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Autore: Nastia94    11/12/2014    6 recensioni
E se Katniss non fosse la guerriera che tutti conosciamo? Se fosse solo una normale adolescente di 17 anni con una vita sconvolta che dovrà ricucire pian piano?
Mamma non capisce che per me relazionarmi con gli altri, è alquanto complicato. Sono sempre stata abbastanza timida e con pochi amici. Di solito preferisco starmene da sola. Diciamo che la mia migliore amica è sempre stata la mia allenatrice. Diciamo che oltre a mio padre, è stata l'unica con cui andavo più d'accordo. Ma devo cambiare o almeno, ci devo provare. Città nuova, vita nuova dice mia madre; ma non ne sono poi tanto convinta. Busso respirando a fondo l'aria fresca di agosto e sperando che almeno siano gentili. Aspetto si e no due minuti, quando sento cigolare la porta. Mi volto lentamente e mi ritrovo davanti uno spettacolo che non avrei, forse, voluto vedere. Un ragazzo alto circa 1.70, con gli occhi azzurri e biondissimo. Porta un paio di jeans blu ed è senza maglietta. Spalle larghe, corpo possente. Crederei che fosse una statua se non lo avessi qui davanti. Non riesco a distogliere lo sguardo, fino a quando un suo sorriso mi manda ancora più in pappa il cervello.
Genere: Avventura, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E se Katniss fosse una semplice ragazza del terzo anno che si è appena trasferita in un'altra città? Se fosse una normale adolescente con i problemi che tutti a quell'età hanno?

Diciamo che quelle parole non mi descrivevano a pieno; in quel momento niente riusciva a descrivermi. Aver perso mio padre mi aveva destabilizzato mentalmente. C'erano periodi in cui non mangiavo, non uscivo più di casa, in poche parole la depressione ed il dolore si erano fatti spazio dentro di me. Superarlo è stato difficile; diciamo che ci sto ancora lavorando ma non lo farò più dalla mia amata città. Il Canada. Quando a mia madre hanno offerto un lavoro lì, non ci ha pensato due volte a trasferirsi. E' tornata a casa, da un giorno all'altro, dicendo che avremmo cambiato vita. So perchè aveva così tanta voglia di andare via. Ogni angolo di casa le ricordava papà e per questo di certo non la biasimo. A tutti faceva questo effetto, tanto che mia sorella è arrivata a chiedere o meglio a pregare, per andare in Francia a studiare con uno scambio culturale. Prim non era forte come me e sapevo che non ce l'avrebbe fatta a vivere ancora lì, con il ricordo vigente di papà. Così l'ho aiutata  a realizzare questa cosa e circa un mese fa è partità per Parigi. Finirà lì le superiori e poi tornerà qui in America. Mentre io, in questo preciso istante, mi trovo incollata ad un sedile contro la mia volonta. Lasciare la Florida è come lasciare un pezzo di me, ma non potevo dire a mia madre che mi rifiutavo di trasferirmi. Stava già soffrendo troppo e non volevo caricarla di pensieri ancora di più. Ed ora eccomi qui verso Montreal, in Quebec. Non so come sarà la mia vita li; so solo che spero di ambientarmi il più in fretta possibile.

-Kat, svegliati siamo arrivati- cerco di aprire gli occhi mentre la hostess comincia a dire le solite parole di fine volo.

Almeno il tempo oggi non fa così schifo. C'è il sole e benchè sia ancora agosto, credo che qui cominci già a fare freddo. Ma vabbè; dovrò abituarmi. Mi allaccio la cintura ancora sbadigliando mentre mia madre letteralmente euforica, continua a sorridere.

-Cos'è, non vedi l'ora di scendere?- le dico prendendo il cellulare che per ore ho dovuto abbandonare nel fondo della borsa

-Kat, sarà un'esperienza nuova. Non vedere sempre le cose in modo negativo. Vedrai che ti troverai bene- le sue parole dovrebbero rassicurami ma mi creano solo più ansia di quella che già mi porto dietro.

Uscire dall'aeroporto è sempre un'impresa specialmente, se accanto a te, hai una mamma che sembra una dodicenne euforica. Capisco che sia contenta, ma deve smetterla di esaltarsi così. Non vorrei farmi riconoscere con il nomignolo "la figlia di quella euforica". Ma in fin dei conti sono felice che finalmente, dopo tanto tempo, sia riuscita a ritrovare quello spirito che l'ha sempre contraddistinta. Lavorando nel reparto di oncologia come medico, ha sempre cercato di essere solare anche se giornalmente ne vedeva di tutti i colori. E dopo la morte di papà non lo è stata più. Ed ora invece sta tornando piano piano e spero che rimanga, senza svanire di nuovo.

-Dove sarà casa nostra?- dico fissando il paesaggio da dietro il finestrino

-Un po' in periferia- risponde mia madre fissando la strada 

-Fuori dal mondo; perfetto- concludo sospirando

-Avrai la metropolitana a due passi. Percui scordati di rimanere a casa-

-Ma....- e ovviamente mi interrompe

-Ho parlato con la federazione del pattinaggio canadese- niente di buono immagino -Mi hanno detto che non c'è problema. Potrai allenarti con loro- ecco, appunto.

Sapevo che avrebbe fatto uno dei suoi soliti magheggi. Fino a prima della morte di mio padre il pattinaggio era la mia vita. O meglio, era una delle mie più grandi passioni insieme al tiro con l'arco.  Lui era un tiratore esperto ed inoltre, da giovane, aveva giocato ad hockey. Con lui passavamo i sabati in questo modo. O andavamo a pattinare, o a tirare con l'arco. Dopo la sua morte non ho più toccato nessuno dei due. L'arco era rimasto in garage, appeso con tutti quelli che mio padre collezionava e per quanto riguarda i pattini invece, avevo deciso di darli in pasto alla polvere. Non mi ricordo neanche con quale scusa avevo rifiutato il programma olimpico. Ma non riuscivo più a fare nulla. Tutto, ogni cosa, mi ricordava lui ed era difficile andare avanti. Così aprì un blog buttandomi a capofitto nella lettura. Era l'unica cosa che mi faceva sognare e mi faceva dimenticare tutto.

-Tanto io non vado- dico sbuffando

-Kat i tuoi capricci non voglio sentirli. Devi ricominciare a vivere. Non puoi rintanarti per sempre dietro ad una finestra- risponde parcheggiando in un vialetto

Ha ragione purtroppo. Per quanto io possa oppormi e sbuffare, ha davvero ragione. Devo smetterla di piangere su un qualcosa che ormai, purtroppo, è accaduto e non si può cancellare. Forse ci proverò, ma mi serve del tempo per riflettere.


Svuotare i pochi scatoloni che hanno trasportato qui, non è affatto difficile. Alla fine avevo deciso di portare qui solo poche cose. Le altre che mi ricordavano pienamente una parte di vita trascorsa in Florida, le avevo letteralmente bruciate. E non perchè non mi piacessero; ma semplicemente perchè mi ricordavano troppo. In uno dei due scatoloni che mi sono portata dietro, ritrovo una custodia fin troppo familiare. Non riesco a trattenere le lacrime perchè è tutto quello mi ricorda mio padre e i nostri pomeriggi. Il mio arco nero è lucido come sempre e riprenderlo in mano, mi porta alla mente mio padre. Lui amava tirare con l'arco e io insieme a lui. Sinceramente non so cosa farmene. Non lo riuserò mai. Per cui perchè lo ha portato qui? Sa che vederlo mi fa soffrire.

-So che non avrei dovuto- ancora con le lacrime agli occhi alzo lo sguardo, e trovo mia mamma appoggiata allo stipite della porta

-Perchè?- dico in preda ai singhiozzi -Sai quanto ci sto male!- non vorrei arrabbiarmi, ma è più forte di me

-Kat, lo so- dice avvicinandosi e abbracciandomi -Ma non puoi per sempre nascondere le tue paure-

-Ma io non ce la faccio- le lacrime continuano a scendere incessantemente

-Sai, anche io credevo di non farcela, di crollare. Ma ho stretto i denti e sono andata avanti. Tuo padre non vorrebbe vederti così; e lo sai-

Su questo ha ragione. Mio padre non ci avrebbe mai voluto vedere in questo modo, non avrebbe mai voluto vedermi abbandonare le mie due passioni. Ma il dolore ogni volta mi lacera e non so come rimediare. Ma ci devo provare; devo essere forte per lui.

-Va bene- dico annuendo poco convinta -Appendiamolo e andrò al palazzetto un giorno di questi-

Mi volto e vedo gli occhi di mia madre illuminarsi. So quanto è felice per questo e farò uno sforzo, per non deludere le sue aspettative. Prendo il martello, i chiodi e comincio ad appendere l'arco in un'angolo della stanza. Poi riprendo i mie pattini bianchi, li tolgo dalla custodia che li ha conservati perfettamente e decido di appendere anche quelli. E' quello che mi ha sempre detto anche la mia psicologa; affrontare il passato, le difficoltà. Forse ciò mi aiuterà a convivere meglio con la morte di mio padre.

-Kat, puoi andare a chiedere del sale?- dice mia madre dalla cucina

-A chi lo chiedo? Ai fantasmi?- dico scendendo velocemente i gradini

-Spiritosa. Ai vicini. Sai che tutti ne hanno?-

-Di cosa? Di confezione di sale?- come cercare di sviare la richiesta

-Dai Kat vorrei cucinare, almeno possiamo mangiare qualcosa-

-Mamma, un passo alla volta però-

-Dai, sono dei vicini non dei mostri. Magari ti farai dei nuovi amici- è così convinta che annuisce senza accorgersene

-Vabbè, mi tocca. Altrimenti mi lasci anche a digiuno- dico uscendo

Mamma non capisce che per me relazionarmi con gli altri, è alquanto complicato. Sono sempre stata abbastanza timida e con pochi amici. Di solito preferisco starmene da sola. Diciamo che la mia migliore amica è sempre stata la mia allenatrice. Diciamo che oltre a mio padre, è stata l'unica con cui andavo più d'accordo. Ma devo cambiare o almeno, ci devo provare. Città nuova, vita nuova dice mia madre; ma non ne sono poi tanto convinta. Busso respirando a fondo l'aria fresca di agosto e sperando che almeno siano gentili. Aspetto si e no due minuti, quando sento cigolare la porta. Mi volto lentamente e mi ritrovo davanti uno spettacolo che non avrei, forse, voluto vedere. Un ragazzo alto circa 1.70, con gli occhi azzurri e biondissimo. Porta un paio di jeans blu ed è senza maglietta. Spalle larghe, corpo possente. Crederei che fosse una statua se non lo avessi qui davanti. Non riesco a distogliere lo sguardo, fino a quando un suo sorriso mi manda ancora più in pappa il cervello.

-Be?- ha un ghigno in volto e io devo cercare di darmi una mossa a rispondere

-Sono Katniss, la vostra nuova vicina. Vorrei sapere se avete un po' di sale da prestarci- dico tutto d'un fiato cercando di prendere più aria possibile per respirare

-Ti sembro un supermercato io?-

Detto ciò mi sbatte la porta in faccia ed io rimango là, impalata come un'ebete.


Ciao a tutte. Non ho molto da dire; solo che spero vi piaccia. Molto di tutto quello che leggerete è tratto dalla mia fantasia e poche cose si ispireranno al libro della Collins. Accetto critiche e commenti di vario genere. Al prossimo capitolo!
   
 
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