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Autore: mattmary15    11/12/2014    9 recensioni
Lei allungò una mano e gli spostò una ciocca di capelli dal viso. Lui inspirò cercando di raccogliere il profumo della sua pelle, la guardò dritta negli occhi azzurri come il mare e disse solo poche parole. Sempre quelle.
“Saori, lo sai”
Le disse con un sospiro, come se una malinconia antica di mille anni volesse farsi largo improvvisamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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La vita salvata da Kouga
-Il destino di una vita intera-



Il sole era alto quando Mur entrò nella grande sala del trono con indosso l’abito talare. Gli scrigni d’oro dello zodiaco erano stati posti in modo circolare e dietro ognuno di essi era stato predisposto uno scranno.
Aveva deciso di non indossare l’elmo cerimoniale. Gli era sembrato totalmente inappropriato. La luce faceva brillare i dodici involucri d’oro e lui si soffermò a guardare quello del Sagittario. In mezzo a quelle colonne bianche, l’oro degli scrigni sembrava ancor più ricco. Il tappeto rosso era stato rimosso e dei teli bianchi calavano dagli alti timpani del tempio in segno di lutto.
Il primo a raggiugere la stanza fu Saga. Mur ebbe la sensazione che, passandogli la carica di gran sacerdote, gli avesse anche passato una ventina dei suoi anni.
“Sacerdote, ti saluto. Mi auguro che tu abbia stemperato i bollenti spiriti dei miei pari durante la mattinata.” Disse Saga con tono autoritario.
“Non credevo che saremmo arrivati a questo Saga. Passarmi la carica di gran sacerdote e rimettere, contemporaneamente, la vita di Seiya nelle mie mani non è stato molto corretto da parte tua ma diciamo che avrei dovuto aspettarmi un qualche secondo fine nel tuo gesto.” Saga rise di scherno.
“Diciamo che, con quell’abito addosso, non mi sentivo libero di muovermi a mio piacimento, Mur.”
Il grande sacerdote stava per domandare cosa significasse quell’affermazione ma la porta della grande sala si aprì e i cavalieri entrarono due alla volta. Prima Milo e Camus. Il cavaliere dello Scorpione avanzava con un cipiglio cattivo sul volto. Era stato l’unico, nella discussione ufficiosa che si era tenuta all’alba in quella stessa stanza a parteggiare per Seiya. Aveva persino discusso con Camus che la pensava in modo diametralmente opposto. Quest’ultimo camminava al suo fianco più freddo del solito se possibile e guardava dalla parte opposta a quella di Milo.
Dietro di loro avanzavano Aphrodite e Death Mask. Durante il duro confronto della mattinata Aphrodite era rimasto muto tutto il tempo rigirandosi una rosa rossa tra le dita. Cancer, da parte sua, aveva litigato con tutti senza spendere né una parola a favore né una contro Seiya e risultando, di fatto, inutile a tutti.
Aiolia fece il suo ingresso al fianco di Shyriu. Il cavaliere di Libra aveva provato a portare qualcuno dei dorati dalla parte del suo migliore amico senza contrariare apertamente la fazione dei cavalieri d’oro che volevano vedere applicata la legge e consideravano Seiya resposnsabile delle condizioni di Atena. Aveva cominciato dove pensava di trovare minore resistenza e cioè da Aiolia ma quest’ultimo si era chiuso in un doloroso mutismo. Il ricordo di essere stato marchiato per anni come il fratello di un traditore era ancora troppo vivido.
Shura enrò al fianco di Shaka. Se la vita di Seiya fosse stata appesa alla sola volontà di questi due cavalieri, seppure per motivazioni diverse, sarebbe stata recisa in un istante. Troppo legato al senso dell’onore Capricorn, quanto al senso delle norme morali Virgo.
Tutti i cavalieri presero posto. Mur fece cenno a due ancelle di aprire la porta per l’ultima volta e uscire. Dietro la porta stavano, immobili, Aldebaran e Kiki ai fianchi di Seiya. Al cenno di Mur entrarono e la porta fu richiusa.
Il volto di Aldebaran era inflessibile, quello di Kiki una maschera di dolore. I cavalieri presenti si stupirono di vedere quest’ultimo con indosso l’armatura dell’Ariete.
Seiya avanzò tra loro e gli fu ordinato di fermarsi al centro della sala. Mur parlò.
“Innanzitutto vi devo una spiegazione. Atena aveva nominato Kiki cavaliere dell’Altare in una situazione di emergenza. Egli si è dimostrato in grado di adoperare persino la spada di Atena. Poiché non ritengo di essere in grado di rivestire contemporaneamnete il ruolo di grande sacerdote e quello di difensore della prima casa, ho deciso di affidare il secondo compito a Kiki. Accoglietelo tra i pari d’oro.”
Tutti i cavalieri fecero un cenno del capo e Seiya sorrise riempiendo d’orgoglio il cuore del ragazzo. Se aveva raggiunto quel risultato, il merito era di Seiya. Il suo esempio lo aveva fatto crescere e desiderare di essere un vero cavaliere di Atena e non solo un eterno apprendista.
“Ma veniamo al grave motivo per cui siamo qui. Seiya di Sagitter, sei stato accusato di aver commesso il più grave crimine di cui un cavaliere tuo pari possa macchiarsi. Hai recato offesa alla dea Atena. Sin dalle prime luci dell’alba i tuoi pari hanno discusso la questione. La pena per una simile colpa è la morte. Non saresti privato solo della vita, cavaliere, il tuo nome sarebbe cancellato dagli annali del santuario. Poiché si tratta della pena suprema e i cavalieri non sono stati unanimi nella sentenza, si è deciso di darti facoltà di difenderti. Ti verrà fatta una sola domanda dalla cui risposta dipenderà il tuo destino.” Mur si fermò e tirò il fiato. Kiki avrebbe giurato che stesse tremando. I cavalieri d’oro guardavano in undici direzioni diverse. Solo Saga fissava negli occhi Seiya. Sembrava volergli suggerire la risposta e lo sfidava con gli occhi. Mur riprese.
“Seiya di Sagitter, Kouga, generato da Saori Kido incarnazione della dea Atena, è tuo figlio?”Un silenzio irreale cadde nella sala. Gli uccellini cinguettavano come in una qualsiasi giornata soleggiata ignorando l’invidia che generavano nel cuore dei  presenti nella stanza del trono.
Shaka aprì i suoi occhi percependo il cosmo di Seiya espandersi con orgoglio. In pochi istanti avvolse tutti.
“Seiya di Sagitter, hai ben compreso cosa ti ho domandato?” chiese di nuovo Mur “Kouga è tuo figlio o hai tentato di difenderlo dalla verità e cioè che è stato generato da Marte durante l’aggessione ai danni della nostra dea?”
Se avesse potuto, Mur avrebbe usato la sua telepatia ma gli altri cavalieri d’oro se ne sarebbero senz’altro accorti.
“Di la verità, Seiya!” fece in modo aggressivo Saga.
Il cosmo di Seiya, come avesse raggiunto il suo obiettivo, si placò. Così era in effetti. Seiya lo aveva esteso fino a raggiungere Saori distesa nelle sue stanze. Quando aveva percepito che quella piccola scintilla ancora presente nel corpo della donna non aveva reagito alla sua presenza, si era ritirato.
“Mur, cavalieri d’oro, grazie. A tutti. Per avermi dato la possibilità di parlare. Lasciate che vi dica che anche se per tutti questi anni passati perlopiù sull’Altura delle Stelle non siamo stati fisicamente uniti, io vi ho considerati più che amici. Vi ho considerati maestri. Vi ho considerati fratelli. Alcuni di voi mi conoscono meglio, altri sanno solo che sono stato bravo a combinare un mucchio di guai. Io però vi ho conosciuto tutti nel profondo perché vi ho visti attraverso gli occhi di Atena.
Non sono bravo con le parole. Vi chiedo solo di proteggere Kouga. Saori ha dato la sua vita per proteggere il santuario. A tutti voi tocca, a questo punto, proteggere il figlio di Atena. Aiolos lasciò a dei semplici cavalieri di bronzo la difesa della dea. Io non sapevo nulla di Saori, nulla di Aiolos. Qualcuno mi ha detto che se capisci che un uomo ha visto il disegno più grande meglio di te, tu ti devi fidare. Io mi sono fidato ciecamente di Aiolos e lui era uno di voi. Ora io vi chiedo di fidarvi ciecamente di me. Proteggere Kouga, proteggete mio figlio.”
“Dannazione Seiya!” urlò Aiolia.
“Siamo tutti cavalieri di Atena!” grido Milo.
“Questo non è ammissibile!” gli fece eco Shura.
“Non puoi sovvertire le leggi Seiya, le leggi sono la volontà della dea stessa!” fece Shaka.
Tutti facevano una tremenda confusione. Seiya si sentì mancare e Saga gli fu affianco per sostenerlo.
“Silenzio!” gridò Saga “Non capite che vuole proteggere il ragazzino? Non vuole che scopra le sue vere origini!” fece rivolgendosi a Mur con occhi furenti. Tutti tacquero e guardarono il sacerdote. Mur sentì lo sguardo penetrante di Shaka trafiggergli la mente. Sentì su di sé la responsabilità del  verdetto e si sedette sul trono per la prima volta poggiando le mani sui braccioli.
“Complimenti Seiya, splendida interpretazione! Sei fiero di te? Non potevi ascoltarmi per una volta?” disse sottovoce Saga.
“Non ha più importanza, Saga.” Disse Seiya.
“Sciocco!” disse il più grande fra i denti “Lei è morta ma quel bambino ha bisogno di te.”
“Quel bambino ha bisogno di sapere che suo padre e sua madre lo hanno desiderato, hanno lottato per averlo e lo hanno amato sopra ogni cosa. Anche la vita. Saori ha dato la sua, io le ho promesso che stanotte sarei stato al suo fianco.”
Saga sgranò gli occhi e Mur in quel momento si alzò.
“Seiya. Ti è stata data la possibilità di difenderti. Hai confessato la tua colpa. La pena per un simile reato è la morte. Il tuo nome verrà cancellato dagli annali del Santuario. Non sarà riportato che vestì la sacra armatura di Sagitter un uomo di nome Seiya. Non sarà riportato il tuo nome tra i cavalieri di Pegasus. Non c’è mai stato alcun santo di Atena con questo nome. Questo decide il grande sacerdote della dea.”
Seiya cercò di rimanere in piedi ma le sue gambe cedettero nel momento in cui sentì che avrebbe perso anche il titolo di cavaliere di Pegasus.
“Mur!” gridò Saga e Death Mask gli fu al fianco per trattenerlo.
“Saga, il compito di un grande sacerdote della dea è difendere Atena, non le sue incarnazioni. Ho la morte nel cuore, credimi, ma hai voluto tu che lo facessi.”Saga tornò calmo e scansò Cancer.
“Hai ragione, grande sacerdote. Ti chiedo, come ammenda per il mio imperdonabile comportamento, di affidarmi il compito di eseguire la sentenza sempre che qualcun altro non voglia farlo al posto mio!” esclamò guardando prima Shura e poi Shaka.
Shaka chiuse i suoi occhi, Shura abbassò il capo. Saga lo aveva detto con la consapevolezza che nessuno dei cavalieri d’oro avrebbe preteso quell’incarico. Strattonò Seiya e fece per condurlo fuori. Camus gli sbarrò la strada.
“Atena è morta. Mur è grande sacerdote. Ora posso dire apertamente quello che penso. Non mi fido di te. Hai avuto la tua occasione di servire fedelmente la dea e hai mentito. Tu hai sempre saputo che il ragazzo era figlio di Atena. Hai consentito che fosse violato uno dei dettami più sacri del grande tempio. Non sei meno colpevole di Seiya.” Saga sorrise.
“Davvero? Il grande sacerdote non ha formulato alcuna accusa contro di me. Nessuno, a parte Seiya e Saori sapeva. Io ero all’oscuro come tutti voi. Mi è stato detto di tollerare la presenza di quell’orfano alla tredicesima casa e io ho obbedito. Se hai prove che dimostrino il contrario, allora tirale fuori ora oppure taci.” Camus strinse i pugni.
“Allora pretendo che Seiya venga affidato a me e Milo fino alla sua esecuzione. Questo, Mur, non puoi rifiutarmelo.” Disse l’Acquario rivolgendosi al grande sacerdote ma Mur fece un cenno col capo.
“Smettetela! Kiki e Aldebaran si occuperanno di Seiya fino a domattina. All’alba, prima della celebrazione del rito del trapasso in onore di Atena, Seiya sarà giustiziato.” Concluse voltandosi e lasciando la sala. Saga lo raggiunse nel corridoio.
“Mur.” Disse richiamandolo.
“Non dire nulla. Non potevo fare diversamente.” Disse Mur col capo chino “Io devo essere giusto. Devo applicare la legge.”
“Mur, grazie.” Disse Saga tendendogli una mano.
“Che significa?”
“Io non avrei mai potuto fare quello che hai fatto tu. Avrei sconfessato tutte le regole e mostrato la mia vera natura. Tu hai salvato il santuario facendo quello che hai fatto, hai tenuto uniti i cavalieri d’oro. E’ stato un onore essere uno di dodici insieme a te.”
“E’ stato? Che significa? Che hai intenzione di fare, Saga?”
“Non devi saperlo. Anche se forse lo immagini se hai deciso di affidare Seiya a Kiki e Aldebaran.” Mur sorrise e strinse la mano di Saga.
“Se avessi detto che lo sapevi, avrei detto che lo sapevo anch’io.” Disse Mur.
“Lo so.” Rispose Saga ridendo “Per questo ho mentito!”
“Addio Saga.”
“Addio Mur.”Il cavaliere di Gemini fece per andarsene ma esitò per chiedere un’ultima cosa al suo compagno. “Mur.”
“Dimmi.”
“Dato che ho l’impressione che dovrai cancellare anche il mio nome dagli annali del grande tempio, mi faresti un favore?”
“Parla.”
“Assegna Gemini a Kanon. Forse avrebbe dovuto indossarla lui fin dall’inizio.”
Mur infilò una mano nella tasca dell’ampio abito e tirò fuori una pergamena arrotolata. La porse a Saga.
“Avrei voluto darla a Seiya perché capisse i miei sentimenti ma credo che vada bene se la prendi tu.”
Saga la srotolò e la lesse. Era l’annuario dell’ultimo decennio dove erano indicati i nomi dei cavalieri d’oro, d’argento e di bronzo. Sotto il grado di cavaliere d’oro di Sagitter era scritto il nome di Seiya e sotto quello del cavaliere di Pegasus c’era quello di Kouga. Corse con lo sguardo al grado di cavaliere di Gemini e il suo nome era scritto in rosso segno che signficava che quel cavaliere era stato il grande sacerdote della dea. I suoi occhi si riempirono di lacrime quando lesse il nome di Saori in cima a tutto l’organigramma.
“La conserverò con cura, Mur.”Concluse allontanandosi nel buio del corridoio. Mur pregò Atena che nessuno dovesse più soffrire non per la battaglia o la giustizia ma per amore.

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Shyriu, terminato il consiglio, corse a casa di Hyoga. Sapeva di trovare lì Shun e Ikki. Bussò violentemente e ripetutamente alla porta.
“Shiryu, ti stavamo aspettando. Cosa avete deciso?” chiese Shun seduto sul letto accanto a Hyoga.
“E’ stato condannato a morte.” Disse il cavaliere tutto d’un fiato.
“Cosa? Shyriu siete impazziti?” gridò Ikki.
“Credetemi, non lo capisco neanche io. Ritengono che la legge venga prima della persona. Dicono che l’offesa è troppo grande.”
“Dicono? Chi lo dice?” esclamò Shun scattando in piedi.
“Shura, Shaka, Camus, persino Aiolia!”
“Aiolia?” intervenne Ikki “E tu non hai detto niente?”
“Solo io e Milo lo abbiamo difeso apertamente.” Rispose Shyriu.
“E Mur?” chiese incredulo Shun.
“Non ha potuto esprimersi, è il grande sacerdote.”
“E Saga?” provò Ikki.
“Ogni tanto ha provato a provocare Shaka ma nient’altro.”
“E impossibile!” gridò ancora Shun.
“Dobbiamo fare qualcosa.” Disse allora Ikki guardando Pandora. La donna azzardò un’idea.
“Dove lo tengono? Prendiamo lui e Kouga e portiamoli via. Ci rifugeremo all’arco di Cerbero. Lì non oseranno venire a reclamarli.”
“Seiya e Kouga alla bocca dell’Ade? Credi che sia una buona idea?” chiese Shun.
“Meglio di niente.” Fece Ikki “Dobbiamo muoverci subito. Pandora avverti Radhamantys, io, Shun e Shyriu andiamo a prendere i ragazzi.”
“Aspetta!” fece Shun “Di sicuro li sorvegliano. Non vorrai batterti con i cavalieri d’oro? E non possiamo abbandonare Hyoga!”
“Non l’ho mai pensato. Porteremo Hyoga con noi. In quanto a battersi con i cavalieri d’oro, bhè che ci provino a fermarci. Non lascerò che uccidano Seiya perché ha amato Saori. Che ha fatto di male?” Pandora si avvicinò e gli prese una mano. Ikki si calmò e lei prese la parola.
“E Saori? Non volete lasciarla qui, vero? Anche se Atena si è addormentata, non è morta. Forse si rende persino conto di tutto quello che accade.”
“Tu pensi?” chiese Shun
“Non lo so, davvero. Ma io preferirei stare con la mia famiglia anche da morta.”
“Pensiamo a salvare Seiya. Per quanto triste, il destino di Saori è segnato.” Disse Ikki drasticamente.
“Resto io con Hyoga. Andate.” Fece Pandora per cambiare discorso e abbandonare il doloroso argomento.
I tre ragazzi lasciarono l’abitazione di Hyoga e corsero alla nona casa dove Kiki e Aldebaran avevano ricevuto l’ordine di condurre Seiya e sorvegliarlo fino alla mattina seguente.
Il sole stava calando e i tre tagliarono per la via traversa che spuntava sul tracciato delle dodici case subito dopo i giardini degli alberi di Sala. Mentre correvano per le scale tra la settima e l’ottava casa, i ricordi della battaglia contro Arles invasero i loro cuori. L’ottava casa si parò loro innanzi, maestosa, quasi all’improvviso. Milo stava in piedi splendente nella sua armatura.
“Milo!” esclamò Shyriu “Abbiamo bisogno del tuo permesso per passare.”
“Il grande sacerdote ha ordinato che nessuno passi per le dodici case fino a domattina. Ti prego Libra, ritirati con i tuoi compagni. La giornata mi è stata particolarmente nefasta e non voglio peggiorarla ulteriormente.”
“Stronzate!” esclamò Ikki “Facci passare con le buone o passeremo con le cattive!”
Milo era davvero di pessimo umore perché una serie di scariche scarlatte si dipanavano dalla sua armatura. Chi avrebbe potuto dargli addosso per questo? Aveva litigato sin dal mattino con Camus e lui odiava farlo. In più la bella atmosfera creata da Saori al tempio negli ultimi anni piena di gioia e risate, in cui Milo si trovava particolarmente a suo agio, sembrava di colpo svanita insieme al cosmo della donna. A peggiorare il tutto Ilio, il suo allievo prediletto, gli aveva urlato contro perché intendeva lasciare che il padre di Kouga venisse giustiziato. Il padre di Kouga. L’aveva detto in modo talmente semplice, come fosse una cosa banale. Perché per i bambini era così facile accettare la realtà, perché era così semplice vedere il mondo per quello che era? Perché forse non sapevano portare rancore?
Probabilmente era per questo che aveva litigato con Camus. Camus era adulto almeno quanto lui era bambino. Perché non poteva semplicemente accettare lo stato di fatto? Perché Camus, Shura, Shaka ritenevano così importante che Seiya fosse punito?
Strinse un pugno. Poi scoppiò in una fragorosa risata.
“Sapete che vi dico? Fate come vi pare.” Disse sfilandosi l’elmo. I suoi occhi erano lucidi. “Ricordatevi però che già una volta vi ho lasciato passare indenni per la mia casa e non ne sono venute fuori cose buone.”
I tre ragazzi gli passarono accanto e lo superarono. Solo Shun si fermò per dirgli una parola.
“Sono certo che non ci sarà bisogno di battersi con nessuno perché nessuno vuole davvero il sangue di Seiya.”
Milo rimase in silenzio e anche Shun si allontanò. Solo una volta rimasto solo Milo pianse.
“Povero Shun! Quanto sei ingenuo. Tutti vogliono il suo sangue. Solo non hanno il coraggio di prenderlo. Non hanno fatto la stessa cosa con Aiolos?”
Il cielo, che per un attimo si era fatto del un rosso intenso del tramonto, si oscurò insieme all’animo del cavaliere dello Scorpione.
Col favore dell’oscurità invece Shyriu, Ikki e Shun giunsero rapidamennte alla nona casa e riuscirono ad entrare non visti.
“Qui non c’è nessuno.” Disse Ikki perplesso.
“Sono nei sotterranei.” Fece Shyriu.
“Io percepisco qualcosa.” Disse improvvisamente Shun e un rumore di passi li sorprese alle spalle.
“Andatevene di qui.” Disse la figura che si palesò poco dopo.
“Saga!” esclamò Ikki sorridendo sornione “Sei venuto anche tu!”
“Non capisco a cosa ti riferisci. Io sto tornando alla terza casa. Voi non avete il permesso di stare qui.”
“Avanti, non vorrai farci credere che lascerai che eseguano la sentenza di Seiya!” lo imbeccò Shun. Saga rise.
“Ho sempre odiato Seiya. Dal profondo di entrambe le mie anime. Lo odio. Mi auguro che questa notte voli così da vederlo morire con questi miei occhi. Se il sacerdote me lo concederà, avrò io stesso il piacere di trafiggere il suo cuore. Vederlo esalare l’ultimo respiro sarà per me una liberazione! Se siete venuti qui con l’intenzione di aiutarlo, non avrò pietà di voi. Per quanto mi riguarda vi ho sempre considerati inservibili. Ora che Saori è morta, non ci sarà nessuno a piangere le vostre inutili vite!”
“Saga, ma cosa dici?” tentò Shyriu.
“E’ un’altra messa in scena?” chiese Ikki “Diversamente combatteremo!”
“Combattere? Non siete in grado neppure di ingaggiare un combattimento con me. Sparite dalla mia vista!” disse il cavaliere di Gemini allargando le braccia.
Shun comprese per primo cosa stava per accadere ma senza armatura non potè fare nulla. L’altra dimensione li abbracciò avvolgendoli completamente e spedendoli lontano dalla nona casa. Il silenzio che seguì fu violato dalla voce di Aldebaran.
“Non mi sono sbagliato, dunque, nel percepire il tuo cosmo. C’era qualcun altro qui?”Saga scosse il capo “Libra forse?”
“Ti ho detto di no.”
“E tu che ci fai qui?”
“Mur vuole che ti dia il cambio. Più tardi manderà qualcun altro a sostituire Kiki.”Aldebaran lo guardò con occhi miti. 
“Il cambio?”
“Sì.” Disse sicuro Saga.
“E immagino che io debba tornare subito alla seconda casa senza fare rapporto al grande sacerdote sul mio turno.”
“Immagini bene.” Fece Saga senza smettere di guardarlo negli occhi.
“E se io volessi restare? Non sono poi così stanco.”
“Vuoi restare, Aldebaran del Toro? Vuoi essere l’ultimo cavaliere che Seiya vedrà prima di essere condotto al patibolo?” Il Toro chiuse gli occhi incrociando le braccia sul petto. Saga si preparò a ricevere il suo colpo segreto ma Aldebaran sbuffò solamente come fanno i tori nell’arena quando il loro avversario non si decide a tirare fuori la picca.
“Preferisco passare questa notte infame nel mio letto.”Disse sopravanzandolo e imboccando la via d’uscita “Addio, Saga.”
Saga sorrise e prese la via per il sotterraneo. Kiki era seduto su una pietra appena fuori la cella in cui avevano rinchiuso Seiya. Un mucchio di bende sporche di sangue era stato abbandonato poco lontano dalle sbarre.
“Aries.” Fece Saga per annunciarsi. Kiki non si mosse.
“Non arriverà a domattina. Continuo a medicargli la ferita ma ha perso troppo sangue. Non riesce quasi più a stare seduto. Si è arreso.”Gli occhi di Saga furono attraversati da un baleno.
“Fammi un piacere, Kiki. Ho spedito Shun, Ikki e Shyriu slla prima casa perché avevano violato l’ordine di Mur di non attraversare le dodici case stanotte. Vorresti andare a vedere se stanno bene? Sorveglierò io Seiya.” Disse e Kiki si mise in piedi.
“Che fine ha fatto Aldebaran?”
“Non lo so, sono appena arrivato.” Fece Saga muovendo leggermente il capo di lato in un modo che Kiki trovò quantomeno sospetto. Il ragazzo sospirò e si voltò verso Seiya.
“Credo che questa sia l’ultima volta che ci vediamo, Seiya. Perdonami se non ho potuto fare di più.” Disse con gli occhi pieni di lacrime. Seiya non riuscì a parlare ma sorrise bonariamente e tentò di sollevare una mano.
Kiki si voltò e raggiunse Saga. Gli fece scivolare in una mano la chiave della cella.
“Non lasciare che soffra. Se non vuoi farlo per lui, fallo per lei.”
“L’ho sempre fatto per lei.” Gli rispose secco Saga.
Kiki scomparve lungo la scalinata che dava al piano superiore e Saga si avvicinò alla cella. Infilò la chiave arruginita e la fece girare nella serratura.
Lo scatto secco rimbombo nell’aria e Saga aprì la porta cigolante. Con la rabbia che aveva in corpo avrebbe potuto polverizzarla ma si limitò a farla scorrere verso l’interno. In due passi fu addosso a Seiya.
“Guarda come sei messo! Neanche durante il nostro confronto ti sei ridotto così. Avanti alzati.” Fece il cavaliere cercando di sollevarlo. La mano di Seiya si posò sulla sua con una forza che non immaginava lui potesse ancora avere.
“Lasciami stare. Ti ho detto che ormai è inutile. Credi che Kiki non mi abbia proposto di fuggire non appena Aldebaran si è allontanato?”
“Sei sempre stato limitato, Seiya. Fosse per me, marciresti qui dentro fino alla morte, ma ho promesso a Kouga che ti avrei riportato da lui e ho promesso a Saori che avrei protetto Kouga a costo della mia vita quando quel moccioso era ancora nel suo grembo. Quindi ora alzati.”
“Non capisci. Se esco di qui, tu sarai condannato per tradimento come me.”
“Me lo merito. Io sono un traditore, ricordi? E’ cominciato tutto perché volevo assassinare la bambina.” Seiya sorrise e un rivolo di sangue gli sfuggì dalle labbra.
“Lo sai che non posso sopravvivere. E’ il patto della Nike. Non sprecare la tua vita in questo modo. Tu hai giurato di proteggere Kouga. Lui ha un grande potere. Ha bisogno che qualcuno lo aiuti a scoprirlo e Saori pensava che quella persona dovessi essere tu se a noi fosse capitato qualcosa.” Saga digrignò i denti.
“Vuoi essere messo alla berlina? Vuoi accettare il disonore in questo modo? Vuoi che Kouga cresca con la consapevolezza che suo padre è stato giudicato e non ha fatto nulla per opporsi?”
“Non c’è disonore nell’accettare il destino di una vita intera. Non te l’ho forse detto? Il mio corpo appartiene ad Atena. Non c’è nessuna condanna che possa cambiare questo. Kouga è in buone mani. Lo sa Saori e lo so anche io.” Saga s’infuriò.
“Alzati cavaliere! Tu non morirai qui sotto! Hai fatto una promessa a Saori. Le hai promesso che ti saresti coricato al suo fianco stanotte. Vuoi deluderla?”
Gli occhi di Seiya fiammeggiarono e fece forza sulle braccia per alzarsi. Saga trattenne a stento le lacrime. Seiya si mise in piedi e lui fu al suo fianco per sorreggerlo. Lo trascinò fuori dalla nona casa e gli diede da parlare per tutto la scalinata fino alla casa di Capricorn.
“Non ci lascerà passare.” Accennò Seiya.
“Passeremo.” Disse Saga ghignando. Fu allora che una fitta nebbia li avvolse. Solo dopo qualche istante Seiya si accorse che non era nebbia. Erano spiriti.
“Andate. Shura potrà fendere l’aria quanto vuole, gli spiriti non si fanno a fette!” esclamò Death Mask. Saga gli fece un cenno del capo e lo lasciò indietro.
“Ti è rimasto sempre fedele.” Disse Seiya zoppicando e tenendosi al cavaliere di Gemini.
“Death Mask è come la morte. Puoi sempre contare su di lui. Presto o tardi arriva sempre.”
Un’aria gelida preannunciò però presto la comparsa di Camus e l’undicesima casa.
“Stavolta che t’inventerai?” chiese Seiya realmente convinto che Saga avesse esaurito le sue risorse. L’aria però si scaldò improvvisamente e fu pervasa da un dolce profumo che Seiya ricordava bene.
Tutta la scalinata e il colonnato dell’undicesima casa furono invasi di rose nere e Camus rimase immobile.
“Aphrodite?” chiese Seiya “Davvero?”
“Non è l’inutile cavaliere che credete. Il suo è un destino triste che ha imparato a condividere solo con le sue vittime. Conosce le pene d’amore anche meglio di noi e comnque non lascerà mai solo Cancer nella battaglia. Death Mask è il suo unico amico. Vedrai che Camus non combatterà. Il suo desiderio di vedere applicata la legge non contempla l’assassinio dei suoi compagni.”
Quando Seiya intravide la tredicesima casa, si rilassò e le gambe gli cedettero. Il tempio era deserto.
“Possibile che non ci sia nessuno?” chiese Seiya.
“Ho mandato via tutti.” La voce era quella di Mur. “Credevo che il tuo piano prevedesse di far fuggire Seiya e Kouga, non portare lui qui.” Disse indicando Seiya.
“Le sue condizioni sono estremamente gravi.” Disse Saga “Intendo comunque portare via Kouga. E’ alla terza casa con Shaina e Kanon.”
“Venite con me allora.”
Mur camminò fino alle stanze di Atena. Quando aprì la porta sia Seiya che Saga non riuscirono oltre a trattenere le lacrime. Saori era stata deposta sul letto con un lungo chitone bianco che le lasciava entrambe le spalle scoperte. Il drappeggio dell’abito le si stringeva sotto il seno e poi sui fianchi. Le mani le erano state incrociate sullo sterno che si alzava e abbassava lentamente. Gli occhi chiusi in un incarnato roseo. I capelli abbandonati sul cuscino.
Tutto intorno al suo corpo le rose bianche di Aphrodite la proteggevano da chiunque volesse toccarla. La stanza era stata riempita di centinaia di fiori rossi e di incensi votivi. Ai suoi piedi stava il rosario di Shaka con tutti i cento otto grani neri. Alla sua destra lo scettro della Nike era stato issato affinchè la luce, del sole di giorno e della luna di notte, che filtrava dalla finestra si riflettesse sul suo corpo.
Saga avanzò,spostò alcuni fiori dal letto e lasciò scivolare il corpo di Seiya accanto a lei. Si allontanò subito quasi non riuscisse a sopportare quella vista.
“Andiamo Mur.” Disse solo.
“Tu sei l’unico a non essere venuto a dirle addio, Saga.” Disse allora Mur “Tutti gli altri cavalieri sono già passati.”
“Io non ho motivi per dirle addio.” Disse gelidamente dando le spalle al letto.
Saga non riusciva a fermare le lacrime. Sapeva che Mur non avrebbe capito. Sapeva che avrebbe pensato che non voleva accettare la realtà. Non sapeva che lui aveva accettato la realtà quattordici anni prima quando aveva promesso di difendere Kouga. Kouga che aveva il cosmo di Atena in sé. Kouga che aveva gli occhi di Saori. Non doveva dirle addio. Ogni giorno, guardando quegli occhi, l’avrebbe trovata al suo fianco.
Aveva fallito con Seiya. Lo aveva deluso e Kouga ne avrebbe sofferto. Ma il destino è così. Puoi lottare quanto vuoi. Se Saori e Seiya erano destinati a rinascere insieme, forse erano destinati a morire comunque e sempre insieme. Forse un giorno Kouga lo avrebbe capito.
Lasciò la stanza e sospirò. Le lacrime dovevano essere dimenticate. La missione non era ancora finita.

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Kouga corse più forte che poté per allontanarsi da quel posto. Aveva capito bene? In qualche modo aveva condannato a morte Seiya? Cos’erano tutti quei discorsi?
Doveva parlarne con qualcuno. Yuna o Soma. Quando però raggiunse la casa del Leone, vide Soma che litigava con i suoi genitori mentre cercava di difenderlo. Dal suo nascondiglio non riusciva a sentire bene da cosa lo stesse difendendo ma Soma urlava contro suo padre. Stava per palesarsi quando vide Aiolia afferrarlo e stringerlo. Soma dapprima fece resistenza poi, lentamente abbracciò suo padre e sua madre li raggiunse stringendoli entrambi.
Scappò via. Come poteva parlare con Soma? Lui non poteva capire. E neppure Yuna o Ryuho o Eden. Loro avevano tutti una famiglia. Lui invece non era stato capace di salvare sua madre e aveva condannato a morte suo padre.
Raggiunse Rodorio e si sedette ad un incrocio poco frequentato. Fu allora che un bimbetto di cinque o sei anni gli si parò innanzi e si mise a fissarlo. Kouga si fece distrarre dai suoi pensieri.
“Hai bisogno di qualcosa? Posso aiutarti, piccolo?” disse sforzanosi di sorridere. Il bambino che aveva boccoli biondi e occhi azzurri come il cielo saltellò e si sedette al suo fianco su un gradino di marmo rotto che apparteneva ad uno di quei tempietti votivi che adornavano le strade di campagna di Grecia.
“Io, forse, posso aiutare te.”
“Tu? Vorresti aiutarmi? Credimi, i miei problemi non sono quelli che potrebbe risolvere un bambino.” Disse Kouga sconsolato.
“Ma io ho preso le forme di un bambino solo per non spaventarti Athena Yios. Il mio nome è Hermes e sono il messaggero degli dei.”
Kouga fece un balzo all’indietro. In effetti il bambino pareva emanare un’aura strana ma faceva fatica a credere che fosse un dio. Aveva percepito il cosmo di Poseidone e quello di Hades e non sentiva alcuna affinità tra i loro e quello del bambino al suo fianco.
“Dubiti delle mie parole?”Kouga non rispose. “Ad ogni modo io sono qui solo per portare un messaggio.”
“Un messaggio di chi?”
“Del padre degli dei. Del signore dell’Olimpo. Del divino Zeus.” Il bambino vide gli occhi di Kouga riempirsi di stupore e continuò. “Il mio signore ti manda a dire di salvare Atena.” Kouga scattò in piedi. Adesso anche l’Olimpo aveva deciso di infierire su di lui?
“Atena è morta!”
“Non è morta. Dorme.”
“Lo so! Ma non puo’più essere svegliata.” Aggiunse con tristezza.
Il bambino si alzò e, saltellando, giròintorno al tempietto sparendo dietro la parete. Dall’altro lato spuntò fuori un giovane uomo con indosso un abito bianco simile a quello che i cavalieri usavano in addestramento. La pelle ambrata e i boccoli d’oro erano rimasti ma i suoi occhi erano diventati di un blu intenso e il fisico era quello di un atleta agile e forte.
“Zeus ama sua figlia Atena sopra tutti gli altri suoi figli e non vuole che rimanga in questo stato. Il suo compito non è ancora finito.”
“Se la ama così tanto perché non fa lui qualcosa per salvarla?” sbottò Kouga.
“Tutti uguali voi cavalieri di Pegasus!” escalmò Hermes “Sai perché è Atena a difendere il genere umano?” Kouga scosse il capo. “Un tempo Zeus generò molti figli ma essi, perfetti in tutto, si allontanarono da lui in cerca ognuno del proprio spazio e compito. Zeus allora diede vita a creature che riempissero la Terra e che avessero bisogno del suo aiuto, che avessero bisogno di essere guidate, creature imperfette che aspirassero alla perfezione. Il padre degli dei li trovò talmente affascinanti da dedicare a loro la maggior parte del tempo e delle sue energie. Solo allora i suoi figli, gelosi di quelle attenzioni, pretesero di venire posti al di sopra degli uomini, pretesero equità. Come non poteva ascoltare una sì giusta richiesta? Inoltre gli uomini spesso si macchiavano di reati efferati controle divinità che avrebbero dovuto onorare. Allora il padre degli dei, si ritirò sull’Olimpo. Non poteva però lasciare gli uomini ai capricci dei suoi figli, così lasciò ad Atena, la più saggia tra loro, il compito di guidarli. Diede a lei il privilego che non potè tenere per sé. Vivere libera in mezzo agli uomini. Atena ha sempre servito bene suo padre e per questo merita, diciamo, uno strappo alla regola.”
“Non mi hai detto come posso salvarla però!”
“Io sono solo un messaggero.”
“Che razza di aiuto è?” gridò Kouga e un lampo attraversò gli occhi di Hermes.
“Tu non sei un semplice ragazzino. Tu sei un semidio. Usa il potere che scorre nelle tue vene per tutti gli dei dell’Olimpo!” Kouga ci pensò un attimo poi sospirò.
“Mio padre non vorrebbe. Lui l’avrebbe salvata con la forza dell’uomo. L’ha sempre fatto. E io l’ho condannato.” Hermes si toccò il mento come se si stesse grattando una barba invisibile.
“Allora salvala come avrebbe fatto lui. Da cavaliere di Atena.”
“Credi che si possa?”
“A tuo padre non piacevano i miracoli? Può darsi che se hai abbastanza coraggio da capire il tuo destino, ragazzo, tu possa trovare il favore di un dio magnanimo che te ne conceda uno.”
“Darei la mia vita per salvare quella dei miei genitori.” Disse Kouga.
“E’ un inizio. Sono parole da eroe. Ricordati ragazzo che la scintilla divina che arde in te non è poca cosa e non si esaurirà in una sola vita. Le porte dell’Olimpo si aprono per coloro che hanno sangue di un dio nelle vene.” Fece Hermes facendo un inchino e prendendo la via che si allontanava dalla città.
“Aspetta!” fece Kouga e il dio si fermò “Tu non sei Hermes, vero?”
Il giovane dio rimase immobile.
“Dubiti ancora di me?” Kouga scosse il capo.
“Il tuo cosmo mi ricorda quello di mia madre.” Il dio scoppiò in una fragorosa risata. Una nuvola di polvere si sollevò dal terreno e al posto del giovane, apparve una grossa aquila che si librò nell’aria.
Kouga comprese e corse verso la nona casa. Doveva vedere suo padre prima che fosse troppo tardi. La raggiunse con il favore del buio ma la trovò deserta. Si diresse nella camera da letto e anche lì non c’era nessuno. Un rumore lo fece voltare. L’armatura di Sagitter puntava la sua freccia contro di lui. Kouga si guardò intorno. Non c’era nessun altro. Davvero l’armatura ce l’aveva con lui? Neanche il tempo di riflettere che la freccia si staccò dall’arco saettando nella sua direzione. Kouga rimase immobile e chiuse gli occhi. La freccia passò accanto alla sua tempia destra e si conficcò in qualcosa alle sue spalle. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo e si voltò d’istinto a cercare la freccia. Si era infilzata in un sacco che si era afflosciato sotto il suo peso. Kouga lo prese e lo aprì. Al suo interno stava una mela d’oro e un biglietto. Lesse il biglietto.
“Speravo che potesse utile a salvare Saori, ma sono arrivato tardi. Seiya perdonami per tutto. Voglio che la tenga tu. Una di queste mele assorbì quasi tutto il como di Atena nelle mani di una dea malvagia. Te lo ricordi? Forse nelle mani di un uomo capace di provare amore come lo hai provato tu, potrebbe fare un miracolo. Shyriu.”
Kouga si voltò a guardare l’armatura di Sagitter.
“Grazie.” disse. Non aveva ben chiaro cosa doveva fare ma forse Seiya era alla tredicesima casa e lui doveva raggiungerlo. Approfittò della confusione alla decima e undicesima casa per arrivare alle stanze di Atena. Sulla soglia però fu intercettato dall’ultima persona che credeva di incontrare lassù.
“E’ un oggetto molto pericoloso quello che porti nel sacchetto.” Disse Julian Solo bloccandogli il passaggio.
“Lasciami passare Nettuno! Devo raggiungere mio padre. Posso ancora salvare Saori.”
“Non essere sciocco. Gli adulti fanno scelte difficili che spesso i ragazzi non possono comprendere. I tuoi genitori hanno fatto delle scelte che ti sembrano incomprensibili ma le hanno fatte per proteggerti. Là fuori ci sono pericoli che neppure immagini. Ricorda le mie parole, Kouga. Gli dei combattono da secoli una battaglia senza fine per il dominio dell’Olimpo. L’equilibrio è essenziale per evitare il Caos. Per questo gli dei si combattono attraverso i cavalieri. Il patto era che non dovessero farsi mai reciprocamente del male. Ogni divinità schierava il suo esercito di uomini. Il vincitore trionfava, il perdente si addormentava per risvegliarsi a tempo debito. Per questo le guerre sacre erano destinate a ripetersi. I tuoi genitori hanno sovvertito l’ordine delle cose. Tu hai sovvertito l’ordine semplicemente esistendo. Loro hanno scelto di morire perché tu avessi una vita. Per affermare il diritto della tua esistenza. Non sprecare ogni cosa usando quella mela.”
“Anche io ho fatto la mia scelta. Non sono un bambino. Sono un cavaliere di Atena. Qualunque sia il prezzo che devo pagare, io tenterò.”
“Non capisci ragazzo. Qualcosa di superiore agisce qui. Sovverte lentamente l’ordine delle cose. Lo sento. Saori mi era cara ed è per questo che ti metto in guardia. Quella mela non ti servirà. E’ nata per sodisfare le brame di una divinità nemica di Atena. Se la userai, quale prezzo dovrai pagare per risvegliare Saori?”Kouga scosse il capo.
“Non lo so ma forse non importa. Credo che tu abbia ragione quando dici che una forza più grande è all’opera, ma è così che succede quando si cerca di fare un miracolo.” Julian sorrise.
“Immagino ti abbiano detto in molti che somigli a tuo padre.”Kouga sorrise fiero e annuì. “Bene allora. Io sto lasciando questo luogo. Non intendo prendere parte alle esquie di Saori e, forse, non ce ne sarà bisogno.”
“Nettuno,” disse Kouga guardandolo allontanarsi “grazie per avermi lasciato usare il tuo tridente.”
“Non avrai altri favori da me.”
“Non me ne aspetto altri.”
“Ti auguro di riuscire a risvegliare tua madre.” Concluse il dio lasciando la sala. Solo allora Kouga si accorse che sei uomini erano rimasti in disparte e ora si allontanavano con lui. Disse mentalmente addio ai generali degli abissi che, per una volta, avevano combattuto al fianco dei Santi di Atena e riprese la sua strada.
Solo quando furono alla spiaggia, prima di aprire di nuovo un varco tra le onde, Julian diede un’ultima rapida occhiata alla collina che ospitava il tempio della dea Atena. Syria gli toccò un braccio e allora i flutti si sollevarono obbedienti al signore dei mari dando un gioioso saluto a lui e ai suoi difensori.

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Mur chiuse delicatamente la porta lasciandoli soli. Seiya, in un primo momento, non osò toccarla e pianse tutte le lacrime che aveva ancora. Era bella. Era dannatamente bella. Come non lo era stata da quando era stata colpita dalla maledizione di Marte. Ogni macchia era sparita dal suo corpo. Le spalle erano entrambe candide. Si asciugò gli occhi e sorrise.
“Eccomi, Saori, sono qui. Lo so, ce ne ho messo di tempo. Ho avuto un po’ di problemi. Sai, i tuoi cavalieri d’oro sono sempre restii a violare le regole. Dei, quanto sei bella. Ricordi quel giorno alla festa in cui avevi così timore di non essere all’altezza delle altre? Dovresti vederti ora! Bando alle ciance. Kouga è al sicuro. Saga lo porterà via stanotte. Starà bene. Non potrebbe avere un maestro migliore, non credi? Saga mi ha promesso che, quando sarà passato un po’ di tempo e si sentirà al sicuro, chiamerà Shun, Ikki e Shyriu. Voglio che Kouga diventi uomo in mezzo a buoni amici, come è successo a me. So che sei d’accordo. Ti ho già detto che sei bella? Sì, scusa, mi ero perso a guardarti. Allora Shun è guarito dalla maledizione di Marte e ora si prenderà cura di Hyoga, Ikki resterà con loro. Questa volta ha promesso. Ah, Kiki è diventato cavaliere d’oro, ci avresti mai creduto? Bhè, tu sì. Tu lo sapevi da tempo, vero? Non ti si può nascondere niente. Ah, una cosa che ti renderà felice! Shaina si è innamorata di Kanon. Povero Kanon! No, dai, non rimproverarmi. Era una battutaccia lo so. Sono felice per lei. Non era ora? Come fai ad essere così bella? Purtroppo non ho potuto dire addio a Marin. Mi mancherà.” A quelle parole si lasciò cadere con la testa sul cuscino e toccò con la fronte la nuca di Saori.
“Non come mi sei mancata tu, comunque. Saori, ti amo. Ormai conta solo questo.”
Forse fu solo la sua impressione ma il battito del cuore di Saori gli sembrò accellerare per un momento. Si sollevò di nuovo e le posò un bacio sulle labbra. Quando si ritirò s’accorse che la ferita sul suo petto aveva sporcato il vestito della donna.
“Non cambierò mai, Saori, combino solo guai. Non ho saputo proteggerti questa volta. Solo non so che altro avrei potuto fare. Perdonami. Perdonami Atena per non essere stato all’altezza. Perdonami Saori per aver fatto tardi. Ora però sono qui. Posso restare al tuo fianco?”
Seiya se la tirò addosso come la notte in cui avevano dormito sull’Altura delle Stelle, come la notte alla quercia di Sasha e Tenma che non avevano più potuto tornare a visitare. Le baciò i capelli profumati e chiuse gli occhi. Sorridendo.

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Saga aveva addosso un pessimo presentimento entrando nella terza casa e vedere contemporaneamente Shaina e Kanon abbassare lo sguardo al suo ingresso peggiorò solo la situazione. Non ci girò intorno.
“Dov’è Kouga?” chiese sbottando.
“E’ sparito.” Disse Shaina nervosa.
“Che significa ‘sparito’?” Kanon andò in soccorso della donna che amava.
“Deve essere sgattaiolato fuori mentre discutevamo. L’ho cercato in lungo e in largo da queste parti. Sono arrivato alla quinta casa dato che la quarta era deserta e non voglio sapere perché e sono sceso fino alla prima e, in questo caso, vorrei sapere perché Ikki, Shun e Shyriu sono stati spediti laggiù con l’altra dimensione. Mi hanno scambiato per te e ci stavo rimettendo le penne!”
“Siete degli incapaci! Dovevate cercarlo ancora!” Shaina lanciò un urlo raccapriciante degno di un’arpia e i gemelli si zittirono.
“Smettetela. Saga lo sai che è inutile. Sai bene che è andato a cercare suo padre.”
“A maggior ragione dovevate fermarlo. Kouga non deve vederli!”
“Che significa?” chiese Shaina improvvisamente tremando.
“Lo sai bene.” Disse Saga abbassando lo sguardo. Shaina fece un passo indietro e cadde su una sedia.
“Allora è finita. Davvero.”
“Aspettavi ancora un colpo di scena? E’ finita. Vado a riprendere Kouga. Kanon aiutami a raggiungere con l’altra dimensione le stanze di Atena.”
“Andremo tutti.” Disse Shaina “E non accetto un no come risposta.”
Si disposero in un tringolo e una luce dorata li avvolse.

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Kouga raggiunse la stanza di Saori ed entrò. Il fatto che non fosse sorvegliata lo impensierì per questo aprì poco solo una delle due ante e si infilò nella stanza richiudendola piano. Quando si voltò il sacco con la mela d’oro gli cadde di mano.
Dapprima Kouga sorrise e corse verso il letto. Sembrava che dormissero abbracciati e lui fu tentato di saltare sul letto e buttarsi in mezzo ai suoi genitori. Solo quando fu più vicino e vide il rosario e le macchie di sangue comprese e cadde in ginocchio. Singhiozzò, si lamento, tirò su col naso poi, come avesse deciso che era abbastanza, si rialzò.
“Posso chiamarti papà?” disse rivolgendosi a Seiya “Credo che se faccio questa cosa tu sarai fiero di me. Forse salverò Atena come tu hai fatto tante volte e forse Atena riuscirà a salvare anche te. Papà, grazie per avermi difeso fino alla fine. Forse farei bene a dire fin dal principio.” Sollevò una mano e toccò la fronte di Seiya. Gli sistemò i capelli e gli diede un bacio sulla guancia. Tornò indietro e raccolse il sacchetto. Raggiunse di nuovo il letto e sfilò la mela d’oro dal suo involucro.
“Mamma, credo di aver conosciuto il nonno. Aveva la forma di una grossa aquila. Lui ti vuole bene, sai? E anche io te ne voglio. Sono stato cattivo con te ma non sapevo. Potevi dirmelo, sai? Non arrabbiarti quando ti sveglierai. Voglio solo che tu apri gli occhi. Sto chiedendo un miracolo? Io non so come si usa questa cosa.” Disse sollevando la mela d’oro “Ho l’impressione che farà tutto da sola.” Disse prendendo una delle mani di Saori e posandola sul pomo.
Una luce fortissima si sprigionò dalla mela e Kouga sentì un dolore fortissimo al petto. Era come se la sua anima volesse staccarsi a forza dal suo corpo attratta dalla mela. Allo stesso tempo un’energia dorata fluiva dalla mela a Saori. Kouga sorrise mentre le lacrime gli rigavano il viso.
“Non arrabbiarti per questo mamma. Anche se sono tuo figlio, io sono un cavaliere di Atena. E’ questo il mio destino. Io sono Pegasus Kouga. Io proteggo.” Kouga cominciò a sentir venire meno le forze e gli sembrò che gli occhi di Saori si muovessero un poco. Kouga non poteva saperlo e neppure accorgersene ma stava funzionando. Il suo cosmo stava entrando in risonanza con quello di Atena e la donna stava, lentamente, riacquisendo conoscenza.
Fu in quel momento però che gli eventi precipitarono. Mur, che aveva percepito il suo cosmo, spalancò la porta e gli urlò di fermarsi. Un’altra luce s’irradiò nella stanza e apparvero Saga, Kanon e Shaina. Quest’ultima gridò.
“Kouga, stupido! Cosa fai?”
Mentre gli altri urlavano, Saga agì. Afferrò il braccio del ragazzò e provò a staccarlo dalla mela.
“Kouga, basta! Morirai!”
“Io devo farlo!”
“Non è vero! Tua madre non vuole questo!”
“Lei è Atena, la sua vita vale più della mia!”
“Basta! Te lo ordino Kouga. Quest’oggetto è divino. Non deve essere usato in questo luogo! Sotto il santuario riposa una divinità nefasta che reagisce a questa forza. Devi smetterla!”
“Guarda Saga, Saori sta aprendo gli occhi!” gridò Kouga e Saga non riuscì a non guardare. La donna stava sbattendo le palpebre.
“Basta Kouga! Ora basta! Non volevo arrivare a tanto Kouga ma mi hai costretto tu. Ho promesso di proteggerti.” Gridò Saga espandendo il proprio cosmo.
“Saga, cosa fai? Usare il nostro potere qui e ora è follia!” urlò Kanon che aveva capito immediatamente le intenzioni del suo gemello.
“Kanon, portali fuori di qui. Userò l’altra dimensione. Porterò via Kouga nel momento in cui quasi tutto il suo cosmo sarà stato assorbito dal pomo. Qui al santuario giace la cicatrice del tempo di Crono. Se uso la sua energia io e Kouga verremo proiettati abbastanza lontano da sottrarre lui alla forza del pomo. Forse potrò salvarlo.”
“A quale prezzo? Verrà distorto lo spazio e forse anche il tempo di cui Crono è signore. E’ un gesto estremo. Non sai quale saranno le conseguenze!” gridò Kanon.
“Invece lo so.Ci dimenticherete.” Disse Saga piano “Sarà come se per voi Kouga non sia mai esistito. Persino Atena ne perderà memoria. Ho studiato questo fenomeno su Aiolia quando era bambino. Fu generata allora la cicatrice del tempo in una guerra sacra contro i titani. E’ un prezzo ragionevole da pagare.”
“Saga, lasciami toccare mia madre!” gridò Kouga allo stremo delle forze.
“Dille addio, Kouga. Di addio a coloro che ami.” Fece il cavaliere lanciando la dimensione oscura e colpendo poi il pomo con il suo colpo più potente facendolo rimbalzare nel punto esatto in cui era la barriera che sigillava Crono.
Kanon afferrò Shaina che urlava disperata e Mur e li portò fuori dalla stanza. Mentre lo squarcio spazio temporale si apriva, Saga giurò a se stesso che Saori li stesse guardando.
“Addio Saori, addio amore mio. Ti giuro che avrò cura di lui.”
Un’esplosione fortissima avvolse le stanze di Atena mentre Saga e Kouga, ormai privo di sensi, venivano risucchiati dentro ad un buco nero e sparivano inghiottiti dal nulla.
Saori aprì gli occhi mentre l’alba faceva capolino sui colli delle dodici case. Si mise a sedere sul letto e vide Seiya al suo fianco. Cos’era accaduto? Si guardò le mani. Le macchie della maledizione di Marte erano svanite. C’era stata una grande battaglia sulla spiaggia. Nettuno, Marte, il Kraken, la freccia d’oro.
Passò una mano sugli occhi del cavaliere di Sagitter e lui li aprì.
“Saori, cosa è successo?” chiese Seiya toccandosi il petto su cui una piccola cicatrice rosa raccontava di una ferita recente. La donna si alzò e raggiunse il colonnato. Il sole sorgeva e la luce era ancora incerta. Eppure le sembrava di aver visto una luce fortissima poco prima avvolgere due figure che chiamavano il suo nome. Era stato un sogno? Seiya la raggiunse alla finestra. Il suo cosmo era forte e caldo e allontanò una sensazione di gelo che per un momento l’aveva avvolta.
“La guerra è finita.” Disse solo e puntò i suoi occhi azzurri oltre la linea dell’orizzonte.

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Nelle settimane che seguirono, il santuario fu interamente ripulito dai segni delle battaglie contro i soldati di Marte. L’estate era finita e tutti avevano tentato, per quanto possibile , di riprendere una vita normale. Una strana confusione aleggiava ovunque. Era come se nessuno fosse d’accordo su quello che era accaduto nei momenti decisivi della battaglia contro Mars. Qualcuno giurava che fosse stato Seiya ad uccidere il dio, altri dicevano che era stato Saga, la versione più accreditata era che fosse stata Atena stessa a sbriciolarlo una volta divorato dal Kraken.
Ad ogni modo la vita del santuario doveva ricominciare a scorrere. Dopo l’incidente occorso a Hyoga nella battaglia contro il Kraken, era stato deciso che l’addestramento dei giovani cavalieri passasse a Shaina. Kiki infatti continuava ad essere impegnato nella riparazione delle armature e aveva rifiutato l’incarico. Nella classe, oltre a Yuna, Ryuho, Soma, Sybilla e Eden che avevano già conquistato un’armatura, c’erano Ilio e nuovi allievi tra cui figuravano due gemelli più piccoli di nome Jona e Josa e una bimba di nome Raki.
Shaina strillava tutto il tempo che li odiava mentre era con loro, poi a sera, parlando con Kanon non faceva che dire quanto fossero bravi, soprattutto i piccoli Jona e Josa.
Ikki e Pandora si erano trasferiti per sei mesi all’anno nella casa di Shun mentre durante gli altri sei mesi vivevano all’arco di Cerbero. Shun, Yuna e June invece si erano stabiliti a casa di Hyoga confidando che prima o poi il cavaliere si sarebbe svegliato. A fine settembre erano giunti da Asgaard Flare e Artax in visita. Avevano annunciato la nascita della bambina di Hilda e Orion invitando Saori nel regno del Nord. Atena aveva mandato dei doni posticipando la visita alla prossima primavera.
Anche Nettuno aveva mandato doni ai signori di Asgaard e una lettera a Saori in cui le rinnovava l’allenza tra Atene e Atlantide.
Mur sedeva sul trono del grande sacerdote e nessuno aveva da ridire delle sue decisioni. Aldebaran soleva spesso prenderlo in giro per questo.
Aiolia conduceva una vita tranquilla con Marin nonostante Shaka si lamentasse comunque delle loro pubbliche effusioni. Milo e Camus avevano ottenuto il permesso di lasciare il santuario per qualche tempo per recarsi in Siberia ma erano tornati senza alcuna novità circa un modo per svegliare il cavaliere del cigno. Shura invece non aveva mai lasciato il santuario. Continuava a fare la guardia alla tredicesima casa senza che nessuno ne avesse fatto richiesta.
Aprhodite passava la maggior parte del tempo alla quarta casa dato che Death Mask si era isolato da tutti. Il cavaliere aveva fatto fatica ad accettare la morte di Saga. Saori, dopo un periodo di lutto, aveva infine nominato Kanon cavaliere di Gemini.
Un mese esatto dopo quella mattina silenziosa in cui Atena si era destata completamente guarita dalla maledizione di Marte, era stata stabilita la celebrazione di una funzione.
Mur camminò lungo il corridoio che dalla sala del trono portava alla statua di Atena. Si fermò a metà strada e guardò indietro. Aveva visto lì Saga per l’ultima volta. Oppure no? Tra tutti i cavalieri che si erano battuti nello scontro sulla spiaggia, era l’unico ad aver perso la vita. Si era sacrificato come avevano fatto i grandi sacerdoti della dea che lo avevano preceduto. Uscito alla luce del sole, chiuse un attimo gli occhi. Saori era lì che pregava.
“Atena, siamo pronti.”
Lei si alzò e Seiya le porse una mano. Sagitter non lasciava mai il suo fianco. Saori l’afferrò e prese a camminare. Atena e il suo primo cavaliere. Entrambi avevano uno sguardo triste. Rientrarono alla tredicesima casa e poi attraversarono, scendendo, tutte le altre dodici case. Tutti segni dello zodiaco erano stati coperti con dei teli bianchi che dall’alto cadevano fino a terra.
Raggiunsero il cimitero dei cavalieri e videro che molta gente si era radunata intorno al monumento. Era una semplice blocco di pietra bianca alto e massiccio su cui era incisa una sola frase:
“Kata ton daimona eautou”*
“Al divino spirito che è con lui”
Quando i presenti videro l’incarnazione di Atena avanzare, si allontanarono.
Saori aveva intrecciato una corona di fiori e la depose ai piedi del blocco di pietra. Seiya s’inginocchiò e tutti lo imitarono. Saori allora unì le mani davanti al petto e intonò un lamento. Il canto era malinconico ma non triste. Sembrava una ninna nanna.
“Chiudi gli occhi, puoi ricordare questa vita come un volo,
e quando esso finisce puoi tranquillamente sorridere
se il tuo spirito è custodito nel cuore dei tuoi compagni.
Non posso dirti addio, non posso dirtelo ancora,
cerca di ricordare le mie parole.
Abbiamo superato una prova che sembrava impossibile,
anche se adesso ci separiamo un giorno ci incontreremo di nuovo
in un luogo che custodisco gelosamente nel mio cuore.
Non riesco a dire addio, amico mio, non posso dirtelo ancora,
cerca di ricordare le mie parole.
Non posso dirti addio, non più, amico mio.” **
La nenia terminò e Saori posò una mano sulla pietra fredda e liscia e rimase immobile. Seiya si alzò allora e fece lo stesso. Lentamente tutti i cavalieri d’oro, Shaina e Marin fecero altrettanto. Tutti sapevano che non c’era un corpo su cui pregare o piangere ma ognuno di loro aveva bisogno di sapere che la persona in onore della quale avevano elevato quel monolite era, in qualche modo, ancora lì.
Death Mask fu il primo ad allontanarsi. Aphrodite, come suo solito, lo seguì.
Milo e Camus si congedarono senza troppa voglia di parlare. Shaka accese degli incensi e si sedette in disparte attendendo che Mur ringraziasse i presenti per risalire con lui alle dodici case. Aldebaran versò del vino e salutò tutti trascinando Shura che non voleva lasciare Athena senza scorta nonostante Kiki gli avesse fatto osservare che Seiya sarebbe comunque rimasto con lei.Fu Shyriu alla fine a convincerlo a risalire alla casa del Capricorno. Aolia e Marin sparirono senza dare nell’occhio.
Seiya guardava Saori. Provava una profonda pena per il suo dolore. Sapeva che lei si sentiva in colpa per non essere riuscita a salvare proprio lui.
“Saori, Mur sta aspettando.”
“Sì.”
“Se vuoi restare ancora, gli dico di avviarsi.” Disse Seiya e Saori si voltò a guardarlo. Come faceva a sapere sempre ciò che lei desiderava di più? Guardò i profondi occhi scuri del cavaliere e le sembrò di vedere un altro volto sovrapporsi al suo.
“Seiya, Saga è morto.” Lui le posò una mano sulla spalla e gliela strinse appena.
“Sembra impossibile anche a me.” Disse l’uomo.
“Possiamo davvero andare avanti come se nulla fosse?” chiese lei “Mi sento come se questa battaglia si fosse portata via un pezzo di me.” Seiya guardò la scritta in greco antico.
“Non si può andare avanti come se nulla fosse. Si può solo andare avanti. Un passo per volta. Me lo ha insegnato lui anche se adesso non riesco a ricordare in che modo.” Fece sorridendo “Però mi ricordo benissimo che un giorno di tanti anni fa eravamo insieme alla tredicesima casa e lui me lo ha detto. Con quel suo modo saccente da persona che ne ha viste molte più di te. Non credevo che lo avrei mai detto ma penso che mi mancherà.” Saori lasciò che la mano posata sulla pietra andasse a poggiarsi su quella di Seiya.
“Ad un certo punto mi ha detto che non ci saremmo mai veramente liberati di lui. Aveva ragione. Manca tremendamente a tutti!” intervenne Shaina. Saori si voltò a gurdarla e vide Kanon un passo dietro a lei. Che ironia! Nella battaglia contro Marte, Kanon si era fatto passare per Saga. Lei però non avrebbe mai potuto confonderli. Forse era per questo che Kanon non ci aveva provato. Ora lui era lì e Saga non c’era più.
Come se il nuovo cavaliere di Gemini avesse compreso i suoi pensieri, fece un passo avanti e parlò.
“Avrei scambiato volentieri la mia vita con la sua. In realtà credo di essere venuto ad Atene solo con questo scopo. Non so come sia potuto accadere. Posso solo pensare che mio fratello è sempre riuscito ad ottenere ciò che voleva anche quando questo è significato morire.” Disse chinando il capo. Saori si avvicinò e gli prese le mani.
“Non dire così. Sono certa che Saga non volesse perdere la vita. Voleva solo compiere il suo dovere e tra questi ricomprendeva principalmente salvaguardare te, suo fratello.”
“Lui era il migliore fra noi due.”
“Sarai degno di lui. Ne sono certa.” Kanon si sforzò di sorridere mentre Shaina gli mise una mano sulla spalla. Saori la guardò dritta negli occhi non più coperti dalla maschera. “Grazie anche a te, Shaina. Ho come l’impressione di aver dimenticato alcune cose ma non di certo che mi hai aiutata a raggiungere il campo di battaglia proteggendomi lungo il cammino. Se posso sdebitarmi in qualche modo, parla pure liberamente.” Shaina ci pensò un attimo poi parlò.
“Mi è stata affidata la classe dei nuovi cavalieri di bronzo. Voglio essere la maestra del futuro cavaliere di Pegasus. Mi lascerai scegliere tra gli aspiranti cavalieri nati sotto questa costellazione il prescelto?”
Saori si sentì come se una freccia le si fosse piantata in petto. Perché l’idea di un ragazzino che indossava l’armatura di Pegasus le faceva ardere il cuore? Si voltò a guardare Seiya. Anche lui sembrava interdetto. Poi, d’improvviso, il cavaliere sorrise.
“Concesso.” Disse Atena “Ma scegli bene, Shaina. L’ultimo cavaliere di Pegasus ha portato scompiglio persino sull’Olimpo!”
“L’aiuterò io a scegliere. Ho l’impressione che le starò tra i piedi parecchio!” fece Kanon e a Saori sembrò, per un istante, di vedere una delle espressioni di Saga farsi largo sul volto del gemello.
“Non sperarci troppo!” disse la donna voltandosi e incamminandosi per la collina. Kanon fece un inchino, posò una mano chiusa a pugno contro la pietra bianca e la seguì.
“Atena, rientriamo?” si fece avanti Mur.
“Sì, grande sacerdote. E’ tempo di rincasare.” Rispose lei seguendo l’uomo che aveva preso a camminare affianco a Shaka. Improvvisamente si fermò e Seiya, che chiudeva la fila, le finì quasi addosso. Lei attese che Mur e Shaka sparissero dentro il colonnato della prima casa e parlò guardando oltre Seiya dato che si trovava due gradini più in alto.
“Sai Seiya, sono un po’ confusa in questi giorni. Ci sono ricordi della battaglia contro il Kraken che ricordo perfettamente e altri momenti degli ultimi mesi che mi sembrano come avvolti in una fitta nebbia. Ti ricordi della festa al tempio organizzata da Saga?”
Seiya aveva un piede su un gradino e l’altro su quello più in basso. Guardava i piedi di Saori nei sandali bianchi.
“Sì, mi ricordo la festa.”
Lei si portò le mani dietro la schiena e incrociò le dita.
“Ricordi che ti ho mostrato una casetta dietro le vecchie rovine del tempio?”
“Sì, mi ricordo la casa.” Rispose Seiya senza sollevare lo sguardo.
“Credi che sarebbe disdicevole se passassi qualche giorno lì? Mi sento triste a restare alla tredicesima casa ma non voglio allontanarmi dal santuario come in passato. Sento che il mio posto è qui.” Lui sollevò lo sguardo e fissò i suoi occhi in quelli azzurri di Saori.
“Parli di un paio d’anni, vero? Credo che sarebbe disdicevole se ti allontanassi per un paio d’anni!” disse lui ridendo. Una risata vera che Saori non ricordava di vedere da secoli. Di riflesso scoppiò a ridere anche lei e Seiya pensò che era la risata cristallina di Saori che si disperdeva nell’aria in quel momento. Non quella composta della dea. La risata della giovane donna che aveva imparato ad amare.
“Chi potrebbe biasimarti per un paio di mesi?” aggiunse.
“Io, per la verità, avevo pensato ad un paio di settimane. Poi vedremo.”
“Vedremo?” chiese lui un po’ interdetto.
“Sì.” disse lei scendendo due gradini e lasciandosi sovrastare dall’altezza di Seiya “Ricordi che mi hai promesso di tornare sotto quella quercia con me?” Lui si fece serio.
“Sì, ricordo la quercia.”
“Non ricordi nient’altro?” chiese lei piegando la testa di lato in un modo che Seiya trovò irresistibile.
“Saori,” disse posandole le mani sulle spalle “lo sai che io.” Lei non gli fece terminare la frase e gli posò un dito sulle labbra sorridendogli e facendogli capire che non erano soli.
“Sì, lo so. Anche io, Seiya.” Disse lei voltandosi e riprendendo a salire le scale. La sua figura leggera sembrava quella di una ninfa dei campi elisi. Nulla di meno bello e perfetto.
Non potè vedere quanto quella frase avesse colpito il cavaliere del Sagittario. Percepì una sensazione di calore al cuore e gli sembrò che, in un angolo della sua mente, un dolce ricordo volesse affacciarsi senza riuscirci. Scosse il capo e guardò verso il cielo. Il sole era alto. Le stelle erano punti lontani e invisibili. Lui sollevò una mano e toccò le tredici stelle della costellazione di Pegasus.
Quelle stelle erano il suo retaggio. Attraverso esse era diventato uomo, aveva trovato amici, compagni di viaggio, maestri, fratelli e sorelle, l’amore, la sua ragione di vita. Mancava qualcosa ancora. Qualcosa che doveva ancora essere, qualcosa che s’era perso per strada. Forse qualcosa di splendido o piuttosto qualcosa di terribile, qualcosa che era meglio perdere e qualcosa che doveva essere ritrovato. Seiya sorrise vedendo in quelle stelle riflesso il cosmo di Saori. Il blu del cielo si mischiava a quello dei suoi occhi. Non aveva nulla da temere. Lei era lì, come sempre. Non gli bastava sapere altro. Vicini o lontani, il loro legame era scritto in quelle stelle. Molte vite erano state marchiate con quelle stelle. Alcune erano sue, altre erano  di qualcun altro a cui sarebbe stato legato. Comunque, perché questo fa un retaggio. Crea appartenenza. Si sentì felice, Seiya. Sentì di nuovo i legami fra tutti i singoli atomi del suo corpo. Sentì il legame con Saori, antico come il mondo e rinnovato nella promessa di un giorno da trascorrere distesi insieme su di un prato. Quello con Shyriu, Shun, Hyoga e Ikki. Non erano più lontani. Avvertì persino la presenza di un filo rosso che lo univa ad un futuro non troppo lontano. Un filo stretto, legato alle sue stelle. Alle stelle di Pegasus.
In quelle stelle, Seiya sapeva, era scritto il suo destino. Un destino di cui non avere alcuna paura.
Il destino di una vita intera.
Spiegò le ali di Sagitter e raggiunse Atena.


Note dell'autrice che tenta di essere seria:
* Si tratta della frase scritta sulla lapide di Jim Morrison. Mi è piaciuta perchè oltre a significare  " Allo spirito divino dentro di sè" significa anche "Provocò i suoi stessi demoni" e mi è sembrata giusta per Saga.
**La canzone cantata da Saori come lamento per Saga è liberamente ispirata al testo "Goodbye my friend" della OST di Saint Seiya.
Per i più deliranti tra voi, il finale è stato scritto ascoltando in modalità loop una canzone dell'LP del 1996 song collection Saint Seiya. Si tratta del brano Sayonara Warriors.
Io non vi dico però ancora Sayonara. Anche se questo capitolo è conclusivo, è rimasto un piccolo epilogo. Poi verrà inserito il flag storia completa.
Per l'ultima volta, alla prossima...

  
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