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Autore: Ella Rogers    24/12/2014    5 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Sotto Attacco

Se si prestava la giusta attenzione e si tendeva bene l’orecchio, si potevano percepire le sinapsi di diversi cervelli che lavoravano assiduamente alla ricerca di uno stereotipo di soluzione per quella situazione che continuava a sfuggire loro di mano, rendendoli dannatamente vulnerabili.
Il ticchettio delle unghie di Natasha che battevano ritmicamente sulla superficie metallica del tavolo, scandiva il passare dei secondi come la lancetta di un orologio.
Le ipotesi più svariate venivano formulate e scartate subito dopo, poiché ritenute inefficienti. Questo processo non faceva altro che accrescere un senso di inquietudine e di nervosismo, dovuto alla consapevolezza di essere in completo svantaggio rispetto al nemico.
Se i Demoni della Notte sapevano ogni cosa dello SHIELD, lo SHIELD non sapeva nulla di questa congregazione fantasma, nata e sviluppatasi al suo interno, come un cancro che a lungo andare avrebbe portato alla distruzione del corpo in cui aveva messo radici.

La vena sul collo di Nick Fury era ancora gonfia, segno che la rabbia e la tensione non erano ancora state del tutto sbollite dopo le ore trascorse tra imprecazioni, insulti e risse mancate per un soffio.
Era stato Stark a placare la tempesta nata dal momento in cui Loki aveva deciso di mettere loro la pulce nell’orecchio.
Il miliardario aveva abbandonato la stanza, divenuta all’improvviso una specie di tribunale, affermando che era inutile continuare a discutere quando ci si basava su considerazioni personali e non su fatti concreti.
Chi fosse, o meglio, cosa fosse Anthea non potevano saperlo ed era inutile tirare ad indovinare. Non aveva senso nemmeno addossare alla ragazza il ruolo del cattivo di turno, basandosi solo sulla lingua velenosa di Loki, che si ostinava a rimanere in silenzio e con un fastidioso ghigno stampato in faccia.

“Continuiamo a farci gli sgambetti tra di noi. Praticamente ci affondiamo da soli, senza l’aiuto di fattori esterni. Come possiamo anche solamente pensare di combattere contro qualsiasi nemico, se prima non esorcizziamo i demoni che ci sono all’interno del nostro gruppo. Sono consapevole di essere la persona meno indicata per sostenere un discorso sul lavoro di squadra, ma accidenti! Siate ragionevoli e smettetela di puntare il dito, dato che non abbiamo alcuna prova sulla colpevolezza della ragazza.”
Pronunciate queste parole, Stark si era dileguato, lasciando dietro di sé un silenzio tombale e l’invito a riflettere attentamente su tutto quello che era accaduto e stava accadendo.

Ma nonostante tutto, ognuno dei Vendicatori si domandava se fosse stata una mossa opportuna portare Anthea con loro.
La ragazza era un fantasma apparso dal nulla.
Poteva essere chiunque e qualunque cosa.
Natasha sapeva perfettamente quanto fosse facile fingere essere qualcun altro, vestire i panni di una persona diversa e nascondere chi si era davvero. Lei lo faceva ogni giorno e non solo per quello che era il suo lavoro, ma soprattutto perché fingere era divenuta una delle sue migliori difese contro il mondo esterno, fin da bambina.
Era stata fino in fondo se stessa qualche volta? Sì.
Il suo sguardo si spostò sulla figura dell’uomo di fronte a lei e come sempre vi trovò l’amata sensazione di sicurezza.
Gli occhi chiari di Clint erano un appiglio saldo a cui aggrapparsi in ogni situazione, in ogni luogo e in ogni tempo.
Quelle iridi aveva creduto di non rivederle più qualche tempo prima, ovvero quando erano state celate dal potere alieno del Tesseract. La patina blu elettrico, appiccicata come una lente agli occhi del compagno, le aveva portato via l’unica sicurezza e l’unico appoggio esterno su cui avrebbe sempre potuto contare e di cui mai avrebbe potuto fare a meno.
Forse era proprio per questo che dopo l’attacco dei Chitauri si era allontanata progressivamente da Clint.
Aveva assaggiato la perdita di una persona amata ed era nata in lei la consapevolezza di non essere pronta ad affrontare un tale dolore.
L’unica soluzione per evitare una tanto grande sofferenza, era quella che escludeva ogni tipo di legame profondo. Ma per la Romanoff non era facile nemmeno evitare di legare, dato che da quando conviveva con i Vendicatori non poteva non ammettere di sentirsi finalmente a casa.

Clint doveva essersi accorto del suo sguardo insistente, perché alzò il capo e Natasha si ritrovò a guardare i suoi stessi occhi verdi specchiati in quelli chiari dell’uomo.
Barton le regalò un fievole sorriso.
Lei socchiuse le belle labbra carnose, ma le richiuse subito dopo, consapevole che no, non era il momento di lasciarsi andare.

“Ci sono proposte?”
La voce di Fury richiamò tutti i presenti alla realtà.

Il silenzio che seguì la domanda non fu affatto confortante.



                                                      ***



L’ombra possedeva in tutto e per tutto tratti umani.
Era alta e possente. Si potevano scorgere i muscoli delle braccia gonfiarsi, mentre erano impegnati a strangolare la vittima intrappolata in quella morsa fatale.

Steve fissava con occhi sgranati il volto nero come le tenebre a un palmo dal suo naso, non trovandovi alcuna espressione.
Non aveva occhi e non aveva bocca, solo la curva di quello che doveva essere un naso.
Con entrambe le mani afferrò il polso dell’ombra e tentò di staccare quelle dita lunghe e fredde dal proprio collo, consapevole che la mancanza d’aria gli stava facendo perdere lucidità secondo dopo secondo.
Il mostro pareva essere fatto di pietra e nonostante gli sforzi, Steve non riuscì a smuoverlo nemmeno di un millimetro.
Dischiuse le labbra in cerca di aria.
Le tempie avevano cominciato a pulsare dolorosamente, le forze vennero meno e la vista divenne sfocata. Chiuse gli occhi.
Le braccia ricaddero mollemente lungo i fianchi e le gambe cedettero.

L’ombra sollevò il Capitano di qualche centimetro da terra e strinse maggiormente la presa sulla sua gola.

Un fischio venne seguito da un luce azzurrina.
L’ombra mollò la presa sulla sua vittima e indietreggiò sotto l’attacco dei fasci di energia, provenienti dai guanti dell’armatura di Iron Man.
Tony Stark, al fianco del suo gioiello tecnologico, osservò l’ombra sciogliersi e trasformarsi in una macchia nera sul pavimento.
L’armatura cessò l’attacco e Tony raggiunse Rogers, che goffamente tentava di rimettersi in piedi.

“Ehi Cap, tutto okay?”
“Sì, sto bene.”
La voce di Steve era rauca.
Stark osservò il viso del soldato riacquistare un po’ di colore, mentre sul collo diventavano sempre più evidenti le ecchimosi dovute al tentato strangolamento.
Per fortuna, quella stessa mattina, il miliardario era tornato alla Tower per prendere e trasportare sull’Helicarrier un paio delle sue armature, tra cui quella che adesso era immobile alle sue spalle, la quale era attivata dai braccialetti che portava ai polsi e, in mancanza del pilota, veniva controllata da JARVIS.

“Che cos’era?”
“Non ne ho la minima idea, Rogers.”

I due Vendicatori rimasero ad osservare la pozza scura ai loro piedi, simile ad una macchia d’inchiostro.
“Dovrò prenderne un campione per analizzarlo.”
“Aveva una forza impressionante ed era dura come il marmo.”
Tony si voltò a guardare il compagno e lesse in quegli occhi azzurri la stessa agitazione che lui stesso sentiva muoversi nello stomaco.
“Stai pensando la stessa cosa, vero?” indagò Stark, tornando a concentrarsi su ciò che era rimasto dell’ombra.
“Ce ne sono altri.”
Tony annuì solamente.

Un’esplosione fece vibrare l’intera struttura sospesa nel cielo.
Il suono acuto dell’allarme generale raggiunse ogni angolo dell’Helicarrier e dopo qualche minuto si interruppe bruscamente.

Steve e Tony si scambiarono uno sguardo d’intesa.
Erano sotto attacco.
Naturalmente, il nemico si era premurato di eliminare ogni possibilità di comunicazione a distanza, visto che le ricetrasmittenti non davano segni di vita.

“Dividiamoci.”

Stark sollevò un sopracciglio, perplesso.
“Aspetta un attimo. Dove vuoi andare?”

Rogers si passò una mano sul collo, sentendo il dolore riaccendersi al tocco delle dita.
“Raggiungerò Anthea, mentre tu correrai dagli altri per informarli dell’entità del nemico, se ancora non hanno avuto la sfortuna di incontrare uno di questi.”
Con un cenno del capo indicò la macchia nera.

Tony spostò il peso da un piede all’altro, sospirando.
Si fidava di Capitan America e gli avrebbe affidato la vita, ma in quel momento era consapevole di non poter contare su un lucido Steve Rogers, che nonostante tutto non riusciva a rimanere obbiettivo di fronte alla ragazza paranormale.
Per quello che ne sapevano, Anthea avrebbe potuto controllare il Capitano o avrebbe potuto ucciderlo nel tentativo di riprendere il potere che aveva nascosto all’interno del suo corpo.
Lasciarlo andare era un rischio e Stark - uno che attaccava prima di pensare - non se la sentiva di correrlo, poiché la posta in gioca era troppo alta.
Non poteva - non voleva - stare a guardare Rogers camminare tra le braccia della morte, per l’ennesima volta.
Tre giorni, tre miseri giorni e Capitan America aveva rischiato la pelle troppe volte.
Stark - non lo avrebbe mai ammesso naturalmente - sentiva una piccola ma affilata puntina di senso di colpa raschiargli lo stomaco, perché aveva lasciato che Rogers combattesse da solo contro il nuovo nemico, spuntato all’improvviso come uno schifosissimo e fastidiosissimo brufolo. Certo, Capsicle era stato più freddo che mai nei suoi confronti, ma lui avrebbe dovuto dubitare maggiormente, avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che non andava e che quel qualcosa non aveva a che vedere con il caratterino del patriottico soldato.

Steve era ancora lì, di fronte a lui, in attesa di parole che faticavano ad arrivare. L’azzurro dei suoi occhi fremeva, riflettendo l’impazienza di muoversi, di raggiungere quella che era divenuta la causa dei loro problemi.
Una ragazza pericolosa quanto straordinaria, oscura quanto luminosa.
E Stark capì che, qualunque cosa avesse detto o fatto, non sarebbe riuscito a fermare il Capitano.

“Lo scudo, Rogers. Vai a prenderlo.”
Steve sorrise leggermente e poi diede le spalle al compagno.
“Sì, Stark, farò attenzione” disse, prima di scattare, lasciando il miliardario con la bocca aperta e le parole incollate sulla lingua.
Non gli poteva nascondere più nulla. Rogers gli leggeva dentro come pochi sapevano fare, era quasi ai livelli di Pepper.

“Fa’ attenzione o giuro che ti prendo a calci” sussurrò, con lo sguardo fisso nel punto in cui Steve aveva svoltato l’angolo.

Tony allargò le braccia e sorrise, percependo l’adrenalina inondargli le vene.
“JARVIS, l’armatura.”
Pochi istanti e Iron Man era pronto all’azione.

Nessuno si accorse, però, che la macchia nera era strisciata via, seguendo i passi di Rogers.



                                                         ***



Seduta con le spalle poggiate alla parete di vetro, fissava da un tempo indefinito il vuoto davanti a sé.
Cercava di ignorare la vocina cantilenante nella sua testa, la quale continuava a farle notare che si trovava nuovamente rinchiusa in una gabbia a causa degli umani.
La credevano un mostro e forse non sbagliavano più di tanto e lei aveva cominciato a credere che fosse vero.
Sentiva un vuoto nel petto e nello stomaco dall’istante in cui Steve le aveva rivolto quello sguardo, prima di abbandonare la stanza.
Gli occhi azzurri le erano apparsi un mare in tempesta e lei si era sentita affogare, l’aria era venuta a mancare e lo stomaco si era attorcigliato su sé stesso, facendole male.
Rabbia, delusione e … paura? Era ciò che aveva scorto nel cuore del ragazzo e che di riflesso lei stessa aveva provato a causa del legame, legame adesso profondamente danneggiato, tanto che non riusciva più a percepire l’altro. Buio totale.

Sì, aveva passato parte del suo potere a Steve, ma lo aveva fatto perché era l’unica persona al mondo di cui si fidava, anche se non lo conosceva affatto e nonostante appartenesse al genere umano.
Le ispirava protezione e calma, la faceva sentire al sicuro e lei seguiva la scia di quelle bellissime sensazioni, inebriandosi del loro effetto miracoloso.
Dal momento in cui aveva condiviso il proprio potere, si era sentita più leggera e soprattutto padrona di sé stessa.
Condividere quell’enorme fardello che portava dentro dalla nascita, le aveva dato la possibilità di assaporare uno stereotipo di libertà, poiché le catene oscure intorno alla propria anima erano divenute meno spesse.

Il materializzarsi di una presenza distrusse quello stato di alienazione in cui era precipitata, riportandola alla realtà.
Il cerchio dorato attorno la pupilla brillò, creando un intenso contrasto con l’iride blu notte e riflettendo l’eterna lotta tra luce e buio consumata nel proprio animo.
Fece leva sulle braccia e si rialzò, fronteggiando il nuovo arrivato.

“Tu” soffiò, astiosa.
“Capisco che avresti preferito qualcun altro, ma dovrai accontentarti.”
“Sei un bastardo, Loki.”

Sul viso del dio si dipinse un sorriso agghiacciante, ma Anthea non ne fu minimamente turbata, data la rabbia che le offuscava i sensi in quel momento.
Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma sarebbe stato inutile, dato che quello davanti a lei non era altro che una specie di ologramma creato dal dio e arrivato a lei all’insaputa di tutti.
Anthea sbuffò esasperata.
“Perché lo hai fatto? Cosa ci hai guadagnato?”
“Io sono il Dio del Caos, mia cara.”
“Quindi agisci in virtù di un titolo che ti è stato affibbiato. Ti credevo più intelligente, ma a quanto pare non sei altro che un folle esaltato.”
Il sorriso di Loki si spense, lasciando spazio a un’espressione furente.
“Non permetterti di giudicare le mie azioni, piccola sfrontata.”
“Tu hai giudicato le mie, facendomi apparire agli occhi di tutti una sporca traditrice.”

Ci fu un momento di silenzio, teso e tagliente.

“Osservare quegli idioti litigare è divertente.”
Loki ghignò, ma i suoi occhi di ghiaccio trasmettevano insicurezza, derivata dalle parole della ragazza.
“Che cosa hai visto?”
“E questo cambio repentino di discorso a cosa lo devo?”
Anthea scosse il capo, sorridendo amaramente.
“Perché devi per forza comportarti da stronzo, perché per una volta non provi a …”
Le parole le rimasero impigliate alla lingua.
“A fare cosa? Collaborare? Essere buono e giusto?” sputò il dio, dandole le spalle e allacciando le dita dietro la schiena.
“A seguire le tue emozioni, fregandotene di quello che pensa chi ti sta intorno. Tu non odi Thor, come non odi i suoi compagni. Sei arrabbiato con te stesso e rifiuti ogni mano tesa verso la tua persona, perché pensi di non esserne degno, perché vuoi affogare da solo nel dolore, nascosto dagli occhi di tutti. E adesso celi le tue debolezze dietro una maschera fatta di tagliente sarcasmo e cattivo agire. Ti stai aggrappando a questo titolo, Dio del Caos, perché non riesci a trovare il vero te stesso e-”

“Basta così! Smettila! Le tue sono parole vuote.”
Loki si voltò a guardarla, rivolgendole un’occhiata carica di rabbia ed impotenza, perché lei lo aveva smascherato, lo aveva messo a nudo.

“Sei entrato dentro di me. Dovresti essere a conoscenza delle mie capacità.”

Tutto, fuori e dentro di lui, crollò come un castello di carte e Loki si ritrovò a sospirare stancamente, privo della voglia di cercare nuove parole cattive e taglienti da rivolgere a quella ragazza, che era riuscita ad ammutolirlo schiaffandogli in faccia una realtà che credeva ben nascosta dietro il suo sguardo di ghiaccio e i suoi sorrisi accattivanti.

Lei ti leggeva l’anima. A lei non potevi nascondere nulla.

Loki, però, poteva ripagarla con la stessa moneta.
Una verità altrettanto dura e scioccante.
La guardò negli occhi, mentre riduceva la distanza tra di loro a un singolo e insignificante passo.
“Cosa ho visto? Ho visto un demonio muoversi nelle tue viscere. Ho sentito sangue e morte, mischiati a dolore e paura. Ho percepito un potere talmente grande da incutere terrore. Saresti degna del tuo popolo, il quale, sfortunatamente, non verrà mai a conoscenza del gioiello che ha partorito su questo pianeta.”

Anthea smise di respirare.
Il cuore prese a batterle forsennatamente contro il petto.
Gli occhi si spalancarono e le iridi divennero vitree.
“Il mio popolo” balbettò, con voce bassissima.

L’espressione di Loki rimase imperscrutabile davanti alla reazione della giovane, che si stringeva nelle spalle nella speranza di poter sparire.
Era così piccola ed indifesa adesso.
Eppure, il dio non provò né piacere né soddisfazione, consapevole di ciò che si provava quando si veniva a conoscenza di non essere quello che si credeva.
Lui aveva creduto di essere un asgardiano, quando invece era uno jotun.

Una violenta vibrazione scosse l’Helicarrier ed Anthea dovette appoggiarsi alla parete di vetro per non cadere.
L’ologramma di Loki vibrò.
L’allarme generale risuonò con forza e poi si interruppe bruscamente.

“Abbiamo visite a quanto pare.”
“Sono qui per me” sussurrò la ragazza.
“Dovresti trovare un modo per …”

Anthea poggiò l’indice destro sulla parete della cella e da quel punto crebbe un’intricata ragnatela di incrinature.
Pezzi di vetro si staccarono dalla struttura madre, librandosi in aria, all’esterno della prigione. Frammento dopo frammento, venne a crearsi una falla e la ragazza fu libera dalla prigionia.
Una volta uscita, i pezzi di vetro rimasti sospesi in aria tornarono al loro posto e richiusero l’apertura.
L’immagine di Loki all’interno della teca trasparente le rivolse un cenno di saluto e poi scomparve.

Si sarebbe riscattata.



                                                  ***



Con lo scudo sulle spalle percorreva i corridoi di grigio metallo, andando completamente controcorrente all’afflusso di soldati che si dirigevano verso la sala di comando, dove molto probabilmente i nemici erano riusciti ad infiltrarsi.
Anche lui si sarebbe buttato nella mischia, ma solo dopo aver raggiunto Anthea, per controllare che fosse ancora nella cella.
Per essere sicuro che lei fosse innocente.

Spari e grida di dolore riecheggiarono appena più avanti, dietro l’angolo che formava il corridoio nello svoltare a sinistra.
Steve rallentò il passo e afferrò la scudo, portandoselo avanti, all’altezza del petto, mentre si accostava con le spalle alla parete di sinistra. Si fermò nel punto in cui la parete formava l’angolo retto e sporse il viso quel poco che bastava per buttare l’occhio nel punto da cui provenivano le grida.
Il sangue gli si gelò nelle vene, quando si trovò ad osservare l’ombra che affondava le sue lunghe dita nello stomaco di un agente, il quale stringeva in mano una pistola ancora fumante.
L’uomo si accasciò al suolo e spirò, andando ad aggiungersi agli altri sei agenti che già giacevano a terra senza vita.

Rogers venne accecato dalla rabbia e si lanciò a capofitto contro l’ombra, colpendola al volto con un gancio destro spacca mandibola, mentre stringeva lo scudo nell’altra mano. 
Era come colpire la pietra e per un uomo normale sarebbe stato impossibile anche solo scalfirla, ma Capitan America aveva una forza straordinaria e questa volta non avrebbe lasciato che quel mostro lo predesse alla sprovvista.
Si tirò indietro, ma solo per caricare un destro diretto all’addome dell’ombra, che emise un rantolo soffocato.
Steve ignorò il dolore alle nocche e piazzò un altro pugno nel punto in cui un uomo possiede lo stomaco.
La creatura si piegò su sé stessa e camminò all’indietro per sfuggire all’ennesimo colpo del Capitano.

Rogers osservò compiaciuto le crepe aperte sull’addome dell’ombra.
Lanciò di lato lo scudo, scattò in avanti e con un balzo si ritrovò sulle spalle del mostro oscuro, il quale era ancora incredulo ed intontito dall’attacco ricevuto.
Gli passò un braccio sotto il collo e l’altro dietro la nuca, per poi iniziare a torcergli il collo.
L’ombra reagì conficcando le unghie appuntite come coltelli nei quadricipiti del super soldato, mentre si dibatteva tra una parete e l’altra del corridoio per levarselo di dosso.
Steve cacciò un grido di dolore nel percepire quelle dita fredde affondargli nella carne, ma non mollò la presa. Torse con tutta la forza che possedeva il collo della creatura, ignorando anche i continui urti contro il muro.
Il suono della pietra che si sgretola, si frantuma, si spezza e la testa fu separata dal resto del corpo.
Steve si lanciò all’indietro con un’agile capriola e atterrò perfettamente in piedi. Una piccola smorfia gli increspò le labbra a causa del dolore alle gambe ferite.
Osservò il corpo dell’ombra giacente a terra, immobile. Esso cominciò a liquefarsi e allo stesso modo la testa. Pochi attimi dopo, Steve si ritrovò a fissare una pozza densa e nera a un passo da sé.
Non si concesse il privilegio di sospirare, conscio che non poteva essere finita così facilmente. Ed infatti, la macchia prese a gorgogliare e poi il liquido schizzò in alto, ricreando il corpo alto e possente dell’ombra, che riacquistò velocemente la consistenza del marmo.

Steve lanciò un’occhiata alla sua destra, dove giaceva lo scudo lanciato poco prima, poi tornò a concentrarsi sul nemico.
Era pronto per un nuovo assalto, ma qualcosa d’improvviso sconvolse i suoi piani.
Due braccia oscure lo avevano circondato da dietro, bloccandogli ogni possibile movimento.
Steve strinse i denti nel momento in cui quell’abbraccio imprevisto prese a stritolarlo con violenza.
Quella alle sue spalle, era l’ombra che aveva cercato di strangolarlo.

Purtroppo i suoi sospetti e quelli di Tony erano fondati.
Ce n’erano altre. Ma quante?

L’altra ombra, intanto, gli stava venendo incontro e Rogers osservò con orrore le lunghe dita prendere la forma di punte acuminate, pronte a dilaniargli la carne.
Spinto dall’adrenalina e dallo spirito di sopravvivenza, tentò di liberarsi dalla stretta opprimente, spingendo le proprie braccia verso l’esterno, contro la forza esercitata da quelle della creatura.
L’ombra precedentemente decapitata era ormai a un passo da lui e si preparava ad infilzarlo con brutalità.
Steve osservò la mano armata lanciarsi verso il suo addome, ma nell’ultimo istante fece forza sulle gambe e rivoltò la situazione, facendo sì che le dita acuminate si piantassero nella schiena dell’ombra che lo teneva da dietro, la quale emise un verso stridulo e lo lasciò andare.

Rogers fu velocissimo.
Afferrò lo scudo e si lanciò verso uno dei corpi degli agenti uccisi, da cui prese una granata che lanciò contro le due creature oscure.

L’esplosione gli regalò un bel volo, terminato contro una parete.



                                                    ***



“Devo portarti fuori da qui.”

Natasha lo afferrò per un braccio e se lo trascinò dietro.

“Potreste avere bisogno di-”
“Andiamo, Bruce. Non possiamo rischiare di colare a picco.”
Banner rise tristemente.
“Quanta fiducia.”

Quelle parole bloccarono la Vedova a pochi passi dal jet che li avrebbe condotti fuori dall’Helicarrier.
Gli rivolse uno sguardo carico di emozioni contrastanti ed intense, ma non trovò le parole adatte, perciò si limitò a boccheggiare.
Bruce le mise le mani sulle spalle e scosse piano il capo.
Intorno a loro decine di agenti correvano veloci da tutte le parti, alcuni jet si preparavano al decollo ed altri erano già partiti per combattere le forze nemiche nel cielo.
I jet dei Demoni della Notte stavano volando intorno l’Helicarrier come avvoltoi, pronti a lanciarsi sulla preda.

“Andiamo” disse il dottore, staccandosi da lei e dirigendosi verso il velivolo che li attendeva.
Natasha fece per seguirlo, ma un enorme sagoma oscura le impedì di proseguire, piazzandosi proprio davanti a lei.
La donna sgranò gli occhi nel contemplare quella figura fuoriuscita dalle favole che venivano raccontate ai bambini sull’uomo nero nascosto sotto i letti o nell’armadio. Mise mano alla pistola, ma la creatura fu più veloce e la colpì con un pugno nello stomaco, costringendola in ginocchio.
La Vedova tossì, sconvolta da quel colpo duro quanto la pietra.
L’ombra torreggiava ora su di lei, pronta a infliggerle nuovo dolore. Le piazzò un calcio sul fianco, bloccandole nuovamente il respiro e facendola crollare completamente a terra.

La Romanoff sentì la paura invaderle lo stomaco.
Come quella volta. Quando lui si era trasformato.

Il ruggito mostruoso di Hulk fece vibrare l’intera struttura volante.



                                                    ***



Le orecchie fischiavano ancora, ma i suoni, seppur attutiti, raggiungevano i suoi timpani provati.
Correva a perdifiato per i corridoi ormai deserti, gettandosi ogni tanto qualche occhiata alle spalle per essere certo che le ombre non lo stessero seguendo.
Non sapeva se l’esplosione le avesse uccise definitivamente, ma aveva preferito non rimanere a controllare.
Era quasi arrivato, mancava poco.

Quando raggiunse la prigione di vetro percepì il respiro bloccarsi.
Lei non c’era.
La cella era completamente intatta.

E se Loki avesse avuto ragione? Se Anthea avesse mentito per tutto il tempo, fingendo di essere dalla loro parte, quando invece non aveva aspettato altro che il momento per pugnalarli alle spalle?
Non poteva, non voleva crederci.

Lasciò cadere lo scudo ai suoi piedi, esausto.
“E adesso?” sussurrò, come sperando che qualcuno gli rispondesse.

Il rumore di passi pesanti richiamò la sua attenzione.
“No, ancora no.”
A quanto pareva, l’esplosione non le aveva ammazzate.
Le due ombre erano perfettamente intatte e pronte ad avventarsi su di lui con brutalità.
Una della due scattò velocissima e lo colpì in pieno petto con un pugno.
Steve parò il secondo affondo con gli avambracci e tentò di contrattaccare, ma anche l’altra ombra prese parte allo scontro, afferrandolo per un braccio e lanciandolo contro la teca di vetro.
Rogers cercò di alzarsi il più velocemente possibile, ma non lo fu abbastanza per evitare che le ombre gli fossero già addosso.
Le creature cominciarono a tempestarlo di calci, impedendogli di reagire.
I colpi si susseguivano rapidi, precisi e violenti.
I tentativi del Capitano di sfuggire a quella tortura furono vani e alla fine si arrese, incassando i colpi senza opporre resistenza.
Stava per perdere conoscenza, quando una luce arancione seguita da un tenue calore sembrò bloccare l’assalto delle ombre.
Steve si tirò su, digrignando i denti e facendo forza sulle gambe malferme ma ancora in grado di sostenerlo.

E lei era lì, come un provvidenziale angelo custode.

Anthea aveva trapassato con l’intero braccio la schiena di un’ombra. Il pugno chiuso, fuoriuscito dall’addome della creatura, era avvolto da piccole fiamme danzanti.
La ragazza tirò il braccio indietro, osservando compiaciuta il buco che sfigurava il corpo dell’ombra, la quale stava tremando visibilmente.
L’altra, intanto, aveva sfruttato l’occasione per attaccare la nuova arrivata, che tuttavia non si fece prendere alla sprovvista.
La giovane parò con una mano il pugno del mostro oscuro, mentre l’altra veniva avvolta da lingue infuocate e scattava verso il petto del nemico, che venne trapassato da parte a parte.
Poi Anthea diede libero sfogo alla rabbia, colpendo le creature con una forza tale da frantumare i loro corpi di pietra.

Steve osservò il corpo della ragazza muoversi con eleganza, precisione e potenza e ne rimase ammaliato, poiché fino ad allora mai avrebbe immaginato di incontrare una donna superiore alla Vedova Nera.
Ma a differenza della spia, la quale combatteva con calcolata freddezza, la giovane si lasciava facilmente trasportare dalle emozioni e ciò, prima o poi, le sarebbe stato fatale.
Combattere con la mente offuscata era come combattere da ciechi.

Anthea si bloccò ad osservare il proprio operato.
Un’ombra era in ginocchio, priva di una gamba e di una mano, mentre l’altra era ancora in piedi, ma era stata privata delle braccia. Entrambe erano ricoperte di crepe e tremavano.
La ragazza avvicinò le mani davanti al proprio petto e tra di esse iniziò a prendere forma una sfera di fuoco, che diveniva tanto più grande quanto i palmi venivano allontanati tra loro.
Quando le braccia furono parallele, Anthea rivolse i palmi in avanti e la sfera infuocata prese la forma di un’onda che investì le creature oscure, avvolgendole completamente.
Le ombre emisero versi acuti e si trasformarono in polvere.

Steve, rialzatosi, rimase immobile a fissare la ragazza, spiazzato da ciò che si era consumato davanti ai suoi occhi.
“Come? Cosa?” balbettò, senza tuttavia riuscire a formulare un pensiero completo e sensato.
Anthea si mosse verso di lui, ma si bloccò mantenendo una certa distanza tra i loro corpi, spaventata dall’evenienza di essere respinta.
“Sono le anime di coloro che in vita si macchiarono di gravi peccati, richiamate dalla magia oscura. Sono di pietra, come di pietra furono i loro cuori e sono fredde poiché furono incapaci di provare compassione, amore e tutti quei sentimenti che donano calore agli uomini. Possono essere distrutte solo se avvolte dalle fiamme. Non chiedermi come faccio a saperlo, perché non ne ho idea. Lo so e basta.”
L’Altra lo sapeva e da lei lo aveva inconsciamente appreso.

Rogers metabolizzò con fatica quelle informazioni e deglutì un groppo amaro formatosi nella gola.
“Come fai a-”
Questa volta fu lei a bloccarlo con un lieve gesto della mano.
“Posso fare cose che nemmeno immagini, Steve. Controllare gli elementi è un’altra delle capacità che anni fa ho scoperto di possedere.”

La ragazza azzardò qualche altro passo verso di lui, titubante.
Steve notò che non riusciva a staccare gli occhi dal suo collo, ricoperto da segni lividi.
“Non voglio chiederti di fidarti di me, ma almeno lascia che lotti al tuo fianco, lascia che rimedi a questo disastro. Loro non si fermeranno, Steve.”
Il Capitano guardò Anthea intensamente, cercando di trovare in quegli occhi bui segni di menzogna ed inganno, ma vi trovò solo determinazione e una scintilla di rabbia.
“È vero quello che ha detto Loki? Stai usando il mio corpo e poi-”
“No!” lo interruppe bruscamente lei.
La ragazza distrusse completamente la distanza tra di loro e pose la mano destra sul petto del soldato, nel punto in cui il cuore stava battendo freneticamente.
“In te c’è una parte di me, è vero. Ma mai tenterò di farti del male e giuro che avrai le spiegazioni che meriti. Adesso dobbiamo raggiungere gli altri, prima che le ombre facciano loro del male.”
Per Rogers, era come ricevere secchiate d’acqua gelata una dietro l’altra, senza avere mai il tempo di riprendersi.

Inaspettatamente, Anthea allungò una mano e con le dita sfiorò le ecchimosi sul collo del super soldato.
“Cosa ti hanno fatto quegli esseri.”
Nella voce c’era rabbia e negli occhi sete di vendetta.

Un ronzio si intrufolò nell’orecchio di Steve, mandando in frantumi il silenzio venutosi a creare.
La ricetrasmittente aveva appena ricominciato a funzionare e c’era solo una persona in grado di compiere simili miracoli tecnologici.
 
 
“Vendicatori, qui parla Iron Man. Le comunicazioni tra di noi sono funzionanti, quindi vediamo di darci da fare per prendere a calci il nemico. Ci vediamo al centro di controllo della base. Passo e chiudo.”

“Qui Rogers. Messaggio ricevuto. Arriviamo.”

“Da quell’arriviamo devo dedurre che ti trovi in dolce compagnia, Cap.”

“Non fare il cretino Stark.”

“Ragazzi abbiamo un problema. Uno grosso e verde. Mi trovo al centro di decollo dei jet.”
La voce della Vedova Nera risuonò affaticata e velata da una leggera ironia, perfetta per cercare di sdrammatizzare la grave situazione.

“Oh no, non dirlo” piagnucolò Tony.

“Qui Barton. Nat sto arrivando, sono vicino. C’è anche Thor con me. E Loki.”


Steve raccolse lo scudo e se lo mise in spalla.
“Andiamo, allora.”
Anthea sorrise.
“Sono pronta.”



                                                  ***



Il centro di controllo godeva di una visione panoramica del cielo, grazie alla presenza della parete trasparente che dava sulla prua della base volante.
La sala era piena di computer, tutti fra loro collegati e in grado di controllare ogni singolo elemento della struttura.

Nessuno sapeva come fossero riusciti ad infiltrarsi o da dove fossero entrati. L’unica cosa certa era che decine di soldati erano dilagate all’interno dell’Helicarrier, creando uno stato di assoluto disordine.
I loro volti erano celati da maschere nere, dotate solo di due fessure per gli occhi. Sulla divisa scura spiccava la spilla rosso sangue di un diavolo dalle lunghe corna e dai denti aguzzi.
Il vero problema, però, erano quei mostri oscuri che stavano compiendo una vera e propria strage, uccidendo uno dopo l’altro gli agenti dello SHIELD, i quali non avevano nemmeno la possibilità di reagire di fronte la violenza distruttiva delle creature d’ombra.
Come ciliegina sulla torta, poi, c’erano i jet nemici che non smettevano di bombardare la base al fine di farla colare a picco.

Quella poteva essere catalogata decisamente come situazione di merda.
Era ciò che pensava Clint, mentre correva a perdifiato per raggiungere la Vedova Nera, nella speranza di ritrovarla intera.
Thor era al suo fianco e Loki subito dietro di loro.
Barton non riusciva a credere che il Dio del Caos non avesse ancora fatto nulla, niente di niente, per peggiorare la situazione già grave. Li seguiva con un cagnolino, facendo uso del suo potere per stendere qualche soldato nemico e per rallentare le ombre.
L’arciere, dopo aver affrontato Thanatos, non si era poi tanto sorpreso nel vedere quelle creature venute fuori da chissà dove. La cosa che lo turbava era il fatto che sembrassero essere immortali.
Thor le aveva colpite con Mjolnir, mandandole letteralmente in frantumi, ma quelle si trasformavano in pozze scure e poi risorgevano, non mostrando nemmeno una minuscola ammaccatura.
Lo stesso effetto avevano ottenuto le sue frecce esplosive.

E gli esiti non cambiavano nemmeno per Hulk.
Barton bloccò la corsa non appena avvistato il mostro verde, il quale stava distruggendo una dopo l’altra le ombre, che tuttavia tornavano come nuove dopo pochi istanti.
Hulk, accerchiato adesso da quattro creature oscure, era visibilmente in difficoltà, dato che nemmeno le sue forze erano infinite.
Clint fece vagare lo sguardo e tra i resti di quelli che dovevano essere jet, scorse la piccola figura di Natasha, che tentava di difendersi dai nemici con grande difficoltà.
Era ferita.

“Thor aiuta Hulk. Io raggiungo Natasha.”
Il dio annuì, fece roteare il martello e si scagliò sull’ombra intenta ad attaccare Banner alle spalle.
“Tu vieni con me e-”
“Prova solo a danneggiarci e io blablabla
Clint roteò gli occhi e cominciò a correre verso la compagna, uccidendo tutti i soldati che incrociava sulla strada con il suo fedele arco.
Fece fuori quelli che circondavano la Vedova, la quale non poté far altro che tirare un sospiro di sollievo, seguito da una smorfia di dolore.
Barton le fu subito vicino e la fece appoggiare a sé, scrutandola con preoccupazione.
“Uno di quei mostri deve avermi rotto qualche costola. Ma sto bene, posso continuare a prendere a calci questi bastardi.”
Clint scosse il capo, consapevole della testardaggine della rossa.
Quella donna non avrebbe abbandonato il campo nemmeno se l’avesse pregata in ginocchio.
Altri soldati nemici erano in arrivo. Il tempo stringeva.
Cosa doveva fare? Lasciarla combattere?

“Posso occultare il dolore, se lo desideri.”
Loki sorrise serafico, osservando gli occhi della donna accendersi d’interesse mescolato a diffidenza.
“Perché vorresti aiutarmi?”
Il dio fece spallucce.
“Perché ne ho voglia. Ma sappi che la magia dura solo alcune ore, dopo le quali proverai un dolore talmente intenso, che potrebbe danneggiare le tue facoltà celebrali, oppure potrebbe non farlo.”
“Scordatelo Loki, lei-”
Natasha non permise a Clint di continuare.
“Accetto.”
Barton la prese per le spalle e la strinse con esagerata forza, ma la donna non sembrò risentirne, data l’espressione imperscrutabile.
“Sei impazzita? Hai sentito cosa ha detto?”
“È l’unico modo che possiedo per aiutarvi. Nello stato in cui mi trovo, ci sono altissime possibilità che io venga uccisa e-”
“Io non lo permetterei.”
“No, non lo permetteresti, ma rischieresti di morire a causa mia ed io non me lo perdonerei mai.”
Quelle parole lo colpirono più di quanto avrebbero dovuto.
Natasha tornò a rivolgersi a Loki.
“Procedi.”

Ed intanto i nemici li avevano raggiunti.



                                                    ***



“Finalmente Cap, pensavo ti fossi perso, ma d’altronde sei un vecchietto e i vecchietti non sono molto scattanti.”

L’accoglienza di Iron Man per Rogers, appena giunto alla sala di comando, stonava nel mezzo di quella che era una situazione quasi disperata.
Il nemico stava, a poco a poco, prendendo il controllo dell’Helicarrier.
Steve alzò gli occhi al cielo e allo sguardo interrogativo di Anthea rispose con un alzata di spalle seguita da uno “Stark” pronunciato con evidente rassegnazione.
Parlavano grazie alle ricetrasmittenti, dato che nel bel mezzo della baraonda sarebbe stato impossibile scambiare qualche parola.

Iron Man svolazzava da una parta all’altra del centro di controllo, abbattendo una gran quantità di nemici alla volta grazie ai raggi di energia emessi dai guanti dell’armatura.
“Dobbiamo evitare che prendano il controllo della base, Cap. Gli altri sono al centro di decollo, quindi tocca a noi fare piazza pulita qui. Ah, Rogers dimenticavo. Le ombre si-”

“Si rigenerano, lo so. Bisogna avvolgerle con il fuoco per ucciderle.”

Steve si era appena lanciato nella mischia, seguito da Anthea.
La ragazza puntava le creature oscure, consapevole di essere superiore a loro.

Stark si bloccò un istante per osservare rapito le fiamme che scaturivano dalle mani della giovane paranormale. Esse avvolgevano le ombre e le trasformavano in polvere.

“Come diavolo fa?”
“Non chiederlo a me” fu la risposta di Steve, risuonata all’interno dell’elmetto dell’armatura.


Il Capitano stese con un pugno l’ennesimo soldato. Si voltò appena in tempo per parare una coltellata con lo scudo, con il quale colpì in viso l’assalitore.
Lanciò il disco in vibranio e colpì un paio di nemici davanti a sé, assestò un calcio ad un uomo che aveva tentato di assalirlo alle spalle e scattò in avanti, per riappropriarsi della propria arma, la quale giaceva a terra qualche metro più avanti.
Con colpi precisi e potenti, si assicurò di rendere inoffensivi i soldati che gli si paravano davanti e il rumore di ossa che si rompevano contro le sue nocche gli riempiva le orecchie.
Si lanciò sullo scudo e con un’agile capovolta si rimise in piedi, stringendo l’arma nella mano sinistra.
Con la coda dell’occhio individuò Anthea parecchio distante, alla sua destra. La ragazza sembrava cavarsela egregiamente.
Tornò a concentrarsi sui nemici, che continuarono a cadere sovrastati dalla sua forza. Percepì un forte bruciore al braccio sinistro e con una veloce gomitata ruppe il naso all’uomo che gli aveva appena affondato un coltello nella carne.
I nemici erano in molti e bisognava trovare una soluzione al più presto, prima che le forze avessero cominciato a venire meno.

Improvvisamente, Rogers si sentì afferrare per la collottola della divisa. Venne strattonato con forza all’indietro e sbattuto a terra con violenza. Fitte acute partirono dalla nuca e affondarono nel cervello.
Senza dargli tregua, lo sconosciuto lo artigliò per il collo, lo tirò su e lo sbatté contro la parete di metallo alle sue spalle.
Le dita premevano sui lividi causati dal tentato strangolamento dell’ombra e Steve gemette sofferente.

“Chi non muore si rivede, eh ragazzino?”

Quella voce.

Quando la nebbia si diradò e la vista tornò a funzionare come doveva, Rogers spalancò gli occhi alla vista dell’uomo che lo teneva per la gola e con le spalle al muro.

Due occhi di ghiaccio lo fissavano con interesse.
Questa volta non indossava la maschera.
Il viso apparteneva ad un uomo che non poteva possedere più di trent’anni. I capelli nerissimi erano abbastanza lunghi da arrivare a sfiorargli la base del collo e alcuni ciuffi ricadevano morbidamente sulla fronte pallida.

“Tu” balbettò Steve.

L’uomo sorrise, sadico.
“Questa volta non mi scappi, ragazzino.”

Era l’uomo che aveva tentato di ucciderlo sul ponte sospeso.



 
 


Note
Ciao a tutti!
Finalmente, dopo giorni di straziante attesa, ho di nuovo il mio computer.
Non so come, ma da un momento all’altro è andato in tilt ed ogni volta che lo accendevo si bloccava, perciò l’ho dovuto portare dal tecnico.
Spero che perdoniate questo enorme ritardo e che il capitolo sia valso l’attesa.

Voglio ringraziare Ragdoll_Cat, che mi sostiene con le sue recensioni e ringrazio anche tutti coloro che continuano a seguire questa storia.

Buon Natale!
Un abbraccio <3
Ella
   
 
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