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Autore: monalisasmile    06/11/2008    1 recensioni
Il viola è conosciuto come il colore dello spirito. Rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione ed intelligenza, tra amore e razionalità. È il colore della volontà di essere diversi, della metamorfosi. È una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro. Ma è anche il colore degli occhi di una ragazza che entrerà a far parte della vita dei digi-prescelti.
La narrazione comincia in toni leggeri: leggerete di nuovi incontri, di battibecchi e amori adolescenziali, di amicizie e piccoli dispiaceri, emozioni che condizioneranno le giornate e si porranno al centro delle loro vite. Almeno inizialmente.
Perché come nella vita spesso accade, arriverà il momento in cui i personaggi verranno posti di fronte a problemi maggiori e difficili decisioni. D’improvviso tutto parrà sfuggirgli tra le dita. Gli eventi si faranno incalzanti e spesso imprevedibili. Più volte si sentiranno impotenti di fronte a una realtà indecifrabile e troppo crudele per essere affrontata.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18

 

Rumiko non riuscì a far nulla: la ragazza al di là della finestra spaccò il vetro e l’afferrò per il collo con una rapidità mostruosa. Caffè prese ad abbaiare forsennatamente, mentre lei s’aggrappava a quel braccio tentando di liberarsi. Ma per quanto sembrasse esile, la sua presa era ferrea.

-      Potresti aprire, per piacere? O vuoi che sfondi l’intera finestra? –

Rumiko sentì le dita gelide della fanciulla stringersi sempre più attorno alla sua gola. Annuì.

Trovò a tentoni la maniglia della porta a vetri e la fece scattare. La ragazza sul balcone sorrise estasiata e la lasciò andare per permettere alla finestra di scorrere.

Rumiko colse l’occasione per scattare verso l’ingresso.

Ma l’altra fu più lesta. La superò e le sbarrò la strada, allargando le braccia.

Rumiko virò verso la cucina e sbatté la porta alle sue spalle. Afferrò un coltello da cucina rimasto sul bancone e si voltò, trovandosi l’avversaria a pochi centimetri di distanza.

Urlò di spavento e andò a urtare il lavello alle sue spalle.

-      Cosa vorresti fare, Rumiko? –

Sorrideva e la strana voce zuccherosa sembrava davvero curiosa.

Rumiko traeva respiri profondi e irregolari, il coltello puntato di fronte a sé, l’altra mano appoggiata al lavandino alle sue spalle. Si sentiva debole, incredibilmente debole, mentre la sua avversaria era rapida e forte.

Si prese un attimo per osservarla e improvvisamente le parve familiare. I lunghi capelli castani, i tratti dolci, gli occhi color caramello… l’aveva vista in una delle foto di gruppo in camera di Yamato. L’amica che si era trasferita a New York diversi anni fa.

“ L’ottavo prescelto…”

-      Esatto… - sibilò la ragazza – Mimi Tachigawa, molto piacere! – cinguettò.

Le porse la mano, ma Rumiko non accennò ad afferrarla.

Quella non era la stessa fanciulla ritratta nella foto. Quegli occhi nocciola, che nell’immagine le erano parsi tanto vispi e dolci, ora traboccavano di crudeltà e follia. Che lei odiasse o meno Mimi la digiprescelta ora non aveva importanza, perché quella che aveva di fronte non era lei, ne era sicura.

Qualcuno prese a battere sulla porta d’ingresso.

-      Rumiko, che è successo? Apri la porta! – le giunse la voce di Yamato.

Ma lei lo ignorò, concentrandosi sulla creatura che aveva di fronte e tentando di trattenere le energie che sentiva fluire via dal suo corpo.

Per la prima volta notò che indossava una maglietta a maniche corte e un paio di jeans. Ai piedi aveva solo un paio di calze, rovinate e sudice come se avesse camminato scalza per tutta la città.

-      Rumiko! – la chiamò ancora Yamato, senza smettere di picchiare la porta d’ingresso.

Le aveva offerto la mano destra, quella con cui l’aveva afferrata per la gola poco prima, sfondando il vetro. Ma solo ora s’accorse di quanto sanguinasse, lacerata quasi fino al gomito da una serie di tagli più o meno profondi. Qualche scheggia di vetro era rimasta piantata nella carne. Ma lei sembrava non accorgersene neppure.

-      Ho capito… - disse infine, quasi tra sé e sé.

-      Davvero? – disse l’altra, deliziata, inclinando il capo da un lato.

-      Sì…spiegami solo una cosa… - la guardò dritta negli occhi – come puoi saltare fino al quarto piano di un palazzo servendoti di un corpo umano? –

Il sorriso dell’altra s’allargò.

-      Non sai quante cose può fare un corpo posseduto! – squittì allegra – È tutta questione di suggestione! – disse, puntandosi un dito alla tempia – Le emozioni umane sono talmente volubili…un attimo prima siete delle persone deliziose, ma è tutta apparenza… basta poco per far emergere il peggio di ognuno di voi. Bisogna solo saperlo sfruttare… -

-      Così come tu hai fatto con lei. –

-      Così come io ho fatto con entrambe, mia cara… - si leccò le labbra.

-      Che vuoi dire? – Rumiko aggrottò le sopracciglia.

-      Mimi è solo una piccola parte del progetto… diciamo che in tutto questo lei è stata il mezzo per giungere fino a te, che a tua volta sei chiave e custode. –

Ora cominciava a non capire. Credeva che si trattasse di un digimon di tipo virus che s’era impossessato del corpo di quella digiprescelta. Di solito però se ne servivano principalmente come mezzo per accedere al mondo reale, abbandonando poi il corpo umano per aver maggiore libertà d’azione.

La ragazza posseduta sorrise crudelmente.

-      Allora non hai capito chi sono... –

Come faceva a leggerle nella mente? I digimon di tipo virus di solito non ne erano in grado.

-      Già, di solito no… - le fece il verso la falsa Mimi, quasi stesse ripetendo una filastrocca.

“ Un digimon che agisce sulle menti delle persone… in grado di leggerle e manipolarle fino ad averne il controllo…ma come…?”

-      Già, come? –

Un particolare attirò la sua attenzione: gli occhi della ragazza compivano movimenti appena percettibili, lenti e oscillanti. Quasi stesse per…

“ Addormentarsi…”

L’altra rise beffarda.

-      Ora hai capito chi sono… -

-      No… - quasi supplicò, la voce improvvisamente piena di sconforto.

Rumiko sentiva le forze abbandonarla sempre più. Tra poco sarebbe certamente svenuta.

-      Oh, sì che lo sai… coraggio, dillo… - sibilò melliflua.

-      No… - mormorò lei.

Avvertiva la presenza del digimon oscuro farsi sempre più forte e schiacciare la sua volontà. I tonfi sulla porta d’ingresso si facevano sempre più lontani. S’accasciò a terra e il coltello le sfuggì di mano.

-      Qual è il nostro nome? – si chinò su di lei.

-      No… -

Strisciava a terra, quasi contorcendosi nel tentativo di resistere alle parole del digimon. Ma la sua mente cominciava a vacillare, avvolta dalla voce crudele come dalle spire di un serpente. Non riusciva più a ragionare, ogni pensiero le costava fatica. Non sentiva più la voce di Yamato dall’altra parte della porta.

-      Il nostro nome… - sibilò la creatura – Dì il nostro nome… -

-      Alp…traumon… -

 

Dai tempi antichi, in qualsiasi civiltà, ogni magia o rito era abbinato a delle formule verbali, poiché erano queste a evocare incantesimi e poteri mistici.

La parola è sempre stata uno strumento potente e spesso molti dimenticano quanto possa essere pericolosa: dare un nome a un’idea può conferirle non solo materialità, ma anche vita.

 

Caffè abbaiò disperatamente, vedendo il volto della sua padroncina contorcersi in una maschera di terrore.

Rumiko si afferrò il capo tra le mani, agitandolo forsennatamente, come se fosse sul punto d’esplodere. Dagli occhi chiusi scendevano copiose lacrime di dolore e la mascella serrata faceva digrignare i denti, quasi stesse tentando di non gridare.

Sentiva che qualcosa dentro di lei premeva per uscire, ma non l’avrebbe mai permesso, a costo di esplodere.

La falsa Mimi le sorrise dolcemente, accarezzandole il volto con la mano insanguinata.

-      È inutile che ti opponi, Rumiko. Non ne hai la forza. Coraggio… - le sussurrò suadente – lascia andare… -

Ma non ottenne l’effetto sperato, perchè la ragazza le voltò le spalle, persistendo nella sua lotta silenziosa.

-      Non ce la puoi fare, cara… - tornò a risuonare la voce zuccherosa – Quella cosa è dentro di te. Per un anno ha atteso in silenzio che giungesse questo momento e ora sta per ricongiungersi con la sua metà. Se tenterai d’impedirglielo ti ucciderà. –

Rumiko piangeva terrorizzata, mentre Caffè abbaiava come un pazzo.

La falsa Mimi aggrottò le sopracciglia.

-      Perché insisti? L’hai già fatto una volta e a cosa è servito? – rise crudele – Io sono ancora qui! Quanta gente deve ancora morire perché tu capisca l’inutilità della tua testardaggine? –

Crack. Il cuore di Rumiko si spezzò.

 

Caffè vide la sua padroncina dilatare gli occhi e afflosciarsi a terra, inanimata come una bambola.

Dalla sua bocca dischiusa cominciò a colare un liquido nero simile a petrolio.

Il cucciolo indietreggiò, mentre la macchia scura s’espandeva sempre più sul pavimento della cucina.

L’altra ragazza sorrise estasiata, sedendosi su una sedia e poggiando il mento sulle mani, osservando rapita quello spettacolo inquietante. Non si accorse perciò di un rumore proveniente dall’ingresso.

Ma Caffè scattò fuori dalla cucina, andando ad abbaiare disparatamente ai piedi di Yamato.

 

Il ragazzo vide il cucciolo venirgli incontro e lo seguì in fretta fino alla cucina.

Ma appena ebbe messo piede nella stanza s’immobilizzò.

-      Buonasera, Yamato. – cinguettò Mimi, senza voltarsi a guardarlo.

-      Mimi, cosa…?! –

-      Sssh… - si portò un dito alle labbra lei – È da un anno che aspetto questo momento. Non vorrai rovinarmelo! –

Yamato allungò il collo oltre la ragazza seduta e scorse Rumiko.

-      RUMIKO! – si slanciò verso di lei.

Ma un corpo si frappose tra loro, facendolo finire contro la parete al fondo della stanza.

-      Non puoi toccarla. –

Yamato scosse il capo, stordito dal duro colpo.

-      Abbi ancora un po’ di pazienza. – sorrise allegramente Mimi – Ancora un paio di minuti e potrai abbracciare il suo corpo gelido. –

-      Mimi… -

La ragazza voltò il capo verso l’ingresso e incrociò uno sguardo scuro e affranto.

-      Koushiro! – squittì lei – Anche tu qui, a cosa devo l’onore? –

-      Ero al telefono con Yamato quando Rumiko ha urlato… - lo sguardo del rosso si posò sulla ragazza in mezzo alla pozza di liquido nero.

-      Sei venuto anche tu a soccorrerla? – lo canzonò lei, ma il tono di voce era stridente, come infastidito da qualcosa.

-      Ero sicuro che ti avrei trovata qui. –

Il suo sguardo serio era impenetrabile. Lei non ribatté.

-      Cosa stai facendo, Mimi… -

Non sembrava una domanda, quanto un’affermazione, come se già conoscesse la risposta.

-      Sembra che tu sappia già le mie intenzioni. – si leccò le labbra lei, avvicinandosi con fare provocante – Sei talmente perspicace… -

-      Cosa ti sei fatta alla mano? –

Le sfiorò il braccio ferito, ma lei lo ritrasse rapida.

-      Ti fa molto male? – chiese Koushiro con voce preoccupata.

-      Certo che no! – rise lei – Io non sento nulla di questo corpo! Né il caldo, né il freddo, né… -

-      Lo so. – rispose lui, gelido – Mi stavo rivolgendo a Mimi. –

La creatura vacillò.

Yamato vide la ragazza aggrottare le sopracciglia e contrarre la mascella, come se fosse combattuta.

-      Mimi… -

Lei indietreggiò.

-      Stammi lontano, Koushiro… - sibilò.

-      Dobbiamo curarti quella mano, stai perdendo molto sangue… -

-      NON TOCCARMI! – strillò la creatura, continuando a indietreggiare.

Lui non si mosse.

-      Se tu non vuoi non lo farò… - la guardava dritto negli occhi – Ma ti prego, lascia che ti aiuti… -

-      Non ho bisogno del tuo aiuto! –

Mimi si voltò a guardare Rumiko.

“ Manca poco” pensò “il processo è quasi ultimato, devo solo attendere un altro poco…”

Ma qualcosa aveva preso a vacillare.

 

Mimi non sapeva cosa le stava accadendo. Che fosse tutto solo un brutto sogno?

Eppure il tocco di Koushiro le era sembrato tanto caldo e gentile quanto reale…

Il suo sguardo nocciola volò sull’espressione preoccupata del rosso, poi su Yamato che tentava di rialzarsi a fatica. Infine sul corpo immobile di Rumiko.

“ Che sta succedendo?”

 

Koushiro vide la ragazza guardarsi attorno un attimo spaesata, come se solo in quel momento si accorgesse di cosa stesse accadendo. O meglio, di cosa avesse fatto.

Che stesse recuperando il controllo delle sue azioni?

 

Cos’era quel liquido nero che sgorgava dalla bocca di Rumiko? Mimi non ne aveva la più pallida idea. Sapeva solo che, qualunque cosa fosse, attraeva il suo corpo come una calamita un pezzo di metallo. Eppure non le piaceva, anzi, provava un’istintiva ripugnanza per quella sostanza.

 

Koshiro vide Mimi incamminarsi verso Rumiko. Ma sebbene le sue gambe sembrassero risolute, la testa continuava a voltarsi ora da una parte, ora dall’altra, a scatti, come se tentasse di liberarsi da una presa invisibile.

 

Era stata lei. Non ricordava come fosse entrata in quella casa, né come potesse trovarsi ora in quella situazione, ma era sicura di esser stata lei a fare tutto quello.

Aveva aggredito Rumiko e poi Yamato, probabilmente giunto in suo soccorso.

“ Ma perché?! Perché l’ho fatto?!”

“ Perché tu la odi…”

Non si voltò cercando chi avesse parlato. Conosceva ormai bene quella voce, che da un anno ormai le si rivolgeva in sogno.

“ Ma io non…” tentò di protestare “ Io non volevo questo…”

“ Volevi vendicarti.” le venne rammentato “ Volevi vendicarti dell’assassina che aveva ucciso centinaia di persone innocenti.”

“ No…”

“ Volevi vendicarti della digiprescelta che aveva commesso un crimine tanto terribile.”

“ Ma non così…”

Sentì la voce misteriosa ridere, crudele come non l’aveva mai udita.

“ Sei sicura che non era questo ciò che volevi?”

Mimi esitò. Le parve di percepire quell’oscura presenza sorridere.

“ No che non lo sei… Tu non sai cosa c’è dentro di te. Sei tanto impegnata a mantenere una bella facciata, a compiacere gli altri che non ti accorgi dei tuoi stessi desideri.”

“ Non è vero!” protestò.

“ Ah no? Allora dimmi, piccola Mimi, cosa vuoi?”

 

White Foxmon aprì gli occhi.

 

Yamato si sentiva impotente.

Non era uno sciocco, sapeva che se si fosse avvicinato nuovamente a Rumiko l’esito non sarebbe stato più felice. Dunque cosa poteva fare per aiutarla?

“ Probabilmente nulla…”

 

-      I-io… - balbettò – non lo so… Io non lo so cosa voglio… Io… -

Mimi non aveva mai avuto grandi ideali e obiettivi di vita, a volte bastava un nuovo paio di scarpe per farla felice.

Cadde a terra sulle ginocchia. Le parve di sentire una piccola fitta di dolore, ma proveniente dal petto, anziché dalle gambe.

-      Io…sono così frivola e…vuota? –

Avrebbe voluto urlarlo, ma il suo lamento le parve più debole di un sussurro, tanto che nessuno avrebbe potuto sentirlo.

Abbassò il capo, sconfitta, e lasciò che gli occhi le si riempissero di calde lacrime di disperazione. In quella cucina sconosciuta, circondata dal dolore, l’amarezza e la delusione causate dalle sue stesse azioni si sentì più sola e miserabile che mai. Le pareva di percepire il suo cuore sanguinare, mentre l’oscura presenza dentro di lei diventava sempre più forte e il suo corpo sempre più debole. Le forme diventavano sempre più sfocate mentre il buio scendeva di nuovo sulla sua vista.

Poi un tocco gentile sul suo capo le fece sollevare il volto. Koushiro era chino di fronte a lei, lo sguardo caldo come un abbraccio e la bocca piegata nel dolce sorriso che riservava a poche persone, quelle per lui più importanti.

-      Tu non sei frivola, né vuota, Mimi… e non è vero che non sai cosa vuoi. –

La sua voce era vellutata e morbida e Mimi vi si aggrappò per non ricadere nel buio in cui quell’oscura presenza la stava nuovamente avvolgendo.

-      Tu sai perfettamente cosa vuoi e anche da parecchi anni! – il tono del rosso sembrava quasi divertito – Vuoi sposarti con un uomo bello e ricco, abitare in una villetta con giardino dove far giocare i vostri due bambini e il cane. Diventerai presidentessa di qualche club di signore, rappresentante del comitato genitori della scuola dei tuoi figli e una moglie modello che tuo marito sarà orgoglioso di portare a ogni ricevimento. –

-      M-ma a m-me – balbettò tra i singhiozzi – p-piacciono l-le scarpe… -

Koushiro esitò e lei credette che la stesse giudicando una persona superficiale. Invece scoppiò a ridere.

-      Mimi, sei una ragazza… a molte ragazze piacciono le scarpe! Non c’è nulla di male! –

-      M-ma… -

-      Mimi – le circondò il volto con le mani – io ero un bambino che passava le sue giornate attaccato al computer, che faticava a parlare coi ragazzini della sua età e non aveva amici. La cosa più importante per me, esclusi i miei genitori, era una scatola di microchip. Poi ho conosciuto una ragazzina viziata a capricciosa ma con un cuore colmo di generosità e dolcezza. La digiprescelta della Purezza… -

-      La Purezza… - s’oscurò nuovamente lei, pensando a quanto poco fosse azzeccata la sua digipietra.

Ma lui non le permise di abbassare nuovamente lo sguardo, fissando il suo negli occhi nocciola di lei.

-      Ai miei occhi è sempre parsa la più bella di tutte, così come lo sei sempre stata tu. –

Mimi sgranò gli occhi.

-      La tua sincerità, la tua purezza d’animo hanno affascinato quel bambino solitario e chiuso in se stesso. È uscito dal suo guscio di silenzi per poterti stare accanto, per poter vedere con la tua stessa gioia il mondo che lo circondava. –

Mimi non singhiozzava più, completamente rapita dalle parole di Koushiro, la voce malvagia nella sua mente ridotta a un eco lontano.

-      Tu non hai mai avuto dubbi su ciò che volevi, sul futuro che desideravi. Avevi già deciso perfino l’abito che avresti indossato per il tuo matrimonio! –

Lei sorrise, ripensando agli scarabocchi che faceva da bambina e che un giorno aveva mostrato a Koushiro. Allora credeva che lui l’avrebbe derisa per quella sciocca idea, ma lui s’era invece dimostrato estremamente serio, studiando con attenzione i disegni e concludendo con un “starai benissimo” che non aveva nulla d’ironico.

-      Mimi… - le accarezzò gentilmente il volto lui – Non tutti sognano grandi gesta d’altruismo per il mondo intero. Non c’è nulla di male a desiderare la semplicità di una vita felice e colma di piccole gioie personali. Il fatto che un sogno non sia glorioso non significa che non sia importante. Gli uomini perseguono la felicità individuale. Se desideri lo stesso non significa che tu sia vuota o egoista, semplicemente umana. –

-      Koushiro… -

 

Mimi esplose in un urlo di dolore. Koushiro la vide rotolarsi a terra, reggendosi la testa con le mani.

-      Mimi! – la chiamò spaventato.

Che le stava succedendo? Che quella cosa dentro di lei stesse riprendendo il controllo della sua mente e del suo corpo? Proprio ora che credeva di esser riuscito di far breccia dentro di lei…

-      Mimi! – tentò di avvicinarsi – Non dare ascolto a quella voce, non farti condizionare da quella presenza, non è reale, è solo… -

-      “Non è reale”? – sibilò una voce crudele e gelida che nulla aveva a che fare con Mimi.

Con orrore Koushiro vide la ragazza sollevare il capo ed esibire due iridi nere circondate da un bulbo sanguigno.

-      Io sono più reale di quanto tu creda, Koushiro… e anche meno paziente. - la bocca era piegata in un sorriso malvagio, che nulla aveva di rassicurante – Hai parlato anche troppo per oggi.

Con uno scatto fulmineo si avventò sul digiprescelto, facendolo schiantare a terra alcuni metri più indietro.

 

Yamato vide la creatura saltare addosso a Koushiro. Il movimento fu talmente rapido che quando se ne accorse Koushiro aveva già battuto la testa sul pavimento.

Pregò che avesse semplicemente perso i sensi, mentre scattava più veloce che poteva verso Rumiko, approfittando della momentanea distrazione di Mimi.

Ma quando la sfiorò la sentì gelida come un ghiacciolo. Accostò le dita al suo collo: le pulsazioni erano appena percettibili. Il suo cuore perse un battito.

“ No, Rumiko, no…” la raccolse tra le sue braccia, attento a non muoverla troppo, quasi temesse che il suo corpo potesse spezzarsi.

Tremava mentre le baciò le guance, attento a non toccare il liquido nero che aveva smesso di scorrere dalla sua bocca e s’era seccato sul suo mento. Sentì l’angoscia stringergli il cuore in una morsa.

“ Ti prego, non te ne andare…io ho bisogno di te…”

-      Allora tienila, a me non serve più.

Yamato alzò il capo e quasi si spaventò a vedere quegli occhi sanguigni tanto vicini. Istintivamente abbracciò Rumiko con più forza.

-      Umani… - sibilò la creatura – Così tumultuosi nelle loro passioni, così pieni di sogni e illusioni…eppure così fragili… -

Yamato poteva sentire il suo alito gelido soffiargli sul collo e seppe che non sarebbe riuscito a sfuggirgli: era la fine.

Ma la creatura si ritrasse, voltando il capo verso il salotto e annusando l’aria. Improvvisamente sembrava aver fretta.

Yamato la vide immergere entrambe le mani nella pozza di melma nera. Per un attimo si immaginò il disgusto che avrebbe provato Mimi solo all’idea di un simile gesto. E mentre la creatura andava borbottando parole a lui incomprensibili, sotto lo sguardo sconvolto del biondo quella strana materia nera prese a muoversi, alzandosi e modellandosi in una creatura mostruosa.

Assomigliava a un enorme cavallo nero dagli occhi bianchi e spettrali, quasi fosse cieco. La bocca era grande e irta di zanne, la criniera e la coda fiamme terrificanti e gli zoccoli circondati da lingue di fuoco. Braci ardenti ardevano nelle sue narici, crateri di vulcani pronti ad eruttare magma e fiamme.

Scalpitò irrequieto e il fragore dei suoi zoccoli scosse l’intera stanza. Urtò il tavolo della cucina, che si rovesciò come fosse stato fatto di carta e le sedie vennero spezzate come stuzzicadenti. Yamato strinse al suo petto il corpo inerme di Rumiko per proteggerlo dalle schegge di legno. Caffè aveva ripreso ad abbaiare forsennatamente, senza però osare avvicinarsi alla creatura infernale.

Dall’esterno provenivano grida di terrore e le sirene delle volanti della polizia in avvicinamento. Che fossero state quelle ad allarmare la creatura?

Yamato vide Mimi sorridere e voltarsi verso il salotto.

-      Ben ritrovata, White Foxmon, dormito bene?

Solo allora il biondo s’accorse del digimon che era comparso nel soggiorno. Una volpe bianca dagli occhi di rubino li osservava in silenzio, o meglio il suo sguardo si spostava da Rumiko al cavallo demoniaco, a Mimi e poi di nuovo a Rumiko. Sembrava preoccupato per lei… e fremente di rabbia.

Yamato ebbe un’intuizione: che si trattasse del suo digimon?

Il sorriso crudele sul volto di Mimi s’allargò.

-      Con permesso, io levo il disturbo.

Eseguì un inchino. Ma sotto lo sguardo scioccato di Yamato, Mimi restò chinata e un volto butterato e dagli occhi sanguigni si levò dal suo corpo.

Con un balzo, l’orrendo troll uscì dal corpo della ragazza, che cadde a terra priva di sensi. Era alto poco più di un metro, gobbo e deforme. La sua pelle era simile a sabbia giallastra e tutta la sua piccola e malvagia persona era avvolta da stracci. In mano reggeva un bastone di legno marcescente, lungo forse due metri e nodoso almeno quanto lo era il suo proprietario.

Yamato era insieme disgustato e terrorizzato da quella scena che in un solo modo avrebbe potuto definire: da incubo.

L’orrenda creatura riportò lo sguardo si di lui, o meglio su Rumiko, ma la volpe bianca fu lesta a frapporsi tra loro.

Il troll ghignò malignamente.

-      Con quanta trepidazione ho atteso questo momento… il momento della vendetta. – la sua voce era distorta, come se non provenisse da un punto solo – Ma sono di gusti più raffinati di quanto tu creda, White Foxmon. –

Il sorriso crudele s’allargò, mentre la volpe rizzava il pelo ringhiando minacciosa.

-      Non le torcerò un solo capello, non ne ho bisogno. Ormai il suo cuore s’è spezzato, schiacciato dal terrore e dall’angoscia, dal rimorso per ciò che lei stessa ha provocato. Le pulsazioni sono solo un’eco e presto anche quello si spegnerà. Ecco la vendetta per me più deliziosa: Rumiko si lascerà morire perché disgustata dal sangue di innocenti di cui s’è macchiata e tu, White Foxmon, sarai costretta a sopravvivere e soffrire per non esser stata in grado di salvarla. È questa la peggiore delle pene per un digimon prescelto… –

-      No… - sussurrò quasi fra sé e sé Yamato – Rumiko non morirà…lei non merita di… -

-      Ne sei sicuro? – gli si rivolse il troll con voce melliflua  – Tu cosa sai di quello che accadde realmente nella metropolitana di New York? –

-      Non è stata lei a provocare quella strage. – gli rispose con convinzione.

-      Sembri molto sicuro di ciò che dici. – commentò l’altro.

-      Sua madre era tra le vittime. –

-      Già, che shock deve esser stato per la povera Rumiko sapere di aver ucciso pure la sua cara mamma. – recitò quello in tono lamentoso – Capisco come mai sia fuggita in fretta e furia da New York, senza dare spiegazioni a nessuno. Capisco come mai sia tanto cambiata da allora. Capisco come mai non parli volentieri del suo passato persino con te che tanto ti sei aperto con lei… -

Yamato non rispose: quella voce persuasiva aveva insinuato il dubbio dentro di lui.

Il troll rise maligno, per poi balzare agilmente in groppa al gigantesco cavallo nero. La terrificante creatura nitrì e le pareti vennero nuovamente scosse dalla potenza dei suoi zoccoli. Poi balzò verso la finestra della cucina.

Yamato abbassò il capo, pronto a proteggersi dalla pioggia di vetro e cemento. Ma nulla accadde. Quando sollevò nuovamente il capo, la coppia infernale era scomparsa.

 

All’esterno i richiami della gente s’erano fatti sempre più insistenti e le sirene della polizia quasi assordanti. Ma tutto si spense alle orecchie di Yamato quando accostò le dita al collo di Rumiko: il suo cuore aveva smesso di battere.

 

 

 

Continua…

 

 

 

N.d.a:

Un ringraziamento in particolare a lovegio92, che è stata tanto gentile da commentare subito i capitoli precedenti. Spero che la storia continui a entusiasmarti e non temere per la tua coppia preferita…ho in serbo ancora qualcosa per loro!

 

Monalisasmile

 

 

 

  
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