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Autore: fabi300108    27/12/2014    2 recensioni
Un' Hermione distrutta e sconfitta, illusa ormai di poter ottenere qualcosa dalla vita si trova davanti Blaise Zabini troppo convinto di se. Le ferite di entrambi sono esposte.
La storia partecipa al contest "Ossessioni e vetri infranti IV edizione" di Mary Black
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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L' Hyde Park è completamento deserto. Solo una donna si muove silenziosa nella solitudine di quei prati. Camminando rapida, si stringe nel suo cappotto nero cercando di celarsi da sguardi inesistenti, percorre le sponde del Serpentine Lake, lontana da tutto ma non da se stessa.

Anche per gli standard della piovosa e nebbiosa Londra, questa è una giornata pessima, non certo l'ideale per passeggiare. L'aria è satura d'elettricità e si prospetta un bel temporale. Il cielo è completamento coperto, grosse nuvole grigie e nere sormontano l'intera città, nemmeno la più fulgida stella, il più deciso dei raggi lunari riesce a superare questa coltre. Il vento gelido e fastidioso aumenta d'intensità, il suo fischiare è l'unico suono che Hermione sente. Non si vede neanche l'ombra di uno scoiattolo nel parco. Loro sono più saggi di lei, si saranno rifugiati al sicuro con le loro famiglie. Lei invece, non ha una tana dove andare. I neri cormorani col loro sgraziato gracchio volano via dal lago prima dell'imperversare della tempesta. La donna continua a camminare persa nei suoi pensieri. Delle campane lontane suonano le sei, ma a lei non importa nulla dell'ora. La città che si prepara al Natale la rende ancora più triste. I suoi ricordi vagano a ben diversi periodi del suo passato.

L'odore del Pan di Zenzero che proveniva dal forno di sua madre, l'enorme pino addobbato, i suoi genitori che avevano un'intera settimana di vacanze... Ogni particolare piacevole dei suoi anni da bambina e poi di quelli da ragazzina e giovane donna a Hogwarts e in casa Weasley, non fanno che rendere il suo cuore sempre più sanguinante, e le lacrime, ormai non più trattenute, più amare. Con un gesto di stizza la donna si asciuga le lacrime col dorso della mano. Piangere è da deboli.

Raramente si è lasciata andare alle lacrime nella sua vita da adulta. Non ha pianto quando ha visto per la prima volta tracce di un rossetto non suo sul colletto di Ron, non ha pianto quando sua figlia ha cercato le braccia di Ginny e non le sue per essere consolata, e non ha pianto quando ha sentito al ministero che la sua posizione , al comando di un dipartimento del Ministero, era dovuta solo alla raccomandazione di Potter.

La parola di Harry, giusto lui , che sarebbe morto decine e decine di volte senza di lei.

Un fallimento su tutta la linea, è così che si sente Hermione: come moglie, come madre, come donna in carriera. Troppo carne sul fuoco e ha bruciato tutto. Voleva fare tutto e non è riuscita a fare bene nulla.

Una delusione su tutti i fronti, la sua vita perfetta che crolla come un castello di carte.

Sapeva dei tradimenti di suo marito, ma semplicemente li ignorava. C'è da chiedersi se lui era davvero molto stupido o se voleva farsi scoprire. I segnali erano molti e palesi: riunioni di lavoro inesistenti, ritardi frequenti e scuse inconsistenti, profumi di donne sui suoi abiti, segni rossi sul suo collo, le risatine delle donne mentre passava e la mancanza di interesse improvvisa verso di lei. Ma dopotutto, anche lei non era molto interessata all'acquisto.

Troppo ambiziosa Hermione, troppo intelligente, troppo accorta, troppo per Ronald Weasley e per essere imbrigliata nel ruolo di moglie e madre. Purtroppo se ne accorse ben presto, quando scoprì che del marito non c'era niente che già non conoscesse e quando, della passione bruciante dei primi tempi non restarono che le ceneri.

I lunghi anni di studio dopo la scuola, il praticantato, i turni estenuanti per farsi una posizione, non sono cose che collimano con l'avere dei figli, non sono ambizioni che combaciano con una vita con Ron, desideroso di essere il sole della sua vita. I suoi bambini, lasciati per la maggior parte della giornata dalla casalinga zia Ginny, venivamo accompagnati a Grimmuald Place, avvolti in una coperta ancora addormentati, e portati in casa, che avevano già cenato ed erano con gli occhietti colmi di sonno.

Certo Ron non aiutava, mai una volta ha alzato la bacchetta per aiutarla in casa, neanche un tentativo di farla felice con una sorpresa o una cena fuori. Il matrimonio con quell'uomo la fece sentire stretta fin dai primi mesi, ma ormai era troppo tardi. Troppo mediocre. In tutto.

Il lavoro, l'unica cosa in cui riusciva e che poteva controllare. Lì era tutto semplice, schematico, facile. A domanda, risposte, a fascicolo, pratica. Ora, anche quest'ultima certezza, crolla su se stessa come chimera. Tanti anni a sudare su enormi tomi impolverati, mesi e mesi di dimostrazioni per mostrare come anche lei, più e quanto di qualsiasi altro uomo sa usare una bacchetta. Gli viene da ridere istericamente al pensiero. Tanta fatica per nulla. Tanto lavoro ma non è mai riuscita a togliersi l'etichetta di amica di Potter. Ridacchiano le streghe nei corridoi del Ministero: dall'amica di Potter all'amante di Potter il passo è breve.

Il vento gelido le sferza le guance. Un fruscio nell'erba. Dei passi pesanti fanno scricchiolare lo strato di foglie secche. Hermione si volta indietro di scatto, ma non c'è nessuno dietro di lei. Convinta che si tratti solo di una sua impressione, sfregandosi l'una contro l'altra le mani intirizzite, e soffiando sulle punte livide delle dita, continua a camminare. Un altro rumore di foglie schiacciate. In nessun modo può essere un animale. Il cuore della donna comincia a battere più forte.

“C'è qualcuno?”

Con questo tempo e in questa desolazione potrebbe succederle la qualunque. Una goccia di sudore freddo le scende giù lungo la spina dorsale. La mano le va spontaneamente alla bacchetta. Un altro fruscio tra gli alberi. Istintivamente, guidata dal più primordiale istinto umano, quello della sopravvivenza, la sua voce ferma e sicura riecheggia nell'aria:

“Levicorpus!”

Dopo un paio di battiti cardiaci, una calda voce maschile, proveniente da dietro un albero a qualche metro da lei, la fa quasi sobbalzare.

“Allora Granger, che dici mi liberi?”

La donna si avvicina guardinga con la bacchetta in mano. La prima cosa che vede una volta evitati i due alberi, è il volto dell'uomo, perfetto in ogni tratto anche a testa in giù. Segue con lo sguardo il corpo sospeso per aria: la cravatta nera lucida, la giacca un satin grigio, la camicia bianca, le gambe tornite avvolte da pantaloni del medesimo tessuto della giacca, le calze al ginocchio nere, le scarpe nere lucide. Blaise Zabini. Un volto conosciuto nei corridoi della scuola e del Ministero anche se ci avrà scambiato si e no due parole per lavoro. Adesso che la paura è un po' scemata, la donna lo libera dall'incantesimo con un gesto della mano e un incanto non verbale. L'uomo si solleva con eleganza, si passa una mano sui pantaloni per togliergli gli impercettibili granelli di polvere che vi si sono depositati, poi si tira indietro i capelli mettendo a pettine le dita della mano:

“Ti manderò il conto della lavanderia”

L'uomo difronte a lei è perfetto sotto ogni canone della bellezza umana. Nell'interezza del suo essere si mescolano i migliori tratti della specie umana. Unico figlio della bellissima Nasreen...

Il cognome della strega si è perso nei meandri degli anni, tanto nella sua vita ne cambiò parecchi. Guardandola, non si poteva fare a meno di restare incantati davanti a tanta prospera bellezza. Le sue origini africane sono un mistero al pari del cognome, e ben poco si sa della bambina dalle guance affilate dalla fame e gli enormi occhi scuri che viveva nei bassifondi di New Orleans, ma la magia era forte in lei.

Imparò le arti magiche da una strega temuta da molti per le sue capacità. La bambina non imparò Storia della Magia, ma l'arte di irretire la gente, di predire il futuro, di vivere grazie alla sua malia. Non aveva che sedici anni la prima volta che prese marito. Un potente mago venticinque anni più grande di lei. Uno stregone nero come la notte capace di giocare con la morte e con la vita. Un mago tra i più ricchi dello stato. Una montagna dalla pelle scura e gli occhi neri al pari di due onici. Il perfetto ritratto di un uomo forte e in salute. Non si spiega come, morì misteriosamente durante la notte ad appena tre mesi dal matrimonio.

Un mese di lutto e fu la volta del secondo, un Babbano caucasico di quarant'anni a capo di numerose imprese. Capelli rossi e ventre prominente, questo era l'uomo. Questa volta il matrimonio durò quasi due mesi.

Tre mesi dopo aver seppellito il secondo marito, Nasreen ne sposò un terzo, quarantacinque anni, capelli castani, monocolo, e nobili natali, per soli due giorni il povero mago non festeggiò il quarto mese di matrimonio, ma superò comunque i tempi dei primi due.

Le morti degli uomini restano un mistero inspiegato. Nei loro corpi non furono trovate tracce di incantesimi, di veleni, di lesioni, nulla che ne potesse causare la morte. Semplicemente erano sani e pieni di vita la sera, nel momento in cui andavano a dormire, e morti al mattino.

Il padre di Blaise fu il quarto. Lei doveva compiere ventitré anni e lui, suo coetaneo, aveva appena terminato gli studi per diventare un Medimago. Nathan, dagli occhi color del cielo e i capelli biondi, era l'unico discendente di un'antica famiglia Purosangue dal lungo retaggio nella casa di Corvonero.

La incontrò a New Orleans durante il lungo viaggio intorno al mondo che il giovane intraprese al termine degli studi. Fu amore. Di quelli che non si controllano. Giovani, belli e pieni di vita. Un matrimonio rapido e solitario, consumato nella passione della giovinezza in un alberghetto da pochi Galeoni.

Il novello marito portò la sua sposa con sé in Inghilterra, le aprì un mondo nuovo. Non fu facile per gli anziani genitori di lui, accogliere la moglie dell'unico giovane figlio, ma per amor suo accettarono in famiglia la nuora dalla pelle d'ebano e la reputazione ambigua. Arrivarono a festeggiare il primo anniversario e il secondo. Nonostante Nasreen smise di prendere la pozione di erbe amare per evitare gravidanze già dal secondo mese di matrimonio, di figli non ve ne erano neanche l'ombra, certo, non si può dire che non ci provavano.

L'amore tra di loro era sempre nuovo e fresco, effervescente come le prime volte, ma non portava a nulla. Solo a tre anni e mezzo dal matrimonio si ebbe la lieta notizia.

Blaise aveva ciò che di più bello potevano offrigli gli stupendi genitori. Gli occhi del bambino erano allungati e di uno stupefacente grigio chiaro. Spiccavano sulla sua pelle scura. I forti tratti africani e la pelle scura della madre vennero mitigati da quelli inglesi del padre, padre che gli donò anche una lieve spruzzata di lentiggini sugli zigomi.

Era l'orgoglio e la gioia di entrambi i genitori. Una mattina, quando il bambino aveva appena cinque anni, Nathan non si alzò dal letto.

Il dolore della vedova non poteva essere travisato da nessuno. I suoi occhi profondi come pozzi e neri come la notte erano colmi di lacrime. I suoi capelli del colore delle ali di un corvo erano striati da qualche filo bianco. Spuntati in una notte, e lei sempre così accorta non faceva nulla per celarli. Nessuno poté capire come Nathan morì. Semplicemente il suo cuore si fermò. Lei, che non stese mai senza un uomo da quando aveva sedici anni, restò sola per ben cinque anni, fin quando suo figlio non entrò a Hogwarts.

Le vacanze del piccolo Blaise erano un susseguirsi di giorni passati con la madre e uomini sconosciuti. Non tutti vennero da lei sposati. Ora siamo a quota sei. I mariti durano di più rispetto ai primi, ma anche loro muoiono in maniera piuttosto misteriosa... Nasreen è un mistero indecifrabile e il piccolo Blaise crebbe tra la braccia amorose e appassionate di questa donna, irraggiungibile persino per il figlio. Gli fu maestra però, e fu generosa. Gli diede la bellezza e gli insegnò come usarla...

A quindici anni ebbe il suo primo rapporto, fu durante le vacanze estive, con la diciottenne figlia del quinto marito di sua madre. La ragazze si tolse il prurito col giovane lasciandogli solo le illusioni che si era costruito mentre rotolava tra le lenzuola con lei. Adesso lui non ne ricorda neanche il nome, ma in compenso ricorda tutte quelle che vennero dopo di lei, e non furono poche. Una notte, due, massimo tre. Con Daphne Greengrass gli appuntamenti furono più numerosi anche se saltuari. Quando la goffaggine della pubertà lasciò il posto al fiorire della giovinezza, il ragazzo ormai non aveva più niente da sapere sul sesso. Anzi, ormai consapevole del suo fascino e delle sue potenzialità, ricco da non potersi immaginare e bello come un sogno, sapeva perfettamente come usare le sue armi per il raggiungimento di qualsiasi scopo.

“Quanto sei venale...”

“Mi vuoi sul lastrico?”

“Per un paio di galeoni...”

“Un paio qui, un paio lì e le camere blindate si svuotano. Comunque, ti ho fatto così paura prima?”

Ha un modo di parlare da far mettere subito sulla difensiva. Sa di essere bello, e non può fare a meno, di cercare affascinare. La sua voce è bassa e suadente, calda abbastanza da far stringere lo stomaco e fremere le corde dell'anima. Si muove con la consapevolezza di piacere, perfettamente conscio della bellezza del suo corpo e del suo potere seduttivo, come una persona a cui nulla è e può essere negato. Hermione non può fare a meno di rispondere bruscamente:

“Nulla mi fa paura. È stato solo istinto.”

“Non hai bisogno di mentire... Non con me.”

“E cosa avresti tu di tanto speciale?”

Non sa neanche lui perché le parole gli escono di bocca, ma le dice:

“So cosa vuol dire essere costretto a indossare una maschera. Sempre”

Il vento gelido taglia come il silenzio. Hermione si sforza di sollevare lo sguardo e inchiodarlo negli occhi dell'uomo, non si vuole fare vedere debole. Lui sorride internamente, sa di averla messa in soggezione, e ci gode:

“Bel tempo per una passeggiata.”

“Mi piacciono queste giornate...”

“Non piacciano a nessuno queste giornate Granger, e non penso proprio che piacciano a te.”

“Dato che tu sei un esperto di quello che mi piace...”

L'uomo incrocia la braccia, nonostante è sulla soglia dei quarant'anni, in questo momento, con quel sorriso sghembo sul viso, le braccia incrociate, appoggiato sul tronco di un albero, incurante del vestito di sartoria, sembra un ragazzino.

“Giochiamo al gioco della verità...”

L'uomo appella una bottiglia di Fire-Wiskey e due bicchierini e si siede sullo schienale di una panchina poco lontana.

“Per ognuna che ne indovino tu bevi un bicchiere e viceversa”

Hermione lo guarda con un' espressione a metà tra il dubbioso e il truce. Si morde leggermente il labbro inferiore, cosa che fa ogni volta che è tentata di fare qualcosa. Non è da lei bere, specie con un quasi sconosciuto. La sua voce esce tremula nonostante cerca di contenerla:

“Perché dovrei mai fare una cosa del genere?”

“Perché non hai nulla da perdere... Non hai nessuno con cui devi giustificarti o che ti aspetta, se no non saresti qui ora.”

Gli occhi della donna si riempono della tristezza della rassegnazione e una smorfia le deturpa il viso. Si siede sulla panchina:

“Comincia a riempirmi il bicchiere Zabini...”

Le frasi si susseguono. Le prime sono facili e banali, fanno ridere, si beve poco, ma poi si va affondo e divengono dolorose e profonde, a ognuna corrisponde un bicchiere di liquore, e spesso non basta per ammortizzare il dolore :

“Non ti sei mai legato a nessuna perché hai paura dell'amore. Non l'hai mai conosciuto...”

“Ti sei pentita di esserti sposata prima del tuo primo anniversario”

“Dopo aver fatto l'amore ti senti solo”

“Tu invece ti davi piacere da sola una volta che tuo marito si addormentava...”

Biascica Blaise mentre parla. Gli occhi di Hermione sono arrossati. Il liquore riscalda nel freddo gelido, ma le labbra di lei sono livide.

 

“Ora basta Granger. Non voglio perdere il controllo, abbiamo scavato abbastanza...”

La prima goccia di pioggia bagna il terreno a pochi centimetri dal piede di Hermione. Un'altra segue la sorella, bagnando il pantalone di Blaise, poi non si possono più contare. Un tuono rimbomba mentre la pioggia cade fitta. I capelli di Hermione si appiccicano al suo viso e alla sua schiena, la camicia di Blaise gli aderisce completamente al torace. Sono zuppi ma si guardano negli occhi, e non si sa se sono lacrime o pioggia. Lui barcolla. Hermione lo cinge con un braccio intorno ai fianchi e si smaterializza.

Punto di vista di Blaise:

La prima cosa che noto risvegliandomi è il materasso. Troppo morbido per essere il mio. Vi affondo. Non mi allerto particolarmente perché non è una novità svegliarmi in letti non miei. Aprendo gli occhi non riconosco nulla della stanza. Delle gigantografie in bianco e nero di Londra e di qualche paesaggio della campagna, uno specchio, un armadio a tre ante. In ogni angolo disponibile su mensole e mobili vi sono libri. Decine e decine di tomi. Il lampadario è di foggia moderna. Nel comodino accanto a me vedo due portafoto con dentro delle foto magiche. Nel primo una ragazzina dai capelli ramati e la pelle lattea sorride salutando con la mano, mentre nel secondo un bambino dai capelli color carota e pieno di lentiggini fa le smorfie.

La Granger... Il parco, il liquore... Oh Merlino! Mi rendo conto solo ora di avere indosso un pantalone nero di una tuta che non appartiene a me. Sopra non ho niente. Ricordassi qualcosa almeno. Mah! Non è mica la prima volta che mi trovo in una situazione analoga. Sono Blaise Zabini, non c'è strega o Babbana che ubriaco o no, si è mai lamentata.

Il pavimento è freddo sotto i piedi nudi, la trovo in cucina. È seduta a gambe incrociate con in mano una tazza di quello che sembra tè bollente. Ancora è presto per l'alba, il temporale impazza più che mai. Mi nota, e solleva gli occhi dalla tazza posandoli su di me:

“Ben svegliato”

Riempie una tazza e me la porge senza chiedermi niente, ma non posso fare a meno di appezzare:

“Grazie”

Di nuovo silenzio. Sento una strana sensazione, come se qualcosa mi sfuggisse. Lei sta zitta assorta nella sua bevanda... Mi poggio mollemente sul divano. Non sembra in imbarazzo con me mezzo nudo davanti a lei. Questa è una novità. Difficilmente una donna con cui ho condiviso le lenzuola si comporta così. La guardo da sopra la tazza ma l'unica cosa che ottengo è un suo sguardo interrogativo. Ho portato a letto donne ancora vestito e facendo molto meno. Lei invece non sembra interessata, disperata com'è non pare che gli interessa l'acquisto. Sicuramente non ci ho fatto niente. Non può essere altrimenti. Mai mi sono ritrovato solo nel letto dopo essere stato con una donna, anzi, spesso faccio fatica a scacciarle dal mio petto... Va bé, almeno è la Granger, e nessuno sa di questa serata, la reputazione è salva. Per un po' di ginnastica da letto e qualche coccola ho l'agenda piena di numeri disponibili.

 

Punto di vista di Hermione:

Finalmente se ne è andato. Mi stringo le gambe al petto cercando di ricordare la dolcezza di quei momenti. Le sue mani riuscivano a darmi sensazioni mai provate prima, le sue labbra sapevano come portarmi al limite del piacere. Come bacia bene, sembra quasi che voglia arrivare al cuore e conquistarlo. Non ho mai visto niente di più perfetto del suo corpo. La sue pelle è di un magnifico color caramello, ogni tratto era definito quasi da uno scalpello: i pettorali ampi, i gradini degli addominali, la curva dell'inguine... Non credevo poi si potesse essere realmente così ben dotati. Persino da sbronzo era in grado di fare cose incredibili. Com'era piacevole la pressione del suo corpo sul mio. Sembravano sinceri i suoi sospiri, il suo stringermi le mani, le sue parole roche e calde in quei momenti:

“Stringiti a me”

“Fatti amare”

“Sei bellissima”

“Vieni per me...Ti aspetto”

 

Le lacrime mi scendono sole mentre mi guardo allo specchio:

“Stupida, stupida Hermione! Un'altra volta! Ti sei illusa ancora! Cosa puoi avere da un uomo se non qualche momento di dolcezza? Cosa lui può volere da te? Stupida, stupida romantica con le testa piena di favole! Dovresti saperlo che le favole non esistono! Ne hai mai visto tu principi azzurri o eroi valorosi? Hai solo visto fortuna e fato, pedine nelle mani del vento... Oblivion, che parola meravigliosa! Oblivion, e tutto passa, Oblivion, e puoi fare quello che vuoi senza conseguenze. Cosa avrebbe comportato lasciare a Zabini i ricordi di questa notte? Imbarazzi, forse pettegolezzi, magari problemi. Così resta solo il meglio. Così resta solo il piacere e la dolcezza del ricordo in cui crogiolarsi. Riprenditi stupida strega! L'alba è vicina, e ne hai di problemi da affrontare. Dovrai sorridere a Lavanda Brown, del dipartimento vicino al tuo, che non si è mai smessa di scopare tuo marito se non per il primo anno di matrimonio, dovrai salutare Harry e fingere di ignorare le risatine di tutti, dovrai vedere Ronald e non sputargli addosso per gli occhietti dei tuoi figli che ti guardano e appena ti riconoscono come madre. Ti manca solo Zabini per completare il quadro!”

…............................................................................................................................................................

Qualche giorno dopo un piccolo gufetto marrone picchietta col becco alla finestra dello studio di Hermione. Un frammento di pergamena attaccato alla sua zampa, poche parole seguite dalla firma di Blaise Zabini:

 

“Grazie per la serata, spero di poterla ripetere presto”

 

L'uomo non ha accettato di non essere riuscito per la prima volta a sedurre ubriaco o no una donna, non mollerà la preda. L'ha troppo incuriosito.

 

Hermione esce fuori la bacchetta, una sola parola:

 

“Incendio.”

 

   
 
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