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Autore: Vanel    21/12/2014    2 recensioni
"Ero all'ottavo mese di gravidanza, avvertivo delle forti contrazioni così andai dal ginecologo.
Mi disse che c'erano dei problemi e che erano molto seri: di due gemelle ne potevo salvare solo una, e io avevo già preparato la cameretta di voi due, avevate già un nome, Carmela e Anastasia.
Carmela, nome che proveniva dall'ebraico e significava Giardino di Dio, e Anastasia che significava Resurrezione.
Il dottore mi disse che dovevo fare un parto d'urgenza, e mi chiese di scegliere quale delle due salvare.
Fu terribile, perché la scelta dipendeva da me.
Tra le due era Carmela quella più sana e in forma, e scelsi lei.
Ma il dottore sbagliò, non salvò Carmela, bensì te, una bambina piena di problemi, troppo piccola e magra, rifiutavi il latte, avevi sempre qualche problema, e non smettevi mai di piangere.
Ti odiai per questo, perché se tu non ci fossi stata, sarebbe stata Carmela quella a nascere, una bambina sana e in forma, non una malaticcia lagnosa.
Anastasia, tu sei nata per sbaglio."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Nata per sbaglio'
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Passion inside me



Mancava soltanto un giorno al compleanno di Michele, e Ambra risultava più irritabile ogni ora che passava.
"Ehm...Ambra?"-Chiesi titubante: Parlarle era come toccare una bomba.
"Si?"
"Bhe...domani io non so come vestirmi"
Ambra spalancò gli occhi e poi li limitò a due fessure.
"Dio Stasia! Andiamo a fare shopping, subito!"

Ambra era una ragazza che ci teneva molto al look, negli ultimi mesi chiedevo sempre consigli a lei che di moda se ne intendeva meglio di chiunque altro, era la sua passione in assoluto.

Il pomeriggio stesso andammo a "Op", che era diventato molto conosciuto in città a causa degli abiti bellissimi messi in vetrina.
Quei giorni ero parecchio tentata di raccontare ad Ambra di ciò che mi aveva detto suo fratello, ma ogni volta che ci provavo,ci ripensavo subito.
Ne avrei voluto parlare con qualcuno, ma non potevo.
Ripensavo a quelle parole ogni notte, prima di dormire, e ogni volta, sorridevo come un'ebete, senza averne un vero e proprio motivo.
Non dovevo farlo, ma ripetere mentalmente quella conversazione mi faceva stare bene.
Non mi faceva più sentire vuota.
"Stasia ascoltami"-Disse in tono autoritario Ambra risvegliandomi dai miei pensieri.
"Dobbiamo vestirci un po' rock, capito? Perciò io propongo uno stile simile a quello di Avril Lavigne, andiamo su!"
"Io i pantaloni di pelle non li metto"-Dichiarai pensando allo stile di quella famosa cantante, e delusa sopratutto dal fatto che non avrei indossato un vestito.
"Fidati di me, okay? Starai benissimo, andiamo su"

Ventisette capi dopo eravamo uscite dal negozio con uno scontrino dal prezzo indicibile, ma mentre io mi sentivo in colpa per il denaro speso, Ambra era al settimo cielo, soddisfatta dei suoi acquisti.
"Ascoltami! Ti truccherò io, okay? E anche i capelli!"
"Ovvio"-Dissi io ridacchiando.
Ambra ci sapeva fare, non c'era da lamentarsi.

Dopo cena io e Ambra ci eravamo rifugiate velocemente nella sua camera, mentre Michele parlava con suo padre di ciò che avrebbe fatto dopo i diciotto anni.
Non avevo più il controllo necessario per guardarlo in faccia senza arrossire, così evitai.

Ciò che restava, del tempo prima della festa, lo passai riflettendo su ciò che avrei fatto a settembre, anche se non era un argomento che necessitava tanta riflessione, lo facevo giusto per togliermi dalla testa Michele.
Non avevo una spiegazione razionale di tutto ciò, sapevo solo per certo che succedeva.
Succedeva che Michele comparisse nei miei pensieri, e spezzasse l'equilibrio che pensavo di aver finalmente acquistato.
Ambra invece, era eccitatissima e non faceva altro che ripetermi:"Ti truccherò io"
Oppure che avrei finalmente conosciuto il suo fidanzato, Giovanni.

 


Il sette Agosto era arrivato, ed io a causa di tutta l'ansia che mi aveva trasmesso Ambra, mi svegliai molto presto quella mattina.
Ero troppo agitata.
L'ultimo compleanno che mi tornava in mente, era il mio.
In quel momento mi venne un groppo in gola, ogni singolo ricordo  comportava  quello di mio padre.
Cercavo di non mostrarlo, ma ero distrutta, o perlomeno, così come può esserlo una diciassettenne con un genitore morto e un altro in un istituto psichiatrico.
Erano in quei momenti che non mi sentivo in colpa per ciò che provavo, perché mi faceva percepire dentro un'emozione nuova, la speranza.
La speranza che chiunque può continuare ad amare.
 
Scesi in cucina, era vuota.
Chi si sveglia il 7 agosto alle sei?
Eppure non ero sola.
Sentivo il suono di una chitarra, armonico e dolce.
I miei piedi erano decisi a tornare, dal salotto proveniva quella musica, e il fato, che si divertiva con me, aveva deciso di farmi incontrare il festeggiato prima.
Ma non volevo, non ci sarei riuscita.
Gli avrei fatto gli auguri per bene quando tutti si erano svegliati.
Stavo per farlo, ma andai a scontrarmi con la sedia che fece tutto il resto.
Rumore, e poi niente.
Anche la chitarra smise di fare musica.
Con passo lento e tremante andai nel salotto, eccolo li.
In piedi con la chitarra poggiata per terra e con i raggi del sole che gli illuminavano il viso.
Sembrava troppo.
Per me.
"A-auguri"-Feci appello a tutto il mio autocontrollo per non mostrare neanche una vocale tremante, non respiravo neanche più.
Sembrava sorpreso, eppure era così calmo, tutto era calmo con quell'atmosfera, chitarra e sole.
"Grazie, Ana"
Non me ne accorsi subito, ma d'istinto spalancai gli occhi.
Nessuno mi aveva mai chiamato Ana.
Mi piaceva come suonava detto da lui, avrei preferito quella mattina a tutto.
Era come se avessi potuto dimenticare tutto, il dolore, la perdita.
Era come se avessi potuto ricominciare.
Ma quell'attimo dove tutto sembrava raggiungibile, svanì, così come era venuto.
"Ti ho svegliata?"
"N-nno, no! Non riuscivo a dormire"
"Neanche io"
"Immagino, è il tuo compleanno"
"Si, ma adesso ho anche più responsabilità"-Disse con una nota di amarezza che  non riuscii a cogliere subito.
"Tipo prendere la patente?"
Rise.
"Già, tipo quella"
Sorrisi e restai in piedi impacciata, cosa avrei dovuto fare?
Tornare a letto?
Ma io non avevo sonno, neanche un po'.
"Siediti, voglio mostrarti ciò che completa me"
"Come?"-Chiesi presa alla sprovvista.
"Ti ricordi di quella conversazione? Io ti dissi che l'amore ti completa, è così"
"Tu ami la musica"-Dissi.
In quel momento mi sentii davvero una stupida, anzi, lo ero.
Per amore non si intende necessariamente una persona...
Mi guardò e sorrise con un fare enigmatico,  lui era bello anche di prima mattina.
Solo in quel momento mi accorsi che non mi ero neanche lavata la faccia...
Poi iniziò a suonare la chitarra, portandomi via quei brutti pensieri.
E tornò, tornò la sensazione di una nuova vita, di speranza.
I raggi di sole questa volta illuminavano anche me.
In quel momento, se c'era qualcosa che desideravo, era Luce.
Volevo luce nella mia vita, abbandonare le tenebre che mi inseguivano ancora, brillare e illuminare.
Volevo completarmi.
Perché avevo speranza, nonostante tutto.
Quando finì, l'incantesimo giunse al termine, ma avevo ancora quella piacevole sensazione, speranza.
Quanto è bella questa parola?
"Non ho cantato perché sennò sveglierei tutti, cosa ne pensi?"
"Che hai ragione, e che dobbiamo sempre tendere a ciò che ci completa"
"Proprio così"
A mia sorpresa mi lasciò un bacio sulla fronte e andò via.
E' forse quello il suo modo di dire Buongiorno?
Restai da sola una manciata di minuti, forse mezz'ora.
Sorridevo e scuotevo la testa, finché non ebbi abbastanza di quello stato ebete e decisi di tornare in camera.






Buonasera!
Mi scuso per l'assenza, prometto che darò più tempo ad Anastasia durante le vacanze!
Grazie per la partecipazione, senza di voi non sarebbe la stessa cosa!
Un bacio grande...

Vanessa
  
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