Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Lory221B    29/12/2014    2 recensioni
Sherlock è in fase autodistruttiva e niente sembra più scuoterlo. Mycroft non vede altra soluzione se non mandarlo in terapia. Nel frattempo un nuovo, complicato caso, riemerge dal passato.
Riuscirà Sherlock a risolvere il puzzle della sua mente, risolvere il caso e riavvicinare John, che sembra sempre più distante e travolto dalla routine della vita familiare?
Aggiunto un epilogo bonus parentlock
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap. 2 Le convenzioni sociali

John stava giocando con la piccola Ginny. Da quando era nata passava ogni minuto libero con lei, giocando, raccontando storie, passeggiando nel parco o semplicemente cantandole la ninna-nanna. John era sicuramente un padre felice. Quel pomeriggio non lavorava all'ambulatorio e aveva deciso di fare una passeggiata con la piccola; non viveva più in periferia, aveva convinto la moglie ad avvicinarsi di più al centro città e lei lo aveva accontentato, anche se riteneva che la metropoli non fosse un buon posto dove crescere una bambina.

- Mary hai visto la scarpina destra di Ginny? - chiese John,  guardando il piedino nudo della piccola.

- No, sarà in camera -

- Allora Ginny, questo è un bel mistero, il caso della scarpina scomparsa! Mi sembra un caso degno di un 7! - fece John alla bimba che sorrideva allegra - Bene, cerchiamo degli indizi - continuò John, prendendo in braccio Ginny. - Allora, cosa sappiamo? l'ultima volta che è stata vista era nella tua culla, iniziamo da lì - e si avviò verso la camera, facendo uno sguardo buffo che fece ridere ancora di più la bimba. John aggirò con circospezione la culla, come se davvero si trovasse sulla scena di un crimine e poi, con un tocco di teatralità, tolse la coperta rivelando che sotto non si trovava la scarpina.

- Niente da fare Ginny, potremmo chiamare Anderson e tutta la squadra scientifica ma probabilmente sarebbe inutile - la piccola ora lo guardava attento, rapita dalla recita del padre. - Non ci resta che ripercorrere la strada che hai fatto nella speranza di trovare la scarpina -

John cercava di mantenersi serio ma era impossibile con Ginny che lo guardava con gli occhioni spalancati, pronta ad emettere un urletto di gioia ad ogni mossa del padre. John fece finta di cercare delle impronte nel corridoio, finché non vide la scarpina rosa dietro il portaombrelli - Eccola qui, abbiamo risolto il caso senza nemmeno uscire di casa, siamo proprio come zio Sh...- e John si bloccò, incapace anche di nominarlo.


Mary aveva osservato tutta la scena con una certa malinconia; le cose non erano andate come si era aspettata. John l'aveva perdonata ma tra loro non era più stato lo stesso e dopo la nascita di Ginny, il marito sembrava aver trovato un'ottima scusa per allontanarsi ulteriormente da lei. Parlavano poco e uscivano ancora meno e Mary non poteva fare a meno di notare che da quando John non vedeva più Sherlock, una parte di lui era morta. Mary credeva che una volta nata la bimba, John avrebbe messo da parte l'avventura e l'adrenalina, proprio come aveva fatto lei, ma per lui non era così facile.

- Mary noi usciamo, la porto a fare un giretto, tu vedi le tue amiche, giusto? -

- Si John, divertitevi - E Mary li guardò uscire, non trattenendo un sospiro di insoddisfazione.

John spinse allegro la carrozzella lungo la strada, senza una meta precisa, costeggiando uno degli innumerevoli parchi della città finché, senza rendersene conto, si ritrovò in Baker Street.

- Che dici Ginny, facciamo un salto al 221b? - la piccola sorrise e John lo prese come un sì; avanzò lungo la via, finché non si trovò davanti alla porta del suo ex appartamento. Lo sguardo corse verso la finestra nella speranza di vedere la figura di Sherlock intento a suonare  il suo amato violino, ma le tende erano tirate e sembrava non esserci nessuno. John stava combattendo tra la voglia di bussare e quella di girarsi e tornare a casa, quando la sig.ra Hudson uscì di fretta dall'ingresso principale.

- Buon pomeriggio, signora Hudson -

- Oh, John caro, mi scusi non l'avevo vista - fece lei, chiamando un taxi - e c'è anche la piccola Ginny - affermò allegra, facendo una voce buffa per divertire la piccola. John si trovò a pensare che Sherlock avrebbe commentato l'uso inutile delle vocine per parlare con i neonati, trovandolo assurdo, ma Sherlock non era lì e aveva visto Ginny un'unica volta.

- Sherlock è in casa? - chiese John, non del tutto sicuro di quale fosse la risposa che voleva sentire.

- No, a quest'ora è dallo psicologo - rispose la signora Hudson, aprendo la portiera del taxi.

John la guardò come se avesse annunciato che gli alieni avevano presso possesso di Buckingham Palace - Dov'è Sherlock, scusi? - richiese pensando di aver sentito male.

- Suo fratello l'ha costretta ad andare in terapia. Lo so perché ho origl...cioè ho sentito involontariamente una loro discussione -

- Perchè Sherlock deve andare in terapia? E' per un caso? Uno psicologo che manipola i pazienti o qualcosa del genere? - fece John, pensando che ogni volta che il suo amico aveva fatto qualcosa di molto strano, era sempre stato per un caso. Involontariamente gli tornò alla mente la storia di Janine, la finta fidanzata, l'ennesima prova che Sherlock non si curava dei sentimenti altrui e che per lui il matrimonio era una barzelletta, soltanto un modo per risolvere un caso.

Fu il turno della sig.ra Hudson di essere sopresa - Caro, avrai notato che la sua asocialità e la sua misantropia hanno raggiunto vette intollerabili! Adesso scusami, sono davvero di fretta - e sparì in un taxi.

John cercò una spiegazione per quella rivelazione,  finché non decise di archiviare la vicenda senza approfondire, come ormai faceva con ogni cosa che lo turbava. Era troppo stanco di combattere con i mulini a vento, così girò la carrozzella e lentamente si avviò verso casa.


***** ******


Sherlock cominciava a pensare che non solo Lestrade non gli affidava più alcuna indagine perché in combutta con il fratello, ma anche che Mycroft intercettava ogni possibile cliente, in modo che fosse costretto a seguire la terapia con regolarità. Anche quel pomeriggio si trovava nello studio medico in attesa che il tizio prima di lui finisse la sua ora. Si trattava sempre del 35enne indecifrabile, anche se nel frattempo Sherlock aveva dedotto che era benestante, single, con un cane, probabilmente un bull terrier; quando l'uomo uscì fece un cenno di saluto al detective che Sherlock interpretò come una mera ed inutile convenzione  sociale, visto che non lo conosceva, ed entrò nello studio del suo dottore.

- Sono contento di rivederla, Le rivelo che non ero sicuro sarebbe venuto - fece lo psicologo, invitandolo a prendere posto sulla poltroncina.

- Mi piace essere imprevedibile - rispose Sherlock, quasi già annoiato.

Il dottore arricciò le labbra, aveva sperato che il suo paziente si fosse un po' sciolto dopo la prima seduta, ma in effetti era sperare troppo - Vuole parlarmi di qualcosa? - 

Sherlock sospirò - No, parta pure con le domande -

Lo psicologo era comunque soddisfatto, era pur sempre un inizio - D'accordo. Sarebbe in grado di definire cos'è l'amore? -

Sherlock lo guardò scioccato - Non avevo capito fossimo ad un quiz televisivo -

- Non voglio la definizione del dizionario di Oxford, voglio sapere cos'è per lei -

Sherlock congiunse le mani sotto il mento e rifletté se dire cosa pensava davvero o cosa il dottore volesse sentirsi dire - Un sentimento inutile, irrazionale e uno svantaggio pericoloso -

Lo psicologo sorrise paziente - Eppure è riuscito a fare un discorso al matrimonio del suo amico. Il matrimonio è la celebrazione dell'amore per eccellenza -

- Davvero? La firma di un contratto in cui sono elencati diritti o obblighi a cui devono sottostare i coniugi? Molto romantico! - commento sprezzante - Comunque il discorso non era sull'amore, era su John e basta - concluse Sherlock, convinto che quella affermazione mettesse a tacere ogni domanda sul matrimonio di John.

- Su lei e John più che altro - commentò il dottore e Sherlock lo guardò interrogativo - Lo so perché ho visto il video - affermò lo psicologo in risposta allo sguardo del detective.

Sherlock pensò tra se che avrebbe sicuramente spezzato il braccio a Mycroft.

 - E sono abbastanza sicuro - continuò il dottore - di averla sentita dire di essere una delle due persone che ama il dottor Watson di più al Mondo (1).

Sherlock si irrigidì sulla poltrona e protese la schiena verso lo psicologo, come se fosse pronto ad alzarsi e andarsene - Ho partecipato al matrimonio perché John me l'ha chiesto e ho fatto un discorso perché si usa così, è la tradizione, qualcosa dovevo dire. Ma non c'è pericolo che faccia altri discorsi, non credo parteciperò mai più ad un matrimonio -

- Perchè? Se l'è cavata bene dopotutto. Immagino che sia stata una difficoltà enorme per lei esprimere dei sentimenti, davanti a tutti -

- Che mi guardavano come un alieno, ridevano e piangevano in momenti inopportuni e pensavano fossi ubriaco quando stavo salvando la vita ad un uomo? No, non è stato per niente difficile - commentò Sherlock in maniera sarcastica.

Lo psicologo sorrise e Sherlock strinse gli occhi - So cosa pensa, mi sono documentato sul disturbo schizoide e tra i sintomi c'è la sensazione di sentirsi incompreso. Non è una sensazione, lo sono, chi vuole che mi capisca, sono tutti così tranquilli nella loro routine e nelle loro convenzioni sociali - concluse Sherlock adagiandosi nuovamente sullo schienale della poltrona.

- Trova fastidiose, vero, le convenzioni sociali? -

- Insopportabili. Le persone fanno le cose perché devono, perché "si fa così", non perché vogliano farlo o lo pensino davvero. Non si capisce chi ha deciso che si fa così, come se un dato comportamento fosse stato ripetuto un numero tale di volte da diventare una consuetudine, una legge non scritta a cui tutti obbediscono ciecamente - Sherlock si sentiva un fiume in piena. Prima di John non esprimeva mai questi concetti perché ogni volta che lo aveva fatto durante l'adolescenza era stato zittito e dopo che John era entrato nella sua vita aveva capito che era maleducazione non attenersi alle regole sociali, per cui aveva deciso per il compromesso di non attenersene comunque, ma di non lamentarsene in ogni occasione.

- Proprio nessuno la capisce? Nemmeno suo fratello? - ritornò nel discorso lo psicologo.

Sherlock rise tra se ed evitò ogni commento all'idea che suo fratello potesse essere un confidente.

- Mi spiega le origini del suo risentimento per Mycroft? -

Sherlock rimuginò tra sé, pensò ad un bambino coccolato da due genitori  che lo adoravano ma non capivano perché non avesse nessun amico da invitare al compleanno o perché nessuno lo invitasse alle feste ed un fratello ambizioso che per quanto fosse solitario aveva molte conoscenze; pensò ad un bambino troppo curioso e a un fratello che non mancava di farlo sentire inferiore ad ogni occasione; pensò ad un bambino che giocava con la nave dei pirati nella vasca da bagno, immaginando di girare il Mondo alla scoperta di tesori nascosti ed un fratello che sbuffava dell'eccessiva e controproducente fantasia del fratellino.

- Mio fratello quando ero piccolo non faceva altro che dirmi quanto ero stupido e quanto lui fosse intelligente, ho fatto di tutto per stare al suo passo, alienandomi anche dal Mondo per studiare e cosa ho ottenuto? Una casa vuota e sedute settimanali dallo psicologo. Ottima scelta! -

Sherlock prese fiato, non si era nemmeno reso conto di quello che aveva sputato fuori né del fatto che lo aveva urlato. 

- Mi sembra che per oggi possa bastare - fece il dottore un po' compiaciuto, lo stava portando lentamente dove voleva e sembrava avesse già fatto dei piccoli passi avanti.

Sherlock, ancora scosso, salutò e uscì rapidamente dallo studio, aveva bisogno d'aria e di una lunga passeggiata.


***** *****

Quando John arrivò a casa, trovò la tavola apparecchiata e Mary ai fornelli intenta a cucinare. John prese la piccola che nel frattempo si era addormentata e la mise nella culla.

- E' andata bene la passeggiata? - fece allegra Mary baciando il marito su una guancia.

- Si, abbiamo fatto un bel giro - sorrise John, volutamente ignorando il fatto che si sentiva sempre più imprigionato in una vita che non era quella che voleva, che il tremore alla mano era ricominciato, che aveva nascosto da qualche parte, nei meandri della sua mente, il fatto che Mary era stata una sicaria e gli aveva mentito per tutto il tempo e che Sherlock non voleva più vederlo e adesso andava in terapia. Ormai aveva scelto più o meno consapevolmente quella strada, preoccuparsi di tutto il resto non aveva senso.

***** *****


(1) Nel caso aveste visto l'episodio solo in italiano, nella traduzione c'è un errore. Sherlock in inglese dice: "John, you have endured war and injury and tragic loss - so sorry again about that last one - so know this; today you sit between the woman you have made your wife and the man you have saved. In short, the two people who love you most in all this world." In italiano è stato tradotto con "le due persone che più ami al Mondo" stravolgendo il senso del discorso di Sherlock, per cui preferisco attenermi all'originale.


Angolo autrice:

Sono di nuovo qui, l'influenza ha almeno un effetto positivo, scrivo un sacco ;)
Vi sta piacendo l'evolversi della vicenda? Spero davvero di si!

Un bacione
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Lory221B