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Autore: Elle Douglas    22/12/2014    2 recensioni
Cosa succederebbe se nella vita di Killian Jones, d’improvviso, tornasse il suo vero primo amore?
No, non Milah, ma qualcuno di ancora più profondo, celato, intimo e nascosto che sapeva fosse morto per sempre? Come reagirebbe Killian? Ed Emma, che ormai sembra aver trovato l’amore? Chi sceglierebbe arrivato a quel punto?
Come cambierà la storia? E quanto scopriremo di più su quest’uomo?
Scopriremo che c’è ben altro dietro Killian Jones, c’è un'altra storia nascosta e non ancora raccontata di un uomo che ha perso tutto e che più di tutti ha perso qualcosa di profondo che credeva irrecuperabile.
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‘I suoi occhi verdi, verdissimi come lo smeraldo sono dentro ai suoi, e per un attimo una lacrima gli scorre su quel viso etereo.
Quante volte aveva pianto credendola persa? Quante volte si era pentito di averle dato quella scelta? Quante volte avrebbe voluto tornare indietro e cercarla, salvarla?
Ed ora era lì davanti a lui.
Vera, viva ma prigioniera.’
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La storia inizia con gli avvenimenti della 3x17, tutto il resto è una mia idea.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO XII
 
 
Passarono alcuni minuti prima di realizzare esattamente ciò che era successo davanti ai miei occhi poco prima, anche se non ce n’era bisogno, c’era il mio cuore a ricordare ogni singola, minuscola scena a rallentatore così da rendere ancora più insopportabile quel dolore lancinante che mi dilaniava il petto. E tanto bastava a buttarmi giù ancora, ancora, ancora e ancora.
Non volevo crederci, non di nuovo.
Non può essere. Continuavo a ripetermi imperterrita.
Il mio cuore sembrava uscito da un conflitto, era completamente a pezzi, ridotto in frammenti come se qualcuno lo avesse preso e lanciato a terra con estrema violenza per romperlo e camminarci sopra.
Era indescrivibile il dolore che mi travagliava.
Speravo di svenire, di perdere conoscenza e di perdere anche la memoria, qualunque cosa pur di togliermelo dalla mente e cancellare quelle immagini insopportabili dalla mente.
Se lo avessi dimenticato. Pensai.  Se lo avessi dimenticato, adesso non starei così. Adesso non mi sentirei in questo modo, sempre di troppo accanto a lui. In eccesso accanto a lui. Adesso non mi sarebbe crollato il mondo addosso, per l’ennesima volta.
Sperai se ne fossero andati e non diedi nemmeno uno sguardo a quel tavolo su cui prima erano… seduti per accertarmi che fosse così, presi forza, quella minima che mi restava, aggrappandomi a qualcosa lì accanto e mi alzai, ancora con la vista annebbiata. Ancora con gli occhi grondanti. Tirai su con il naso e mi ricacciai quelle ultime lacrime rimaste.
Qualcosa cadde a terra fragorosamente, rimbombando nella via deserta, ma non ci badai, non lo raccolsi.
Era quasi lo stesso tonfo che avevo sentito in petto a quelle immagini, moltiplicato per venti volte
Mi avviai come un automa senza una precisa meta a passi sostenuti, pesanti e forzati lontano da lì. Lontano da quel luogo. Volevo andarmene.
Un rumore stridente catturò la mia attenzione alle mie spalle, ma non mi voltai perché temevo di scoprire chi fosse.
‘Dannazione!’, sentì blaterare. Riconobbi la sua voce, perché l’avrei riconosciuta anche in mezzo a uno sciame di gente indistinta. Quella voce era sempre rimasta in me nei ricordi più remoti accompagnandomi in ogni dove e ora, il modo in cui graffiava le mie corde, era qualcosa di insostenibile e del tutto insopportabile perciò alzai il passo per sfuggirgli perché ero certa che mi stesse seguendo.
Volevo seminarlo.
‘Esm!’, chiamò dietro di me. I passi più accelerati per starmi dietro. ‘Esm, aspetta ti prego!’.
Cosa voleva ancora? Osservare la mia espressione, trionfante del fatto che mi avesse fatto cadere di nuovo barcollante a terra? Perché non mi lasciava in pace?
Qualcosa fece presa sul mio polso, strattonandomi e costringendomi a voltarmi.
Ricacciai quella presa dal mio braccio in malo modo, forse se ne accorse, ma non avevo voglia di alcun contatto fisico in quel momento. In nessun modo.
Ogni suo gesto era simile al sale su una ferita che andava riaprendosi e per quanto mi riguardava, non volevo nemmeno vederlo in quel momento.
Mi ritrovai faccia a faccia con lui cercando di sostenere il suo sguardo e incrociai le braccia al petto a sottolineare ciò che provavo.
‘Mi dispiace’, disse rammaricato. ‘Mi dispiace che tu sia venuta a scoprirlo in questo modo. Avevo intenzione di parlartene prima, di farti abituare alla cosa, di farti conoscere Emma … Mi dispiace’, ripetè per giustificarsi.
‘Per cosa Killian? Non mi devi alcuna spiegazione. Perché mai dovresti?’, fingevo indifferenza come se la cosa non mi avesse toccato. ‘Sei andato avanti, stai vivendo la tua vita com’è giusto che sia. Io non sono niente per te. Io e te non siamo niente’, finsi un sorriso, ma non mi riusciva nemmeno bene e riuscivo a percepirlo da me.
Lui guardò in basso, come a cercare di calmarsi a quelle parole. Si morse un labbro, avrebbe voluto dire qualcosa ma si trattenne.
‘Non dire così. Lo sai che non è così’, incalzò in tono severo lui facendosi avanti.
‘E com’è Killian? Spiegamelo perché io proprio non lo so.’ scossi la testa. Non volevo andare oltre, dovevo fermarmi. Calmarmi. Respirai a fondo. ‘Sto bene, tranquillo.’ Cercai di convincermi di quelle parole.
‘No, non è vero.’, fece indicandomi il viso.
Senza accorgermene avevo ricominciato a piangere. Con il dorso della mano ricacciai via quelle maledette lacrime che calavano la maschera. Che voglia avevano di farsi notare? Perché non erano capaci di restare dove erano e incrostarsi nel cuore?
Guardai altrove, dovunque per cercare una distrazione, dovunque ma non in lui perché sapevo quanto avessi potuto cedere alla rabbia se lo avessi guardato.
‘Mi dispiace Esm. Avrei dovuto proteggerti sin dall’inizio, avrei dovuto salvarti. Avrei dovuto tenerti con me’, carpì lui dai miei gesti.
Continuai a non guardarlo mentre lui continuava a giustificarsi.
Poi silenzio. Una lunga pausa si intromise tra noi.
‘Lo sai cosa fa male? Lo sai cosa fa davvero male Killian?’ Presi la parola, carica di tutto ciò che avevo dentro e che mi lacerava. ‘La certezze e la convinzione di sentirsi sempre un peso sulla vita degli altri. Sapere che hai passato una vita in funzione di qualcuno che nel tempo ti ha dimenticato e più volte sostituito. Sapere che per gli altri, per le altre, ha fatto di tutto, è diventato un eroe mentre per te non ha fatto più di tanto. Ha deciso di arrendersi, ha deciso di lasciarmi, di abbandonarmi a me stessa. Continuare ad avere quella speranza di rivederlo un giorno, in ogni volto sperando fosse il suo. Sperare nel suo sorriso per l’ennesima volta e in quel sentimento riflesso nel mio. Fa male aver creduto a tutte queste cose da sola, fa male tutto questo’. Lo guardai ora perché ero sul punto di esplodere ed era giusto che lui mi vedesse. Che lui vedesse il risultato delle sue scelte perché ogni scelta ha una sua conseguenza e un suo percorso e senza saperlo lui con le sue aveva falciato e rovinato la mia vita . ‘Perché non sei tornato? Perché non sei venuto a cercarmi, perché non sei venuto a constatare ciò che Milah sosteneva sul mio conto? Perché hai creduto così facilmente che me ne fossi andata nel momento in cui tu eri meno lucido? Credi che non avrei sofferto? Credevi che ne sarei stata capace forse? Credi che non sarei corsa da te se davvero avessi trovato un altro? Eri tu ad avermi dato la tua parola, non Milah. Tu le hai raccontato tutto su di me e lei ce l’ha rivoltato contro! Per tutti gli anni non ho fatto altro che chiedermi il perché, il perché di tutte queste azioni che per erano prive di senso. Perché non hai invertito la rotta di quella maledettissima nave e sei tornato da me quando Milah ti ha raccontato quelle cose? Perché non hai creduto a me quando ti dicevo che non avrei voluto essere da nessun altra parte se non con te? Perché io avevo solo te e nessun altro al mondo. Mi eri rimasto solo tu al mondo, e pur avendomi rapita avevo iniziato a volerti bene, e desideravo solo essere ricambiata da te! Perché non sono mai stata abbastanza per te? Perché devo essere sempre una seconda scelta per te Killian? Quella che viene dopo tutto e tutti. Perché devo ancora stare così dopo anni in cui  non ho fatto altro che vivere grazie a te, in funzione di te, e grazie ai ricordi che mi hai donato? Perché mi hai illusa Killian Jones?’, esplosi, e la mia voce sovrastò la quiete notturna superando anche il mio immaginabile.
La sentì rimbombare e tuonare intorno per poi tornarmi indietro e farmi ancora più male perché l’ultima cosa che volevo era urlare contro quell’uomo. In tutto questo ero un fiume in piena che si era trattenuto per anni, che aveva costruito muri per reggersi e allontanarsi da quella vecchia Esmeralda e che ora stava crollando per davvero. Crollavano gli argini di una vita che avevo assunto come una maschera e uno scudo, perché io non ero forte, non lo ero mai stata. Sono fragile. Perché io davanti a lui sono sempre quella vecchia bambina sciocca che continua ad amarlo in silenzio, tenendoselo dentro e sperando che lui se ne accorga una volta per tutte.
Perché non capisce quanto ho bisogno di lui in questa vita, perché non capisce come sto dentro? Perché non capisce il male che sta provocando?
Lui restava lì, inerme, con gli occhi velati da lacrime che mi osservano crollare e piangere.
Tremo convulsamente e questa volta non c’è nessuna febbre, nessun maleficio che desidererei ardentemente. Questa volta sono io, è il mondo che ho dentro che inizia a tremare, come un implosione.
E’ tutto crollato, tutto è in macerie e li distinguo bene i pezzi di me, li vedo lì, tutt’intorno a me.
‘Tutto ciò che ti sei chiesta in questi anni è vero.’, chiarii lui cauto, avvicinandosi. ‘Tutte le tue domande sono lecite e credi che non avrei voluto saperlo? Credi che per te non avrei fatto le stesse cose che ho fatto per Emma? Se potessi tornare indietro crederei a ciò che mi avevi detto, allontanerei Milah da me e da te così che nessuno ti faccia del male. Ti terrei con me, ti stringerei forte e non ti lascerei mai più andare via da me perché al contrario di ciò che pensi non c’è stato un attimo della mia vita in cui io non ti abbia pensata, in cui non abbia richiamato a me i tuoi ricordi, chiedendomi perché te ne fossi andata. Perché si, mi mancavi, mi sei mancata e tu non sai nemmeno quanto, rivederti ora qui è stato un colpo al cuore. Rivederti sana e salva davanti a me… credevo fosse l’ennesima allucinazione, credevo fosse un illusione della strega e invece eri lì di fronte ai miei occhi. Come pensi che mi sia sentito? Ed è vero c’è stato un gran periodo della mia vita in cui ho creduto a quella versione che mi era stata data, e in cuor mio dovevo sentire che qualcosa non andava. Sarei dovuto tornare indietro e se solo avessi saputo che eri viva ti avrei cercato in tutti i mari, e in tutti i regni per trovarti, non mi sarei dato pace fino a che non ti avrei salvato, non ti avrei lasciata sola, non ti avrei lasciata a nessuno. Perché in cuor mio era questo il mio piano sin dall’inizio. Appena ti feci quella promessa me ne pentii e volevo ritirarla, ma non potevo. Non potevo rimangiarmi la parola ma nel momento in cui sarebbe accaduto egoisticamente non ti avrei permesso di abbandonare la nave, e pensavo tu l’avessi capito, l’avessi inteso e per questo eri fuggita in silenzio. Lo trovi tanto malsano? Per anni sono stato a crogiolarmi su quella promessa che avrei dovuto infrangere nel momento stesso in cui ho fatto. Ed è vero, Milah ci ha distrutti e inceneriti e sono stato io a dargli il modo di farlo, ma voglio che tu sappia che per me non sei mai stata la mia seconda scelta. Tu per me sei stata sempre la mia scelta migliore. Non è bello da dire, ma rapirti, prenderti in quella radura quel giorno è stata la cosa migliore che ho fatto nella vita, perché ho conosciuto te che mi hai scrutato, mi hai conosciuto e sei divenuta un’estensione di me. E avevo paura… avevo sinceramente paura che tuo padre pagasse quel riscatto perché in soli tre giorni eri diventata qualcosa per cui continuare a vivere, e non sapevo che avrei fatto senza te. Non sai quante volte mi sono vergognato di questo pensiero perché non era giusto, per te. Io Esm, ti avrei salvata da quei bruti, ti avrei salvata da tutto, ti avrei salvata dal mondo intero se avessi immaginato ciò che era davvero successo, non avrei esitato un attimo a farmi dire quei nomi da Milah, e li avrei cercati, sarei tornato da te e lo so, lo so che tutto questo non pone rimedio a ciò che è stato, a ciò che hai passato, e se potrei prendermi io tutte le pene che ti sono state inflitte lo farei perché tu non meritavi alcun male, non meritavi tutto questo. Tu non eri umana, tu eri qualcosa di più. Avevi quel qualcosa in più che ti rendeva e ti rende speciale, e mi dispiace per come siano andate le cose’.
Ha gli occhi lucidi ed è vicinissimo in procinto di alzare la sua mano e carezzarmi il viso, e io quasi cedo a tutto questo. Cedo alle sue parole che mi hanno alleviato l’anima e mi hanno ridato fiducia, ma poi ritorno agli attimi di poco prima e mi scosto perché so che ogni minimo contatto sarebbe un dolore assurdo. Non glielo permetto
Non me lo permetto.
Non lo guardo negli occhi perché fa troppo male ritrovarmi in quel cielo, in quel cielo che una volta conoscevo, in quel cielo a cui affidavo tutto, in quel cielo che ora non mi appartiene.
‘Io mi chiedo cosa ci faccio qui…’, dico tra me con la voce smorzata sull’ultima parola.
Lui mi guarda con disapprovazione. Non accetta ciò che ho appena detto.
‘Perché dici così?’
‘Perché non c’è posto per me qui, cosa mi hai salvato a fare Killian? Avresti potuto continuare la tua vita senza alcuna interferenza da parte mia. Ora hai… Emma, non hai bisogno di me. Io non sono più il tuo motivo per continuare a vivere, lei lo è. Hai scelto lei anche prima quando la strega te l’ha proposto. Avresti potuto non salvarmi da Zelena, avresti potuto lasciarmi morire e quando ero in ospedale avresti potuto accettare il fatto che me ne stavo andando senza consentire all’Oscuro di salvarmi. A quale scopo sono qui? Non ti è bastato ciò che hai saputo oggi? Non credi sia abbastanza per me? Non credi che sia stanca?! Ho viaggiato per una vita. Una vita per trovarti e invece tu? Cos’hai fatto Killian?’
‘-Ti credevo morta!’, sbotta esausto.
‘Beh, guarda un po’ sono viva, e sono qui di fronte ai tuoi occhi ad urlarti tutto ciò che porto dentro da una vita mentre avrei voluto fare altro semmai ti avessi rivisto. Avrei voluto abbracciarti forte senza lasciarti mai più andare via da me, dirti che Ti amo e invece no. Non posso. Di nuovo. Ti ho cercato ovunque al mio ritorno, ho viaggiato dappertutto per trovarti ma nonostante facessi il tuo nome nessuno mi indicava nulla. Dicevano che non c’era nessun capitano tra i sette mari che si chiamasse Killian Jones. Continuavano a nominarmi un certo Capitan Uncino e io non ne capivo il senso e continuavo le mie ricerche senza arrivare da nessuna parte, e ora comprendo il perché’. Dico, indicando il suo uncino. ‘Perché devo continuare a sentirmi un peso nei tuoi confronti da sempre. Come quando stavi con Milah, come quando quella mattina dopo tanto silenzio da parte tua ero venuta a rivelarmi a te su ciò che provavo realmente, senza più remore e paura, perché volevo essere sincera con te. Volevo tu fossi mio come volevo ora. Stavo venendo a donarti il mio cuore come ora, e come ora tu l’hai preso e messo sotto i piedi come niente perché a te di me non interessa niente. Sono stata una stupida a credere in quel bacio. Credere che ci fosse il mio stesso sentimento dietro, per tutto questo tempo. Una stupida…’.
L’aria a quel punto si fece gelida ed è come se si bloccasse tutto.
Lui resta interdetto di fronte a tutte quelle parole, come se avesse visto o sentito chissà cosa. Mi guarda stralunato cercando di spiaccicare parola.
‘… quel bacio? Di quale bacio parli Esm?’, e ha capito di quale bacio stia parlando ma vuole averne la conferma.
Devo calmarmi perché potrebbe fraintendere, potrebbe vederci altro.
Faccio un lungo respiro.
‘Una sera, ero per le vie di Parigi, intenta a tornare alla Corte dei Miracoli in quanto si stava facendo davvero tardi, quando per le vie principali intravidi due amanti. Non erano zingari, erano gente del popolo che non avevo mai visto, nonostante non conoscessi tutti lì. Parlavano in modo fitto e lei aveva un gran sorriso complice di un cuore innamorato, mentre lui non faceva altro che avere l’amore negli occhi. Sarebbe potuta passare chiunque di lì in quel momento, anche la ragazza più bella del paese, lui non l’avrebbe vista nemmeno. Restai a guardarli per l’incanto che avevano provocato in me, perché una scena del genere mi capitava di rado, e non parlo dei baci in sé ma dell’amore che viveva in quelle due anime. Lui, d’un tratto, le mise una mano tra capelli e se l’avvicinò alle labbra donandole un bacio che andava via via a farsi più incandescente, fu lì che riacquistai quel ricordo: Io che mi avvicinavo alle tue labbra in maniera timida e ingenua, tu che mi stringevi forte e io che avvampavo ancor di più al tuo tocco, le tue dita e le tue mani che premevano sulla mia schiena rendendo quel momento, quel bacio più vivido, vero e stabile. Mi toccai le labbra quasi come se tutto ciò che avevo ricordato di colpo fosse successo in quel preciso momento. Io, quel ricordo, quel momento l’avevo perso perché stavo vaneggiando e non ero io, ma ciò che era in me ad essere uscito fuori, ad essere spinto in quel gesto. Come credi che avessi mai avuto quel coraggio di fare tutto quello da sola? Non l’avrei mai fatto ma tutto ciò che avevo dentro da mesi in quel momento esplose per poi tornarmi dentro e rinchiudersi. Solo allora capii perché ti trovai nel letto il giorno dopo, perché ti vidi diverso. Solo in quel momento capii la tua reazione al mio risveglio, il tuo passare da entusiasta a cupo, e quel Niente, stavi malissimo e ti ho tenuta stretta a me, dopodiché ti sei addormentata e non ho potuto chiuderle, solo allora, ancora di più, mi risuonarono in mente come la cosa più falsa che esistesse. E fu in quel momento che compresi i tuoi silenzi successivi, il tuo allontanamento. Era qualcosa che era sempre rimasto nell’ombra del mio cuore e che d’un tratto si era illuminato di una luce accecante, lasciandomi sconvolta. E per anni mi sono macchinata in quel ricordo, per anni mi sono sentita in colpa per non averti dimostrato nulla in seguito. Io ti amavo già da allora e cercavo di tenermi tutto dentro quando in realtà il mio subconscio ti aveva rivelato già tutto e io non me ne sono resa conto. ’
Gliene parlai con un gran sorriso in volto perché era il ricordo e il momento più bello che portavo dentro me di lui, di noi e in cuor mio sapevo che quando l’avrei rivisto avrei voluto replicarlo, ancora, ancora e ancora fino a consumarci le labbra, fino a donargli tutto ciò che era stato in quel bacio, fino a consumarci l’anima dentro quel bacio, e invece? Restavamo lontani, e a mantenere le distanze ero io, ne ero consapevole.
‘Tu mi amavi’, constatò ridendo e non capì se era per coprire il nervosismo o altro. ‘Tu mi amavi mentre ti amavo anche io e non abbiamo mai avuto il coraggio di dircelo. Ci siamo amati in silenzio senza mai rivelarci nulla, senza mai avvicinarci tanto da accorgercene a vicenda. Tu non sai quante volte sono tornato nella tua stanza a ricordare ogni singolo istante passato con te e non sai quanto mi sono pentito di averti lasciato, io non volevo. Mi dispiace davvero. Non volevo che le cose andassero così… è stato tutto sbagliato. Sarei dovuto tornare da te, dirti ciò che era successo e ora le cose sarebbero diverse. Dovevano andare diversamente’. Nel frattempo aveva preso la mia mano nella sua e catturato il mio cuore. Io dal canto mio a quell’ennesima dichiarazione non ce la facevo a restare inerme e ormai le lacrime avevano avuto il sopravvento su di me e le sentivo addensarsi come crema prima di rigarmi le guance.
‘Io ti ho amato più di chiunque altro potrò mai amare in questa vita, e tu mi hai spezzato il cuore. Anche ora l’hai fatto.’ Chinai il viso ma lui lo rialzò. ‘E nonostante tutto… nonostante tutto ciò che provo dentro non riesco a dimenticarti, non riesco ad odiarti come vorrei. Ci ho provato e vorrei tanto riuscire a farlo perché sarebbe tutto più facile, ma non ci riesco. Dopo tutti questi anni tu sei… sei ancora tanto, troppo per me…’
Sorrise entusiasta di quelle parole e poi, all’improvviso, lui stanco di quelle distanze, stanco di quelle parole, stanco di tutto ciò che stava accadendo tra noi prese la mia mano e mi tirò a lui con forza e decisione.
I suoi occhi, ancora leggermente languidi mi catturarono così come allora e io diventai sua prigioniera per l’ennesima volta di quell’uomo che anni prima mi aveva presa per la prima volta.
Il suo uncino era dietro la mia schiena in modo che non scappassi, come se ne fossi stata capace, mi teneva stretta a sé facendo aderire il suo corpo al mio. La mia mano aveva trovato posto sul suo petto dove potevo sentire il suo cuore oltrepassare quasi la gabbia toracica e arrivare al mio.
Mi sentii morire per la prima vera volta, la voglia di avvicinarlo ancora di più, di affondare le mani tra i suoi capelli, di sentirlo mio anche nella parte più illusoria, di finire sulle sue labbra come in quel ricordo, ancora, ancora e ancora.
La sua mano attraversò i miei capelli e mi portò verso di sé con veemenza facendomi ritrovare sulle sue labbra in modo inaspettato, su quelle labbra che mi erano mancate, su quelle labbra che avevo agognato per tutto quel tempo, e che per tutto quel tempo erano rimaste intrappolate in un ricordo sbiadito mandato a ripetizione nella mia mente come cura e monito.
Mi aggrappai alla sua giacca mentre qualcosa tra noi stava accadendo, ora per davvero senza che nessun avvenimento che causasse la mia perdita di memoria.
Mossi le mie labbra insieme alle sue e ci baciammo. Un bacio così semplice, puro e carico di passione che mi sembrò di tornare al nostro primo bacio e di poter infuocare tutto ciò che ci circondava. Niente aveva più senso, niente importava più mentre le sue mani mi cingevano la vita, le mie viaggiavano al suo viso carezzandoglielo e le nostre vite si toccavano ancora, dopo tanto tempo. Dimenticai tutto il resto. Dimenticai gli anni passati, le continue agonie e ingiustizie patite e mi ritrovai con lui e insieme a lui e iniziai a piangere, anche se in realtà non avevo mai smesso, e il bacio assunse quel gesto salato che solo i ricordi mischiati alla gioia possono donare.
 
Il giorno seguente mi risvegliai nella stessa locanda dalla quale ero partita.
Lui non c’era, mi aveva lasciato sul ciglio della porta e mi aveva salutato con un bacio sulla guancia. Per tutto il tempo non feci altro che ripensare a quei momenti. A noi avvinghiati in una via in quel modo.
Noi che ci ritrovavamo.
Lui, la sua passione non avevano fatto altro che riempire tutti quei momenti bui e quegli attimi in cui avrei voluto rimanere. Riuscivo ancora a sentirlo addosso in tutto e per tutto e mi cullavo in quel momento già divenuto ricordo. Le sue labbra, la sua pelle, le sue mani su di me, il suo sapore, il suo odore che ora s’impregnavano su di me ora era tutto ciò che mi restava.
La sua impetuosità e frenesia appena era entrato in contatto con me, quasi come se mi cercasse da tempo. Quasi come cercasse da tempo quel momento quanto me, era qualcosa che ancora mi faceva ansimare e morire allo stesso tempo, quanto mi era mancato? Avrei potuto avere tutti gli uomini di tutti i regni interi ma nessuno sarebbe stato come lui, oppure era meglio dire che nessuno sarebbe stato lui.
Per tutto il giorno non feci altro che pensare a quello, perdendo il senso del tempo e aspettando che ritornasse, si fece vivo a tarda sera portandomi qualcosa da mettere sotto i denti come ai vecchi tempi.
E ci crogiolammo e perdemmo in risate, ritrovi di quando eravamo insieme.
Quando ancora era tutto sereno, e non era successo nulla.
Quella sera mi mossi nuovamente verso le sue labbra ancora titubante e timida come la prima volta, analizzando ogni sua reazione con il timore che mi rifiutasse, e mi ritrovai, piacevolmente, a muovermi con lui mentre piano acconsentiva a quella continua voglia e mancanza che avevo di lui, abbracciandomi.
Nei giorni seguenti invece non lo vidi proprio, tutto in città era nel caos più totale. Per quanto avevo avuto modo di sentire eravamo bloccati in quella cittadina da qualcuno che aveva innalzato un muro di ghiaccio impedendoci ogni via di fuga. Eravamo rimasti senza luce per un bel po’ mentre a me avevano dato ordine di restare nell’edificio.
Mi sentivo terribilmente sola, mentre per tutto il tempo mi chiedevo dove fosse Killian preoccupandomi.
Ero sola. Di nuovo.
Una sera stanca di quella continua attesa scappai da una delle finestre passando per il tetto e arrivando giù.
Vagai per la città senza conoscerla per davvero, non avevo mai avuto modo di visitarla. Killian, era sparito nel nulla dopo quei giorni e con lui quella vaga promessa di un aiuto in quella città sconosciuta. Continuavo ad affidarmi e a fidarmi a lui ma era evidente quanto venivo posposta ad altro, e ad altri. Non lo avevo già constatato? Quindi di cosa mi stupivo più di tanto.
Di lui mi restava solo quel bacio, e poi il nulla.
Ammiravo ogni singolo aspetto della cittadina in cui mi ero ritrovata, contemplando a volte alcune cose che non capivo e spaventandomi talvolta per quei rumori molesti che riempivano l’aria circostante, non sapevo cosa fossero e per più volte mi preparavo a denti stretti aspettando un qualcosa che sarebbe sbucato dal nulla in quella notte tetra.
Camminando ancora mi ritrovai di fronte a una stradina, un frinire di grilli circondava l’intero silenzio calato sulla notte, un po’ più in là, oltre la strada, si ergeva un grande orologio che segnava le 21.50, più giù una targa enorme indicava cosa ci fosse nell’edificio: Storybrooke Free Public Library.
Una biblioteca, dedussi facilmente. Tentai di avvicinarmi, per osservarla ed esplorarla al meglio anche se solo dall’esterno quando alle sue porte, vidi avvicinarsi un uomo con un andamento non del tutto lucido che si avvicinò ad esse strattonandole e cercando di tirarle, ma quelle nulla. Restarono lì, inermi. Ferme.
Non contento l’uomo infilò qualcosa dentro cercando di forzare la serratura affinché si piegasse alla sua volontà. Era palesemente ubriaco.
Riconoscevo quell’andamento, quei gesti non calcolati privi di qualsiasi lucidità. Erano gli stessi di Killian quando tornava sulla nave ubriaco fradicio incapace anche di distinguere un solo scalino e sfracellarsi a terra come niente. Quante volte l’avevo aiutato e sorretto quando era solo e non tornava con nessuno nelle stanze? Tante. Anche se lui logicamente non ricordava nulla.
E lo stesso avrebbe fatto quell’uomo il giorno dopo, quando si sarebbe ritrovato da qualche parte senza averne la minima idea di come avesse fatto. Decisi perciò di avanzare dal lato destro dell’edificio e aiutarlo a non cacciarsi in guai peggiori, quando sentii qualcuno avvicinarsi, quando il suo ‘Bloody Hell’ raggiunse il mio udito capii di chi si trattasse senza ulteriori indugi.
Mi arrestai di colpo.
Era diverso. Completamente diverso.
Il suo giaccone di pelle era scomparso lasciando il posto un nuovo tipo di abbigliamento che non capivo e che mi era del tutto estraneo su di lui. Mi sembrò di non riconoscerlo, e in questo giocava anche la sua espressione dura, nel vedere quell’uomo di fronte a quella porta, come se la cosa gli importasse.
Mi fermai a pochi passi da loro restando inosservata.
‘Sono un pirata da un po’ e so che non c’è nulla da rubare lì dentro’, esordì cercando di portarlo sulla retta via.
‘E’ quello che dici tu!’, rispose quello restio al volersi arrendere all’evidenza.
Lui gli si avvicinò cercando di prenderlo per un braccio e tirarlo via: ‘Sei ubriaco amico, vai a casa’. Quello dal canto suo non ne voleva sapere e schivò la presa.
Qualcosa in Killian cambiò, la sua espressione diventò dura e spietata e mi sembrò di rivedere il Killian di tanti anni prima, e gli partì un colpo sul volto del malcapitato, che cadde a terra disorientato.
Stava per rincarare la dose, quando si fermò come a ritornare lucido, si guardò la mano. Da quanto aveva la mano? Non gli era stata tagliata da quello che era l’Oscuro e quindi cosa ci faceva ora lì al suo posto.
Si guardò intorno come ad accertarsi che nessuno avesse assistito alla scena.
‘Se lo dici a qualcuno, sei un uomo morto!’, minacciò per poi ritirarsi ed appoggiarsi alla parete, quasi… atterrito.
Non ci vedevo chiaro, quell’improvviso cambiamento, quella mano che era tornata al suo posto. Cosa gli stava accadendo?
Mi avvicinai a lui mentre era su tutt’altro pianeta. Non mi aveva nemmeno notata, nemmeno sentita arrivare.
‘Esm, che ci fai qui?’, disse ancora con quella paura che gli velava gli occhi tenendosi il polso.
‘Killian cosa c’è che non va?’, chiesi diretta.
‘Non ti voglio qui Esm, è meglio che tu vada. Vai via.’, disse in maniera dura, allontanandosi e camminando a grandi passi per sfuggirmi.
‘Non ti fai vedere da giorni, e mi avevi promesso che mi saresti stato vicino. Ti incontro per caso e sei totalmente diverso da come ti ho lasciato. Cioè, guardati non sei tu quasi, e hai di nuovo la mano, mi vuoi dire che succede?’, cercai di afferrarlo mentre lui avanzava velocemente oltre di me.
‘Ti ho detto di starmi lontano Esm!’ Si voltò a pochi centimetri dal mio viso con l’ira che lo pervadeva. Indietreggiai perché non l’avevo mai visto così. ‘Non capisci che potrei farti del male?!’.
‘Lo stai già facendo’, sussurrai più a me, che a lui mentre si era di nuovo voltato diretto altrove.
Tornai indietro e cercai di aiutare l’uomo che ancora giaceva a terra con il naso sanguinante. Si era appoggiato con la schiena contro la porta e cercava di ripulirsi con le mani.
‘Forse con questo ti pulirai meglio’, dissi porgendogli un pezzo di stoffa che avevo con me, con un sorriso.
Quello mi ispezionò ancora mezzo intontito e lo afferrò.
‘Grazie mille’, disse quello ancora un po’ riluttante. ‘Conosci quel tizio?’, chiese puntando di fronte a sé.
Ponderai sulla risposta per un po’.
‘Una volta. Ora non più’, stentai un sorriso.
‘Meglio per te, è un pazzo’, continuò.
Annui, senza saper bene cosa rispondere.
Mi fece posto accanto a sé, porgendomi la bottiglia. Feci cenno di no mentre presi posto.
‘Non ami perdere il controllo di te stessa e dimenticare tutto ciò che ti affligge per un po’?’, chiese.
‘Mi piacerebbe, ma quanto durerebbe? Il giorno dopo sarei di nuovo io con i miei pensieri e i miei problemi’.
Annui nuovamente, continuando a bere.
‘Io sono Will Scarlett, comunque. E’ un piacere fare la tua conoscenza’. Si presentò porgendomi la mano.
‘Esmeralda’, dissi rivelandogli il mio nome.
Restai con lui per tutta la sera, chiacchierando un po’. Confidandomi un po’. E lui stava a lì ad ascoltarmi.
Appresi che anche lui era più o meno solo in quel nuovo mondo e che anche lui era lì da poco più tempo di me, e per qualche motivo iniziai a sentirmi meno sola del previsto di fronte a tutto quello che avevo davanti.

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