Capitolo
secondo: Lo Spirito del Natale Passato
Cercò
di fare ritorno alla realtà. Non era da
lei abbandonarsi a simili allucinazioni. Riaprì le palpebre.
Fissò nuovamente
la serratura. Vide ancora il volto di Kinnosuke ma, questa volta, con
gli occhi
della ragione. E scoprì così che si trattava di
un riflesso. Si voltò alle
proprie spalle. Una figura familiare era accanto a lei.
“Beh?”
disse con fare noncurante, sperando di
non tradire la sua tensione. “Che cosa vuoi da me?”
“Niente,
io.” la voce era proprio quella di
Kinnosuke.
“Sei
proprio tu?” chiese. “Kashao, il mio socio
d’affari?”
“Lo
ero.” rispose.
“Lo eri?”
ripeté con voce appena malferma.
“Quel
che voglio dire” spiegò lui
“è che ero il
tuo socio d’affari, mia cara Nabiki, prima che tra noi due ci
fosse quello screzio.”
Sentendo
tali parole recuperò la consueta
sicurezza.
“A
dire il vero sei tu quello che ha cercato di
fregarmi. E sei stato fregato a tua volta!”
sentenziò.
“Ricordo.”
replicò Kinnosuke. “Fin troppo bene,
è una punizione che meritai ampiamente. Però,
questa notte, non sarò io a
patire.”
Nabiki
ebbe un brivido. Era forse tornato per
vendicarsi?
“Bene.”
disse. “Cos’hai intenzione di fare?”
“Nulla,
te l’ho già detto. Sono altri, quelli
che faranno: in quanto a me, sono venuto solo ad avvertirti.”
“E
di cosa?” A Nabiki non piacevano gli enigmi.
Specie se non era lei a porli.
Kinnosuke
rispose: “Stanotte sarai visitata da
tre Spiriti.”
“E…
questi Spiriti me li hai mandati per caso
tu?”
“A
dire il vero” Kinnosuke esitò “sono
già
passati da me l’anno scorso, proprio il giorno di Natale. Mi
hanno fatto capire
molte cose, rendere conto dei miei errori. Infine, qualche tempo fa,
una specie
di cane marino demoniaco o qualcosa di simile mi ha incaricato di
guadagnarmi
il tuo perdono preparandoti a questa notte che
verrà.”
“Non
puoi essere un poco più chiaro?”
“Aspetta
il primo Spirito quando l’orologio
indicherà l’una.”
“Questo
non è essere chiari! E poi è assurdo,
è
già l’una e tre quarti!”
protestò.
“Aspetta
il secondo alle due.” continuò quello,
incurante. “Ed il terzo...”
“Alle
tre, ho indovinato? Ma che non osino
presentarsi!” sbuffò. “A
quest’ora voglio dormire, come tutte le persone
normali.”
“So
che tu non mi stai prendendo sul serio. Non
importa, ricorderai le mie parole al momento opportuno.”
“Ho
un’idea migliore.” disse, ormai seccata.
“Adesso tu la smetti subito di delirare
e…”
“Ah!
L’esattore delle tasse!” indicò lui con
fare spaventato dietro le sue spalle.
“Dove?!”
Nabiki si guardò attorno. Poi cercò con
lo sguardo Kinnosuke. Niente, nessuna traccia di quel maledetto: se
l’era
filata dopo averla distratta. Quanto odiava quando la prendevano in
giro con la
storia dell’esattore delle tasse!
*******
Quando
Nabiki si destò, era così buio che
l’unica cosa che poté distinguere con chiarezza fu
la luce rossastra dell’ora
digitale segnata dalla sua radiosveglia.
Cercò
di mettere a fuoco i segmenti, i singoli
numeri, assegnare loro un ordine e un significato logico. Strano.
Doveva essere
molto annebbiata dal sonno. L’orologio elettronico segnava
l’una in punto.
Assurdo,
quando era andata a letto erano le due
passate. Nemmeno poteva aver dormito così a lungo da aver
fatto sì l’una, ma di
pomeriggio. Inconcepibile, il buio indicava che era ancora notte fonda.
Quest’incongruenza la svegliò del tutto, il suo
cervello prese a ragionare ed
arrivò all’unica conclusione possibile.
“Dannato
catorcio, si è rotto!”
La
radiosveglia fece un brutto volo per terra.
Ma proprio nell’istante in cui questa toccò il
pavimento, Nabiki udì un suono
particolare.
Abituò
gli occhi alla penombra, per capire da
dove provenisse. Fu allora che si accorse di un… campanello,
proprio un
campanello, che sembrava pendere da non capiva bene dove: e non era
tutto,
aveva anche cominciato a dondolare. Trillò dapprima
leggermente, ma poco alla
volta prese a suonare sempre più forte, fino ad assordarla.
Al
culmine di quel singolarissimo segnale
orario, una voce cavernosa rimbombò per la stanza.
“Nabiki
Tendo, alzati! È giunta l’ora.”
Cercò
di mantenere la calma, per quanto
possibile. Forse stava solo sognando, e questo avrebbe spiegato tutte
le stranezze.
“Nabiki
Tendo, alzati!” minacciò una seconda
volta la voce. “È giunta
l’ora.”
Le
parole dell’ex socio d’affari aleggiavano
nella sua mente. E se Kinnosuke avesse veramente invocato degli
Spiriti, come
già, del resto, lei aveva visto fare qualche volta a quel
Gosunkugi, perché
costoro la perseguitassero? Ma Nabiki non voleva ancora crederci.
“È
giunta l’ora.” disse una terza volta la voce.
“L’ora di andare nel luogo del Non
Ritorno.”
Osservò
il campanello avvicinarsi al suo letto,
sempre meno distante da lei. Due grandi occhi stretti e luminosi la
scandagliavano nell’oscurità circostante. Nabiki
spalancò la bocca, prese un
respiro lunghissimo. E infine disse:
“Dacci
un taglio, scemo! Credi che non ti abbia
riconosciuto?!”
Gli
occhioni persero la loro luminosità e una
sembianza corporea andò formandosi tutt’attorno,
assumendo l’aspetto di un
enorme… gatto!
“Come
hai fatto a scoprirmiao?”
disse una voce
ben più nasale e ridicola della precedente.
“Maomolin.”
mormorò, mettendosi una mano sulla
fronte. “Lo Spirito del gatto che cerca moglie da un mucchio
di tempo senza mai
riuscire a trovarla. Mi dici cosa ci fai qui?”
“Eh,
no! La domanda l’ho fatta prima io!”
“Va
bene. Ho capito che eri tu dal campanello.”
“Ma
tutti i fantasmi usano catene o
campanielli.”
protestò il
gatto-fantasma.
“Non
un campanello alto mezzo metro come
questo!” disse, indicandolo.
Perfetto!
Lei, Nabiki Tendo, si era spaventata
per una scemenza simile.
“Dunque
saresti tu la vendetta di Kinnosuke? Non
dovrò mica sposarti?!”
Lo
Spirito disse: “Questa non sarebbe un’idea mialvagia.
Ma stavolta sono veniuto per un
altro motivo.”
“E
sarebbe?” domandò, sedendosi sul letto.
“Stanotte
vengo in qualità di Spirito del Natale
Passato. Diciamo che è il mio lavoro part-time, per fortuna
mi tocca unia sola
volta l’anno.”
“Davvero
molto interessante...” commentò con
fare sarcastico. “E cos’era quella storia del luogo
del Non Ritorno?”
“Giusto!
Quasi dimenticavo!”
La
prese per una mano e d’incanto Nabiki si
sentì diversa.
“Cosa
mi hai fatto?! Guarda che ti cito per
danni!”
Il
gatto-fantasma disse: “Alzati e vieni con
me!”
Prese
a galleggiare nell’aria, e pure Nabiki
dovette constatare che, mentre lasciava il proprio letto, i suoi piedi
non
toccavano per nulla il pavimento.
“Ehi,
aspetta un momento!” protestò. “Non ho
nessun’intenzione di seguirti!”
“Ma
tu devi. La tua attuale volontà nion conta.”
“E…
non si potrebbe evitare tutto questo?”
propose, leggermente intimidita.
“Beh,
forse potrei fare uno strappo alla
regola.” disse Maomolin. “Se in cambio tu
acconsentissi a diventare mia
moglie.”
“Scordatelo!”
rispose con disprezzo. “Piuttosto,
il luogo del Non Ritorno.”
“Se
proprio insisti...” cominciarono entrambi a
fluttuare nel vuoto, senza che Nabiki riuscisse a sottrarsi alla presa
del
gatto.
“Aspetta,
ci stiamo dirigendo verso la
finestra!” avvertì. “E qui siamo al
terzo piano!”
“Fidati!”
passarono attraverso il muro e
cominciarono a volare lungo i tetti e le strade di Nerima. E poi
più lontano, sempre
più lontano, finché le luci dei lampioni
diventarono scie confuse e Nabiki
perse ogni senso di orientamento, sentendosi tanto simile a Ryoga. Le
girò la
testa e chiuse gli occhi.
Per
la prima volta quella notte, e dopo tanti
anni, perse veramente ogni sicurezza.
Quando
tornò a guardare, vide luoghi e figure a
lei familiari. Il liceo Furinkan. L’aula 2E. Un banco attorno
al quale molti
studenti si erano appostati a fare la fila. E un samurai,
come primo della fila.
“Cinque
foto della ragazza col codino, tremila
yen.” disse una liceale in cui Nabiki riconobbe facilmente se
stessa più
giovane.
“Come
sei esosa, Nabiki Tendo… le compro!” la
voce era ovviamente quella di Tatewaki Kuno.
“Queste
sono soltanto ombre delle cose che
furono.” spiegò Maomolin. “Non si
possono accorgere in alcun modo della nostra
presenza.”
“Meglio
così!” disse. “Mi sarei vergognata a
morte, dato che sono ancora in pigiama e pantofole. Piuttosto, sarebbe
questo
il luogo del Non Ritorno?!”
“Certo.”
rispose lo Spettro. “Siamo nel tuo
passato. E nessunio è
in grado tornare nel suo passato e
così cambiare le proprie scelte errate, per quanto lo possa
desiderare. Quando
ti ho preso la mano, ti ho semplicemente dato la capacità di
viaggiare assieme
a me.”
“Capisco…
e giochi di parole a parte, in quale
momento saremmo della mia vita?”
“Siamo
alla vigilia di Natale, l’ultimo giorno
di scuola prima delle vacanze invernali, nel periodo in cui tu
frequentavi il
secondo anno del liceo.”
Si
voltò a guardare i due che frattanto concludevano
la negoziazione. Lei lo imitò.
“Dimmi
un po’, Tuono Blu.” accennò la Nabiki
liceale. “Non ti sei ancora stancato di fare il filo a due
ragazze
contemporaneamente?”
“Tu
non puoi capire.” rispose Kuno. “Il buon
Cupido non conosce regole: la sua freccia scoccata lascia sempre il
segno, che
lo si voglia oppure no.”
“Ora
capisco!” disse lei fingendo di essere
stupita. “Dunque è il segno di Cupido,
quell’impronta di pedata che tieni
impressa sul viso, e non il risultato di un calcione di mia
sorella!”
“Scherza
pure!” replicò Tatewaki. “Il tuo
destino è ben peggiore del mio: il tuo cuore ha soffocato
l’amore, evitando di
soffrire; ma così facendo, potrà mai provare una
gioia sincera nel corso della
sua esistenza?”
“Facciamo
pure i filosofi, adesso.” disse la
Nabiki del passato senza scomporsi. “Mi fai pena, Kuno: tutto
perso nel tuo
mondo immaginario fatto di sogni… Cinque foto di Akane,
altri tremila yen.”
“Mi
fai più pena tu, Nabiki Tendo, che hai
completamente perduto la fantasia per sognare… Hai detto
tremila yen? Compro
pure queste!”
“Credo
tu abbia sentito abbastanza.” disse lo
Spirito.
“Cosa
c’è di speciale in questo?!”
protestò,
mentre le immagini divenivano sempre più sfocate, perdendosi
in una sorta di
nebbia. “Per tua informazione, è una scena che si
ripeteva tutti i giorni, ai
tempi del liceo. Mi avresti spedito nel passato solo perché
mi pentissi di aver
venduto le foto di Ranma e di mia sorella? Ebbene, non sei riuscito per
nulla
nel tuo intento.”
Maomolin
scosse il capo.
“Sei
ancora lontana dal capire. Vorrà dire che
andremo a vedere un’altra ombra.”
D’incanto
la scena cambiò. Un parco pubblico.
Una bella giornata di sole primaverile. Una tovaglia da picnic adagiata
sui
fili d’erba profumati. Soun Tendo apparecchiava felicemente,
aiutato dalla
maggiore delle figlie, una bambina dai capelli lunghi con
un’espressione dolce
e allo stesso tempo più matura della sua età. Il
tutto sotto gli occhi di una
donna dai modi gentili che tirava fuori con grazia da un cesto il cibo
preparato
per l’occasione.
“Papà,
Kasumi… mamma!” mormorò, scossa da
quelle
immagini.
“Ricorda
che non possono vederci.” la ammonì il
gatto-fantasma.
L’attenzione
di Nabiki fu calamitata da una
bimba dai capelli corti che, dandole le spalle, correva senza una meta
con le
braccia spalancate e gridando con energia tutta quanta la sua gioia.
“E
quella laggiù è Akane.” sorrise con una
punta
di amarezza.
“Veramente
ti sbagli.” disse lo Spettro. “Akane si
trova da quella parte!” le mostrò una bimbetta
alla sua sinistra, che era tutta
indaffarata a provare a salire su un albero, nonostante i richiami di
Kasumi.
“Allora…
allora quella ragazzina che corre come
una scalmanata chi è?” domandò,
spiazzata, a Maomolin.
Lo
Spirito disse: “Quella sei tu.”
“Sono..
io?!” ripeté Nabiki.
“Nion te
lo ricordi, forse?” chiese l’enorme gatto-fantasma.
“Nion
ti
vantavi, oggi stesso, di non
dimenticare mai le cose?! Come vedi, anche tu hai conosciuto
l’ingenua
spensieratezza dell’infanzia.”
“A
quanto pare.” si limitò ad ammettere.
Lo
Spirito disse: “Andiamo un po’ avanti nel
tempo.” e come per magia, mentre le figure dei membri della
famiglia Tendo
rimanevano pressoché immutate, si stravolse invece lo
scenario che le
circondava. Adesso si trovavano all’interno della loro casa.
Allegro come
Nabiki non l’aveva mai visto. O forse non riusciva
più a ricordare. Al centro
del soggiorno troneggiava un grosso albero di Natale.
“Niente
male.” osservò lo Spirito. “E dire che c’è qualche
pazzo che vorrebbe demolirla per farci
l’ennesimo centro
commiaorciale.”
Non
rispose. Era troppo intenta ad osservare la
piccola Akane che, presa sulle spalle dal padre, metteva con impegno
gli
addobbi. Vicino, una Nabiki bimbetta giocava per terra con altre
decorazioni.
“Oh,
il telefono.” Per andare nell’altra stanza
a rispondere, suo padre posò a terra Akane.
Quest’ultima però, non volendo saperne
di interrompere il suo lavoro, zampettò di persona fino ad
una palla dorata che
era posata sul pavimento e si alzò in punta di piedi per
agganciarla ad un ramo
dell’albero: ma non ci arrivava, e finì per farla
cadere e andare in frantumi.
“Weeh,
la mia pallina!”
“Prendi,
ce n’è un'altra: tieni la mia!”
La
piccola Nabiki si trovava sorridente accanto
ad Akane, porgendole un’altra palla dorata.
“Grazie
sorellina!” esclamò la bambina più
piccola, ricambiandole il sorriso.
Come
per una strana connessione, pensò
all’istante allo scambio di sorrisi di quel pomeriggio, tra
Akane e Sasuke.
“Chi
l’avrebbe detto...” accennò
l’enorme gatto.
“Nabiki Tendo che condivide le cose ed è gioiosa e
rende partecipi gli altri
della sua gioia.” Si girò verso di lei.
“Quand’è che sei cambiata?”
Nabiki
chinò il capo.
“Quando
ho imparato a vivere.” disse. “In questo
mondo non c’è posto per i sentimenti, se vuoi
guadagnarti qualcosa.”
“Oh,
Nabiki!” sospirò Maomolin. “Tu hai
ottenuto tante cose,
effettivamente. Ma ti hannio reso
forse felice? A cosa mai ti
servono, se nion hai
persone con cui condividerle?”
“Fesserie!
Nessuno fa niente per niente.”
“Ne
sei sicura? E allora chi fu ad organizzare
quell’appuntamento per fare pace, tra la tua sorellina e il
ragazzo
cambia-sesso, quando il loro fidanzamento era stato rotto?”
“Un
momento, come sai questi fatti?!”
“Rientra
nei miei poteri di Spirito.”
“Bene.
Però dimentichi che il loro fidanzamento
l’avevo rotto io, fingendomi innamorata di Ranma per
sfruttarlo per bene e
guadagnare soldi alle sue spalle, anche cercando di venderlo alla
miglior
offerente. Quando ho fatto due rapidi conti e mi sono accorta che la
cosa non
fruttava più, ho riportato la situazione alla
normalità. Tutto qui.”
“Nion me
la racconti giusta, c’era bisogno di un metodo tanto
complicato come quello che
hai escogitato? La verità è che non sopportavi di
vedere Akane così triste. Il
tempo passa, ma alcune cose non cambiano.”
Nabiki
aprì bocca per replicare. Ma cambiò
repentinamente idea.
“E
vogliamo parlare di tutte le volte” insistette
lo Spirito “che hai sperato assieme alle tue sorelle che quel
Ranma potesse
finalmente incontrarsi nel proprio aspetto maschile con sua madre? In
un paio
di occasioni hai provato pure a smascherarlo, quand’era
‘la cuginetta Ranko’.
Volevi fosse felice almeno lui, lui che una madre l’aveva
ancora.”
“Adesso
lasciami stare!” si spazientì una volta
per tutte. “Le tue storie mi stanno francamente
annoiando.”
“Un
momento ancora, il tempo di vedere un’ultima immiagine.”
Le
ombre si confusero. E ne comparvero di nuove.
“Tieni,
leggi!” Ancora la Nabiki del passato. Ma
un passato più recente, che riconobbe subito.
“Come
sei cara!” rispose Kuno. “Una lettera
d’amore per me, non dovevi disturbarti. Davvero. Anche se
è bello sapere che mi
ami ancora quanto quel lontano giorno delle nozze.”
“Capisco
che il tempo è relativo, ma per la
cronaca è stato poche settimane fa. E comunque comincia a
leggere, prima di
giudicare.”
“Certamente… con
la presente scrittura privata, io sottoscritto Tatewaki Kuno
eccetera… dono con
animo grato alla mia consorte Nabiki Tendo… la mia lussuosa
villa con relative
pertinenze, il mio yacht eccetera…”
Smise di leggere e fissò l’altra.
“Nabiki, ma tu…”
Esitò
un momento.
“Tu
hai un modo davvero bizzarro di comunicarmi
i sentimenti appassionati che provi nei miei confronti!”
concluse, infine.
“Che
hai capito?!” sbuffò lei. “Non
è una
lettera d’amore. Una volta firmato e fatto autenticare da un
pubblico ufficiale
questo foglio di carta, ci eviteremo entrambi anni di inutili e costose
dispute
giudiziarie, quando avremo divorziato.”
“Divorziato?
Di solito a divorziare sono le
persone che non si amano.”
“Vedo
che cominci a capire.”
“Nabiki,
cosa vuol dire questo?” domandò Kuno.
“Sai
fare due più due? Significa che ti lascio.”
“Come,
dopo tutto quello che c’è stato tra
noi!”
“Nei
tuoi sogni, forse.”
Tatewaki
si sistemò nella sua consueta posa da
riflessione.
“Sta
bene. Nell’ambito del mio animo generoso e
magnanimo, ti rendo la tua libertà.”
“Sì,
sì, mettila pure come vuoi!” e la Nabiki
del passato si diresse verso l’uscita di quella villa che
sarebbe stata sua ma
dove, lei lo sapeva benissimo, non avrebbe più rimesso
piede.
Anche
queste ombre svanirono. Maomolin domandò:
“Hai
poi trovato la felicità?”
Mentre
rispondeva, sentì di aver perduto il suo
sangue freddo.
“Non
sono affari che ti riguardano! E poi non si
può tornare indietro!”
“Ma
hai ancora molta strada davanti a te. Ci
tieni proprio a continuare a percorrerla in questo modo,
Nabiki?” furono le
ultime parole che udì prima di ritrovarsi nel proprio letto
e sprofondare come
d’incanto in un sonno profondo.