Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Harmony394    24/12/2014    11 recensioni
Sansa, subito dopo aver avuto il primo menarca, è costretta a sposare Joffrey appena tre giorni dopo la sua fine. Nessuna via d’uscita, nessun amico di cui fidarsi, nessuno pronto ad ascoltare i suoi cinguettii pregni di paura. Ma proprio quando la situazione sembra arrivata al capolinea, ecco qualcuno disposto a spezzare le inferriate di una gabbia che di dorato ha solo il colore. Qualcuno che non è né un principe né un cavaliere, ma un mastino. E il suo nome è Sandor Clegane.
«Perché siete sempre così crudele?!» domanda lei, le lacrime appese alla punta delle ciglia. Non mi piace vederla piangere, cazzo, soprattutto se la causa del pianto sono io. Ma non mi importa. Deve capire come funzionano le cose, che questa non è una delle sue fottute ballate ma la vita vera e che nella vita vera non esistono cavalieri ma solo chi muore e chi tenta di non morire. Il resto sono solo cazzate.
«Sarai grata per le cose crudeli che faccio quando sarai Regina e sarò l’unico a frapporsi tra te e il tuo adorato Re».
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Lime, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Sweet dreams
 
"Now hush love, here's your gown."
"There's the bed, lantern's down."
But I don't want to go to sleep; in all my dreams, I drown.
 
 
 

 
«Ne vuoi?» Le dita del Mastino mi si parano davanti e l’odore dolciastro della mela che mi porge mi fa arricciare il naso. Sarebbe maleducato rifiutare, dunque la prendo e la mordo seppur non abbia tanta fame. Come immaginavo: è troppo dolce. Stringo le labbra in una smorfia. Lui se ne accorge ma non dice nulla.
In questi ultimi due giorni abbiamo parlato pochissimo. Forse è solo la mia immaginazione, tuttavia ho come l’impressione che abbia iniziato a prendere le distanze da me, quasi che quell’abbraccio in cui l’ho stretto giorni fa lo avesse scottato. Mi ritornano in mente le sue mani grandi che si stringono attorno alla mia vita e la sua voce impastata che sussurra al mio orecchio “No, uccelletto. Non ti farò del male”  e senza che possa fare nulla per impedirlo le mie guance si tingono di rosso.

È tutto così assurdo…

«Grande Inverno è ancora lontano?» Domando ad un tratto, spezzando il silenzio. Sono giorni che cavalchiamo, le mie cosce sono ricoperte di piaghe dolorose e l’unica cosa che desidero è fare un bel bagno e cospargermi d’unguento e sali curativi. Nutro ancora la speranza che questo sia tutto un sogno, che quando riaprirò gli occhi sarò di nuovo insieme ai miei fratelli e la mia Lady, ma la testa infilzata su una picca di mio padre è ancora impressa davanti ai miei occhi, così come i segni violacei che la spada di sir Meryn ha lasciato sulla mia schiena e le mie gambe, e so bene che non andranno più via.  

Il Mastino sbuffa forte, come a volermi deridere, e la sua voce raschiante riecheggia nell’aria. «Non stiamo andando a Grande Inverno».
Il mio cuore manca un battito. «Cosa?!», mi volto di scatto verso di lui. «No! No, voi… voi avevate detto…».
«Ho detto che ti avrei portata a casa, ed è quello che sto facendo. Non hai sentito quella guardia? Tuo zio si sta per sposare alle Torri Gemelle, dove stanno quei coglioni dei Frey. Lì ci saranno tua madre e tuo fratello, che mi pagheranno per averti portata da loro. Arriviamo prima ed è persino più sicuro, che pretendi di più?».

Il panico che si era impossessato di me si affievolisce, permettendomi di ragionare con più lucidità. Le Torri Gemelle sono una Casata antica e alleata dei Tully, e se è vero che mia madre e mio fratello sono lì ad aspettarmi di sicuro mi accoglieranno a braccia aperte non appena mi rivedranno. Un’ondata di calore mi investe in pieno e il mio cuore sussulta di gioia. Non riesco a crederci: finalmente… finalmente potrò rivedere Robb e mia madre! Oh, sarà così dolce poterli stringere, baciare loro le guance! Un pensiero improvviso mi sfreccia davanti e la gioia si placa per un momento. Mi volto verso il Mastino, guardandolo con sincera preoccupazione.

«Ma questo significa che al matrimonio parteciperanno lord e lady di tutti i Regni…» Sussurro. Il Mastino aggrotta la fronte confuso.
«Così sembra. Dove sta il problema?».

Roteo gli occhi. Possibile che non capisca? «Non posso andare ad un matrimonio conciata così!» Ribatto, indicando il mio vestito ormai logoro e strappato in più punti. Una lady non dovrebbe mai essere in disordine, soprattutto durante un evento mondano come un matrimonio tra nobili! Oh, cosa direbbe mia madre se mi vedesse in questo stato? E Robb? Sono certa che mi prenderebbe in giro per giorni…

«Sarà già tanto se ci arriverai tutta integra, uccelletto. Al momento la tua testa vale più di mille vestiti d’oro e d’argento».
Sbuffo. «Voi non potete capire…», sospiro affranta. Lui non risponde. Spero solo che lord Frey mi conceda di utilizzare una delle vesti delle sue figlie, mia madre mi diceva sempre che ne ha così tante... «Sono certa che mio fratello sarà lieto di chiedervi di restare al nostro servizio, mio signore. Lui è il Re del Nord, adesso, e sono certa che vi ricompenserà perfino più dei Lannister».

Lo sguardo del Mastino si posa sul mio viso, derisorio e crudele, e una grassa risata che non ha niente di felice lascia le sue labbra. Corruccio la fronte, senza capire il motivo di tanta ilarità. Ho forse detto qualcosa di divertente?

«Ne dubito, uccelletto. I Lannister sono dei gran figli di puttana, è vero, ma cagano oro che è una bellezza ed io non ho alcuna intenzione di tornare ad essere un cane da guardia per qualche altro lord da strapazzo… Non fare quella faccia: sono ancora un mastino, dopotutto, solo senza più catene», tira un lungo sospiro e i suoi occhi si posano sull’orizzonte. «Potrei chiedere un passaggio attraverso il Mare Stretto, combattere come mercenario con i Secondi Figli. Mi pare più adatto a me», dice dopo un po’. Io resto in silenzio, a pensare a che vita triste e pericolosa sarebbe quella passata in completa solitudine, senza alcun amico e con solo obiettivi da eliminare, villaggi da depredare, persone da uccidere e da cui nascondersi, e mi sento triste per lui.

«Sarete solo», la mia non è una domanda. Gli occhi di Sandor Clegane si posano di nuovo sul mio viso: la sua cicatrice è mostruosa come poche cose a questo mondo, ma io non distolgo lo sguardo. Non voglio più farlo. «Dovrà essere terribile».

Lui sbuffa e la sua cicatrice si piega in modo grottesco. Non ho mai capito cosa si celi dietro i suoi occhi grigi: fino ad oggi ero certa che si trattasse di un’enorme, scalpitante rabbia, ma adesso mi accorgo che c’è molto di più: c’è disillusione, amarezza, diffidenza. Sono gli occhi di chi non si aspetta più niente da nessuno, di chi è deluso e arrabbiato col mondo. Sono i miei stessi occhi.

«Di certo sarà molto meglio che perdere la testa per colpa di qualche conflitto fra stupidi lord», grugnisce, la voce dura come metallo. Le sue labbra si stringono fino a diventare una fessura bianca, la mascella si contrae. «E poi non avrei comunque alcun posto dove andare. Mio fratello Gregor ha preso tutti i feudi e le ricchezze della Casata, i miei vecchi sono morti e non c’è una sola persona in tutta Westeros che non vorrebbe vedere la mia testa su una picca. Tu invece hai tua madre, tuo fratello e qualche altro parente ancora in vita che ti aspettano a braccia aperte. Io una vera famiglia non ce l’ho mai avuta, uccelletto, solo nemici. E mi sta bene così».

C’è un insopportabile senso di vuoto nel mio petto. Fa male, mi pizzica la gola e colpisce forte il cuore. Vorrei piangere, ma so bene che lui si infurierebbe e quindi mi mordo forte la lingua per trattenermi. Mi tornano in mente le parole che mi aveva rivolto quella notte di tanti anni fa, quando ero ancora una stupida bambina dell’estate innamorata di un mostro travestito da principe: il suo alito puzzava di vino, le sue dita possenti mi stringevano le spalle, la paura  mi aveva lambito lo stomaco ed i suoi occhi colmi di rabbia mi avevano trapassata da parte a parte. Ricordo di aver pianto, di essere stata certa che mi avrebbe fatto del male, ma poi lui mi aveva raccontato la storia della sua cicatrice e allora avevo compreso che la sua non era una rabbia feroce, ma triste, e la paura in qualche modo era andata via.

All’improvviso mi accorgo che non è solo la tristezza a ghermirmi il cuore, ma anche qualcos’altro. Qualcosa di strano, che mi scombussola lo stomaco e mi spezza il respiro. Lui mi ha salvata tante di quelle volte, mi dico, guardando il suo volto deturpato, Forse potrei fare anch’io qualcosa per lui.

Le parole lasciano le mie labbra prima che possa fermarle.  «Vorrei che restaste con me».


 

 
 
Non ero preparato.

Non ero preparato a quelle parole, ai suoi occhi che mi fissano in cerca di una risposta, al fatto che per la prima volta non so più che cazzo rispondere. Per gli dèi, ma come le salta in testa di dire una cosa del genere proprio a me, che potrei ucciderla con un solo dito da un momento all’altro? Resto in silenzio. Senza parole. Lei continua a guardarmi, finché all’improvviso china il capo ed i suoi occhi si velano d’imbarazzo.

«Mi dispiace», sussurra. Qualcosa nel mio petto si aggroviglia e le mie dita tremano. «Io… io non volevo essere invadente».

Una risata crudele lascia le mie labbra. «Fottiti, uccelletto. Non sono saranno i tuoi cinguetti ad imbarazzarmi» Non dovresti parlarle così, urla una vocina nella mia testa. Ogni volta che lo fai finisce col piangere e tu detesti le persone che piangono, soprattutto se si tratta di lei. Non le do’ ascolto. Mi sento privo difese in questo momento, come se quelle parole avessero smosso qualcosa nel mio stomaco e in tutto il resto del corpo, ed io detesto sentirmi così… così debole. È solo una fottuta ragazzina con ancora la bocca sporca di latte e le tette troppo piccole, ed io sono un assassino, cazzo, non un idiota che si rincoglionisce per due occhioni azzurri.

«E smettila con queste stronzate. Non sei più ad Approdo del Re, puoi anche smetterla di fingere di non disprezzarmi».
«Io non vi disprezzo!», urla lei, gli occhi ridotti a due fessure azzurre. Il suo labbro inferiore trema, le sue dita si stringono a pugno contro la stoffa di quel che rimane del suo vecchio vestito di broccato. Per un momento, giusto un battito del cuore, mi sovvengono le sue parole: perché dovete essere sempre tanto odioso? «Mi avete salvato la vita, come potrei disprezzarvi?».

So che c’è della verità nelle sue parole, ma qualcosa – non so cosa – mi fa comunque fremere di rabbia. Sta mentendo, mi dico, è solo uno dei suoi tanti cinguettii. E se anche dicesse la verità? E se davvero non mi disprezzasse? Cosa farò? Diventerò il suo cagnolino da guardia? Mi ridurrò ad un coglione, mi affezionerò a lei per poi sbranarla quando non riuscirò più a trattenere il cazzo nei pantaloni? 

No, scuoto la testa. Io non sono Gregor. Io non le farei del male. Ho giurato di proteggerla, di riportarla a casa, e così farò. 

Dicevi lo stesso per Alina. Ti ricordi com’è finita, vero?, sussurra di nuovo quella voce, e il ricordo di mia sorella mi colpisce dritto alla bocca dello stomaco, in una morsa che sa di rimpianto e di rabbia. I suoi capelli castani mi ritornano alla mente, i suoi occhi grigi tanto simili ai miei bruciano come vino su ferite ancora aperte, la sua voce minuta mi riecheggia nella testa:  “Andrà tutto bene, Sandor. Non c’è bisogno di dirlo a nostro padre. Andrà bene, vedrai...”.

No. Non andrà tutto bene. 

«Ehi, voi due! » Una voce mi fa sussultare. Afferro d’istinto l’elsa della spada ed alzo lo sguardo: gli occhi scuri di una vecchia dal naso aquilino incontrano i miei, al suo fianco vi è un uomo qualche anno più vecchio, con una barba cespugliosa e piccoli occhi incavati e sospettosi. Lascio andare la presa di scatto e riservo loro un’occhiataccia colma di disprezzo.

«Che vuoi?» Sono già incazzato per conto mio, non ho tempo da perdere con due vecchi idioti. Sotto di me, Sansa mormora qualcosa riguardo al fatto che non bisognerebbe rivolgersi in quel modo a degli estranei. Che si fotta anche lei.

«È sulla nostra terra che camminate, sir».

«Non sono un sir, stupida vecchia. E se ci sto sopra significa che questa è la mia terra».
«Padre!», la voce della ragazzina mi prende alla sprovvista. Mi volto verso di lei, che mi guarda a sua volta con sguardo contrito. Sto quasi per mandarla a farsi fottere –chi è che hai chiamato “padre”? Ho ventisette fottuti anni, non potrei sembrare tuo padre neppure volendolo*. –, ma lei prende di nuovo la parola. «Perdonatelo, mia signora. Purtroppo dopo la morte di mia madre è diventato piuttosto scorbutico. Venne uccisa da dei banditi. Mio padre… lui non era in casa ed io feci appena in tempo a fuggire, ma vi giuro che l’amava molto e che era un guerriero nobile e valoroso: la cicatrice che porta sul volto ne è la prova. Abbevereremo il cavallo e poi ci rimetteremo in marcia, non vi daremo alcun fastidio».

Non faccio in tempo a dire nulla che la vecchiaccia si scioglie in un uggiolio impietosito e guarda Sansa con occhi colmi di tenerezza, neanche fosse un cerbiatto ferito. La furia che prima mi montava nel petto si acquieta di colpo e lascia il posto alla sorpresa: non mi aspettavo che sarebbe stata in grado di architettare una menzogna tanto elaborata in così poco tempo. Forse non è ingenua come pensavo.

«Oh, povera piccola… Aldenn, caro, guarda quant’è deperita!», strilla, rivolgendosi al marito. Gli occhi dell’uomo sono piccoli ed incavati, le sue labbra somigliano a sottili vermi pallidi e le sue dita sono ossute ma possenti. Non ha mosso bocca dall’inizio della discussione e c’è qualcosa, nel suo sguardo torvo, che non mi convince affatto. «Sono certa che abbiamo abbastanza pane per dividerlo con lei e suo padre, non trovi?».

Lui assottiglia punta il suo sguardo dritto sul mio, quasi voglia leggermi in faccia se ciò che dice la ragazzina è vero. Non mi sembra ostile e potrei ucciderlo a mani nude semmai dovesse creare problemi, tuttavia non muovo un passo verso di lui.

Questi due idioti non mi piaccianoE soprattutto non mi piace il vecchio.

«Per quale Casata combattete, sir?» Domanda.
«Tully, di Delta delle Acque. E non sono uno dei tuoi fottuti sir» Ringhio. È già la seconda volta nell’arco di un’ora che vengo chiamato così; al prossimo che lo farà giuro che ficco la mia spada dritta in gola.

Lui non dà segno di irritazione. Rimane in silenzio a studiarmi, e qualcosa mi suggerisce che sa esattamente chi sono, e soprattutto chi è Sansa. Questa volta la voglia di ucciderlo si fa impellente. Devi farlo, urla quella vocina fastidiosa di poco prima, E devi farlo in fretta, prima che qualcuno ti veda. Adesso. Adesso!
Un tuono squarcia il cielo pochi istanti prima che possa sfoderare la spada. Piccole gocce d’acqua picchiettano sul terreno, sull’armatura e sulla mia pelle, divenendo sempre più insistenti. La vecchia megera blatera qualcosa riguardo il non volersi prendere un malanno e l’uccellino pigola di disapprovazione quando i suoi capelli si bagnano. Infine, le labbra del vecchio si incurvano in tutta quella che ha l’aria di essere un sorriso accogliente e gentile ma che non mi convince per niente.

«Sta iniziando a piovere, vi servirà un tetto per la notte. Non abbiamo molto, ma chi ha sofferto per casa Tully è il benvenuto da noi. Saremo lieti di offrirvi del pane e del sale» Conclude. La schiena dell’uccelletto si rilassa contro il mio petto e sul suo visino da bambola si designa un sorriso di sollievo. Forse mi sto preoccupando troppo, forse quel tizio è davvero un brav’uomo ed ha solo una brutta faccia, o forse invece vuole solo prenderci all’amo come due pesci. Che ci provi: la mia lama vibra di piacere all’idea di assaggiare il suo sangue.

«Vi ringraziamo, miei signori. Saremo lieti di accettare la vostra ospitalità» Cinguetta Sansa, cordiale. Io annuisco col capo ma lo sguardo che riservo al vecchio idiota è chiaro: un solo passo falso e t’ammazzo, stupido vecchio. Dall’espressione che mi rivolge, comprendo che ha capito.

Non facciamo che pochi metri prima di arrivare a quella che ha tutta l’aria di essere la loro abitazione: una casa mediocre, costruita con legno e paglia e mattoni, con un focolare e alcune stanze allestite con tappeti e pagliericci. Entrando, scorgo una bambina dai capelli scuri con denti sporgenti che tutta l’aria di essere la loro nipote. Mi sovviene il viso di mia sorella e scuoto il capo per scacciare via quell’immagine.

Sono anni che non ci penso, cazzo. Proprio adesso doveva tornare a tormentarmi?

 La mocciosa e la vecchia preparano uno stufato di verdure e l’uccellino dà loro una mano mentre io e il vecchio rimaniamo seduti davanti al fuoco, a scrutarci in silenzio. Dopo un po’ ci sediamo per mangiare, la cena risulta essere addirittura piacevole e, per mia gioia, posso concedermi anche qualche bicchiere di vino. Sono seduto su un pagliericcio che dà sul focolare, quando il vecchio dagli occhi scavati di prima si siede accanto a me. Le donne vanno di là a prepararsi per la notte ed io e lui rimaniamo di nuovo soli. Non passano che pochi secondi che lui prende la parola, la sua voce è roca e autoritaria.

«Tu non mi piaci, sir. Non mi piace la tua faccia, non mi piace la tua voce e non mi piace il tuo modo di parlare, però mi piace la tua spada. Io non saprei usarla, sono solo un povero vecchio, ma tu… tu riusciresti a far scappare il peggiore dei predoni solo guardandolo di traverso. So chi sei, mio signore, ma non ho intenzione di dirlo alle guardie. Sono un uomo d’onore, io, ed ho promesso ospitalità. Tuttavia, ho bisogno del tuo aiuto: lavora per me, tieni lontani i mercenari ed io non dirò nulla a nessuno e ti ricompenserò con dell’argento per il lavoro svolto», la sua mano si tende verso di me, i suoi occhi vengono attraversati da un lampo di soddisfazione. Non mi lascio allarmare – dopotutto  avevo già percepito che lui sapeva, questa è stata solo la conferma finale – e mi limito a ingoiare un altro sorso di vino. Lo guardo da sopra la mia coppa e nella mia mente si forma l’immagine delle mie dita attorno al suo collo, del suo volto raggrinzito che si tinge di viola, del battito del suo cuore che si affievolisce pian piano, e un sorriso mi deforma il volto.

«Argento hai detto, vero? Quanto?».

Lui sorride: un sorriso strambo e con diversi denti mancanti. «Tanto. Abbastanza per ripagarti degnamente. L’ho rubato da giovane a dei mercanti. Non se ne sono mai accorti, ed io l’ho conservato per il momento più adatto. È ancora lì dietro quel vaso, proprio come la prima volta in cui l’ho lasciato. L’inverno sta arrivando, mio signore, e questa volta non sarà semplice sopravvivere. Una cane da guardia è proprio quello che mi ci vuole. La fanciulla può restare con noi, se lo desideri… ho visto come la guardi, sai? Ehehe. Non si può certo dire che tu abbia brutti gusti in fatto di donne».

Le mani mi prudono dalla voglia matta di sferrargli un pugno dritto sul naso. Stringo le labbra e prendo un altro sorso di vino. «Lo stesso non si può dire per te, invece. Tua moglie è una delle racchie più brutte che abbia mai visto».

Lui alza le spalle. «Te lo concedo. Ma almeno sa cucinare e si prende cura di Freja, mia nipote, e questo mi basta. Sono troppo vecchio per badare a futilità come la bellezza di una donna. Riguardo a noi, invece: abbiamo un accordo?».

«Se paghi il giusto va bene» Ribatto. Se fosse meno idiota, di certo si accorgerebbe del ghigno sardonico che mi incurva le labbra, saprebbe che fidarsi di un assassino è come condannarsi a morte da soli e ancor di più rivelare a quell’assassino che conosci la sua identità. Se fosse meno idiota, si accorgerebbe del pugnale che sta per ucciderlo.

«Eccoci qui!».

Mi fermo di colpo e rinfodero l’arma prima che la vecchia racchia la veda. Sul suo viso pieno di macchie e rughe vi è un enorme sorriso che mi fa capire che non ha percepito alcun pericolo, e lo stesso pare per quell’idiota di suo marito.

‘Fanculo, mi toccherà aspettare fino all’alba.

Mi scolo un altro calice di vino – che inizia a darmi alla testa, finché la figura longilinea di Sansa Stark mi si para davanti e qualcosa nel mio stomaco si dimena e la presa sul calice vacilla: l’hanno pulita, la sua pelle non è più sporca di terra e fuliggine ed i suoi capelli, da prima stretti in acconciatore districate e disordinate, adesso scendono morbidi lungo la linea dei fianchi e le incorniciano il viso sottile. Anche la veste è diversa: è meno vistosa, di lana pesante, pulita e con una cintura di cuoio che le stringe i fianchi; i suoi piedi sono fasciati da spesse calze di lana e stivali di cuoio, e un gilet di pelliccia le copre le spalle minute. Sembra proprio una semplice popolana, ma resta comunque bellissima nonostante tutto. Stringo le labbra: questo non è un bene. Non lo è per me, che fremo dalla voglia di strapparle quelle vesti di dosso e farla mia in tutto e per tutto, e non lo è per lei per il medesimo motivo.

 Che tu sia dannata, ragazzina.  

«È tardi, miei signori. Credo sia giunto il momento di andare a dormire», lo sguardo acquoso della vecchia passa da me a Sansa, per poi indicare una porta in fondo alle scale. «Vi mostro le vostre stanze, seguitemi».

La stanza che ci viene mostrata è piuttosto piccola, di legno e con un focolare addossato alla parete. I giacigli di paglia sono messi uno vicino all’altro ed hanno entrambi coperte di pelle e cuscini. Mi tolgo gli stivali e l’armatura con velocità, felice di poter di nuovo respirare come si deve, e infilo il pugnale sotto il cuscino; poi mi sdraio e tento di chiudere gli occhi. Solo quando percepisco il corpicino leggero di Sansa Stark posarsi sul giaciglio, un po’ tremolante ed evidentemente imbarazzata per la troppa vicinanza dei letti, schiudo gli occhi e mi concedo un’occhiata fugace: è voltata dall’altra parte e non posso vederla in viso, ma i suoi capelli sparsi sul cuscino sono una delle cose più belle che abbia mai visto. Sono lunghi, rossi, morbidi; la voglia di giocarci e tanta – troppa! - ma resisto. Devo farlo. Per lei. Per me. Soprattutto per me, perché so fin troppo bene che una volta andato non sarei più in grado di fermarmi.

Non le farò del male, mi ripeto, ma ad ogni secondo che passa la voglia scalpitante di lasciarmi andare si fa più forte e pericolosa. Non le farò del male. Non le farò del male. Non le farò del male!

Ad un tratto lei si gira ed io mi sento come un moccioso scoperto a rubare. Non c’è aria di rimprovero nei suoi occhi chiari, né tristezza. Per la prima volta, vedo solo tanta serietà.

«Quello che vi ho detto oggi…», sussurra, la sua voce che si perde fra gli spifferi della stanza. «Ero sincera. Non ho mentito. Non vi ho mai odiato, mio signore, lo giuro. Volevo solo dirvi questo, per quanto poco possa valere. Buonanotte», e mi dà di nuovo le spalle.  

Faccio un’immensa fatica ad addormentarmi. Le mie braghe sono improvvisamente strette, respirare è quasi impossibile e dentro di me è in corso una guerra sanguinosa fra l’istinto animalesco di fottermene di tutto e prenderla come sogno di fare dacché l’ho incontrata e la voce incessante nella mia testa che mi urla che io non sono Gregor e che non le farò del male, che non devo farlo e che non lo farò. Non lo farò.

Quando riesco a prendere sonno, però, sogno le sue labbra premute sulle mie, il suo corpo caldo e la sua pelle morbida come velluto sotto le mie dita. Sogno di baciare ogni suo lembo di pelle, ogni livido ed ogni lentiggine, soffermandomi di più fra il solco dei suoi seni e godendo dei suoi sospiri spezzati che mi chiedono di essere gentile, di non lasciarla andare. Sei mia, uccellino, le sussurro, stringendola a me. Lei freme e inarca la schiena, sussurra il mio nome e si aggrappa a me, ed è come morire e rinascere lì, sulla punta delle sue labbra. Io sono tuo e tu sei mia. Sei mia, mia, mia, solo mia, e ad ogni sussurro ne segue un bacio, poi un altro e poi altri cento ancora, finché le sue labbra svaniscono, la sua pelle inizia a sapere di fieno e l’erezione che mi ha gonfiato i pantaloni durante la notte diventa troppo dolorosa da sopportare. Apro gli occhi: la notte è svanita, il sogno anche, ma lei è ancora qui accanto a me che dorme beata. Mi domando cosa stia sognando, se almeno nei sogni tutte le sue preoccupazioni si dissolvano, e le mie dita accarezzano i suoi capelli rossi, la linea curvilinea delle sue braccia. Mi alzo dal giaciglio di paglia con la consapevolezza di non potermi spingere oltre, che se lo facessi perderei il controllo, e faccio per andarmene.

I sogni sono una cosa, mi dico, impugnando l’elsa del pugnale e dirigendomi verso la camera da letto del vecchio e di sua moglie, La realtà un’altra. E un mastino non può permettersi di amare.
 
 
 
 
  • Note dell’Autrice.
1. La canzone è tratta dal Musical The Devil’s Carnival, ed è “In all my dreams I drown”.
2. Nei libri Sandor ha ventisette anni\trenta o giù di lì, mentre Sansa dodici\tredici. Dato che il Sandor-quarantenne (per quanto Rory mi faccia sangue e sesso) della serie TV non mi garba più di tanto, ho deciso di farlo tornare ad essere il ventisettenne scorbutico che è nei libri. Per quanto riguarda Sansa, invece, ho deciso di darle l’età che dimostra nei telefilm: quindici\sedici anni. Perdonatemi questa licenza, ma Sandor quarantenne per me è #no. (avrei capito gli avessero dato due o tre anni in più, ma santo cielo gliene hanno aggiunti venti. V E N T I. HBO, what’s wrong with you?).   Ad ogni modo, qui c’è un’immagine di come immagino il Sandor dei libri: https://scontent-b-mxp.xx.fbcdn.net/hphotos-xpa1/v/t1.0-9/1510955_1384936808464127_1903264585164612734_n.jpg?oh=b60a9908af768c46d69813fd2ee339c1&oe=54FF1978 ringraziate tutti Phoenixstein per la photomanip. <3

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Eeeeeeed eccomi qui! :D
Anche questo capitolo, sempre per il motivo di cui vi parlavo la scorsa volta, non è stato betato per cui vi prego, vi prego, vi prego ditemi se qualcosa non vi convince o trovate degli errori!
Piano piano Sansa e Sandor stanno iniziando ad avvicinarsi l’uno all’altra, e questo è bene. Moooolto bene. Mi dispiace di andare molto a rilento con queste cose, ma preferisco che la storia sia credibile piuttosto che affrettata e piena di scene love-love-happy. (tranquilli, forse un giorno arriveranno (?) ) Per quanto riguarda “Alina”, la sorella di Sandor: non me la sono inventata. Esiste sul serio! Sandor aveva davvero una sorella. Nei libri non viene fatto il suo nome, quindi ho deciso di chiamarla Alina come la protagonista di una storia su Skyrim che ho letto qui su EFP. Qui c’è il link, semmai dovesse interessarvi. Ve la consiglio tanterrimo! (link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?)

Ad ogni modo, non vi dico nulla di più su questo personaggio perché verrà meglio approfondito nei prossimi capitoli. Spero vi piaccia la metà di quanto è piaciuto a me scriverci sopra!
Ci vediamo al prossimo capitolo, grazie mille a tutti voi che mi seguite e lasciate dei pareri a questa. Non smetterò mai di ringraziarvi! ^__^
Come al solito, vi lascio il mio link di FB semmai voleste mettervi in contatto con la sottoscritta e\o avere notizie in più sulla fanfiction. Vi auguro un sereno Natale e che nessuno di voi prenda troppi kg con le feste! :P

Bacioni!

Link: https://www.facebook.com/harmony.efp.9
   
 
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