Capitolo
terzo: Lo Spirito del Natale presente
Nabiki
si svegliò un’altra volta. Non ebbe
bisogno di guardare l’orologio per intuire che dovevano
essere le due.
Proprio
in quell’istante, udì il segnale orario
della radiosveglia. Buffo, funzionava ancora nonostante il capitombolo
di
prima. Ebbene, dov’era il nuovo Spirito? Non aveva il
coraggio di fare la sua
comparsa? Niente nella stanza era cambiato. Anzi, una cosa lo era.
“Sono
sicura” disse, ponendo il palmo sul vetro
“di non aver mai visto questo specchio.”
Si
spostò e camminò per la stanza, cercando con
lo sguardo il secondo Spettro.
“Sono
dietro di te, Nabiki.”
Si
voltò di scatto, presa veramente alla
sprovvista. Lo fu ancora di più quando poté
costatare che dietro di lei c’era
solo lo specchio. E il suo riflesso, che… si muoveva?! Ed
era uscito dal vetro!
“Chi
sei?”
“Non
lo vedi?” rispose una donna con i capelli a
caschetto. “Sono te!” sorrise furbescamente.
Nabiki
si fissò… anzi, la fissò
intensamente. E capì.
“Tu
sei lo Spirito dello Specchio!” Quella folle
che una volta aveva assunto l’aspetto di Ranma ragazza per
sedurre gli uomini.
Erano state un paio di settimane
memorabili,
quelle.
“Hai
indovinato!” disse la sua sosia. “So tutto
della mia villa e di chi abitualmente vi risiede. Per questo ho potuto
vedere
di persona come hai trattato il mio maggiordomo, proprio la vigilia di
Natale.
Ciò mi ha spinto a chiedere ai miei colleghi di
farti da Spettro del Natale
Presente: quello che stanno vivendo le persone che conosci.”
“E
dopo avermi fatto la ramanzina darai la
caccia ai ragazzi con il mio aspetto?” ironizzò
Nabiki. “Quale onore!”
“Stanotte
il tuo aspetto mi serve” spiegò lo
Spirito “affinché tu mi possa temere! Non hai
forse terrore di te stessa, nel
profondo?”
“Che
assurdità!” disse. “Perché
mai dovrei
provarne?! Quel che avevo da dire riguardo alla mia
personalità attuale, l’ho
già detto a quell’impiastro di
gatto-fantasma.”
“È
inutile che tu finga!” rispose il riflesso.
“Da quando ti sei specchiata, sono divenuta una copia di te:
ne deriva che
nessuna parte del tuo animo mi è ignota. E so che ti senti
in colpa, in
realtà.”
“Per
cosa dovrei sentirmi in colpa?!”
L’interlocutrice la ignorò. “Adesso
visualizzerò
gli oggetti del tuo rimorso, cioè le persone cui stai
rovinando la vita. Vediamo
cosa stanno facendo, in questo momento.” le
allungò il braccio. “Immagino tu
ormai conosca la procedura.”
“Tutto
ok.” disse, afferrando la mano della sua
sosia.
In
pochi secondi si trovarono nuovamente a
volare sopra le strade di Nerima. Attraversarono il parco pubblico,
dove il
laghetto era tutto ghiacciato. Sul ghiaccio si poteva distinguere un
ragazzo
con la bandana che leggeva un cartello. Sostarono
vicino a lui.
“Uhm…
qui c’è scritto: parco
pubblico di Nerima.”
lesse ad alta voce Ryoga Hibiki. “Nerima, cioè
Tokyo. La città dove vive la
dolce Akane.”
Strinse
le nocche: “Ce l’ho fatta, sono arrivato
in tempo per Natale!” esclamò con voce commossa.
“Pochi passi mi separano dalla
felicità!”
Manifestò
la sua letizia colpendo con un destro
la superficie sotto i suoi piedi. Un momento prima di scorgere un
secondo
cartello, con sopra scritto: Non prendere a pugni la lastra
sottile di
ghiaccio. “Oh, nooo! Akaneee!”
gridò lo sventurato, mentre il ghiaccio si
spaccava costringendolo a un bagno indesiderato nell’acqua
gelida del lago.
Le
due Nabiki ripresero il loro volo:
raggiunsero presto l’insegna del locale Piccola
Ukyo e
in un solo istante
furono all’interno di quel modesto ambiente.
“Loro
non ci possono vedere né sentire.” le
ricordò la copia, indicandole cuoca di okonomiyaki e
assistente.
“Lo
so, tranquilla!” disse Nabiki. Dunque guardò
con lei la scena.
“Bene,
Konatsu-chan.” disse la giovane Kuonji.
“Direi che siamo pronti per il nostro… cenone
natalizio: il quale consiste in
nientemeno che due scodelle di riso bianco più una rapa
tutta intera da
dividere in parti uguali.”
“Wow,
che banchetto luculliano!” cinguettò il
kunoichi maschio, con gli occhi che luccicavano dalla gioia.
“Tontolone,
il mio era solo del sarcasmo!”
sbuffò sconsolata.
“Signorina
Ukyo… si sente bene? Scommetto che
sta pensando al signor Ranma, vuole forse che andiamo a
trovarlo?”
“Come?”
si riprese dal momento di distrazione.
“No, non si tratta di questo. In quanto a Ran-chan, ormai mi
sono messa l’animo
in pace. Lui aveva già una promessa sposa quando suo padre e
il mio combinarono
il nostro fidanzamento: è con lei che lo ritrovai quando
giunsi a Nerima per
vendicarmi vestita da ragazzo, e dentro di me forse avevo capito subito
che la
partita era persa in partenza. Combatterò sino
all’ultimo per lui, questo è
certo, ma so bene che prima o poi arriverà il giorno che
metterà fine alla mia
lunga lotta.”
“Signorina
Ukyo…”
“Perché
mi guardi così, Konatsu? Dopotutto,
almeno per quest’ultima notte ho ancora il mio locale di
okonomiyaki, giusto?
Domani lo dovrò lasciare per sempre. Credimi, non vorrei
passare questo Natale
in nessun altro posto.” disse decisa Ucchan.
“Facciamo la nostra piccola festa,
anche se dovremo accontentarci di quel poco che passa il
convento.”
“Non
è poco!” replicò il kunoichi con un
piglio
altrettanto deciso che però non gli era molto usuale.
“Quelle perfide delle mie
sorelle e della mia matrigna mi facevano passare dei Natali ben
peggiori di
questo.”
“Lo
credo bene!” esclamò Ukyo. “Ti facevano
sgobbare come una serva per poi lasciarti a digiuno e farti dormire
fuori al
freddo, in qualche scatola di cartone. Queste cose me le hai raccontate
parecchie volte.”
“Ma
non mi riferivo a ciò.” disse Konatsu.
“Intendevo dire che loro non mi hanno mai trattato come un
essere umano, non mi
hanno mai mostrato nemmeno un piccolo gesto d’affetto. Tutto
il contrario di
quello che fa lei con me ormai da tanti anni, signorina
Ukyo…”
“Konatsu...”
Ucchan accennò un caldo sorriso,
rivolto all’assistente. Subito dopo, però, lo
colpì alla testa con la grossa
spatola. “Che scemo che sei, con tutti i tuoi discorsi mi hai
distratto e qui
si sta raffreddando tutto. Su, mangiamo!” disse, con tono
allegro.
“Buon
appetito!” esclamò con altrettanto gaudio
il kunoichi, incurante del grosso bernoccolo che gli era spuntato sul
capo.
Nabiki
incrociò le braccia al petto, pensierosa.
“Cosa
vuol dire? Sono felici.”
“Così
sembra. Magia del Natale, ma del resto
sono tutte stupidaggini, vero?” disse la copia.
“Chi può capirlo meglio di te,
dall’alto della tua solitudine?”
“Che
scemi!” continuò la propria riflessione.
“Eppure domattina li sfratterò.”
“Hai
ragione. Domattina perderanno la loro
felicità, grazie a te: e ne vai così
orgogliosa?”
Tacque.
Abbassò lo sguardo, poi si voltò verso
lo Spirito.
“Tutto
inutile, non riuscirai mai a
convincermi.”
“Vedremo.
Ecco a te altre ombre!”
Si
ritrovarono in strada. Più precisamente, la
strada che un tempo Nabiki percorreva per recarsi al liceo Furinkan. La
rete di
protezione si ergeva alta come sempre e si poteva udire da sotto lo
scrosciare
delle acque del fiume Shirako-gawa.
“Perché
adesso mi hai portato qui?!” domandò.
Lo
Spettro disse: “Ti condurrò da persone che
conosci molto bene.”
“Persone
che conosco molto bene?”
“Li
vedi quelli laggiù?” le chiese lo Spirito,
indicando alcune figure che si facevano loro incontro
nell’oscurità della sera.
“Li
vedo. Ma non li riconosco, chi sono?”
“Sei
cieca, forse?!” disse la copia. “Ma è
così
evidente!”
“Non
vorrai forse dire che…”
“Esattamente!
Loro sono dei bei ragazzi!”
Nabiki
cadde con le gambe all’aria.
“GO!
GO! GO!” urlò la copia, vestitasi di abiti
succinti e lanciatasi addosso ai ragazzi cercando di attirare la loro
attenzione. Nabiki portò stancamente un indice alla tempia.
“Hai
finito?!” disse, dopo che i giovani se ne
furono andati per la loro strada come se nulla fosse stato.
“Non
mi hanno degnato nemmeno di uno sguardo!”
piagnucolò l’altra. “Ma
perché, sono forse una racchia?!”
“Vedi
di non offendere il mio corpo!” puntualizzò
Nabiki. “E poi me l’hai detto tu stessa che nessuno
ci può vedere né sentire, sciocca!”
“Ah,
già!” disse lo Spirito.
“E
le persone che conosco molto bene, si può
sapere dove sarebbero?”
“Giusto,
quasi dimenticavo! Loro sono qui
accanto.” la copia batté le mani e si ritrovarono
sotto uno dei ponti, sul
bordo del fiume. Dove due persone coperte di vecchi stracci cercavano
di
attizzare il fuoco.
“La
furia degli elementi sembra non volerci concedere
un istante di tregua…. ma il freddo della beffarda stagione
non spegnerà la
fiamma ardente della mia passione!” declamò
Kodachi, tirando fuori un enorme
manifesto raffigurante Ranma uomo.
“Hai
avuto un’ottima idea, sorella.” disse Kuno.
“Questa carta è, appunto, ciò che ci
vuole per ravvivare il nostro falò” e
accennò a strappargliela di mano.
“Come
osi, Tatewaki?!” ringhiò lei, colpendo le
sue mani con una clavetta. “Hai appena cercato di bruciare
vivo il mio adorato
Ranma, me la pagherai!”
“Provaci,
Kodachi!” si mise in posizione di
battaglia. “Ma sappi che quell’idiota di Ranma
Saotome giammai entrerà nella
mia casa!”
“Quale
casa?! Non vedi che siamo ridotti a dei
senzatetto, e questo proprio per colpa tua?! Tu, il deficiente che ha
lasciato
entrare quella donna nella nostra villa, quando la possedevamo: Nabiki
Tendo ti
ha abbindolato e ora si è presa tutto quanto!”
gridò Kodachi, scagliando contro
il fratello una tempesta di attrezzi da ginnastica ritmica.
“Non
osare parlar male di Nabiki!” L’altro si
lanciò a sua volta con la spada da kendo.
“Sanno
come riscaldarsi, quei due...” giudicò lo
Spirito. “Anche se li hai buttati in mezzo alla
strada.”
“Sono
due pazzi.” commentò lei. “Hanno avuto
ciò
che si meritavano.”
“Ma
Kuno l’hai pure sposato.”
“Saprai
bene il motivo, se sei la mia copia.”
“Non
ne sono convinta.” le replicò. “A Tokyo
c’è
gente anche più ricca della sua famiglia, non eri tenuta a
incastrare proprio
lui… e così pure te stessa.”
“Cosa
vuoi insinuare?!”
Lo
Spirito ridacchiò.
“Cosa
vedo! Nabiki la macchina umana che perde
la calma, allora scorre veramente in te il sangue focoso dei
Tendo!”
“No,
signorini! Fermi!” questa voce sovrastò le
loro.
“Ma
quello non è Sasuke?” esclamò Nabiki.
“E
non è solo.” la copia indicò, dietro di
lui,
anche l’ex preside del liceo Furinkan.
“Oh
mio caro paparino!” la figlia si voltò verso
di lui. “Ma sei ancora vestito in camicia hawaiana completa
di ghirlanda,
sandali e ukulele. Non morirai di freddo?”
“Ha
ha! Sciocchezze!” rise il padre,
aggiustandosi gli occhiali da sole. “Here siamo
alle Hawaii e alle Hawaii non
può fare freddo!”
“In
questi anni quell’idiota si è ancora
più
rimbecillito del solito. E poi come ci vede, con gli occhiali da sole e
con
questo buio?!” mormorò Tatewaki. Dunque
gridò al padre: “Non siamo alle Hawaii!
E soprattutto non chiamarmi Tacchi!”
“Non
alzare la voce con nostro padre, fratello
degenerato!” Kodachi lo ricoprì con il suo vortice
di petali di rosa nera.
“Signor
Tatewaki, signorina Kodachi! No vi
prego, fate pace!” piagnucolò Sasuke,
interponendosi tra i due contendenti. E
beccandosi così clavette e colpi di bokken vari.
“Oh,
Sasuke.” la rosa nera si arrestò.
“Sasuke,
mio fedele servitore!” anche il Tuono
Blu si fermò. “Cosa ci fai qui? Non dovresti
essere ancora a lavorare da
Nabiki?!”
“Oggi
ho ottenuto il permesso di terminare prima
del solito l’orario di lavoro, signor Tatewaki.”
disse il ninja. “Così, prima
che i negozi chiudessero, ho potuto finalmente spendere la mia paga
annuale e
comprarvi del cibo e delle coperte.”
“Sasuke…
allora è per questo che se n’è andato
prima, oggi.” mormorò Nabiki.
“Vuoi
dire” domandò Kodachi “che quella strega
di Nabiki Tendo ti ha lasciato andare senza sfruttarti fino in fondo
come di
consueto? Strano, non è da persona così
spregevole come lei.”
“Però…
dovrò tornare a lavorare anche domani che
è Natale.” mugolò sommesso il servitore.
“Oh
oh oh! Volevo ben dire!”
“Quel
Sasuke è cosi scemo!” sbottò Nabiki.
“E
come mai?” chiese la copia. “Solo perché
vuole bene a quella che è sempre stata la sua famiglia?
Anche tra di loro, si amano:
padre e figli, fratello e sorella. Solo che se lo dimostrano in questo
modo,
diciamo, bizzarro.”
“Ma
quei pazzi non si meritano tanto aiuto.”
“Neppure
tu meriteresti di essere salvata da te
stessa. Eppure è quello che sto facendo ora.”
Decise
di ignorarlo e tornò ad ascoltare il
Tuono Blu.
“Inoltre”
stava continuando Kuno “ho scelto
proprio Nabiki come mia compagna, sacrificando i miei precedenti amori
e
affidando definitivamente, pur con ribrezzo, Akane e la ragazza col
codino a
Ranma Saotome. E volete sapere perché?”
“Perché
sei uno stupido!” disse Kodachi. “Lei
non ti amava, ti ha raggirato fin dall’inizio!”
“Oh,
ma questo l’ho sempre saputo!” disse
Tatewaki, sorprendendola non poco. “Sapevo che lei non
ricambiava per niente i
miei sentimenti. Sapevo che non era mutata, che era rimasta una donna
fredda
come il ghiaccio. Forse è per questo motivo che mi sono
innamorato di lei.
Perché volevo sciogliere il suo ghiaccio. Perché
volevo insegnarle a sognare…”
“Kuno.”
accennò Nabiki. Era brava ad analizzare
le persone. E dunque sapeva che non bisognava mai fermarsi alle
apparenze. Ma
possibile che… che addirittura Tatewaki non fosse
così scemo come sembrava?!
“Non
credo d’esserci riuscito.” finì lui.
“Eppure sono ancora convinto che c’è del
buono in Nabiki Tendo.” Le stesse
parole di Akane. Queste persone… credevano forse in lei?!
Passò
qualche istante. Poi Kodachi ruppe il
silenzio:
“Tsè,
ridicolo!”
“Dubiti
forse, sorella?”
“Veramente
mi riferivo al tuo aspetto, fratello
deficiente!” In effetti Kuno era ancora tutto ricoperto, da
capo a piedi, di
petali di rosa nera.
Lo
Spirito tossì, richiamando la sua attenzione.
“Vieni,
Nabiki, c’è ancora un’ultima immagine da
vedere.”
D’incanto
furono nel dojo. Dove la sua famiglia
si stava preparando a festeggiare il Natale.
“Là,
ecco fatto!” esclamò la zia Nodoka, dopo
aver finito di appendere alla parete una pergamena con sopra
raffigurato il
termine seppuku.
“Oh,
che bel quadro!” disse Kasumi, serafica.
Ranma
deglutì a stento, meno entusiasta. Sembrò
aver fretta di cambiare argomento:
“Nemmeno
Tofu?” domandò alla fidanzata, che
stava di fianco a lui.
“Già,
non verrà. È costretto a lavorare anche
questa notte e tutto domani.” gli sussurrò Akane.
“Sono riuscita a portare qui
solo tua madre e Kasumi.” in quel momento si accorse di
Happosai che le stava sollevando
la gonna. “Ah, già! Anche il nonnino, lui
più che altro si è autoinvitato!”
disse, calciando in orbita il vecchietto tutto estasiato per
ciò che era evidentemente
riuscito a scorgere.
“Ma
Kasumi, poverina, giustamente non pensa che
a suo marito...” continuò, affranta.
“Che pranzo di Natale sarà, domani?”
“Non
sarebbe stato migliore, anche se fossimo
stati presenti tutti.” sbuffò Ranma. “Il
bilancio di questo mese per la
palestra è di zero iscritti: la gente preferisce frequentare
le nuove palestre,
di aerobica, aperte, indovina un po’, dalla ditta di Nabiki.
Non abbiamo i
soldi nemmeno per una cena decente, stasera.”
“Ti
sbagli, Ranma!” l'ammonì Soun. “Possiamo
ancora contare sullo stipendio di tuo padre, non lavora ancora come
assistente
del dottor Tofu?”
“Già,
dimenticavo!” ammise il ragazzo col
codino. “Lo doveva ritirare questo pomeriggio,
dopodiché aveva la sera e la
giornata di domani libere.”
Proprio
in quel momento un enorme panda fece il
suo ingresso nel soggiorno.
“Signor
Saotome!” disse Akane.
“Finalmente!”
esclamò Ranma. “Che aspetti?!
Dammelo!” tese il braccio in avanti, sorridente.
“Bobò!”
Il
grosso animale schiaffò la zampa contro il
palmo della mano di Ranma.
“Che
hai capito, imbecille?!” gridò lui. “Non
ti
ho chiesto di darmi il cinque, ma il compenso che hai ricevuto dal
dottor
Tofu!”
Il
panda estrasse un cartello con sopra scritto
‘Tieni!’
e infilò nella sua mano una manciata di foglie di
bambù.
“Beh?
E che vuol dire questo?!” s’infuriò il
figlio.
“Tesoro,
non potresti spiegarti?” lo incitò la
moglie.
Il
Saotome più anziano prese un pennarello e
cominciò a scrivere con gran cura, quasi dovesse concepire
un poema. Ranma
raccolse i cartelli e iniziò a leggere ad alta voce:
“Dunque… Avendo
testé concluso la mia giornata di lavoro e richiesto la mia
dovuta tredicesima,
il dottore mi ha posto di fronte ad un’ardua
scelta… (Continua nel cartello
seguente) Che?!
Dai qua,
sacco di pulci!” Ranma afferrò il secondo cartello
e finì di leggere.
“…e
cioè mi ha chiesto come preferissi
percepire la mia paga, in pecunia corrente ovvero in natura. Avendo
altresì
considerato che vado ghiotto per le foglie di bambù, ho
optato di conseguenza
per la seconda possibilità. (Fine, fin, the end) …Papàaaa!”
“Da
non crederci...” sospirò Akane.
“E
a noi non pensi, pezzo d’idiota!” gridò
Ranma. “Con cosa ci sfamiamo, col tuo bambù
forse?!”
‘Guarda
che è buono e ipocalorico.’ si espresse il
panda con un nuovo cartello.
“E
invece ho un’idea migliore...” sogghignò
l’altro.
“Mamma, mi presteresti un attimo la katana?”
“Certo,
Ranma. Ma a cosa ti serve?” domandò la
signora.
“Penso
che stasera mangeremo spezzatino di
panda…” il ragazzo con la camicia cinese si
avvicinò al padre, sicuramente sperando
di spaventarlo.
L’altro, però, esibì un ultimo cartello
con scritto ‘Provaci!’
e si mise in posa da combattimento.
“Buoni!”
li fermò la zia Nodoka, appena prima
che la lite degenerasse. “Almeno oggi cercate di non
bisticciare!”
“Già!”
intervenne Akane. “E poi abbiamo un
problema ancora peggiore.”
“Vero.”
ammise Ranma. I due fidanzati si
scambiarono un’occhiata d’intesa, sicuramente lui
aveva già provveduto a
riferirle della sua visita di poche ore prima. E a giudicare dal suo
sguardo
sconsolato, nemmeno Akane aveva idea di come uscire da quella
situazione.
“La
cena di stasera non sarà affatto un
problema, io e Kasumi ci siamo arrangiate con quello che abbiamo
trovato in
casa ed è venuto fuori qualcosa che spero non
disprezzerete.” disse la signora
Saotome. “Su, venite a tavola!” Un invito che
nessuno dei presenti poté
rifiutare. Neppure il vecchio Happosai, che era appena riatterrato
sulla
terraferma.
In
breve, attorno alla tavola si creò
un’atmosfera serena e lieta, nonostante tutto.
“Non
è una bella famiglia?” domandò la copia.
“I
sentimenti sono roba adatta a loro, inoltre…”
Nabiki esitò. “Ormai non potrei tornare a farne
parte nemmeno se lo volessi.
Sarebbe troppo tardi.”
“Ssh,
ascolta!” disse lo Spirito.
Doveva
esserci stato uno stacco temporale,
perché i familiari erano già giunti al momento
dei brindisi. Nodoka brindò alla
virilità di suo figlio, Genma e Soun al sake, Happosai alla
biancheria intima
da donna. Fu quindi il turno di Akane.
“Brindo”
esitò “brindo alla salute di Nabiki!”
Di
colpo, il silenzio. Un silenzio molto
imbarazzato.
“Come!”
sbottò infine Ranma, colpendo con un
pugno il tavolo. “Con tutto il male che ha fatto!”
“È
vero. Ma è lei a subirne per prima le
conseguenze, in fondo.” disse la fidanzata. “Oggi
mi ha fatto tanta pena, si è
completamente chiusa nella sua solitudine e non se
n’è nemmeno resa conto. Noi,
finché rimarremo uniti, saremo sempre e comunque
più felici di quanto lo possa
essere Nabiki. Per questo, nonostante tutto, le auguro di trovare la
sua
felicità.”
“Ben
detto! Brindiamo!” fece suo padre, visibilmente
commosso. E fu seguito a ruota dagli altri familiari.
“Che
sorellina sciocca che sei...” Nabiki scosse
la testa. “Davvero sciocca…”
“Uuink…
uuink…” grugnì un maialino nero,
entrando nel soggiorno. Akane lo vide e andò subito a
raccoglierlo tra le sue
braccia.
“Non
è giusto, perché non abbracci me
piuttosto?!” piagnucolò Happosai, lanciandosi di
nuovo verso di lei. Ranma, con
un pugno ben assestato, scaraventò il vecchio
dall’altra parte della stanza,
facendogli sfondare la parete.
“P-chan,
dove sei stato tutto questo tempo?!” Akane
toccò il musetto col palmo della mano. “Ma sei
tutto bagnato! E la tua fronte
scotta!”
‘Dev’essere
caduto in acqua’ commentò il panda
con una scritta.
“Oh,
poverino!” disse Kasumi. “Col freddo che fa
stanotte.”
In
quel momento l’animaletto perse i sensi.
“P-chan!
Per l’amor del cielo, cos’hai?!”
gridò
Akane, spaventata.
“Ry-Ryoga!”
Nabiki udì chiaramente mormorare
Ranma. Poi il ragazzo disse a voce alta: “Che aspettate?!
Portate dell’acqua
calda, presto!”
“Veramente…
non abbiamo più acqua calda.” gli
disse Soun.
“Happosai
è appena precipitato giusto contro lo
scaldabagno, facendolo a pezzi.” spiegò Kasumi,
indicando i danni.
“P-CHAN!”
gridò con maggior forza Akane. Ma il
maialino non si riprendeva.
“Spirito.”
disse Nabiki alla copia. “Visti i
tuoi poteri, mi saprai dire cosa è preso a quel
Ryoga.”
Il
volto dello Spirito si fece grave.
“Posso
vedere” disse “un posto vuoto, il
prossimo Natale, nello spazio riservato dal fato a Ryoga
Hibiki.”