Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    22/12/2014    2 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Heeeello!  Il banner è sempre stato fatto da _Lith_, lo stile del titolo è sempre ispirato a FRIENDS e la foto non è la mia assolutamente (Però ecco, io adoro lei come Aneira! L'ho proprio immaginata così XD) ma è stata modificata da me. Buona lettura!











 
The Guy Who Turned Her Down
18. The One With The Messed-Up Party And The Embarrassed Confession

Quando si risvegliò il giorno dopo aveva Mycroft che le dormiva sulla pancia – fece attenzione nel spostarlo, non voleva fare movimenti bruschi rischiando di farlo cadere – e stava morendo di fame. Si alzò, infilò la vestaglia-Dalek che era appallottolata sul computer e afferrò il pacco di biscotti che era sulla scrivania, trascinandosi in cucina.
Fu piacevolmente sorpresa nel trovare un vassoio di éclair au chocolat sul tavolo della cucina, tanto che spostò lo sguardo sui presenti più volte prima di riporre i biscotti nella credenza e sedersi sull’unica poltrona libera — la sua.
Poi si rese conto di un altro particolare: Jules era vestita di tutto punto e sul retro del divano c’era il suo cappotto «Stavo aspettando solo te per il buongiorno» si alzò dal divanetto, abbracciò Aneira e le porse il vassoio «Per i rumori. E molla l’osso tu!» riprese Eddie, tirandogli uno schiaffo sulla mano che lui aveva allungato per afferrare uno dei dolcetti.
Poi salutò Luke con una mano, Eddie con un bacio e scomparve oltre la porta della cucina.
«Se è sempre così gentile quando la soddisfi sessualmente può trasferirsi qui, eh.» esclamò soddisfatta – dal dolcetto che teneva in mano, ovviamente – Aneira, prima di ingurgitarlo senza tante cerimonie.
«Sei sempre molto diretta, ‘Neira!»
«Buongiorno, eh!» si accorse di Luke solo in quel momento.
«Ah, ci sei anche tu?!»
«Da quando sei entrata in cucina. Solo che eri sconvolta dalla fame per accorgertene.» spiegò praticamente il ragazzo, congiungendo le mani.
«Ne vuoi una?» gli porse il vassoio, prendendo un altro dolcino e alzandosi per versare i croccantini e l’acqua nelle ciotoline di Mycroft, dato che si era alzato dal letto per reclamare cibo. Versò il latte nella sua tazza e lo mise a riscaldare nel microonde, per poi tornare sulla poltrona per mandare giù un altro éclair au chocolat, contenta.
«Grazie, cara. Quello screanzato del tuo nuovo coinquilino non ha avuto la decenza di offrirmi nulla. Preferivo il precedente.»
«Se solo ti avessi fatto avvicinare a quel vassoio prima, Jules mi avrebbe ucciso. E poi sarebbe passata a te.»
Luke gli fece il verso e alzò gli occhi al cielo, mentre Aneira li ignorava bellamente e andava ad appropriarsi della sua tazza di latte caldo, in cui a breve ci avrebbe inzuppato un altro dolcino. Giusto per stare male entro quella sera, insomma.
«Comunque, mi sono informato. Ho chiesto a un tipo con cui son stato in passato – lavora con Hannah – cosa dicesse in giro...»
«Aaron? Ma lui è amico di Hannah...»
«Difatti ho dovuto sparare merda su di te per riconquistarlo. Non appena ho detto due o tre cose che l’hanno reso contento, ha iniziato a parlare: a quanto pare lei è stata molto civile e sta già togliendo le robe da casa tua, non ha fatto uscire niente... difatti è stato Aaron.»
«Che cosa?!»
«Hannah si era confidata con lui e ha deciso di fartela pagare mettendo in giro la voce che fosse per Jules. Beh, senza che sappiano il nome, ma ti ha fatto passare per lo stronzo. Che per inciso, nella situazione, lo sei. Che poi tu abbia fatto la cosa migliore perché sennò te ne saresti pentito e non avrebbe avuto senso stare con qualcuno che non amavi più non conta agli occhi della gente.»
«Oh che bello. E ora?»
«Ora penso tu debba far calmare le acque, comportarti sempre civilmente riguardo a quello che ti chiederanno su Hannah e non far vedere Jules in giro. Le stesse cose che ti ho consigliato ieri, insomma.» fece spallucce e spostò lo sguardo su Aneira, che ingurgitava l’ultima parte del dolcino che aveva inzuppato nel latte per poi finire in due secondi il rimanente latte, nemmeno stesse bevendo un cicchetto di...qualcosa. L’espressione allucinata di Luke, che si ritrovò a confrontare non appena posò la tazza sul tavolo, non la smosse di un millimetro «Beh? Che c’è?»
Luke era troppo inorridito per formare una risposta sensata, al che lei lasciò la tazza nel lavandino e, seguita da Mycroft, tornò in camera sua, pronta per una giornata di relax sfrenato.

«Perché sei su Just Jared?!»
«Scusami?!» non aveva creduto che fosse davvero sua sorella a chiamarla a mezz’ora dalla festa – o meglio, dal momento in cui sarebbe arrivata Lara con l’auto – era ancora indaffarata e quella ragazzina se ne usciva con quelle assurdità.
«Sei con il tipo di Les Mis. Quello con il Gladiatore e Wolverine, per intenderci.»
«Sta vivendo qui a casa da noi, ma non capisco...»
«Te le mando su Whatsapp.» dichiarò la ragazza, e dopo due secondi Aneira le aprì dopo aver messo Alis in vivavoce.
«Ma che diavolo?!...»
«Giudicando dal tuo pigiama, ritengo steste andando a fare la spesa, vero?» riusciva a sentirla sogghignare dall’altra parte del telefono.
«E hai ragione. E per essere giusti, anche lui ha il pigiama. Solo che i pantaloni del suo pigiama non sembrano... pigiamosi come il mio.»
«Beh, comunque non hanno scritto nulla su di te. Sei un’amica, a quanto pare.»
«Dev’essere che hanno visto gli sguardi omicidi che gli lanciavo quando mi lasciava portare la busta più pesante.»
«Cosa stai facendo? Ti sento indaffarata.»
«Oh, sto cercando di truccarmi. Stando al telefono.»
«Dooove vai?!»
«Ho la festa di una tipa dell’università... ci vado con Lara.»
«Chi?»
«Un amica di Eddie e Tom.»
«Tom sarebbe Loki, vero?» Aneira trattenne una risata, conscia del fatto che se Tom avesse sentito la domanda di Alis avrebbe sbuffato sonoramente ripetendo che “Per l’ennesima volta, devi smetterla di identificare le persone con i personaggi che interpretano!”.
«Non azzardarti!..»
«Alis? Lo sai che mi stai rallentando, vero?»
«Tu stai uscendo con la Adler! La Adler, di Sherlock!»
«Ah, ora la riconosci!» ribatté Aneira, scoccando un’occhiataccia al telefono: come se Alis potesse vederla.
«L’ho googlata!»
«Alis, hai qualcos’altro da dire?»
«Se papà lo sapesse chiederebbe di portarla a casa per conoscerla. Ma penso gli andrebbe bene anche Sherlock.»
«Oh, lui l’ho visto ubriaco!»
«‘Fanculo, Aneira!»
«Ti voglio bene anche io Al!» e così chiuse la chiamata.
Tirò un sospiro profondo e si guardò intorno: che mancava? «Ah, sì.»
Mise mano nel beauty case semirigido alla sua sinistra e riprese a macchinare con l’ombretto e il mascara, per poi osservare il risultato allo specchio: «Non sembro un clown, è già tanto.»
«Meow.» Mycroft la guardava da laggiù, incuriosito.
«Lo so, lo so, tesorino, stasera dovrò lasciarti. E non c’è nemmeno Tom... però ci sono Eddie e Jules. Che spero non ti lasceranno guardare le loro porche abitudini o li ammazzo.» accompagnò la simpatica minaccia di morte con un sorriso malefico, prese la cartella a tracolla nera e ci ficcò portafogli e rossetto dentro, per poi andare a trasferire il resto della borsa da tutti giorni nella tracollina. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che mancavano ancora cinque minuti: infilò gli stivali, poi il cappotto e il cappello, sganciò il cavo del caricabatterie dal telefono e afferrò la borsa. Diede un bacio a Mycroft, che le rispose facendo le fusa – e rimanendo sul suo lettone – e si incamminò fuori dalla camera.
«Uooh, dove si va?»
«A una festa di un’idiota con Lara. Passa a prendermi in due minuti. E ringrazia il cielo che su Just Jared sono finita come tua amica, perché se mi avessero preso per la tua nuova fiamma ti avrei ucciso.»
«Siamo su Just Jared?»
«Sì. In pigiama. Entrambi. Ma essendo il mio rosso si vede che lo è.»
«Quella volta che sei uscita in UGG per andare a fare la spesa?» iniziò a ridacchiare lui, soddisfatto.
«...Sì. Ti auguro di non riuscire a concludere stasera, infimo ridacchione.»
«Ci riuscirò e verrò anche a dirtelo!» le mandò un bacio volante – o almeno, il suono era quello – e Aneira corse giù scuotendo la testa. Quando trovò il macchinone parcheggiato su Bow Street sbarrò gli occhi: che era quella roba?
Lara abbassò il finestrino e le sorrise: «Non è mia.»
«Significa che l’hai rubata?» ribatté Aneira, salendoci nonostante tutto.
«Ovviamente no, è Über!»
L’espressione poco brillante di Aneira la convinse a continuare con la spiegazione: «Una app che ti trova delle macchine così per accompagnarti a eventi. O dove vuoi tu insomma. Funziona in diverse città... e praticamente tu mandi la tua posizione e loro vengono a prenderti. Ma questo è un mio amico, quindi non sto buttando quattrini con questa roba.»
«Grazie per aver sottostimato così tanto il mio mestiere, L!» disse di tutta risposta l’autista, che tacque subito dopo.
Quando partirono, Aneira prese a guardare con tanto d’occhi fuori dal finestrino: erano rare le volte che era stata in auto a Londra. Principalmente perché costava tanto, ma anche perché preferiva di gran lunga la metro. E ancora più rare erano le volte che si trovava a sfrecciare per Londra in un auto seduta ai sedili posteriori, come quando era piccola e viaggiava per la Scozia con i suoi genitori. Insomma, era un bel revival di emozioni.
Lara diede l’indirizzo all’autista per conto suo, e poi si sedette comoda sul sedile, posando il capo contro il poggiatesta, rilassata.
Passarono una mezz’oretta nel fitto traffico londinese delle otto, arrivando però perfettamente in tempo per l’orario consigliato: uscendo dall’auto Aneira si strinse nel cappottone e aspettò che Lara la raggiungesse.
«Quindi... questa è la casa di una tua compagna di corso.»
«Sì. Non oso nemmeno pensare a quanti metri quadri siano.»
«È un grande parallelepipedo. A due piani. Con una porta rossa. Cioè...»
«A Maida Vale. Maida Vale, Lara. Penso che non potrò mai permettermi una cosa del genere nella mia vita.»
«Non posso permettermi io una cosa del genere. È imbarazzante, non so neanche se conosco qualcuno che possa permettersela!» aggiunse la donna, sbarrando gli occhi mentre si avvicinava alla porta di casa.
«Non sei certo la figlia di un banchiere inglese, Lara. Probabilmente questa è solo una delle tante.» osservò Aneira, decidendosi a suonare il campanello.
Non appena quella che doveva essere la festeggiata – vestito lungo turchese?! Sul serio?! – aprì la porta, Aneira le fece gli auguri e la salutò con due baci sulle guance, presentandole poi Lara: che le sorrise, fece gli auguri ed entrò in casa.
«Porca vacca.» mormorò Lara nell’orecchio di Aneira, lasciando la giacca sull’appendiabiti per poi affiancare quello di Aneira al suo.
«Puoi dirlo forte.» commentò la ragazza, entrando nel salotto: la musica sembrava diffondersi dal soffitto e non c’erano casse nella stanza. Com’era possibile?
«No, probabilmente sarebbe poco educato.» convenne Lara, seguendola.
Si avvicinarono al tavolo del buffet, dove Aneira trovò altra gente di facoltà – o meglio, altre persone con cui aveva studiato prima di cambiare campo di studi con il Master’s Degree. Aveva parlato per un po’ con loro e aveva presentato loro Lara, che si era comportata da ospite impeccabile ed era contenta fosse la migliore di tutti i presenti lì: non che fosse normale portare una trentatreenne come più uno ad una festa di compleanno universitaria, ma almeno avrebbe avuto qualcuno con cui sparlare che non fosse qualcuno che odiava... o mal sopportava, insomma.
Quando finalmente erano state lasciate sole nell’angolino tra il tavolo e l’arco che portava al maestoso – e tremendamente troppo dorato – salotto, Aneira tirò un sospiro di sollievo.
«Odi così tanto i rapporti sociali?»
«Solo con le persone che reggo poco.»
«Effettivamente quella Kendra è insopportabilmente sincera. Ma non la sincerità positiva, sai... quella che nasce dai rapporti profondi. Sembra giusto qualcuno che deve sbatterti in faccia il suo modo di pensare a tutti i costi, o quella che ritiene la verità... così, per fare male.»
«Non è male, sai? O almeno, non sempre.» rispose Aneira, buttando giù l’ennesima focaccina della serata.
«Dovremmo esplorare la casa. Sarei curiosa di sapere che impianto di sicurezza hanno, considerato che può essere una casa da almeno cinquanta milioni di—
«Tutto bene?» la festeggiata si palesò davanti alle due ragazze, sulle cui labbra si gelò immediatamente un sorriso eccessivamente... sorridente.
«Tuuutto perfetto. Bel buffet. Casa notevole.» commentò Aneira, sorridendo come se qualcuno stesse scattando loro una foto.
«Perfetto! Di là stiamo per fare il brindisi...»
«Oh, arriveremo!» rispose immediatamente Lara, con un sorriso altrettanto immobile e finto quanto quello di Aneira.
Quando la festeggiata si fu allontanata riprese parola: «Dobbiamo davvero andare? C’è gente ubriaca che canta l’inno del Tottenham e io non voglio andare di là!..»
Aneira sentì la sedia cedere sotto di lei e dopo due secondi si ritrovò lì sopra traballante: Lara scoppiò a ridere ma cerco di contenere il volume, continuando ad indicare la gamba della sedia staccata dal resto e venendo ripetutamente fulminata da Aneira, che si alzò, si sistemò la gonna e dichiaro «Dobbiamo decisamente andare, ora.»
«Temo proprio di sì, hai appena devastato una sedia da duemila sterline. Muoviti!» esclamò Lara, spingendola lungo l’arco che conduceva al salotto e poi verso la terrazza.

Era finalmente tornato a casa e non a un orario raccomandabile: perlomeno era ancora sobrio, lucido e capace di fare connessioni logiche. Non avrebbe potuto sopportare un dopo sbornia la mattina dopo, doveva lavorare anche di Domenica, sebbene non ufficialmente.
Sbatté le palpebre e dopo esser passato dal bagno si cambiò e infilò il pigiama. Solo quando fu già nel letto si rese conto delle due chiamate senza risposta sul cellulare... ed erano di Tom.
S’infilò nel letto e lo richiamò, sicuro che sarebbe stato libero e sveglio per quell’ora... dopotutto erano solo le dieci di sera a Toronto.
«Luke?»
«Tom! Hai chiamato, come mai?»
«Oh, non sono uscito. E volevo parlare con qualcuno, e so che Aneira e Lara sono fuori, Eddie è con Jules e immagino siano molto impegnati e Ben... non so che fine abbia fatto Ben, sinceramente.»
«Oh, quindi sono la tua ruota di scorta?! Che gentile!»
«Luke! Sai che non è vero.» lo riprese Tom, scalciando via le scarpe e buttandosi sul letto.
«Sì, sì, lo so, scherzavo. Allora, quali mirabolanti problemi hai?»
«Come sta ‘Nei?»
«Scusa, non puoi chiederglielo tu?! Non stasera, in generale.»
«Me lo chiedevo... insomma, ci sarà qualcuno che le guarda le spalle, no? Qualcuno che la tiene d’occhio...»
«Sono confuso.» dichiarò Luke, accigliato «Mi stai chiedendo di tenerla d’occhio perché è una sconsiderata che si getta in guai terribili – ma non mi pare che sia così nella realtà – o di tenere i maschi lontani da lei?»
«Cosa?»
«Come?» ribatté Luke, ancora perplesso.
«Mi chiedevo soltanto... come stesse.»
«Non ti manca un po’ troppo per essere una coinquilina e basta, amico?» e aveva posto la fatidica domanda. Non pianificava di farlo, in realtà: erano amici, ma Luke non voleva farsi così tanto i fatti suoi. Però era qualcosa che gli ronzava per la testa da tempo, e con Lara che vaneggiava su “Operazioni Neto” varie non lo rassicurava per nulla.
«Forse.»
«Cosa significa “forse”?»
«Beh, ci tengo a lei.»
«Sì... la mia domanda è: non ci tieni un po’ troppo?»
«Mi stai chiedendo se in qualche modo sono sentimentalmente coinvolto con lei?»
«No, lo so che non state insieme e non avete pericolose liaison nascoste. La mia domanda è... provi per lei quello che non dovresti provare essendo la vostra situazione particolarmente delicata visto che probabilmente è più il tempo che passereste staccati che insieme?»
«Potrei. Ma non lo so. Tu puoi darle un’occhiata, per favore?» il fatto che, dall’altra parte dello stagno, Tom stesse giocando nervosamente con il bottone di un polsino della camicia non andava a suo favore.
«Oh, buon... d’accordo. Ti allontano tutti gli uomini da lei. Ma esce così poco di casa che se li allontana da sola, non preoccuparti.» dichiarò Luke, passandosi una mano sulla fronte.
«Grazie. So che sono le tre del mattino lì... buonanotte, Luke!»
«Notte, Tom. Non incasinare tutto.» e con quella massima – poco poetica ma molto realistica – Luke chiuse la telefonata e si tirò le coperte fin sopra la testa, sospirando profondamente. 
  
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