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Autore: _Lalli    29/12/2014    2 recensioni
Arya Dröttningu, ambasciatrice degli elfi, protegge l'unico uovo di drago in possesso alla resistenza; Durza lo Spettro attende da anni l'occasione di impossessarsene e finalmente pare esserci riuscito, ma l'elfa riesce a rovinare miseramente i suoi piani. Allo Spettro non rimane che un'unica soluzione: torturare la sua prigioniera senza pietà, fino a che non confessi il luogo in cui l'uovo è stato trasportato.
Ma se, durante la prigionia, qualcosa di inaspettato fosse accaduto ad Arya? Qualcosa di cui nessuno, a parte lei e Durza, è a conoscenza?
Costretta ad un viaggio avventato e ad un'improbabile alleanza, Arya scoprirà lati insospettabili del suo nemico e si lancerà in una ricerca che getterà i semi del suo destino. Coinvolta in segreti incredibili, finirà per svelare alcuni dei molti misteri che ancora oscurano la bellissima terra di Alagaësia.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arya, Durza
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ciao
28. Decisioni

Non so quanto tempo riuscii a dormire in pace. Ma so per certo che Durza si accorse subito quando la mia visione -che sembrava avermi ormai abbandonata- ricomparve in tutta la sua potenza, trascinandomi in un vortice di sofferenza e disperazione. Mi svegliò scuotendomi violentemente le spalle e schiaffeggiandomi leggermente il viso.
Aprii gli occhi per fargli capire che era riuscito a riscuotermi, ma poi ero così stanca che mi riaddormentai nuovamente, di un sonno di poco più leggero.
            Tornai alla realtà con la luce del sole che picchiava violentemente sui miei occhi. Doveva essere ormai la seconda ora del pomeriggio e io mi sentivo sporca -probabilmente non avevo mai puzzato tanto in vita mia-, indolenzita e dolorante.
Mi sarei alzata a sedere ma lo Spettro era praticamente steso su di me e il suo peso mi teneva premuta a terra, con un sasso scomodamente affondato nella schiena. Gli scostai i capelli inzaccherati dalla fronte e sussurrai un paio di parole per incitarlo a svegliarsi.
Riuscii nel mio intento e Durza si scostò bruscamente da sopra di me, guardandosi intorno un poco spaesato. Solo in quel momento mi ricordai che eravamo ancora braccati.
«Ho bisogno di lavarmi» lo informai, sollevandomi dal terreno e massaggiandomi la schiena, dove il malefico sasso aveva scavato un solco.
Trovai il mio zaino gettato scompostamente accanto a me e lo portai con me sulle sponde del lago, dove mi immersi con piacere nell'acqua fredda. Mi frizionai la pelle, gli abiti e i capelli con energia, piangendo la perdita del sapone dell'erborista Gamall.
Lo Spettro mi seguì e mi imitò. Insieme, svuotammo i nostri zaini e gettammo buona parte delle provviste che avevamo radunato nella cucina del Covo, tenendo solo le mele e sciacquando le borracce vuote, le coperte e le nostre spade.
«Possiamo lasciare Dras-Leona?» mi accertai, intrecciando i miei capelli grondanti d'acqua.
«
Dobbiamo, direi. E di corsa, prima che qualcuno trovi le nostre tracce con la magia. Perderemo il cavaliere, ma se i Ra'zac ci trovassero e riferissero al re saremmo finiti».
«I Sacerdoti..»
«Non parleranno» mi rassicurò. «Sanno bene che la priorità dei loro dei è servire Galbatorix, volenti o nolenti, e non andranno a sbandierare il loro tradimento e il loro fallimento in faccia a loro. Sanno che la pagherebbero cara».
Annuii e mi concentrai sulla domanda cruciale. «Hai ciò che cercavamo?»
Sorrise, con un pizzico di amarezza. «Sì. Ed è più semplice di quanto credessi, anche se non facile».
Una feroce esultanza mi montò in petto e una scarica di energia mi percorse le membra. Lo Spettro ammiccò, allargando il sorriso e cedendo per qualche istante a un'allegria che mi parve sincera.
Poi asciugò entrambi con poche parole, quindi mettemmo gli zaini in spalla e corremmo verso nord, cercando il punto in cui il fiume Toark sfociava nel lago Leona. Non avevo chiesto nulla ma immaginavo che la nostra meta sarebbe stata Gil'ead.
Non ci fermammo -se non per riempire le borracce- fino a che la luce non cominciò a calare. A quel punto crollammo a terra, nuovamente sfiniti e decisamente affamati. Mangiammo le nostre mele e bevemmo abbondantemente l'acqua del fiume, che in quel punto si gettava a estuario nel lago.
Durza riuscì anche a pescare un paio di pesci con la magia e accese un fuoco per cuocerli prima che facesse buio e il bagliore diventasse localizzabile a miglia di distanza. Tuttavia anche la colonna di fumo che si levava sopra di noi era abbastanza evidente nella sera grigiastra.
Non sentivamo la presenza di nessun inseguitore alle nostre spalle, ma la prudenza non era mai troppa.
«Ne vuoi un po', Arya?» mi chiese Durza, porgendomi del pesce. E per la prima volta non percepii del sarcasmo nella sua proposta di mangiare le carni di un essere che aveva pensato e respirato.
«No, grazie» risposi.
Non avevo così fame da dovermi abbassare a quello.
«Non so se troveremo altro» mi avvisò lo Spettro, un poco titubante. «Non avevo previsto di dover fare un tuffo da testa a piedi in quella schifezza o mi sarei risparmiato di riempire gli zaini».
Sarebbe successo quello che era successo se lui non avesse riempito gli zaini? Forse sarebbe andato lui stesso a chiudere la porta della cucina e quindi non mi avrebbe toccato il braccio. Era da quel contatto che era partita la pelle d'oca in tutto il mio corpo, ma forse non era stato quello il vero principio.
Forse la sua battuta irriverente sulle mie gambe?
Probabilmente non aveva senso cercare di capire come il tutto fosse partito: era successo e basta.
«All'altezza dell'ansa del Toark, quando ripiega sulle montagne, potremmo spostarci di qualche miglio verso Taurida. Troveremo delle fattorie e dei frutteti dove potremmo rubacchiare qualcosa» dissi, tornando al mio lato pratico.
Mi guardò da sotto le corte ciglia. «Lo sai per certo?»
«Ho percorso questa via ad anni alterni, per quindici anni, portando l'uovo con me. Io e i miei compagni cercavamo di evitare i centri abitati e non viaggiavamo con troppe provviste, quindi non era raro che facessimo qualche deviazione per rifornirci».
Sollevò un sopracciglio. «Elfi che rubano agli uomini?»
«Ho passato più tempo tra gli uomini che tra la mia gente, qualche brutta abitudine devono avermela passata» mi giustificai debolmente.
Ridacchiò. «Tranquilla, non lo dirò a nessuno. Forse non sarò amabile come i tuoi amici elfi, ma direi che stavolta ti accompagno io nelle tue.. scorrerie».
«Si trattava di piccoli furti» minimizzai.
«Arriveremo entro domani al tramonto?»
«Sì».
«Bene, perché credo che moriresti di fame se tardassimo ulteriormente». Mi lanciò un'altra mela, che afferrai al volo. «Prendi anche questa, io per stasera sono più che sazio».
«Grazie» dissi, stirando le labbra in un sorriso accennato.
Si strinse nelle spalle e spense il falò. «Ti dispiace camminare altri dieci minuti? Giusto per allontanarci un poco dal bivacco, non si sa mai».
«Non credo che qualcuno ci abbia seguito» lo rassicurai.
E tuttavia acconsentii ad allontanarmi di un poco.
Stendemmo le coperte lontano dalla strada e dal fiume.
«Sai una cosa?» fece lo Spettro dopo avere slegato la spada dallo zaino e averla posata accanto a sé. «Non abbiamo pagato le ultime settimane di permanenza al locandiere del Covo Segreto. E per di più gli abbiamo anche rubato del cibo e delle coperte».
Sbuffai una risata. «Potrai tornare a pagarlo una volta che tutto sarà finito. Mi fai leggere la pergamena?» azzardai, cambiando discorso prima che i pensieri di entrambi indugiassero sulla cucina e sul tavolo della cucina in particolare.
Durza parve sorpreso della richiesta, ma stranamente non si oppose. Forse non aveva pensato che, se il suo giuramento gli impediva di rivelarmi il segreto di Galbatorix, nulla gli impediva di lasciarmelo scoprire da sola.
Tuttavia quando estrasse la pergamena macchiata di inchiostro dalla tasca della casacca realizzai immediatamente che le mie speranze erano state vane e persino un po' ingenue.
Avevamo fatto un bagno in del liquame e poi in dell'acqua. Cosa poteva essere rimasto delle parole se non qualche sparuta macchia nera a testimoniare il loro passaggio?
«Ricordi ciò che c'era scritto vero?» mi accertai, un poco amareggiata.
Annuì. «Mi spiace, non ho pensato a salvarla».
«Oh, non fa nulla».
Mi avvolsi nel mantello e nelle mie coperte e mi preparai a dormire. Ormai era calato il buio e nessun falò rischiarava il nostro bivacco, la nostra unica luce era nuovamente quella della luna, che però era un po' oscurata dalle nubi, al contrario della notte precedente.
«Arya», mormorò Durza in tono morbido, «forse dopo dovrò svegliarti. Ed è freddo».
Persino un idiota avrebbe letto l'implicito invito nelle sue parole.
Raccolsi il mio zaino e le mie coperte e mi spostai di qualche iarda, fino a che non mi trovai accanto a lui.
Le nostre mani si trovarono. E poi anche le nostre labbra.
Dovevo smetterla di comportarmi da stupida e mettere in chiaro le cose con lui una volta per tutte: potevo provare nuovamente a convincerlo a rinunciare ai suoi propositi, oppure dovevo allontanarmi definitivamente da lui.
«Devo parlarti, Spettro».
Tormentò i miei capelli e assunse un'espressione corrucciata. «Domani, ti prego».
Mi riscosse dal mio incubo e mi baciò di nuovo. E io lo baciai e poi lo strinsi e poi mi addormentai, tremando tra le sue braccia.

Mi risvegliai sentendo Durza canticchiare una ballata popolare, stonato come poche altre persone che avevo sentito cantare in tutta la mia vita. Parlava di due nemici che si scontravano sul campo di battaglia. Lui uccideva il suo avversario, il migliore che avesse mai sfidato, ma quando gli sfilava l’elmo scopriva che era la sua amata, che apparteneva all’esercito avversario. Lei moriva piangendo, spiegando che aveva fatto tutto quello perché il conflitto tra lealtà e amore la stava uccidendo più di qualunque spada. E quale morte migliore di quella per mano sua?
Le mie palpebre chiuse tremarono, riconoscendo l’ombra della nostra situazione in quelle parole.
«Non farmi mai uno scherzo del genere, Elfa» borbottò ridacchiando, ma la sua voce era fioca e debole.
Schiusi gli occhi e restai a fissare i suoi in silenzio, ritardando il più possibile il momento in cui avrei dovuto erigere nuovamente un muro tra di noi.
«Comincio io se permetti» mormorò lo Spettro, stringendomi la mano sinistra.
N
e baciò le dita, poi si staccò e iniziò a pronunciare una lunga cantilena nell’antica lingua. Mi imposi di non muovermi e di non intervenire, ma ero spaventata e non riuscivo a capire cosa stesse facendo e perché.
«Toglilo» disse infine.
«Cosa..?»
«L’anello» puntualizzò.
Ah. Lo tirai quasi con pigrizia e, con mio estremo stupore, si tolse con facilità.
Sentii vagamente Durza dire: «Sei libera».
Ma la mia mente vagava ad altro. Sentivo la mia energia tumultuosa premere per uscire, potevo fare una magia, una qualsiasi, quando volevo e come volevo.
Una fiammella danzò sul mio palmo senza neanche bisogno di parole, seguita da globi luminosi che mi fecero pizzicare tutto il corpo per l'emozione.
Poi abbandonai la solitudine della mia mente ed espansi tentacoli di coscienza tutto intorno a me, percependo all'improvviso la natura brulicante che si risvegliava nella primavera, insetti, piante, piccoli animali. Da mesi ero costretta in me stessa come dietro ad un muro e in quel momento sentire la vita, il suo flusso, i suoi misteri.. Mi si riempirono gli occhi di lacrime bollenti e le membra mi formicolarono di rinnovata energia.
E mi sentii forte, potente, invincibile, letale, pronta a colpire.
Infine sentii la coscienza di Durza e il vuoto lasciatomi al dito dall’anello. Dopo tutti quei mesi avevo fatto l’abitudine a sentirlo lì, a stretto contatto con la mia pelle, dove ormai si era disegnato un pallido cerchio.
Era il simbolo schiacciante della mia sconfitta, della mia umiliazione e inferiorità, delle mie illusioni, delle mie sofferenze, delle mie paure più oscure, delle sue menzogne e delle sue crudeltà.
Eppure lo rimisi al suo posto, d'impulso.
Tornai faticosamente a concentrarmi sullo Spettro e lo trovai guardingo, teso e inquieto, con gli occhi così socchiusi che sembravano scomparire sotto le ciglia corte e sottili. Mi parve bello e pericoloso allo stesso tempo. E sembrava quasi aspettare un mio attacco.
«Se lo desideri,» disse lentamente, «puoi tornare a casa».
«Cosa?!» esclamai sconvolta. «Ma.. e il piano per deporre il re? I tuoi segreti?»
«Ormai non importa» replicò con voce monocorde, sfilando delicatamente il braccio da sotto il mio corpo e alzandosi a sedere, privandomi repentinamente del suo calore. «Il cavaliere mi è scappato, quindi non c'è nessuno dei miei piani che potresti intralciare facendo rapporto al tuo popolo o ai Varden. Vado ad affrontare Galbatorix, ma credo che non avrai nulla in contrario su quello» concluse con una risatina. «Per quanto riguarda ciò che succederà dopo.. immagino che non arriverai in tempo per ostacolarmi. Al massimo potrai tentare di depormi più avanti. Hai fatto il tuo dovere e anche di più, non credi?»
Mi accigliai e mi alzai a mia volta. «Hai bevuto qualcosa mentre io dormivo, Spettro?»
«A quanto pare devo sempre essere ubriaco quando succedono cose interessanti» fu la sarcastica risposta.
Nel tumulto che sentivo crescermi dentro trovai a malapena la lucidità di chiedere: «Perché?»
«Devo veramente spiegarti il perché? No, credo che tu lo sappia già alla perfezione».
«E quindi mi mandi via? Non dovevo servirti contro il re?» insistetti.
Mi pareva incredibile di essere improvvisamente sciolta da ogni vincolo dopo più di quattro mesi. E se da un lato mi sentivo esultante, dall'altro ero terrorizzata.
Non mi aspettavo un allontanamento così brusco e improvviso né dalla missione né da Durza stesso.
Mise le mani sugli occhi. «Vai via prima che mi venga voglia di trattenerti, piccola Elfa».
«Io voglio esserci!» decisi, determinata, afferrandogli i polsi e spostandogli le mani. «Voglio esserci quando il re cadrà».
«Non capisci», soffiò con voce rotta, «che dopo Galbatorix sarà uno di noi due a morire? Io non voglio morire. E non voglio ucciderti».
Le lacrime mi punsero gli occhi. «Nemmeno io».
«Allora, ti supplico, vattene».
Solo in quel momento realizzai pienamente la portata dei sentimenti che provavo per Durza lo Spettro.
Ciò che mi legava a lui era così complesso, contraddittorio e stratificato.. qualcosa che non avevo provato per nessuno, mai.
Avevo combattuto contro di lui e poi al suo fianco, lo avevo ferito e salvato e lui aveva fatto lo stesso per me, ero stata sua nemica e alleata, lo avevo schiaffeggiato e baciato, gli avevo nascosto e confessato segreti terribili, avevo tramato alle sue spalle e fatto l'amore con lui, avevo pregato per la sua morte e la sua salvezza, avevo subito le sue torture e goduto delle sue carezze, lo avevo definito un mostro e poi avevo scoperto il ragazzino spaventato alle sue spalle, accanto a lui mi ero sentita in pericolo e al sicuro, avevo decifrato le sue espressioni e reagito impreparata alle sua azioni, riso e protestato alle sue battute, negato e richiesto il suo affetto..
Forse potevo andare avanti per delle ore.
E forse era il caso di smetterla di pensare e cominciare a prendere decisioni che avrebbero sconvolto la mia abituale esistenza, ma forse mi avrebbero finalmente resa felice.
Ed era tutto così facile.. Volevo che Durza fosse mio. Non c'era niente di male in tutto quello.
«Io.. tu hai detto di provare dei sentimenti per me, quella notte nella cattedrale» balbettai.
«Sì, Arya. Tantissimi sentimenti. Ed è per questo che..»
«Anche io» lo interruppi.
Addolcì l'espressione disperata che aveva in volto. «Lo so e so anche che non mi vorrai veramente, non finché le cose non cambieranno».
«E allora dovremmo cambiarle, non credi?»
«Non sai quello che dici, Elfa».
Strinsi la presa sui suoi polsi. «Se reclamerai il trono del re ti uccideranno, Durza. Gli elfi, i nani, gli uomini, forse anche i gatti mannari. Nessuno vuole un altro tiranno, tanto meno uno spettro, quindi se vuoi vivere devi rinunciare al potere».
Mi scrollò bruscamente e iniziò ad arrotolare le coperte. «Non voglio» proferì gelidamente.
Lo imitai e gli concessi qualche minuto di pace, anche solo per meditare sulle mie parole. Ma poi, mentre camminavamo fianco a fianco lontano dal sentiero, tornai all'attacco.
«Cosa te ne fai del trono di Galbatorix?»
«Mi hanno schiacciato molte volte nella mia vita, troppe. E ora non voglio sottostare mai più all'autorità di qualcuno. Ho capito che in questo mondo si ferisce o si è feriti, si schiaccia o si è schiacciati, e non c'è una via di mezzo» fu l'asciutta risposta.
«Non so con esattezza cosa ti abbia condotto a queste conclusioni, anche se una vaga idea ce l'ho, ma ciò che ho detto è la verità: se prenderai il trono di Alagaësia sarai sicuramente e inevitabilmente schiacciato da forze superiori alle tue. Sei potente, ma non abbastanza da sconfiggere tutti i membri del mio popolo».
«Non credo che..»
«Si muoveranno» lo freddai. «Sicuramente si muoveranno contro di te».
Fece una smorfia e all'improvviso mi parve spaesato. «E dunque vuoi propormi amnistia? Posso rinunciare al potere, ma sarei in ogni caso condannato a morire. Ci sarà un processo o qualcosa del genere e sono abbastanza sicuro che una buona fetta di Alagaësia vorrà vedere il mio cuore strappato dal mio petto».
«Rinunceresti al trono?» mi accertai.
Esitò. «Ormai te lo dico, tanto peggio di così non potrà mai andare». Fece un respiro profondo. «Fino ad un giorno fa avevo intenzione di uccidere il re ed impossessarmi del suo potere, ma ora so che se voglio sconfiggerlo devo distruggere la fonte della sua magia e non avrò più possibilità di recuperarla. Mi trovo ad un bivio, ed entrambe le mie scelte sono vicoli ciechi, come puoi vedere. Quindi continuerò sulla pista originale, chissà che non mi imbatta per sbaglio in Ajihad nel frattempo, magari almeno uno dei miei progetti potrebbe essere realizzato».
«Verresti via con me?» chiesi a bruciapelo.
Si fermò e sollevò le sopracciglia. «Una fuga d'amore, Principessa?»
Mi fermai a mia volta. «Sì».
«Quando ti è venuta in mente un'idea simile?»
«Adesso» ammisi.
Contrasse il viso in un'espressione sospettosa. «E me lo stai proponendo per tenermi con te o per tenermi lontano dal trono di Galbatorix?»
«Una cosa implica l'altra. Non disdegnerò di prendere due piccioni con una fava» ammisi.
Ammutolì, spiazzato.
Capii che aveva creduto di avere solo due misere ed infelici opzioni tra cui scegliere e che la mia proposta gli aveva aperto un baratro.
Individuato quello spiraglio di incertezza nel suo esitare, decisi di insistere.
«Non devi né diventare re, né consegnarti ai Varden o agli elfi. Sono d'accordo sul fatto che in entrambi i casi verresti probabilmente ucciso, ma sono sicura che se sparissi semplicemente dalla circolazione, prendessi nuove sembianze e un nuovo nome, allora potresti vivere in pace la tua vita. Potresti difenderti da qualsiasi essere umano e stare alla larga dagli Elfi, per sicurezza. Non sarebbe un'esistenza così terribile».
«Con te?» chiese semplicemente
«Con me» confermai. «Ma non tentare di ingannarmi con finte promesse o ti giuro sulla mia vita e su quanto ho di più caro in questo mondo che non avrai mai e poi mai il mio perdono. A quel punto avresti creato la tua più acerrima nemica, per di più custode di parecchi dei tuoi segreti» aggiunsi con voce terribile.
E in effetti Durza parve quasi spaventato.
Ripresi a camminare davanti a lui, dandogli nuovamente il tempo per metabolizzare le mie proposte e le mie intimidazioni.
La sua voce suadente mi accarezzò le scapole. «E il tuo popolo? La tua casa? I tuoi amici?»
«Nessuno mi mancherà particolarmente. Dopo che il re sarà sconfitto gli elfi nomineranno un nuovo ambasciatore e se la caveranno alla perfezione anche senza di me».
Lo Spettro sbuffò. «Devo piacerti davvero parecchio per abbandonare tutto come se niente fosse, solo per stare con me».
«Oppure non mi piace l'ambiente in cui vivo e tu sei la mia prima vera occasione di fuga da quando sono nata» dissi con leggerezza, ma quella confessione pesava terribilmente sulla mia anima e avrei tanto voluto vedere l'espressione del suo viso mentre la condividevo con lui.
Tuttavia Durza pareva intenzionato a convincermi a rinunciare.
«Non credo che tu sappia esattamente quello che stai facendo, piccola Elfa. Io sono pur sempre Durza lo Spettro, ho fatto cose orribili e non sono sicuro che riuscirò a trattenermi dal farne delle altre».
«Ti fermerò io» quasi lo ammonii. «E anche Ajihad deve restare fuori dai tuoi pensieri».
«Sto lavorando alla mia vendetta..»
«.. da decenni» conclusi per lui. «Ma puoi voltare pagina. Mi dispiace per ciò che ti è successo, per ciò che la famiglia di Ajihad può averti fatto, però potresti guardare avanti, per una volta».
«Non sono sicuro di poterlo fare».
Mi voltai a fronteggiarlo, fermando il suo passo. «Durza ascoltami: hai ucciso due elfi la notte che mi hai catturata. Uno era un mio caro amico e fedele compagno, l'altro era come un fratello per me e giusto qualche ora prima mi aveva chiesto di.. diciamo sposarlo».
Lo Spettro sgranò gli occhi. «Per la miseria..»
«E poi mi hai torturata» proseguii imperterrita, «e mi hai ingannata. Eppure io ti sto chiedendo di stare con me. Credi che non sia stato difficile per me perdonarti e accettarti? L'ho fatto. E non sono affatto migliore di te, quella è solo una scusa. Ti chiedo di rinunciare alla tua vendetta per me, per noi. Puoi farlo?»
«Non voglio che tu sia mia solo per senso del dovere».
«Sai che non è così» risposi prontamente, mettendo a tacere la sua flebile protesta.
Insistette. «Dimmi solo una cosa: è considerato normale tra gli elfi fuggire con un uomo che conosci da.. quattro mesi e mezzo? Cinque? Magari ti stuferesti di me nel giro di una settimana, Principessa. E dopo?»
«Non tutte le persone sono in questo mondo per ferirti, Durza. Io non sarà la compagna perfetta: sono più brava a maneggiare una spada che un ago da ricamo, e ho visto più sangue che minestroni di verdure, però sono sicura di ciò che provo per te. Non posso giurarti che non mi stancherò mai, perché la mia vita è appena iniziata, ma i miei sentimenti sono autentici e non si dissiperanno tanto in fretta».
Fischiò, tentando con scarso successo di recuperare i modi di fare sfottenti che gli erano tipici. «Non avrei mai creduto di sentirti dire qualcosa del genere».
«Questa è la semplice verità» insistetti, muovendo qualche piccolo passo nella sua direzione.
«
Sembra troppo facile e bello per essere vero».
Mi sentivo in biblico sull'orlo di un baratro e sapevo che avrei dovuto fare del mio meglio per portare lo Spettro con me. Durza era una persona importante ed ero davvero disposta ad andarmene pur di stare con lui, tanto non avrei lasciato troppe cose o persone dietro di me. Solo che.. per il Wyrda di Alagaësia, stava succedendo tutto così in fretta!
E lui sembrava condividere il mio stesso timore, la mia stessa impazienza e la mia stessa incertezza.
Sembrava incredibile che le nostre vite si fossero sviluppate su due sentieri completamente diversi, tortuosi e ben separati, che tante altre cose importanti fossero successe prima che le nostre strade si incrociassero. Abbandonare i progetti di una vita per un amore incerto e appena sbocciato era un azzardo, quasi un atto incosciente.
Guardai Durza e vidi la sua postura rigida saldarsi ulteriormente, ma quando i suoi occhi si alzarono su di me, non li trovai
tristi e sconsolati, bensì cupi e voluttuosi, densi di sentimenti e di promesse.
Finii tra le sue braccia ancora prima di essermi resa conto di aver mosso gli ultimi passi che mi separavano da lui. Lo baciai, lentamente, chiudendo le palpebre con abbandono e accarezzandogli la schiena.
Lo Spettro mi strinse la vita. «Grazie» gracchiò, il volto premuto contro la mia spalla.
«Avrai ancora tempo per pensarci, fino a che non avremo raggiunto Gil'ead» sussurrai.
Sentii le sue labbra sfiorarmi il collo. «Non credo di averne bisogno».
E mi morsicò appena la pelle con i denti aguzzi, giocosamente.
Un peso enorme sparì dal mio cuore, ma un leggero brontolio mi annunciò che il mio stomaco voleva la sua parte.
«Andiamo a cercare qualcosa da mangiare» mugugnai, staccando lo Spettro da me.
Rise. «Se incredibile. Ardore e calcolo da un minuto all'altro».
Scoprii i denti in un sorriso. «Ma abbiamo un accordo, giusto?»
Mi guardò con aria di sfida. «Sì, donna infida».
Non mi fu troppo difficile sorridergli di nuovo. Avevo appena compiuto la seconda mossa più azzardata della mia vita, eppure sembrava essere quella giusta, finalmente. Perché in effetti mi sentivo felice, leggera, serena,quasi.. realizzata, completa. Arrivata alla fine del mio viaggio.
Una piccola parte di me continuava a guardare Durza con l'occhio sospettoso di chi ha già subito un tradimento e non sa se aspettarsene un altro, ma gli credevo, volevo credergli. I suoi sentimenti erano reali e io potevo forse offrirgli ciò che aveva perso in passato e non di era mai aspettato di ritrovare in futuro.
Amore.
            Quella notte dormimmo nel granaio della fattoria. Avevamo raggiunto i frutteti poco prima del tramonto e avevamo saccheggiato la dispensa del fattore e l'orto fino a riempire gli zaini. Forse il fattore si sarebbe accorto che qualcosa mancava, ma noi avremmo affrontato i nostri quattro giorni di viaggio fino a Gil'ead con più serenità. Ma in realtà, dopo un breve scambio, avevamo stabilito che avremmo tagliato in linea retta in direzione della città, ignorando i sentieri tracciati e accelerando il tutto.
Durza sembrava da un lato impaziente di tornare a casa e dall'altro preoccupato. Mi chiesi se la sua ansia derivasse dal fatto che, dopo Gil'ead, la meta seguente sarebbe stata Uru'baen, dove avremmo dovuto tentare l'impossibile.
«Sei preoccupato?» gli chiesi stringendomi a lui sotto le coperte.
«Pensavo che la nostra avventura potrebbe finire ancor prima di cominciare. Possiamo fare dei progetti per il nostro futuro, ma nulla ci garantisce che non finiremo ammazzati da Galbatorix. So che è una meta necessaria per riottenere la mia libertà, ma ora che è così vicino..»
«Ho paura anche io» ammisi.
Ridacchiò. «Sei brava a non farlo vedere o a non pensarci».
«E se andassimo direttamente ad Uru'baen?» gli proposi. Forse l'attesa di agire ci avrebbe scoraggiati ancor più di quanto già non fossimo in quell'istante.
Mi rispose quasi controvoglia. «Devo assolutamente vedere Alba e parlarle».
Sobbalzai. Non avevo più pensato a lei e quindi non ero ancora riuscita a dare un significato a tutti i misteri nascosti dietro le sue mosse. Sapevo però che molte di esse le avevo tenute per me, nascondendole allo Spettro per evitare che la poveretta facesse una brutta fine.
Ma forse era giunto il momento di abbattere anche quelle ultime barriere e dirgli tutta la verità. Nessun rapporto può reggere se nato su menzogne o cose non dette, tuttavia c'erano altre vite implicate quindi dovevo agire con cautela.
«Cos'è Alba per te?» domandai alla fine, anche se in realtà avrei voluto chiedergli direttamente chi fosse.
«Un'amica e un'alleata, ma avevamo stabilito una sorta di patto al quale ormai non posso più attenermi e le devo delle spiegazioni, almeno».
Notai l'esagerata lentezza nel suo tono e capii che entrambi ci stavamo nascondendo buona parte della verità. Così gli dissi tutto: della volta che Alba mi aveva aiutata a fuggire dalla mia cella, dei suoi avvertimenti, dei suoi consigli, della boccetta di veleno.
Evitai di parlare dell'occhio bianco, così somigliante a quello della giovane. Non ero ancora certa che si fosse trattato di una mia fantasia o della verità.
Durza mi ascoltò in silenzio sbigottito e quando tornò a parlare il suo tono grondava amarezza.
«A quanto pare non sono l'unico a volersi ribellare al proprio padrone» ringhiò.
«Mi dispiace».
«Dispiace anche a me, piccola Elfa. Avrei dovuto capirlo da molti segnali che Alba avrebbe tentato di ucciderti prima che fosse arrivato il suo momento».
«Uccidermi.. prima?» bofonchiai, un po' confusa. Alba era sempre stata un personaggio ambiguo per me, ma in fondo ero sempre stata convinta che avesse intenzione di aiutarmi.
Durza sospirò, mi baciò e vuotò il sacco.
«Alba è un'elfa nera. Il tuo popolo l'ha esiliata circa ottant'anni fa».
«Non credo sia possibile» lo interruppi. «Se fosse veramente successa una cosa del genere ne sarei stata informata, avevo già più di vent'anni quando è successo. Non ho mai saputo di un elfo esiliato nell'ultimo millennio e non è una cosa molto frequente dalle nostre parti».
«Eppure è così» insistette lui. «E se chiedessi a tua madre sono certo che confermerebbe. Alba è stata scacciata da Islanzadi in persona, che ha anche provveduto a farle rimuovere tutti i ricordi legati alle vostre terre».
Deglutii rumorosamente, sentendo il cuore affondarmi nel petto. «Non è possibile..»
«L'hanno trovata i miei uomini, mentre vagava sulle sponde del lago Isentar, con le vesti stracciate e un'aria folle. Non ha saputo rispondere a nessuna domanda e le orecchie a punta l'hanno tradita. A quel punto è stata portata a Gil'ead, dove ho provato ad interrogarla e a violarle la mente, ma ho trovato la nebbia. Non un ricordo, solo la sua lingua madre. Non sono un esperto di Antica lingua ma me la cavo e in breve sono riuscito a rassicurarla e anche ad insegnarle la lingua degli uomini. Tre anni dopo ha ricordato il suo nome e ha voluto immediatamente cambiarlo, così da Aiedail ho iniziato a chiamarla Alba. Mi ha giurato fedeltà e si è messa al mio servizio. Il re ha voluto vederla, ma non ha potuto fare nulla, così le ha concesso di rimanere con me nella speranza che qualche ricordo riemergesse negli anni. Ma non è accaduto nulla fino a che non sei arrivata tu».
«Io?» soffiai.
«Alba ti ha riconosciuta come la principessa degli elfi, o non avrei mai e poi mai saputo il tuo nome, immagino».
Una voce dolce, soave, incredibilmente argentina e musicale.
La voce di un elfo.
«Complimenti, mio signore. Hai tra le mani nientemeno che la principessa degli Elfi, Arya di Ellesméra, figlia della regina Islanzadi e del re..»
Le parole di qualcuno che mi conosceva. Bene.
Quei ricordi mi colpirono come una rivelazione. Ero divorata dalla febbre e quelle parole erano scivolate sul fondo della mia coscienza.
E in quel momento riemersero, portando con loro la prova schiacciante che ciò che lo Spettro mi aveva detto era la pura e semplice verità.
Poi misi in ordine i ricordi confusi dei giorni di deliri che avevo passato nella mia cella. L'odore di noce vomica, l'occhio, il foglio di carta con il suo minaccioso “morirai” vergato in inchiostro rosso, poi sparito nel nulla il giorno seguente.
Alba aveva cercato di ammazzarmi, più volte, cercando di non rimanerne troppo coinvolta da poter essere scoperta da Durza. Anche la mia fuga, organizzata da lei, era una semplice farsa: mi aveva indirizzata ad un portone di legno di quercia, che a quel punto sapevo celare la camera da letto dello Spettro. Probabilmente nella speranza che lui mi scoprisse e provvedesse ad eliminarmi.
Come avevo fatto a non unire prima tutti quegli indizi, sparsi in quei tre mesi di prigionia?

«Arya» mi richiamò il mio compagno. «Io e Alba avevamo un patto: io ti avrei spremuto tutto le informazioni in tuo possesso, avrei asservito il cavaliere e poi avrei trovato il modo di sconfiggere il re. Poi ti avrei consegnata a lei, che avrebbe fatto di te ciò che voleva. Non è più valido, ovviamente, ma ha il diritto di sapere tutto».
Ero frastornata e schiacciata dal peso di tutte quelle verità. Elfi neri? Traditori? Mia madre aveva distrutto la mente di un'elfa?
«Quale crimine ha commesso?» chiesi.
«Perché l'hanno cacciata, chiedi? Stava cercando di resuscitare sua sorella. Era morta per mano di uno dei rinnegati nella battaglia di Ilirea».
Sussultai. «Resuscitare..»
Oh no! Non poteva veramente esistere un incantesimo in grado di compiere una cosa simile. Era sbagliato, dannatamente sbagliato. La morte è un processo irreversibile. Quale persona oserebbe mai fare una cosa così innaturale? E sopratutto come?
«Non dirmi che non hai mai desiderato che qualcuno che era morto tornasse a respirare. I morti sono irrecuperabili, ma tutti sognano di vedere i propri cari tornare alla vita» mi punzecchiò Durza.
«Non l’ho mai pensato» ammisi, quasi con vergogna.
«Quanto sei arida, Elfa» sbottò lui.
Non vedevo più il suo volto, così risalii le sue braccia e gli scompigliai i capelli con affetto.
Lui cercò nuovamente le mie labbra e io divorai le sue con trasporto.
Poi mi sovvenne un'ennesima affermazione di Alba.
«Alba mi ha detto di essere la tua amante» dissi, quasi con timore.
Durza rise piano e passò un braccio sotto di me, tirandomi al suo petto. «Sei tu la mia amante, Principessa».
«Ero seria, Spettro» borbottai in imbarazzo.
«Sì. Due o tre volte. Ma è passato e non succederà mai più» quasi implorò.
«Non mi importa» lo rassicurai, «volevo solo accertarmi che non fosse un'ennesima bugia».
«Mi sa che entrambi avremo qualcosa da dire ad Alba quando torneremo a Gil'ead».
«Temo anche io».

L'incubo tornò anche quella notte e Durza mi riscosse, così come mi risvegliò le notti seguenti.
Fui io ad usare la magia per orientarci al meglio fino a Gil'ead e fu un'esperienza fantastica tornare ad usarla dopo tanti mesi di inerzia.
Qualcuno tentò di divinare Durza, ma lui lo ignorò sempre, affermando con sicurezza che non si trattava di Galbatorix, perché il medaglione a forma di sole non gli risucchiava troppa energia.
Nel giro di tre giorni arrivammo a Gil'ead. Era notte fonda quando raggiungemmo il portone esterno e io fui colta dal duro ricordo della notte in cui ero arrivata in città, a cavallo davanti allo Spettro, distrutta dalla morte dei miei amici, non sapendo cosa mi avrebbe aspettato nei giorni seguenti e certa di morire entro un paio di settimane.
Durza ripeté effettivamente la stessa procedura della volta precedente. Si illuminò il volto e esplicitò la propria identità davanti ad ogni portone, anche quello della fortezza interna.
Per un attimo mi aspettai che lo Spettro mi ridesse in faccia, schernisse la mia ingenuità e mi gettasse nella mia gelida e angusta cella. Durza invece mi condusse con sé sulle scale di pietra, oltre la porta di legno di quercia e infine nel suo letto morbido, dove adagiammo il capo su grandi cuscini e dove lui coprì entrambi con spesse coperte imbottite di piume.
Dormimmo, sporchi e stanchi dal viaggio, fino a mattino inoltrato.


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Ehilà, ciao a tutti! Spero abbiate passato buone feste e mangiato come non ci fosse un domani xD
Scusate il ritardo ma ho avuto problemi al mio povero pc!
Questo è un capitolo un po' statico e un po' di passaggio, avevo bisogno che Durza e Arya definissero finalmente il loro legame e prendessero una decisione e mi sembrava che un capitolo intero fosse necessario ^_^
Direi che ci vediamo domenica prossima (il prossimo anno)! Oggi vi auguro un felice anno nuovo e vi ringrazio nuovamente ;)
Baci,
Lalli
  
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