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Autore: loryherm    06/11/2008    3 recensioni
Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato...non credeva che potesse esistere una persona in grado di amarlo in ogni sua sfaccettatura, e prenderlo così com'era, peccato che questa persona stesse con... Come troverà l'amore, Bill? La strada per il successo? Come è arrivato a diventare famoso, con i suoi migliori amici? La storia dei Tokio Hotel in un' incredibile serie di eventi.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Between Lies, truth, and promises.

Non poteva credere che Bill l'avesse messa davanti ad un ultimatum.
Era una situazione orribile. Si trovava costretta a scegliere; doveva fare i conti con la propria coscienza, era al bivio: se fosse tornata a casa, seppure per il bene dei ragazzi, Bill l'avrebbe considerato come un addio, ma se fosse rimasta si sarebbe sentita sempre in colpa per rubare del tempo prezioso alla band che lei amava così tanto, si sarebbe sentita in colpa anche verso le fan, il manager, verso i ragazzi.
Perchè Bill aveva così tanta paura che lei stesse a casa per un pò? Non avrebbe significato non vedersi più. Lei non voleva questo; voleva solo farsi da parte finchè il tour non sarebbe finito e fossero stati tutti più tranquilli. Ma forse aveva ragione lui. La sua vita sarebbe stata sempre fatta di impegni, interviste, concerti, scandali, paparazzi, notti insonni e tutto il resto. E se lei si fosse tirata indietro già da quel momento, avrebbe continuato a tirarsi indietro ancora, e allora sarebbe stato davvero come dirsi addio. Sarebbe finita.
Il solo pensiero l'agghiacciò per un istante.
No.
Non poteva, non ne aveva il coraggio. Doveva restare per forza, non avrebbe mai avuto la forza di lasciare Bill. Ora avevano condiviso davvero troppo, ora lo amava fino in fondo.
Ma David non si sarebbe placato di certo. Non avrebbe permesso che i ragazzi si lasciassero trascinare dai sentimenti. C'era da finire il tuor, rimettere a posto i cocci che si erano lasciati per la strada durante quelle settimane, incidere il nuovo disco. Non c'era posto in tutto questo anche per lei e per Fey. E Fey, era così ingenua! Non voleva lasciare Georg, anche se si fosse trattato solo di poche settimane, e Loreen provava un terribile rimorso per averla spinta tra le sue braccia, pur sapendo bene quanto fosse difficile essere la metà di qualcuno che aveva milioni di altre metà. Ora l'amica ci era dentro fino al collo, e non avrebbe saputo, nè avrebbe voluto di sicuro, tirarsene fuori. Eppure Loreen sapeva che se fosse rimasta con loro fino all'irreparabile avrebbe sofferto troppo, proprio come lei.
Ci pensava da ore ormai e non ancora trovava una soluzione.
Avrebbe voluto potersi evitare la scelta, ma non era possibile. Bill aveva deciso che era ora di finirla con tutte quelle indecisioni, e aveva ragione. Lo aveva fatto stare anche troppo male, continuando a fuggire.
Forse sarebbe stato meglio per lui se se ne fosse andata del tutto.

"Fey, parlo sul serio; se preferisci seguire Loreen, sei libera, non voglio costringerti."
"No, Georg. Te l'ho già detto: David non mi spaventa. Fino a che non saranno i Tokio Hotel a cacciarmi, io non me ne vado."
Il bassista sorrise debolmente, e le accarezzò una ciocca di capelli biondi. Lei poggiò la testa sulla sua spalla. "Lo so che dovete pensare alla band." Continuò "Ma so anche che Tom ha ragione: meritate pure una vita privata, e se ci rinunciate adesso, ci rinuncerete sempre."
Georg rise brevemente. "Sei un sacco saggia tu, lo sai?"
Lei alzò gli occhi su di lui, e sorrise serafica. "Sono anche bella e brava, se la vogliamo mettere su questo piano."
"E molto modesta, potrei aggiungere." Fece lui, baciandola.
"In realtà ho solo una fortuna sfacciata." Fey gli sorrise ancora, accarezzandogli la nuca, prima di rendere quel bacio più approfondito.
La miseria, se era fortunata. Stava guardando negli occhi, baciando e accarezzando Georg Listing, il ragazzo migliore che conosceva. Ne respirava il profumo, poteva parlarci, passarci del tempo, riderci insieme. Non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo. Nè a Loreen, nè tanto meno a David Jost.

Per Nana e Tom le cose erano diverse: lei lavorava per loro, e non li avrebbe certo lasciati. Il chitarrista poteva stare tranquillo.
Ma in realtà non stava tranquillo affatto. Sapeva che David sarebbe stato capace anche di lincenziare Nana perchè invece di fare il suo lavoro li distraeva, e in quel caso sarebbe stato doppiamente stronzo.
Nana era stata parte dello scandalo coi paparazzi e con la stampa al gran completo, si poteva dire la parte più scioccante dello scandalo. Rappresentava per molte fan l'elelemento da trucidare barbaramente, anzi, molto probabilmente se se la fossero trovata davanti lo avrebbero fatto davvero. E dunque Tom non solo stava in ansia per la sua incolumità fisica, ma non voleva che la ferissero nei sentimenti. Nana non si interessava del licenziamento, ma solo del fatto che forse avrebbe dovuto allontanarsi da lui.
Ora che stavano insieme a tutti gli effetti, non avrebbe mai potuto lasciarlo andare in giro per l'Europa senza di lei. Sembrava una tosta, ma in realtà aveva bisogno di lui. Dalle piccole fino alle grandi cose. Le sue mani, il suo sorriso, e il profumo, la risata, le cazzate che andava sparando in continuazione, il suono della sua chitarra. Se le avessero tolto Tom sarebbe crollata di nuovo giù. 
"Non ci voleva questa, Tomi." Bill stava vicino a suo fratello, sul letto. Il concerto in Italia era stato così breve che nemmeno si era reso conto di averlo fatto. Di sicuro non aveva dato il meglio di sè, ma non gli importava adesso. Ora era finito, eppure lui non era stanco, gli faceva solo male aver sorriso così fintamente per tutto il tempo, era solo nauseato del suo continuo recitare.
Tom sembrava capire perfettamente il suo stato d'animo. Erano tutti e due arrabbiati, ma il lavoro non gli permetteva di esternare la cosa con calma, e si ritrovavano a farlo di notte, quando avrebbero dovuto solo dormire. Non solo facevano una vita sregolata e stressante, doveva mettercisi anche il capo con le sue assurde pretese.
"No, infatti. Non ci voleva per niente."
"E se Loreen decide di andare via?"
Non avrebbe voluto nemmeno pensarci. Era tutta colpa di Ginevra. Se lei non avesse fatto andare a monte il concerto tutto quel macello non sarebbe mai successo, David non si sarebbe arrabbiato, e Loreen non avrebbe mai voluto rinunciare al tour e a lui.
Tom non poteva rispondere a quella domanda. Forse conosceva la risposta, ma gli faceva paura persino formularne il pensiero. Bill non avrebbe lasciato di sicuro la band per seguirla, ma ci avrebbe pensato. O peggio sarebbe stato male, fino a che la band non si sarebbe sciolta da sola per mancanza di sorrisi, allegria, spontaneità, ispirazione, e tutti i fattori che rendevano i Tokio Hotel una band grande e diversa dalle altre.
"Non lo so, Bill. Ma sono sicuro che non andrà via. Dobbiamo solo aspettare che David si calmi." Rispose, sperando di essere stato convincente. Quel maledetto lo capiva meglio di quanto facesse lui stesso.
"David non si calmerà, Tomi. Siamo nell'occhio del ciclone, non lo capisci? Ormai ci conoscono in tutto il mondo. Ora dobbiamo continuare a venderci senza sosta, e nè lui, nè la casa discografica saranno contenti finchè non ci avranno spremuto come limoni. Alla Universal non piacerà la cosa, e se David continuerà a farsi vedere preoccupato ci metteremo contro anche Dave e Peter."
Tom si voltò verso il suo gemello. Era senza parole. Bill non aveva mai detto cose del genere prima, non era mai stato realista fino in fondo, anzi, del gruppo era quello che non aveva mai pensato in termini di guadagno, vendite, commercializzazione, o robe del genere. Lui era quello che diceva sempre: "Saremo famosi finchè ameremo quello che facciamo." E ora invece, parlava come se fosse stato colpito improvvisamente da quella brutta consapevolezza: I Tokio Hotel vendevano perchè erano quattro tipi con delle belle faccie, dei bei culi, erano single, e pensavano solo a far felici fan e casa discografica. E ovviamente lo sarebbero rimasti finchè avrebbero mantenuto lo status quo. Non era previsto che fossero felici, avessero delle ragazze, o che si divertissero. Andavano sfruttati finchè avrebbero portato soldi, finchè ci sarebbero state milioni di ragazzine con gli ormoni in tempesta decise a prosciugare tutti i loro beni materiali e non per quella band di tedeschi con i capelli sparati per aria.
Non sapeva che rispondere, non sapeva che pensare. Tom aveva perso tutte le sue sicurezze in quel momento. L'unica cosa che sapeva era che in qualunque caso ci sarebbe stato sempre Bill.

Nana stava ritta vicino a Fey, e le sistemava i capelli lunghi e liscissimi in piccole trecce. Erano nella stanza d'albergo, accogliente e larga, davanti allo specchio. Si guardavano attraverso il loro riflesso, e tutte e due avevano dipinta in viso la stessa espressione triste, e un pò vuota.
"Non deve essere per forza un addio, Fey. Loreen capirà." Provò a dire Nana, sforzandosi di sorriderle per rassicurarla. Ma Fey sembrava decisa a restare pessimista. "E invece no. Io ho fatto la mia scelta, e non è stata la mia amica che ho deciso di seguire, ma il mio ragazzo, e mi sento un vero schifo. Vorrei che lei capisse: io amo questa band fino in fondo, Nana, e adesso che sono qui con loro, che Georg..."
"Lo so, ti capisco benissimo." La interruppe l'assistente, quando si accorse che non c'era bisogno che lei si spiegasse. "Sarebbe atroce per me se mi chiedessero di scegliere tra voi e la band, ma credo che tu stia facendo la scelta giusta. Infondo il fatto che resterai qui con noi non implica che tu perda Loreen per forza, credimi. Comprenderà i tuoi sentimenti. Chi meglio di lei, Fey? Ci è passata in prima persona."
La biondina abbassò lo sguardo. "Se lei non fosse fuggita da loro non mi avrebbe mai conosciuta, oggi sarebbe felice. E invece ora riceverà l'ennesima delusione; non solo perderà Bill, ma anche me."
Nana non riuscì a tenere a freno quel senso di tenerezza che d'improvviso le strinse il cuore. Sospirò, andò ad abbracciarla, e la strinse per un pò. Si rendeva conto di quanto dovesse essere difficile stare al suo posto, e ora aveva capito di volerle davvero bene. Le faceva male vederla così triste. "Si sistemerà tutto, te lo prometto." Le sussurrò. Si accorse che Fey stava piangendo quando sentì la sua maglietta inumidirsi sotto i suoi zigomi alti. "Come fai a promettermi questo?" Le domandò.
Nana sorrise debolmente. "Farò tutto ciò che è mio potere per calmare le acque."
Fey si allontanò tanto quanto bastava per poterla guardare negli occhi azzurri. La vide con in volto un espressione decisa, e un piccolo sorriso affettuoso. "Grazie, Nana. Sei una vera amica."


Si ritrovarono tutti a cena, ma per la prima volta mangiando in tavoli separati. Le ragazze stavano tutte nell'angolo vicino al lungo buffet, e la band nel tavolo di fronte a qualche metro da loro.
Bill si comportava in modo strano: fissava il tovagliolo, non guardava mai dalla loro parte, e beveva solo acqua. Non aveva toccato cibo. Era passata mezzanotte e non aveva fame. Come era possibile? Aveva appena finito un concerto! Il tempo di salire in camera una mezz'oretta per la doccia, ed era sceso di sotto. Avrebbe dovuto essere affamato.
Loreen tirò un lungo sospiro silenzioso e pensò che gli stava facendo del male continuamente. Era un vero mostro. Continuava a torcersi le dita. Aveva paura persino di guardarlo, si sentiva talmente cattiva! Si vergnognava e non sapeva come prenderlo. Non gli aveva rivolto la parola da quando l'aveva messa davanti a quella scelta. Aveva poco tempo per decidere, ma nel suo cuore sapeva che il giorno dopo avrebbe fatto le valige, cercando di convincere Fey a seguirla. Avrebbe voluto che lei fosse felice con Georg, certo, ma se fosse rimasta avrebbe creato solo scompiglio e avrebbe sofferto.
Era inutile illudersi, David aveva ragione. Quella non era una favola, non era una storia. Era la loro vita, e la dovevano gestire con estrema attenzione, o tutto sarebbe andato in pezzi. I ragazzi non potevano permettersi distrazioni.
"Loreen, per favore pinatala di fare quella faccia, ok?"
Fey la riportò alla realtà bruscamente. Loreen alzò gli occhi su di lei, stupita.
"Che faccia?" Domandò.
"La faccia da cagnolino ferito. Hai fatto tutto tu, ora spetta a te la scelta, ma nessuno te lo aveva chiesto e sopratutto nessuno ti sta puntando un fucile contro!" Rispose la biondina guardandola male.
Loreen a quelle parole assottigliò lo sguardo, con un livore che raramente trovava spazio nei suoi tratti gentili e nei suoi modi pacati.
"Si dà il caso che io abbia una coscienza, e che nella mia testa passino anche concetti come l'altruismo e il sacrificio quando si tratta qualcosa di più importante del mio appagamento personale."
"Stai dicendo che io sono egoista?"
"Sì, esatto."
"E io dico che tu stai solo facendo la povera martire. E' inutile che ti fai tutti questi problemi, Loreen! Bill vuole stare con te, ha tutto il diritto di essere felice, e tu invece di sentirtene lusignata e di ricambiarlo, lo vuoi lasciare. E poi dici che sono io l'egoista!"
Loreen reagì immediatamente a quelle accuse, rizzandosi con uno scatto dalla sedia, e tutti si voltarono verso di lei. "Non voglio discutere con te stasera, Fey. Domani me ne vado, e mi auguro sinceramente che capirai il motivo dopo aver rovinato il loro sogno."
Restarono tutti a fissarla mentre se ne andava via a grandi passi, ma poi si voltarono verso Bill, e nessuno fiatò finchè non lo videro andarsene via di corsa e sparire oltre la porta di vetro senza dare spiegazioni.

"Loreen! Loreen, per favore, aprimi! Ti prego..."
Lei non rispondeva. Restava in silenzio, non poteva singhiozzare, non poteva respirare, ma avrebbe tanto voluto aprire e stringerlo forte. Aveva una voce piena di pianto e si sentiva con solo quel legno sottile a dividerli. 
"Loreen, ti scongiuro, non te ne andare."
Oddio, basta. Per carità, smettila, Bill.
"Se te ne vai io...io...non so che farò. Potrei anche fare una cazzata, Loreen."
"Non lo dire nemmeno per scherzo!"
Lo sentì sospirare di sollievo, e si maledì per aver dato voce a quell'istitnto improvviso.
Che razza di stupida.
"Allora ci sei! Aprimi, per favore, Loreen."
"Bill, vai via. Ho già deciso, ormai."
"Non me ne vado finchè non mi apri e parliamo."
La ragazza sbuffò sonoramente. Si prese qualche secondo per riflettere, ma poi pensò che almeno un confronto glielo doveva. Non poteva lasciarlo così, sia che se si fosse trattato di poche settimane, sia che sarebbe stato davvero un addio.
Si alzò dal pavimento, e aprì la porta con uno scatto, dopo essersi fatta coraggio.
Bill aveva ancora il respiro affannato per averla rincorsa, e i suoi occhi erano talmente tristi e supplicanti che le risultò difficile non tentare di buttarsi giù dalla tromba delle scale.
"Devo andarmene, sai anche tu che è giusto." Disse, invece, con una voce ferma, e affatto intenerita. Odiava mentire così, ma in quel caso era necessario.
Lui entrò dentro, superandola senza guardarla, e le ordinò di sedersi. Loreen lo fissò per un attimo, e capì che la cosa sarebbe andata per le lunghe. Lo assecondò comunque, e gli sedette accanto sul letto, dopo essersi chiusa la porta alle spalle.
"Non è giusto, invece. Io non sono un manichino. Voglio averti nella mia vita e loro non possono decidere di mandarti via perchè, Loreen, prima di essere una rockstar sono un essere umano, lo capisci?"
Il suo sguardo ora era deciso. Le prese una mano nella sua, e Loreen si sentì ancora di più una schiofosa bastarda. Tentava con ogni umano sforzo di guardarlo negli occhi, ma era così difficile!
"Bill, io capisco quello che stai dicendo, però se perderai questo momento, se perderai quello che hai adesso, lo rimpiangerai per sempre, e io non posso permetterti di rinunciare a questo sogno, per me."
"Non lo rimpiangerei mai quanto l'amore, Loreen. Potrò essere la persona più ricca e famosa, potrò girare il mondo e conoscere tante belle ragazze, ma se mi mancherà l'amore, non avrò niente di niente. E se tu te ne vai, io l'avrò perso."
A quelle parole Loreen non seppe resistere e si sporse con impeto per abbracciarlo. Pianse.
Si disse che era veramente stupida, ma come poteva trattenersi? Era la cosa più bella che qualcuno le avesse mai detto, ed era stato Bill a farlo. Il suo Bill, e non il Bill Kaulitz del mondo intero.
"Non te ne andare." La pregò ancora lui, accarezzandole i capelli.
Loreen singhiozzò ancora per qualche istante, poi si decise a trattenersi, e strinse la mano di Bill più forte quando sciolse l'abbraccio.
Era così debole! Aveva ceduto senza neanche provare a resistere. Ma dinanzi a Bill, ogni sua difesa si sgretolava, perdeva ogni inibizione, ogni decisione, ogni freno, e non sapeva resistergli. Ma avrebbe comunque cercato di uscirne non del tutto sconfitta. Quello che andava fatto, doveva essere fatto, o si sarebbe sentita sempre una codarda e una stupida per aver contribuito alla rovina della band.
"Resto solo a delle condizoni." Sussurrò, con voce fievole, ma cercando si sembrare ben decisa.
Bill stava già sorridendo, ma si vedeva che cercava di trattenersi. Loreen sentì la presa sulla sua mano farsi più forte.
"Quali?" Domandò il ragazzo.
Lei lasciò prima che il ragazzo capisse, guardandola dritto negli occhi, che avrebbe mantenuto fede a quel patto, e che nel caso le sue condizioni non fossero state rispettate, sarebbe andata via. Poi disse: "Devi promettermi che sarai concentrato, che penserai solo alle fan, che accontenterai David, e non farai niente che possa mettere in pericolo la band."
E il volto di Bill si aprì definitivamente in un sorriso luminoso e raggiante.  "Loreen, io amo i Tokio Hotel. Non farei mai niente che possa farli finire."

Sarebbe stata dura affrontarli e lo sapeva, ma non poteva di sicuro rintanarsi per sempre. Prima o poi avrebbe dovuto guardarli in faccia. Doveva prendersi la responsabilità di ciò che aveva fatto ed essere coerente con se stessa.
Idiota, idiota, idiota, idiota...No, continuare a ripetersi che era stata una perfetta idiota non serviva a niente. Ma le cose erano anche drasticamente peggiorate con il fatto che David fosse nervoso, e avesse chiesto più o meno gentilmente alle ragazze di levare le tende. Quei quattro le avrebbero sicuramente affibiato anche quella colpa, ci avrebbe scommesso, e non poteva fare altro che convincersi della sua indubbia deficenza.
Il confilitto interiore era stato superato già da parecchio, ormai. Non aveva scuse e ne era consapevole, non poteva difendersi, non ne aveva il diritto, e aveva torto su tutti i fronti. Basta chiacchiere.
Ora si trattava solo di fare una scelta: continuare con quella farsa, o abbassare la testa e chiedere scusa a tutti.
Se avesse scelto la prima opzione, probabilmente avrebbe mantenuto il posto, ma avrebbe continuato a sentirsi sempre una schifosa stronza. Se invece avesse optato per la seconda, i ragazzi avrebbero potuto anche non perdonarla affatto e sarebbe stata licenziata in tronco di certo, ma almeno sarebbe stata a posto con la coscienza, perchè...sì...lei aveva una coscienza.
Incredibile, vero, Gin? Hai anche una fotutta coscienza! Anzi, direi che ora come ora ti resta solo quella.
Certamente le sarebbe rimasta solo quella finchè non si fosse decisa a confessare le sue malefatte, avesse strisciato come un verme supplicando il perdono, e pregato in ginocchio fino al prosciugamento totale dei sui liquidi salivali di poter restare lì con loro.
Si era davvero affezionata ai ragazzi, ora se ne rendeva conto, e le dispiaceva per tutto quello che aveva fatto. Le parole di Bill l'avevano fatta piombare in un'orribile stato di consapevolezza. Aveva sempre negato, per abitudine o per un inconscio processo di autoconservazione, di dire la verità a se stessa, ma Bill le aveva appena sputato in faccia tutta la sua indicibile cattiveria, con uno sguardo ferito che avrebbe fatto sentire in colpa persino la strega Malefica, che in questo caso era perfettamente impersonificita da lei stessa. (Ma perchè quando si trattava di fare paragoni con quell'istrice benedetta le venivano in mente solo i personaggi dei cartoni animati?).
Ma si stava perdendo di nuovo in troppi pensieri inutili. Era mezzanotte e doveva scendere di sotto per la cena, o sarebbe rimasta a digiuno (prospettiva certamente più allettante, ma comunque poco conveniente).
Prese un bel respiro. Coraggio Ginevra, puoi farcela.
Non ancora aveva deciso che fare. Pensò che l'improvvisazione sarebbe stata sicuramente la scelta più plausibile, in quel caso, almeno. Andare incontro all'ignoto era più comodo che prendere posizione.
Razza di inguaribile codarda.
Aprì la porta, la richiuse dietro di sè, e camminò a passi lenti fino all'ascensore. Premette il pulsante rosso, respirando con affanno. Sentì le corde del gigantesco aggieggio tirarsi e cigolare, salì rapido, e quando le porte si aprirono, fu felice di vedere che era vuoto. Era piccolo e lievemente angusto, cosa che rese la discesa ancora più tremenda. Il suo respiro aveva deciso di non volersi stabilizzare, e la sua gola si era già seccata.
Le porte si aprirono di nuovo, ma questa volta il panorama di fronte a sè era diverso. C'era una grande sala, con tanti tavoli, e lì infondo stava un piccolo gruppo di ragazzi.
Ginevra pensò subito che era strano vederli cenare in tavoli separati, ma sapeva che c'era stato un diverbio tra Bill e Loreen, e quindi capiva perfettamente il motivo di quel distacco. Vide con piacere però che nè Bill, nè la ragazza erano scesi per la cena. Sarebbe stato di sicuro più semplice senza Bill attorno.
Ma era inutile aspettare ancora. Forse sarebbe stato meglio affrontarlo da subito. Fece spallucce mentalmente, e cominciò a muovere qualche passo, ostentando una sicurezza che in realtà ormai le mancava completamente.
Ma quando tutti gli sguardi furono su di lei, Ginevra si sentì la persona più orribile del mondo e anche quella effimera sicurezza sparì così com'era venuta, e non lasciò nessun segno del suo breve passaggio sul volto pallido e spento della ragazza.
Ce l'avevano a morte con lei, tutti quanti, nessuno escluso. Al tavolo della band, che era quello che le interessava di più, non sapeva chi avesse lo sguardo più pieno di astio. Georg sembrava deluso, Tom furente, e Gustav....Gustav aveva abbassato gli occhi, evitando completamente un contatto con lei.
E' giusto, non merito nemmeno questo.
Abbassò anche lei la testa biondo cenere, ma con uno sforzo disumano si costrinse a sorridere lievemente. Poi alzò gli occhi sul tavolo di fronte, dove stavano sedute Fey e Nana, e loro non avevano paura di guardarla in faccia. Il loro non era odio, ma solo disgusto, e questo la fece sentire ancora più male.
Non che non le comprendesse, anzi. Ma doveva ammettere che era difficile restare in piedi di fronte a quegli sguardi così feroci, implacabili. Avrebbe voluto scappare, ma le gambe si erano rese immobili. Sapeva che sarebbe stato da codardi, e seppur convinta del fatto che lo fosse a tutti gli effetti, doveva almeno provare ad instaurare un dialogo. Dunque si avvicinò a piccoli passi incerti al tavolo dei ragazzi.
Tom la fissò per tutto il breve tragitto, forse cercando di intimidirla, ma Ginevra non mollò, e si fermò proprio dinanzi a lui.
"Ciao, ragazzi." Soffiò, con voce affatto tremante, nonostante dentro di sè si stesse scatenando un terremoto di emozioni.
Il chitarrista assottigliò gli occhi nocciola in un espressione di allibito rancore, e scosse il capo. "Hai anche il coraggio di venirci a parlare? Ma non ti vergogni neanche un pò?"
E Ginevra si prese un bel cazzotto dritto nella bocca dello stomaco. Se lo aspettava, certo, sopratutto da Tom, eppure sentirselo dire così faceva tutt'un altro effetto.
"I-io...veramente...." Tentò di parlare, ma era impossibile. Cominciava a sentire un nodo pulsarle forte nella gola, gli occhi pizzicare pericolosamente, la sua voce era un filo udibile appena.
Decise quindi di arrendersi e andarsene, sopratutto quando vide Georg abbassare gli occhi proprio come aveva fatto Gustav.
Era il suo unico amico, e l'aveva deluso.
Andò a sedersi vicino alle ragazze, che però avevano già finito di mangiare, e così le vide alzarsi, non appena lei si fu seduta.
I ragazzi le imitarono, Gustav lasciò anche metà della cena nel piatto. Camminarono tutti e cinque verso la porta, a passi svelti, e bisbigliando tra loro.
Le venne quasi automatico alzarsi e correre fino a raggiungere il batterista. Lo afferrò per il braccio forte, facendolo voltare verso di lei. Quando i loro occhi si incontrarono fu come se una potente scossa elettrica li attraversò, facendo sciogliere quel breve ma fortissimo contatto.
Gustav aveva gli occhi pieni di stupore, rabbia, insolenza. Era ferito, inqiueto, pronto a scattare.
Ginevra riuscì miracolosamente a non abbassare il suo sguardo, ma a tenere quello del ragazzo con una tenecia che credeva di aver perso, e che invece possedeva ancora in parte.
"Gustav, ti prego, ascoltami un secondo." Disse.
Vide tutti i ragazzi voltarsi verso di loro, e allargare gli occhi. Tom, dopo un brevissimo istante di esitazione, si fece subito vicino ai due, e prese Gustav per il gomito. Ma il batterista teneva ancora gli occhi fissi dentro quelli vitrei e supplici dell'assistente al suono.
"Dai, andiamocene, non darle retta." Gli disse il chitarrista, spingendolo via. Ma Gustav fece sì che l'amico mollasse la presa, liberandosi dalla sua stretta. Non toglieva lo sguardo da quello di lei.
Ginevra sentì le gambe indebolirsi, il respiro mozzarsi. Il suo corpo si stava estraniando. Non sapeva tenerlo a bada, stava perdendo il controllo. Eppure si lasciò portare via da quelle sensazioni, e non si frenò. Non voleva più fermarlo.
"No, andate." Sibilò il ragazzo. "Vi raggiungo dopo." Continuò, voltandosi solo per un attimo vero Tom, con l'intenzione di rassicurarlo con uno sguardo deciso.
Non sarebbe andato da nessuna parte, almeno fino a che non avesse capito cosa diavolo stava provando, cos'era quella sensazione di assoluta incapacità di pensare razionalmente, e perchè non riuscisse a muoversi.
Sarebbe rimasto per ascoltare cosa quella gelida stronza aveva da dirgli, per sentire le sue scuse, per credere che ci fosse ancora una speranza di tornare come prima.
Tom gli si avvicinò, e gli strinse la maglietta. "Non merita questo, Gustav. Lasciala stare." Gli sussurrò, come se la ragazza non potesse sentirlo.
Invece aveva sentito perfettamente, e non gliene importava un accidente. Sapeva che era stata una vera serpe, e una subdola infame, ma ora voleva solotanto poter guardare Gustav ancora per un pò, e chiedergli scusa, cercare il perdono nei suoi occhi scuri.
Il battersita, per sua immensa gioia, negò col capo e si allontanò dall'amico. "Voglio sentire cos'ha da dire, ma lasciateci soli, per favore." Disse.
Tutti i ragazzi si guardarono tra loro, stupiti. Perchè voleva questo? Lei non lo meritava! Tom aveva ragione!
Ma Georg capiva perfettamente il motivo di quella richiesta, anzi credeva di aver capito già da un pezzo cosa c'era nel cuore di Gustav. E si fece vicino a Tom. Gli sussurrò: "Lascialo fare. Ci racconterà dopo. Andiamo."
Il chitarrista lo guardò e si convinse finalmente a lasciarli soli. Fece cenno agli altri di seguirlo, e prese a camminare verso la porta. Ma non si sarebbe limitato a questo, avrebbe voluto sapere tutto non appena quel colloquio sarebbe terminato. Gustav gli doveva un pò di spiegazioni.

Restava fermo e rigido. Ginevra lo fissò per un lungo istante, senza nascondere un pò del suo imbarazzo. Si rendeva conto solo in quel momento di quanto le costasse ammettere con sè stessa di provare qualcosa di forte per lui. Non sapeva dire cosa ci fosse in quel batterista che la rendeva così diversa da come era abituata a vedersi. Sin dal giorno in cui era entrata in contatto con quel piccolo universo che era quello dei Tokio Hotel, aveva subito provato una sensazione di empatia nei suoi confronti. Apprezzava il suo modo di pensare, limpido e sincero, privo di fronzoli. Il suo modo di porsi sempre gentile, e pacato, la sua voce mite. Da subito si era creata sintonia tra loro due, e per quanto lei fosse soltanto una dipendente dai modi freddi, distaccati e professionali, aveva capito da subito, che Gustav Shafer era uno dei motivi per cui la mattina si svegliava con la voglia di andare a lavorare, si sforzava, e si impegnava così tanto.
Lui forse non l'aveva mai apprezzata per qualcos'altro che non fossero le sue brillanti capacità nell'ambito del suono, e questo le faceva un pò male. Ma in qualunque caso aveva cercato di ricucire i rapporti con lei, e ora Ginevra si pentiva di avergli sbattuto più volte una porta in faccia. Non se lo meritva. Non meritava niente di tutto quello che gli aveva fatto. E quella era l'ora di chiedere scusa. Per tutto.
"Senti." Esordì, avvicinandosi a lui di un passo. "Perchè non ci sediamo?" Gli domandò. Lui la guardò per un attimo, poi annuì, e camminò fino al tavolo più vicino, a passi lenti. Gin lo seguì, e gli sedette di fonte.
Era così difficile! Ma doveva farlo, ormai era lì, e probabilmente quella sarebbe stata la sua unica occasione di riscattarsi.
Gustav restava in silenzio, di certo non voleva aiutarla. Aspettava che fosse lei a parlare, e Ginevra lo fece, seppur con non poca difficoltà. Prese un bel respiro e non smise di guardarlo nelle sue iridi imperscrutabili.
"Lo so che ce l'hai a morte con me, e va bene, lo capisco, è perfettamente comprensibile. Non voglio giustificarmi, Gustav. Voglio solo spiegarti il motivo per cui vi ho..."
"Traditi e messi in ridicolo?"
Ecco, sapeva che sarebbe successo. Prima o poi avrebbe sicuramente trovato il modo di rinfacciarle le sue colpe in modo brutale. Era nel suo carattere.
Ma lei non demorse, anzi gli sorrise a mezzabocca, e annuì, completamente priva di rancore, o vergogna.
"Sì, esatto." Soffiò.
Gustav inclinò il capo, e sorrise in modo beffardo. "Sono tutt'orecchi." Sibilò, alzando le spalle.
Ginevra, i cui occhi grigi si velavano di una sempre più limpida luce, prese un respiro, e si convinse a confessare ciò che non avrebbe mai creduto possibile confessare.
"E' stata una vendetta, contro Bill. E non perchè mi abbia costretto a stare al freddo e al gielo a trenta metri d'altezza per due ore, o perchè ci abbia lasciati senza cena, Gustav. Ma per un motivo ben diverso, di cui forse tu non sei a conoscienza." 
"E sarebbe?" Fece il batterista, ora curioso, e lievemente stupito. C'era qualcosa che non sapeva?
Ginevra passò la lingua sulle labbra sottili, e lo guardò con occhi inquieti. Se ci avesse pensato troppo non lo avrebbe più detto, e così buttò lì quella frase, con voce tremante: "Avevo chiesto a Bill di non rivelarti mai un mio segreto, di non fare niente di avventato che potesse farti capire qualcosa, ma lui ha tradito la mia fiducia, e ha voluto aiutarmi a superare la mia paura."
Gustav arricciò le sopracciglia confuso, e sconcertato. Di che cosa stava parlando?
"Paura?" Chiese, a bassa voce. Non c'era la più assoluta traccia di livore nel suo sguardo, ora c'era solo confusione.
Gin annuì, sorridendogli lievemente. "Gustav, ascoltami. Tu quella sera, sulla terrazza di quell'albergo, mi hai chiesto se il nostro sarebbe rimasto sempre un rapporto professionale, ricordi?"
Lui annuì, immediatamente. Pensò di cominciare a capire qualcosa, ma non era sicuramente possibile che lei stesse cercando di dirgli quello che credeva.
"E io ti dissi di sì." Continuò lei. Fece una pausa, senza smettere di osservarlo, con attenzione, quasi con cautela. Poi sussurrò: "Non sai quanto mi è costato farlo, ma ti assicuro che è stata la bugia più difficile a cui tener fede, tra tutte quelle che ricordo. E credimi io ho ingannato gli altri molte volte, e me stessa forse anche di più."
"Bugia? Gin, che stai cercando di dirmi? Cosa ti ha fatto Bill? Perchè hai cercato di vendicarti?" Gustav la fissava negli occhi di perla. Il suo respiro si stava facendo leggermente accellerato, il battito del suo cuore più rumoroso, veloce.
E in quel momento, dopo essersi fatta tutti quei problemi, dopo aver combinato tutti quei casini, dopo tutte le mensogne che aveva profilato a se stessa, la ragazza si ritrovò a rispondere, nella più assoluta onestà.
"Chiesi a Bill di non dirti mai che stavo percependo di provare qualcosa di...forte per te."

****

Il cuore del batterista perse il ritmo veloce.
Gli sembrò quasi che si fosse fermato, nel silenzio più assoluto, nell'aria testa, mentre sentiva la testa affollarsi di nebbia fitta e i suoi occhi accendersi di stupore.
Dovette ricredersi riguardo il suo scetticismo di poco prima, perchè invece aveva capito benissimo cosa la ragazza stesse cercando di dirgli. E anche adesso gli sembrava impossibile crederci.
Forse era solo un sogno, l'ennesima tortura atroce che la sua testa si divertiva così tanto ad elaborare nel suo sonno inconscio.
"Gustav, dì qualcosa." La voce di lei, pulita e chiara, seppur tremante e fievolissima, lo ridestò da quello stato di trance nel quale era caduto. E quando alzò gli occhi su Gin e la guardò, si rese conto che quella era la realtà, che davanti a lui stava seduta la ragazza che aveva segretamente sognato per un anno intero, e che quella stessa ragazza gli aveva appena rivealto di provare un sentimento per lui.
"I-io...credo di...non so se..." Stava farfugliando.
Riprenditi, scemo!
"Ti prego, non costringermi a ripeterlo. Hai capito perfettamente." Lo supplicò lei, con uno sguardo che non celava affatto la sua vergogna. Sentiva le gote bruciare, la testa pulsare, il cuore battere ad una rapidità mortale. Era sempre stata così dannatamente orgogliosa, eppure in quel momento non riusciva davvero più a recitare.
Il ragazzo la guardò lungamente, prima di riuscire a parlare con una certa chiarezza. Dovette abituarsi con calma all'idea che ciò che era appena accaduto non era frutto della sua delirante fantasia.
Poi disse: "Gin, in tutta sincerità, mi risulta difficile crederci."
Lei subito scosse il capo, esasperata. "E invece è la verità. Non sto cercando di fregarti, Gustav." Rispose, seria, anche se terribilmente imbarazzata.
La sala sembrava così piccola intorno a loro, per quanto gigantesca fosse. Ascoltava la sua voce forte, ne risentiva ogni sfumatura, e la sensazione di inadeguatezza aumentava drasticamente, fino quasi a farla soffocare.
"E così vorresti dirmi che tu provi qualcosa per me?" Fece il batterista, riprendendo miracolosamente il suo solito tono mite e pacato. Ginevra sospettò comunque che lui, al contrario di lei, si stesse tenendo a freno, e che in realtà fosse molto più arrabbiato e stupito di quanto desse a vedere.
In ogni caso, si limitò ad annuire con uno sforzo non indifferente. Era difficile essere tanto sinceri, soprattutto quando la situazione era così delicata.
"Ti avevo chiesto di non farmelo ripetere." Buttò lì, però, con un espressione torva, e un pò mesta.
Gustav non riuscì ad impedirsi di sorridere lievemente, divertito. Fu solo un attimo, ma era bello averla davanti, per una volta priva di quella odiosa barriera, e riuscire a leggere nei suoi occhi tante emozioni nuove, che col suo viso facevano un contrasto pazzesco e bizzarro.
"Ed è per questo motivo che tu hai mandato a monte il nostro concerto?" Domandò, fissandola, quando tornò serio.
La vide quasi rimpicciolirsi sulla sedia, ma ricambiava comunque il suo fissarla. "Sì, è per questo." Rispose, schiettamente.
"Ma così hai fatto del male anche a noi altri, e alle fan." Replicò lui.
"Ho dovuto per forza, puntavo a ferire Bill, e nient'altro lo avrebbe fatto stare più male. Non credere che mi abbia fatto piacere mettere in mezzo anche voi."
Il batterista roteò gli occhi, sbuffando. "L'orogoglio è una cosa stupida, tutto quello che hai fatto è stato stupido, e perdipiù ingiustificato perchè io non sapevo niente, Bill non mi ha mai rivelato quella cosa."
Ginevra trabballò per un istante, ma poi, il suo stupido orgoglio, appunto, le fece riprendere il controllo. "Ha cercato di costringere me a farlo, e mi ha messo in una brutta situazione. Dopo quella sera non potevo più nemmeno guardarti senza sentirmi una stronza." Ribbattè, incrociando le braccia, come per difendersi da quella inaspettata raffica di affermazioni brutali, che quasi la stavano mettendo in crisi. Certo, sapeva di aver commesso una lunga serie di errori, uno peggiore dell'altro, ma credeva di avere anche delle ragioni dalla sua parte.
"E dopo quello che hai fatto stasera a diecimila persone, ti senti meglio?"
Ginevra impallidì a quell'accusa. Stavano litigando di nuovo, e lui aveva maledettamente ragione, anche se lei era stata sincera, anche se cercava in ogni modo di convincersi delle motivazioni che l'avevano spinta a rovinare quel concerto, con annessi e connessi. Non poteva certo sperare di uscirne fuori soltanto confessando il perchè di quel darsi tanto da fare per rovinare la vita a tutti.
"No, Gustav. Non mi sento affatto meglio. Ma perchè diavolo credi che sia qui?"
Lui alzò un sopracciglio. "Non lo so, dimmelo tu."
"Perchè voglio scusarmi!" Sbottò lei, in preda ad uno scatto di nervosismo. Sentiva addosso una pressione troppo forte. Provava troppe emozioni tutte insieme, e non ci era affatto abituata, la cosa la stava davvero mettendo in difficoltà. Eppure, sentiva che l'unica cosa giusta che stava facendo era quella. Chiedere il perdono. E con lo stesso impeto coninuò a farlo.
"Vorrei che non mi giudicaste così male per quello che ho fatto anche se ho sbagliato, che non mi credeste una persona priva di coscienza. Mi dispiace per i casini che ho causato a tutti, e vorrei poter sistemare le cose."
"Temo che sia troppo tardi per quello, Ginevra."
La ragazza sbuffò, passandosi una mano tra i capelli biondi, e poi lasciandoli cadere sulla fronte alta e liscia fino a coprire parte del suo sguardo stanco e spento.
"E allora cosa dovrei fare?" Sospriò.
Gustav scrollò le spalle, e scosse il capo leggermente. "Niente di niente. Per ora basta che tu sia stata onesta e ti sia scusata. Devi solo sperare che gli altri ti perdonino." Disse.
Ginevrà restò zitta, cogitabonda per alcuni istanti, poi lo guardò di nuovo e sussurrò: "Tu non mi vuoi perdonare?"
Il batterista ricambiò il suo sguardo intenso, e non si impedì di sorridere, con un sorriso genitile, e paziente. "Io l'ho già fatto."
La vide allargare il suo sguardo perlaceo, non più così vuoto e implacabile, ma anzi lucido e vivo.
"Davvero?" Domandò.
Lui annuì, sorridendole con più allegria. Era felice nonostante tutto, e non poteva mentire a se stesso.
"Perchè?" Gli domandò la ragazza, proprio nello stesso istante in cui se lo chiese lui stesso.
E Gustav conosceva quella risposta, l'aveva sussurrata milioni di volte alla sua coscienza, quando questa con insistenza gli chiedeva il motivo di quella esasperazione, e del suo pensare a lei così dannatamente spesso.
"Perchè tu mi piaci." Disse, in tutta sincerità.


Notre dell'autrice.
Mi scuso (come al solito) per il ritardo. E' un capitolo più corto degli altri, nonostante sia passata un'infinità di tempo dal mio ultimo aggiornamento. Mi dovete perdonare, ma ho avuto un sacco di cose da fare! Certo, succedono un pò di macelli, però resta sempre un capitolo un pò deludente, secondo me. Mi auguro che vogliate dirmi che ne pensate con onestà anche bruta.
Passo ai ringraziamenti ad personam.

Princess: Sì, è vero: Ginevra ha reagito in modo esagerato, ma nel prossimo capitolo capirai che in realtà ci sono delle motivazioni inconsce dietro quel caos. Di Ginevra non si sa quasi niente, per ora.
Comunque lei è un maestro del suono, aveva calcolato tutto, nei dettagli. Nessuno l'avrebbe scoperta. I membri dello stuff si fidavano tanto ciecamente di lei che l'avevano lasciata al timone. Eppure il casino succede. Lei finge, perchè una grande stronza. E ci riesce anche bene. Che prove avevano contro di lei? Nessuna. Una semplice svista, pagata con una semplice lavata di capo.
Mi fa piacere che abbia fatto pochi errori grammaticali, perchè mi interessa moltissimo quell'aspetto come sai, e devo ringraziare te e e Pao per questo, te l'ho detto. Sii sempre onesta, e grazie mille dei consigli. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, perchè mi sono messa nei panni di Gin talmente tanto, da stupire persono me stessa. Baci, Mary. Alla prossima.

Colinde: Oh, ma sei sempre così gentile! Eh sì, Bill e Loreen sono teneri, in questo chap ancora di più, Georg e fey, insparabili, al prossimo capitolo vedrai...e comunque anche per quanto riguarda Gin al prossimo aggiornamento capirai il suo gesto così eccessivo. Contenta per il lieto fine con Gusti? Baci, cara, e mi raccomando, aspetto la recensione con ansia!

Angeli neri: Non ti preoccupare, capisco che le recensioni per ordine numerico sono più comode! :-) Beh, grazie mille dei complimenti, mi fai arrossire! Bill e Loreen non si lasciano, basta con gli addii, però di certo non staranno del tutto in pace, poi capirai. Gin è stata così stronza per un motivo ben preciso, e lo capirai nel prossimo capitolo! A tutto c'è una spiegazione! Allora ti saluto, e ti ringrazio molto di nuovo. Fammi sapere che ne pensi di questo ultimo chap, Baci.

























  
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