltre la sua spalla per dare un’occhiata.
«Cosa fai, sempre a guardare il telefono in ogni pausa? Non ti ricordavo così tecnologia-dipendente!»
Tom mise via il telefono non appena lei fece capolino dalla sua spalla, e scosse la testa: «Diciamo che lo sono di più negli ultimi tempi.»
«Non dirmi che era Luke a stressarti. Potevi anche star controllando i tuoi scambi epistolari messaggistici con lui, ma prima no. Chi è la fortunata?» la rossa, in quel momento con la parrucca scura e ingombrante, prese ad aggrottare le sopracciglia buffamente ed in un modo poco consono se lo si fosse paragonato al loro abbigliamento, ma quel comportamento apparentemente buffo che avrebbe in situazioni normali potuto fargli nascere spontaneamente una risata non lo distrasse dalla domanda principale: allora arrossì, impercettibilmente sotto i chili di fondotinta e per pochi secondi, distogliendo lo sguardo.
«Stavo parlando con la mia coinquilina, in realtà.»
L’espressione confusa di Jessica lo indusse a fornire ulteriori spiegazioni: «Il mio padrone di casa mi ha sfrattato a Gennaio. Dovevo trovare assolutamente un posto vicino al Donmar dove andare a dormire, e Luke aveva un’amica che viveva a quattro minuti a piedi da lì. Lei doveva tornare in Francia... e beh, mi ha ceduto la sua stanza. I padroni di quella casa hanno dovuto solo mettere il mio nome al posto del suo nel contratto annuale e non c’è stato alcun problema.»
«Aspetta... mi stai dicendo che condividi una casa con una persona?»
«No, con ben tre altre studentesse, in realtà.»
Jessica scoppiò a ridere e per poco gli occhialetti da sole tondi non le caddero dal viso: «Sul serio?!»
«Sì. Studiano alla LSE, perciò hanno casa là.»
«Oh.» la sua amica e collega era ancora parecchio basita, così si arrischiò e decise di aggiungere qualcos’altro: «E io e una di loro abbiamo anche un gatto. Beh, in realtà siamo solo i suoi umani. Ha scelto noi due tra tutti e quattro gli abitanti della casa.»
«Ohhh... e lei è quella speciale?» infierì Jessica, alzando le sopracciglia e ammiccando soddisfatta. Tom roteò gli occhi per poi sbuffare leggermente «Non è speciale. Non nel senso che intendi tu, perlomeno.»
«E invece lo è, caro mio, perché non avresti aggiunto “in quel senso” se foste soltanto semplici coinquilini. Avresti detto che non è importante e basta, dopotutto sarebbe stata solo qualcuno con cui condividere l’appartamento in attesa di trovarne uno migliore.» aggiunse argutamente lei, sorridendo vittoriosa.
Al che lui si decise ad ammettere qualcosa: «Beh, siamo molto vicini, sì.»
«Quanto?!» Jess si morse un labbro, continuando a fare strani giochetti con le sopracciglia.
«Smettila di fare allusioni!» ribatté lui, lievemente innervosito. Non sapeva nemmeno perché gli dessero così fastidio, in realtà.
«Mi stai dando tanti più motivi per cui continuare con queste. Tra un po’ inizierò a cantare: “Tra rose e fior, nasce l’amor...”» iniziò a blaterare lei, sogghignando e battendo le mani soddisfatta.
«Sul serio?! Mi sento di nuovo di tre anni, complimenti, Jess.»
«Oh beh, sei tu l’oggetto del divertimento.» fece spallucce lei, abbandonando la canzoncina e gli sfottò per il momento «Voglio vedere la foto di questa tipa. E del gatto.»
«Sono abbastanza sicuro che se cerchi “NerdyRavenclaw” su Twitter e Instagram troverai tutto quello che stai cercando.»
«Non lascerò che tu mi ripeta nuovamente quest’informazione.» tirò il cellulare fuori dalla manica del vestito vittoriano e iniziò a cercare.
«Non l’avrei ripetuto, non preoccuparti. Era giusto il modo adatto per placare il tuo animo.»
«Ma è carinaaa!» aveva esclamato lei, scorrendo il suo profilo su Instagram «Vive su questo social network, ma è carina! E Mycroft è stupendo, tesorooo
Con il raggiungimento da parte di lei di quei decibel, Tom ebbe la certezza che non avrebbe più fatto domande riguardo alla natura della loro relazione: era troppo presa dal cucciolo di felino per pensare ad altro. E ancora una volta, Tom avrebbe dovuto ringraziare senza riserve il suo piccolo gatto.



Il weekend successivo agli Oscar era stato terribile. Avendo passato cinque giorni insieme non avevano potuto evitare il discorso del punto in cui si trovasse la loro relazione – e lui aveva avuto la felice idea di mettere in chiaro che non erano più insieme e basta. A quanto pareva Hannah aveva capito che le sue intenzioni non fossero vere, sennò lui sarebbe ritornato a casa e l’avrebbe cacciata... e invece, sul volo di ritorno da New York – dove avevano avuto la coincidenza per Londra – avevano finalmente affrontato quello che credeva sarebbe stato il loro ultimo discorso in cui almeno una delle due parti credeva di stare ancora insieme all’altra.
Ed era passata una settimana da quel weekend, ma era ancora distrutto. Non emotivamente, quanto fisicamente: in tutto quel tempo a stretto contatto non ce l’aveva fatta a fingere, quindi era un discorso che era ritornato più volte a LA, e non era per nulla piacevole. Lui aveva la faccia di bronzo mentre Hannah piangeva alla fine di ogni conversazione su quella materia, e si sentiva di merda per quel motivo, ma non sapeva cos’altro fare, dato che dare una minima parvenza di esitazione avrebbe potuto convincere la sua ormai ex-ragazza di avere ancora qualche speranza.
Ma in realtà, stare da Aneira gli aveva dato il coraggio di prendere la decisione più difficile: lasciare il porto sicuro per avventurarsi in un’ipotetica relazione con qualcuno che conosceva da pochissimo, ma che l’attirava tantissimo sotto diversi punti di vista. Aneira, pur non volendo che Hannah soffrisse o che lui scegliesse la cosa meno sicura, l’aveva reso sicuro: doveva fare quel passo. O probabilmente in due mesi sarebbe finito fidanzato ufficialmente con Hannah e si sarebbe pentito di quell’errore magari anni dopo: perché non poteva che essere un errore nel momento in cui si invaghiva così facilmente di un’altra quando erano ancora insieme e ritenendo, inoltre, di essere una coppia parecchio affiatata. Evidentemente non era così, non per lui, e questo lo sconvolgeva anche di più.
Era arrivato a metà marzo ed era pronto a riprendere a fare la stalker a tempo pieno – sempre con i tempi suggeriti da Aneira, ovviamente. E aspettava Jules fuori dall’università, dopo che aveva per giorni tormentato la sua nuova coinquilina per avere l’orario delle lezioni della sua amica, riuscendoci, ma solo alla fine.
La vide uscire con alcune ragazze e attraversare la strada, e in quel momento decise di alzare un braccio per farsi notare: riuscì a cogliere un lampo di sorpresa negli occhi della ragazza, seguito da un’espressione quasi innervosita. Poi Jules salutò le due amiche e si diresse nella sua direzione, brandendo l’indice destro come arma verso di lui: «So cosa stai facendo!»
«Come, prego?»
«Sei in modalità “stalking”! Non ti ho visto per giorni e ho creduto che avessi lasciato perdere, e invece—
Il clacson di un furgoncino attirò la loro attenzione ed Eddie tirò via dalla strada Jules, che poi si lisciò automaticamente la giacca, come per spazzare via qualcosa – che visibilmente non c’era – da lì. Ma in realtà era solo imbarazzata, visto che mentre inveiva contro di lui si era così dimenticata di dove fossero che lui aveva dovuto salvarle la vita. O almeno una gamba, insomma.
«Grazie.»
«Dicevi?» l’espressione sbruffoncella di un Eddie che sapeva di avere il coltello dalla parte del manico – l’aveva sempre salvata, dopotutto – le diede il nervoso, così tanto che tornò a puntargli il dito contro.
«Mi stai stalkerando.»
«L’ho fatto in piccole razioni per un po’ di tempo, sì. Chiedevo ad Aneira di dirmi quando eri dove, così da poterti incontrare.»
«La ammazzo!» esclamò lei, prendendolo per il collo della giacca che indossava lui.
«Ma adesso ho smesso.» dichiarò sicuro Eddie, facendo spallucce con le mani ancora nelle tasche dei jeans.
«E perché sei qui, allora?»
«Perché sono uscito allo scoperto. Ho ribadito alla mia ex-ragazza il fatto che ormai fossi single—
«Sì, ho visto le foto degli Oscar.» ribatté quella, a braccia incrociate e quasi sputando la frase successiva «Sembravate una bellissima coppia.»
«Avevo prenotato il posto per lei da mesi! Se non si fosse presentata avrebbero parlato! E poi era ancora certa di essere la mia ragazza, dopo cinque giorni di litigate e un volo transoceanico dove non ci siamo parlati se non per ribadire il nostro status di single ha capito che non provo più nulla per lei!» aveva alzato la voce: e di conseguenza diverse teste si erano girate verso di loro.
«Andiamo a parlare altrove.» sentenziò Jules, dandogli il beneficio del dubbio: e i piedi portarono entrambi verso casa di Aneira, e quando arrivarono al portone rimase stupita dal fatto che Eddie ne possedesse le chiavi.
Il ragazzo, ancora in silenzio, aprì il portone e lo mantenne per lei, poi le fece strada – strada che ben conosceva – fino all’ascensore... ed erano ancora in silenzio. Fin quando non si chiusero – passando per la casa e senza salutare nessuno, neanche Laire che li guardava perplessi trovandoseli tra i piedi appena era uscita dal bagno – nella camera di Tom ed Eddie riprese a parlare.
«Non ti sto prendendo in giro.»
«No, quello l’hai già fatto all’inizio, nascondendomi la fidanzata e uscendo con me come se fossi libero.» rispose chiara e tagliente la ragazza, liberandosi della giacca e rimanendo in camicetta, portandosi le mani chiuse a pugni sui fianchi dopo aver lasciato la borsa in un angolo.
«Mi hai preso così tanto che non sapevo neanche di potermi trovare in una situazione del genere! Proprio non capisci?!» emise esasperato lui, a metà tra un’esclamazione e una domanda «Io non sono un fedifrago, amavo la mia ragazza e le sono sempre stato fedele, credevo fossimo una bella coppia affiatata... fin quando non sei arrivata tu.»
E Jules non seppe davvero come rispondere, rimanendo in silenzio e dandogli la possibilità di continuare il suo discorso tremendamente simile a una dichiarazione d’amore.
«Non sapevo... come gestire la situazione, come gestire quel che provavo per te: che per inciso, all’inizio era curiosità, sebbene tu mi piacessi già come persona. E di norma non sono curioso di conoscere altre ragazze, quando sto con qualcuno.» dichiarò quasi solennemente «Ma tu eri diversa, eri speciale: così affine a me, abbiamo connesso subito. E io non sapevo sinceramente cosa provare per te, per Hannah, per questa situazione... per tutto. Ma non ho mai avuto l’intenzione di mentirti di proposito solo per portarti a letto, altrimenti ora non sapresti nulla e avremmo già fatto sesso da parecchio.»
Jules stava respirando pesantemente – quasi fosse in affanno e in procinto di ringhiargli conto – ma non parlava.
«Insomma... le mie intenzioni con te sono state sempre innocenti: non ho mai voluto prenderti in giro e all’inizio credevo saremmo rimasti semplici amici. Poi mi sei piaciuta... anche in quel senso. Insomma, eri attraente anche in quel senso.»
«Stai forse dicendo che ero asessuata per te?» alzò un sopracciglio, perplessa.
Lui ridacchiò, rilassando finalmente le spalle e avvicinandosi a lei: «Più o meno. Per i primi cinque minuti.»
Anche Jules emise una risatina, facendo due passi verso di lui con ancora le braccia lungo i fianchi: poi lo guardò negli occhi verdi – che quel giorno sarebbero sembrati più verdi del solito, se solo fosse stato possibile – e allacciò le braccia attorno alla sua vita, sorridendogli alla fine: «Diciamo che te la faccio passare, per questa volta. E sei completamente perdonato. Ma se lo fai un’altra volta, ti eviro con le mie stesse mani. Ed è una promessa.»
L’espressione dolorosa – la stava fingendo decisamente bene – che aveva avuto ascoltando la penultima frase scomparve quando posò la fronte contro quella di Jules, che continuava a sorridere imperterrita: e siccome si era anche scocciata di aspettare che lui facesse qualcosa, decise di tirarlo letteralmente a sé per il collo della camicia, quasi scontrandosi quando le loro labbra si unirono. Ma standosi già baciando non ebbero nulla da ridire su come fosse avvenuto quel contatto, per quanto irruento che fosse.
«Tra dieci minuti staranno emettendo suoni di natura ben diversa, quanto ci scommettiamo?» aveva dichiarato in corridoio Aneira, con Mycroft in braccio e Laire di fianco, che scoppiava a ridere: «Lo penso anche io. Povero Tom, non vorrei mai dormire in quel letto. Insomma, se sapessi che un mio amico ci ha fatto sesso... nel mio letto poi!»
«E sono anche certa che Eddie glielo dirà. Quando terminerà la fase del “Jules Jules Jules!” come se fosse un drogato, ma glielo dirà. E il povero Tom soffrirà.»
«Vorrò vedere la sua espressione sofferente in quel momento!»
Aneira rise, sedendosi sul divanetto: «...Anche io. Non vedo l’ora!»
E così dicendo terminarono gli sbeffeggiamenti nei confronti della coppia ad un muro da loro – che in quel momento sicuramente non aveva alcun pensiero per il mondo esterno – e del coinquilino dall’altra parte dell’oceano, che Aneira avrebbe personalmente – e con gioia estrema – informato riguardo alla copulazione che era in procinto di avvenire quel giorno nella sua camera.


Aveva Mycroft aggrappato alla sua spalla – si era preso la razione quotidiana di coccole che di norma pretendeva da Tom, ma in quei giorni la prendeva metà da Eddie e metà da Laire e raramente da Elspeth – e stava tornando verso la sua camera, pronta a mangiare il suo amato Haägen Dazs alla noce di macadamia direttamente dalla scatola, quando sentì suonare il campanello: non aspettava nessuno, ma sarebbe tranquillamente potuto essere Luke, o qualcuno per Eddie. Si avvicinò alla porta di casa con Mycroft che le ficcava le unghiette – non tanto “ette” – nella spalla e controllò dallo spioncino: Lara.
Che diamine ci faceva lì?
Aprì la porta, senza neanche chiedere chi fosse: l’aveva riconosciuta, e sembrava sgarbato neanche salutare per chiedere “Perché sei qui?!”
«Lara?»
«Buonasera! Come ti va?» chiese lei, gettandosi a salutarla con due baci sulle guance per poi prendere Mycroft e spupazzarlo tutto.
«Uhm, bene. Perché?»
«Mi chiedevo come stessi senza Tom. E quindi son venuta a fare un salto. C’è anche Eddie?»
«Sì, è in camera di Tom, ma...» non fece nemmeno in tempo a finire di spiegare a Lara che il ragazzo in questione aveva compagnia, che quella si era già catapultata lì, col cappotto ancora addosso e Mycroft tra le braccia.
«Oh mio dio siete nudi!»
«Se tu imparassi a bussare! Ehi che fai—
«Informo nel modo migliore Tom. Insomma, l’uso che fai del suo letto...»
«Ma che cavolo?...»
Visto che si sarebbe potuta considerare una festa, anche Aneira entrò in camera: «Ciao Jules, ciao Ed. Vi ho sentiti copulare ma non entrare in casa. Come va?» in realtà erano coperti dalle coperte fino al collo, quindi Lara non aveva fotografato un bel niente, ma doveva essere sembrato comunque poco piacevole per quei due. Ma lei continuò a squadrarli mangiando il gelato, mentre Lara sorrideva malefica ai due piccioncini.
«Bene?» le aveva risposto basita Jules, seppellendosi poi ancor di più nelle coperte mentre Eddie affrontava lo sguardo delle due ragazze, che insieme erano deleterie: «Volete un invito formale per uscire dalla mia camera?»
«No, ma è tanto bello guardarti diventare rosso come i tuoi capelli!» esclamò, sorridente, Lara.
«E non è il tuo letto, è di Tom.» specificò Aneira, prima di spingere fuori dalla camera Lara e tirarsi dietro la porta. Poi fece gli onori di casa e la condusse in cucina, offrendole un tè.
«Sì grazie. Che fai di questi tempi, ‘Nei?»
«Niente di che: studio, vedo serie TV... tu?»
«La versione più patinata di quello che in realtà stai facendo tu.» rispose lei, sorridendole, per poi lasciare Mycroft tranquillo sul divanetto per andare a scegliere i tè dalla scatolina apposita.
«Ti va di uscire? Che so, fare due passi qualche volta... dopotutto abito qua vicino!» propose Lara, sorridendole ancora. Con tutti quei sorrisi sembrava particolarmente malefica, o perlomeno, sembrava avere un piano in mente.
Aneira annuì, circospetta: «Certo. Hai un giorno in particolare in mente?»
«Anche domani per un aperitivo. O sabato per una cena. O domenica per il tè.»
«Okay, andiamoci piano, eh!» esclamò Aneira, sorridendole nonostante la volontà quasi spaventosa di Lara di uscire insieme. Perché poi?
«Perfetto, allora ci sentiremo per questi giorni. E vorrei il tè della buonanotte!»
«Lo prendo subito.» Aneira si voltò verso la credenza e le stava dando le spalle, mentre si affaccendava per trovarlo: l’avevano sepolto troppo dietro rispetto al resto di tè e tisane e ora non lo trovava più.
Ma Lara ne approfittò e tirò fuori il cellulare, furtiva:
“Confermo la mia presenza per il 13 Aprile, e la informo che il mio ospite risponderà al nome di Aneira Hier. Spedisca pure entrambi gli inviti al mio indirizzo, Lara Pulver.”
E Aneira armeggiava tranquillamente con la credenza, ignara di quello che l’avrebbe aspettata di lì a un mese.







Ps.: "Sei tu l'oggetto del divertimento!" non sapevo come renderlo. Spesso i dialoghi li penso in inglese e in questo caso m'è venuto in mente "The joke's on you" ma ecco... se suona strano è perché non sapevo come renderlo al meglio per l'appunto in Italiano XD
  
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