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Autore: youseewhatyouwant    31/12/2014    3 recensioni
Cosa accadrebbe se dopo un litigio Joker costringesse Harley a diventare la nuova Robin? Andrebbe tutto secondo i suoi piani?
-Toc toc,B-Man! Di' ciao alla tua nuova e migliorata Robin!-
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era da più o meno mezz'ora che ero rimasta con lo sguardo fisso sulla punta delle mie scarpe che ciondolavano in su e in giù a pochi centimetri dal pavimento. Odiavo indossare quella tuta bianca dello stesso colore delle pareti. Non sopportavo vedermi passare davanti l'infinita sfilza di dottori con quell'irritante aria saccente. Ma soprattutto detestavo stare chiusa in quella gabbia. Sentivo l'aria mancarmi e il profilo di Gotham che riuscivo a scorgere dalla piccola finestra al lato della cella non aiutava di certo. Era come se mi stesse chiamando.

Il lato positivo era che era vietato condividere quell'adorabile,nauseante,sottospecie di appartamento con nessuno. Non credo che sarei sopravvissuta ad un faccia a faccia con quello psicopatico che adesso fingeva dall'altra parte del corridoio che non esistessi. Si comportava esattamente come un bambino capriccioso. Ecco cos'era. Un bambino che pur di non ammettere di aver sbagliato incolpa gli altri per il proprio fallimento. Non mi aveva rivolto più parola da quando Batman ci aveva scovato con Gordon in quell'ospedale sperduto nella periferia della città. Il mio zuccherino era così bello con quel camice impregnato di sangue e la motosega che in qualche modo risaltava il colore dei suoi capelli. Il sogno di qualsiasi ragazza. Ci stavamo divertendo a giocare all'Allegro Chirurgo con il commissario e quel moralista si era messo di nuovo in mezzo. Come se non bastasse, secondo Joker l'uomo col mantello e quella ridicola maschera nera ci aveva preso nelle mani nel sacco per colpa mia. Ridicolo. L'idea di voler lasciare un biglietto da visita nell'ufficio del nostro momentaneo paziente era stata una sua idea e lui dava la colpa a me. L'unica aggiunta che avevo fatto era stata una mascherina da medico con sopra stampato un enorme sorriso a trentadue denti su cui lui aveva posto la sua firma preceduta da un introduzione.


«Dott. Joker e assistente Harley Quinn

Medico Chirurgo

Specialista in Sorrisi

-J -H»


Okay,forse avevo imbrattato la porta dell'ingresso dell'ospedale con della vernice rossa che ricordava vagamente una bocca sorridente degna di essere paragonata a quella del mio ragazzo,del mio capo, compagno di giochi,o chiunque fosse per me agli occhi degli altri. In ogni caso,pensavo semplicemente che sarebbe stato divertente modernizzare un po' quella catapecchia le cui uniche variazioni di colore erano quelle della muffa.

Era solo la terza volta che finivo ad Arkham e le guardie si erano già abituate ai nostri litigi. Li trovavano spassosi ed era proprio per questo che ci costringevano ad osservarci negli occhi per tutto il giorno quando tutto ciò che entrambi volevamo era scomparire dalla vista dell'altro.Trassi un respiro profondo e scossi con vigore la testa sperando di scacciare via il nome che come un eco continuava a rimbombare nella mia mente. Si trovava esattamente nella stessa cella di alcuni anni fa. Allora non faceva altro che studiare ogni mio più piccolo,insignificante movimento quando mi scorgeva in quella sezione dedicata a coloro che nel gergo medico erano definiti semplicemente «irrecuperabili». Fu il modo in cui mi guardava che piano piano,seduta dopo seduta,mi conquistò. Quegli occhi,che non perdevano mai occasione di incontrare i miei,che ostentavano sicurezza e un luccichio folle,avevano bisogno di me. Mr. J fu la prima persona al mondo ad aver avuto davvero bisogno di me. I pazienti di solito sono convinti che la tua esistenza sia necessaria quanto basti per salvarli con i poteri cosmici scaturiti da quella sottospecie di dio che credono tu sia. Lui non era un paziente qualunque. A lui importava di me quanto a me di lui. Ma nessuno capiva quello che ci legava. Per tutti io ero una bambolina che il capo ostentava per dimostrare che nonostante fosse un pluriomicida con gravi problemi mentali esisteva una persona che lo amasse per quello che era,a differenza di molti altri suoi colleghi. Perfino la sua nemesi pareva non avere qualcuno al proprio fianco o per lo meno qualcuno fisso se non si considerano i mocciosi con cui se ne andava sempre in giro.

Senza rendermene conto mi ritrovai distesa sul letto. Be',a dire il vero tale definizione è talmente errata da apparire quasi un complimento. Si trattava di un materasso rigido quanto un blocco di cemento la cui unica comodità era un cuscinetto più piatto di un frisbee. 

-Cos'è quella cosa che anche se piena non trabocca?- 

Il primo della lunga lista di indovinelli di Edward durante il tragitto dalla cella all'ufficio dell'analista a cui era stato assegnato. Credo si chiamasse Emily Wood. Povera donna. Sapevo come ci si sentiva ad essere tormentati da quei rompicapi. Arrivavi a dubitare della tua intelligenza. Chissà cosa ci trovava nel formulare in continuazione quegli enigmi. Devo ammettere che alcuni tuttavia erano esilaranti. E sottolineo alcuni.

Toc toc toc

Era giunta anche la mia ora. Pur senza allontanare il braccio che tenevo coricato sul viso,sapevo chi mi stava aspettando aldilà della porta di vetro. Joan Leland. La mia psichiatra. Colei che mi teneva costantemente la mente occupata chiedendomi come mi sentivo,com'era stata la mia infanzia,perché avevo voluto giocare all'Allegro Chirurgo e bla bla bla. Anche mia mamma era un'impicciona,ma almeno potevo nascondermi da lei. E poi non mi avrebbe mai domandato cosa mi piaceva fare col mio ragazzo,non si oltrepassa mai la privacy di una persona. 

Con un profondo e sonoro sbuffo mi rizzai seduta e,stiracchiando le braccia verso il soffitto,balzai giù atterrando con un perfetto equilibrio sul pavimento,intrecciando i polsi dietro la schiena.

-Salve,dottoressa Quinzel- mi salutò mostrandomi un sorriso così ampio e professionale da apparire terrificante. E io ne sapevo qualcosa di sorrisi terrificanti.

-Dottoressa Quinzel?- le feci eco quasi scettica nel pronunciare quella parole, -A cosa devo tutta questa formalità?-

Scrutai curiosa la figura in camice davanti a me e inclinai il capo sfiorando la spalla con una guancia intanto che la porta di vetro scompariva dalla mia vista. Due guardie irruppero nella stanza e mi afferrarono per entrambe le spalle. Mi scortarono con uno strattone fuori e per un pelo non inciampai. Anni e anni di corse sui tetti della città aiutano molto a rafforzare il senso dell'equilibrio,specie quando da questi dipende la tua sopravvivenza.

Non farlo,non ti azzardare nemmeno Harl-

Inutile perfino provarci. Non riuscii a fare a meno di lanciare un'occhiata fugace alla sua cella. Doveva guardarmi,anche solo per un istante,anche solo per sbaglio. I miei occhi necessitavano di incontrare i suoi. Ma l'unica cosa che videro furono la cascata di capelli verdi che inondavano il suo viso. Ovviamente finse un improvviso interesse per il pavimento,tipico del Joker. Magari non stava affatto fingendo. Magari stava progettando di bombardarlo e fuggire per i sotterranei. Con lui niente è mai prevedibile. 

All'inizio lo sentii borbottare qualcosa che sembrava una risatina soffocata. Poi afferrai anche le parole che l'accompagnavano. Come me continuava a ripetere quella frase che dal tono che usava appariva più un insulto che un titolo. Dottoressa Quinzel. 

Mano a mano che pronunciava quell'epiteto il volume della sua risata autementava,trasformandosi da un ghigno a malapena udibile ad una risata selvaggia e priva di controllo che risuonò per tutto il corridoio. Giurai di aver notato un fremito di paura nello sguardo degli omaccioni che avevo al mio fianco. 

Mi stupii nel rendermi conto di stare sorridendo con una probabile aria da ebete. Quella risata. 

Eppure incuteva terrore a chiunque. Qualcuno l'aveva giudicata «un rombo di tuono prima dello scoppio di un temporale» per il suo essere così acuta e profonda allo stesso tempo. Per me era semplicemente meravigliosa.

 

-Decima seduta con la paziente 4579...-

-...nota anche come Harley Quinn,proprietà della dottoressa Joan Leland- conclusi quella formuletta di routine che avevo imparato a memoria. Non sopportava non poter compiere per bene il suo rituale e il tic all'occhio che la colpiva in quelle occasioni era esilarante.

L'ufficio della mia ex collega somigliava molto al mio,con la differenza degli oggetti esposti sulla scrivania. La sua era piena zeppa di libri trattanti la psiche umana con cui era seminascosta la foto di un bambino di origini afroamericane sui cinque anni immortalato in un'eterna espressione comica.

La mia invece un tempo era ornata con un vaso contenente una splendida rosa rossa al cui gambo era legato un biglietto sui cui era scritto con una grafia abbozzata e frettolosa «Vieni a trovarmi qualche volta -J.»

Mi sembrava di potermi inebriare del profumo di quel ricordo,quella sera in cui il mio pasticcino si era intrufolato nel mio studio per lasciarmi quell'invito.

 

-Vorresti spiegarmi come abbia fatto questa ad arrivare nel mio ufficio?-

-Gliel'ho messa io-

-Capisco. Sai,credo che alla dottoressa Leland e alle guardie farebbe piacere venire a conoscenza della tua piccola fuga-

-Harley,Harley,Harley. Mia piccola,innocente Harley. Se lo avessi voluto,lo avresti già fatto da un pezzo-

 

-Dottoressa Quinzel?- mi richiamò Leland.

Era seduta composta sulla sedia di pelle nera munita rigidamente del suo blocco per gli appunti e con la penna impugnata come un arma tagliente fra le dita. Decisi di non rispondere alla sua provocazione e per evidenziare la mia indifferenza accavallai le gambe sopra la scrivania,imitando la disinvoltura del mio capo nelle situazioni mortalmente serie e noiose.

-Quello è tuo figlio?- domandai indicando con un cenno la cornice vistosa che stonava con l'ambiente austero.

-Roger- affermò con dolcezza scarabocchiando sulla pagina che pochi secondi prima era immacolata e una risata fuoriuscì inevitabilmente dalle mie labbra. Il suo nome mi ricordava quello del porcellino d'India che avevo ricevuto da piccola per il mio settimo compleanno. Quando avevo rivelato a Joan la strana somiglianza non la trovò buffa. Si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a far danzare l'inchiostro sulla carta bianca.

-Rick continua a non rispondere alle richieste del tuo avvocato?-

-Quinzel,non ho alcuna intenzione di condividere con lei la mia vita privata-

Evidentemente il suo era un no netto. Ammetto che mi dispiaceva per lei. Si era separata da quasi un anno ormai e Rick non le aveva ancora versato nemmeno un assegno di mantenimento. Era convinto che Joan lo tradisse con qualcuno dei suoi pazienti perché trascorreva più tempo al manicomio che a casa loro. Non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere. Era troppo occupata a mantere ordine nella sua vita per pensare a flirtare con un pazzo.

-D'accordo,come vuoi- biascicai mettendomi sulla difensiva, -ma smettila di chiamarmi in quel modo-mugugnai contraendo il viso in una smorfia.

-Vuol dire dottoressa?-

Schioccai con disappunto la lingua contro il palato e annuii con decisione. Grazie al cielo la dose di calmanti che avevo assunto poco prima mi fece passare la voglia di agguantare una matita e conficcargliela dritta nella carotide. Per un secondo mi parve di notarla alzare con soddisfazione un angolo della bocca. 

Brutta mossa Harley

-Per quale motivo la infastidisce così tanto il suo precedente titolo?-

-Per quale motivo mi devi trattare come se fossi una vecchia di settant'anni?- L'imitazione della sua voce risultò più quella di una bambina che si è appena morsa la lingua che quella professionale di una psichiatra fastidiosa.

-Harley?- Non si scompose affatto. Si limitò ad inarcare un sopracciglio in un gesto vagamente materno e supplichevole. Era da un paio di sedute che voleva arrivare al punto della mia storia. La ragione del mio soggiorno ad Arkham e dell'attestato che dichiarava la mia insanità mentale. L'origine della mia pazzia.

-Joker- risposi rompendo il silenzio che aveva invaso la stanza per un mio attimo di esitazione e acciuffando contemporaneamente una ciocca di capelli rinchiudendola in una coda improvvisata.

-Cosa intendi?- 

Di scatto sfiorò il registratore per assicurarsi che fosse accesso. Lo custodiva sempre in tasca e lo usava per cogliere ogni mia rivelazione in modo tale che nulla fosse in grado di sfuggirle.

-Mr. J mi ha cambiata. Non sono più Harleen Quinzel,adesso sono Harley Quinn- spiegai scrollando le spalle e abbozzando una breve risata.

-E a te questo sta bene?-

-Perché non dovrebbe?- 

Ora lo scetticismo che provavamo a vicenda era palpabile nell'aria. Pareva che parlassimo due lingue diverse incomprensibili e distanti anni luce.

D'istinto ritirai le gambe per incrociarle al petto e sporgermi verso di lei poggiando i gomiti sulle ginocchia.

-Joan,lui mia reso la vita divertente- proseguii gesticolando per enfatizzare la frase. Nonostante la mia fosse una reazione prevedibile,la donna in camice mi squadrò titubante. Era peggio di dover spiegare ad un poppante perché il cielo è azzurro. Sa già che è di quel colore,non servono ulteriori chiarimenti superflui.

Mi sollevai alla ricerca di un modo per illuminare la mente della mia ingenua terapeuta e atterrai col fondoschiena sopra il ripiano del tavolo ingombro di cartacce e fascicoli su cui figuravano nomi appartenenti a criminali del calibro di Due Facce,Spaventapasseri,Cappellaio Matto,Freezer. 

Ding Ding Ding

La lampadina che sormontava il mio capo fece scintille.

-Vedi,prima di conoscere il mio pasticcino ero costretta ad ascoltare sempre i problemi dei miei pazienti,mai uno che prendesse in considerazione i miei-

-In teoria eri tu a dover aiutare loro,non viceversa- interruppe bruscamente il monologo che mi ero preparata nel sorprendente record di pochi secondi.

-Dettagli irrilevanti- bofonchiai sminuendo all'istante il suo inutile commento per non perdere il filo del discorso.

-Ciò che conta- ripresi riacquistando un portamento piuttosto pacato, -è che è apparso dal nulla e mi ha stravolta. Mi ha mostrato la sua visione di un mondo in cui non esistono gli ipocriti,i moralisti,la coscienza sociale deforme. Un mondo in cui puoi essere quello che vuoi. Vuoi sapere qual'è la parte migliore?- aggiunsi sorridendo e arrivando con le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio -Non hai nessun rimpianto-

Spazio autrici
Ebbene sì,siamo in due ad occuparci di questa storia. Diciamo che è una sorta di esperimento. Non abbiamo mai scritto nulla sull'universo per così dire batmaniano e ci giudico quasi delle novelline al riguardo. Solo da un lasso di tempo che considero recente abbiamo iniziato a leggere fumetti DC Comics,ma da sempre siamo interessate al genere. Per tanto,le conoscenze e le fonti di ispirazione sono piuttosto varie fra loro. Per tanto gradiremmo molto critiche circa i personaggi (se per esempio risultano troppo OOC) e la storia in generale. Sono ben accetti suggerimenti e consigli,magari sulla lettura di alcuni fumetti che possano aiutarci a migliorarla. Okay,adesso ho finalmente finito. Yeah!
Felice anno nuovo a tutti
  
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