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Autore: Sef    02/01/2015    2 recensioni
Nathalie ha quasi diciassette anni, gli occhi color pece e un dono che sa di maledizione, il passo leggero e la tendenza a fuggire. Fragile e tagliente come il cristallo, gelida e invitante, ostile e accogliente, tornado e deserto, passioni e apatia, sempre sul filo del rasoio, sapendo che prima o poi dovrà cadere.
Convivevo con il mio segreto da troppo tempo ormai per pensare ingenuamente che sarebbe stato facile fingermi come tutti gli altri, nonostante gli innumerevoli anni di pratica, e sapevo che mi ero praticamente puntata una pistola alla tempia da sola.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Breathing each other's lives
Holding this in mind
That if we fall, we all fall
And we fall alone
"
System Of A Down,
Attack

"Cosa posso offrirvi ragazze?" A parlare era stato il barista brizzolato del "Nylon", un bar in cui mi aveva trascinato Ella, che avevo scoperto essere anche più caparbia di come avessi previsto quando l'avevo conosciuta. Dopo quasi un mese di stretta collaborazione in classe e fuori avevo capito quanto potesse assomigliare ad un tornado (soprattutto quando particolarmente motivata, e se riguardava me lo era sempre al massimo).
Così quando quel venerdì sera me l'ero trovata sotto la finestra a sbraitare che non potevo passare tutto il tempo extra a crogiolarmi nel mio buco di appartamento, oltre ad astenermi dall'imprecarle addosso avevo anche accettato di uscire con lei senza (quasi) tentare di declinare l'invito.
Una decina di minuti dopo (il tempo di levarmi il pigiama e rinunciare ad una serata di dolce far nulla) ci eravamo ritrovate in un bar qualunque ad aspettare certi amici di Ella, che non morivo nemmeno troppo dalla voglia di conoscere, nella remota possibilità che assomigliassero a quelli che aveva insistito a presentarmi a scuola (noiosi e tremendamente umani).
"Ciao Grant", sorrise Ella all'uomo. "Gli altri sono già arrivati?"
"Al solito tavolino" rispose lui, poi mi strizzò l'occhio, "buona serata", aggiunse prima di voltarsi verso nuovi clienti.
Senza perdere tempo la ragazza mi strinse la mano e mi condusse oltre un paravento e uno stretto corridoio, fino a giungere ad una zona più riservata del locale, dove una luce calda illuminata una nutrita compagnia di ragazzi.
"Guarda chi si vede!" Proruppe un ragazzo tutto muscoli dal capo completamente rasato e un tatuaggio che gli attraversava il collo taurino, per poi avvicinarsi repentino e altrettanto velocemente dare un appassionato bacio alla mia accompagnatrice. Per almeno due minuti calò un silenzio imbarazzato sull'intera stanza mentre io mi fissavo i piedi accompagnata dai loro risucchi. Poi, con uno schiocco, i due si staccarono e un'ansimante Ella, rossa fino alla radice dei capelli, mi indicò il bruto - probabilmente ricordandosi in un attimo di lucidità della mia presenza - "Lui è Brett." Poi rivolta a lui, che intanto stava tranquillamente passando al vaglio la mia intera figura facendomi sentire come un pezzo di carne sul banco di un macellaio, "Lei è Nathalie."
"Lascia perdere questi due esibizionisti", un ragazzo smilzo con gli occhiali dalla montatura ridondante spuntò alle spalle del bellimbusto, stringendomi la mano, "io sono Zenais, ma puoi chiamarmi Zen".
Gli rivolsi un sorriso grato, ma dovetti all'istante ridurre il mio entusiasmo notando di averlo abbagliato. Non  ero più abituata ad avere a che fare con umani, e con la loro facile impressionabilità. "Nathalie", replicai, mentre mi avvicinava al tavolo.
"Lucas" mi informò un ragazzo dai lunghi capelli scuri trattenuti in un cordoncino di pelle, "Angie", aggiunse in fretta una tipa che mi ricordava spaventosamente una qualche star del cinema, per poi tornare a rimirarsi le unghie perfettamente curate. "Claire", mormorò piano (o almeno piano per un umano) un'altra dai capelli cortissimi che portava una spilla da balia a mo' di orecchino. In ordine seguirono Carl, Trisha, Jennifer e Robert.
Dopodiché Zen mi lasciò il suo posto mentre andava a cercare un'altra sedia per sè e Brett faceva sedere un'irriconoscibile Ella sulle sue ginocchia massicce. "Dove sono i gemelli? E Lauren?" chiese qualcuno.
Lucas ritirò il telefono con un cenno infastidito, "Stanno arrivando" sospirò.
In quel preciso istante entrò una ragazza dai lunghissimi capelli biondi, sorridendo ai presenti, per mano ad un ragazzo con i capelli tinti di un blu acceso. Entrambi si presentarono, e mentre Lauren elargiva baci a tutti i presenti, Taylor (come aveva detto di chiamarsi) si sedette accanto a Zen.
"Mi auguro abbiate ordinato da bere" a parlare fu l'ultimo ragazzo ad essersi aggiunto alla compagnia, che non appena mi notò mi fece un mezzo sorriso e mi porse la mano "Sono Adam" disse, con una voce roca e profonda, sbattendo lentamente le ciglia su dei travolgenti occhi color oro. Appoggiai la mia sulla sua, "Nathalie" mormorai.
Noncurante degli altri lui appoggiò le labbra sul dorso della mia mano, e mi fece ridacchiare - prima o poi mi sarei appoggiata a quella specie di squittio su cui apparentemente non avevo alcun controllo- "enchanté" sussurrò prima di afferrare una sedia e sedersi esattamente accanto a me.
Taylor scoppiò a ridere "Devi perdonarlo Nathalie. Mio fratello è incorreggibile."
Guardando entrambi realizzai quanto fossero identici, eccezion fatta per gli occhi - quelli di Taylor erano di un castano scuro - e i capelli, come a confermarlo Adam si passò la mano tra i capelli disordinati che gli arrivavano quasi alle spalle mentre sotto la luce rossastra della stanza si tingevano di un curioso color ramato, e mi strizzò l'occhio.
"Devi essere nuova di qui ... mi sarei ricordato di te" mormorò, mentre il suo sguardo accarezzava i jeans aderenti e la maglia leggermente scollata che indossavo. Suonava come una lusinga e contrariamente al solito non mi sentii per nulla infastidita.
Gli sorrisi lentamente (lasciandomi prendere un po' la mano e prevedendo il suo sbattere le ciglia come fosse ipnotizzato) "Diciamo" replicai.
"Di dove sei?" Chiese Lauren, accavallando le gambe affusolate.
Scrollai le spalle "Mi sono spostata parecchio, negli anni."
"Con i tuoi genitori?"
Istintivamente rivolsi uno sguardo diffidente a Trisha, che aveva posto quella scomoda domanda.
"Ora sono sola", tergiversai. Non mi andava di raccontare cosa fosse accaduto anche perchè riguardava un po' troppi particolari per cui mi avrebbero rinchiusa all'istante in un manicomio sperduto gettando via la chiave.
"Viene a scuola con me" cinguettò Ella, scomparendo poi di nuovo tra le braccia del suo ragazzo.
"E te la devi sorbire tutto il giorno? Oddio, povera" ironizzò Zen, per poi rivolgerle un'occhiata bonaria piena di affetto ( e probabilmente anche di qualcosa di più).
"E' lei che deve sorbirsi me, sono particolarmente noiosa."
"Secondo me invece sei molto interessante", si intromise Adam, "E scommetto in certe situazioni anche qualcosa di più", il suo sguardo fu inequivocabile.
"Adam ti supplico, possiamo posticipare la chiamata per stalker di qualche ora?" Lo supplicò Lucas, sporgendosi a pizzicarlo sul ginocchio.
Lui rise, grattandosi la testa e guardandomi, fingendo un imbarazzo che ero sicura non provasse minimamente. Avrei voluto fingermi quantomeno in imbarazzo, ma proprio non riuscivo a non restituirgli gli sguardi carichi della medesima malizia.
"Dove sei nata?" Chiese Angie, spostando nuovamente l'attenzione su di me.
"A dire il vero a Londra. Ma mi sono spostata appena i miei hanno potuto caricarmi su un aereo."
"Oh mio dio, Londra ... hai il sangue degli artisti che ti scorre dentro" commentò Taylor, interrompendo sul nascere le altre domande che Angie stava per pormi.
"Non penso di aver assorbito granché, a parte la pioggia e qualche virus di troppo", ecco lo sapevo che dovevo smettere di parlare. Mi morsi la lingua giusto in tempo prima di spiegare per filo e per segno come avessi quasi perso la vita e i miei-
"Fidati", mi disse Taylor, mentre il gemello scoppiava a ridere, "Non dargli retta o comincerà a spiegarti quali grandi artisti l'Inghilterra ha avuto e l'America non potrà mai eguagliare e bla bla bla", il modo in cui Adam alzò gli occhi al cielo mi piacque troppo per capire effettivamente cosa avesse appena detto.
"Prima o poi mi darai retta anche tu" replicò stizzito Taylor, mentre Lauren gli accarezzava piano il ginocchio come a rabbonirlo. Quei due dovevano essere stati un tormento da piccoli.
"Quanti soldi hai per poterti permettere una vita così nomade?" Tutti fissarono in malo modo Claire, che, dopo essersene stata zitta fino a quel momento, aveva brutalmente puntato nuovamente l'obiettivo su di me. Sicuramente la delicatezza non era una sua qualità.
"I miei ne avevano si ... ma cerco di procurarmeli nel posto in cui sono, mi adatto", feci spallucce, " non ho nemmeno bisogno di chissà cosa per ritenermi soddisfatta."
"In che modo" continuò lei, imperturbabile. Aveva quel modo di porre domande che non sembravano nemmeno tali, era come se avesse volutamente tralasciato il punto di domanda, come se fosse del tutto inutile.
"Dipende", serrai le braccia sentendomi all'improvviso eccessivamente esposta.
"Ad esempio"
Gli altri restavano in silenzio, muovendo appena la testa come stessero assistendo ad una partita di tennis.
"Cameriera, commessa, tuttofare, un po' di tutto"
"Io ti assumerei come tuttofare" sussurrò Adam ad un volume così basso che probabilmente non si aspettava avrei sentito neppure io, ma il mio risolino di risposta lo fece sobbalzare per poi far spuntare un compiaciuto sorrisetto sulle sue labbra. Con la coda dell'occhio notai una fossetta profonda sulla sua guancia sinistra, che mi piacque almeno quanto gli occhi.
Distolsi lo sguardo perché probabilmente l'elettricità tra noi stava raggiungendo livelli percepibili dal Polo Nord.
"Ma quindi ..." la voce di Robert fu rapidamente troncata dal frastuono di Adam che si alzava dalla sedia.
"Io vado fuori a fumarmi una sigaretta, Nath ti unisci?" Poi porgendomi la mano mi rivolse uno sguardo eloquente: mi stava salvando, e probabilmente avvertì la mia gratitudine dal modo in cui mi alzai e lo seguii a ritroso fuori dal bar.
Cogliendomi di sorpresa però mi fece girare prima dell'uscita principale conducendomi per un tratto al buio.
"Avvertimi quando devo fare quella telefonata di denuncia", mormorai, senza mostrare quando la stretta del suo palmo contro il mio mi avesse riempito di piccoli brividi.
Lui si fermò di botto e le mie mani atterrarrono sul suo giubbotto di pelle che emanava un avvolgente profumo di colonia."Almeno lasciami fare qualcosa prima di rovinarmi la festa no?"
Prima che potessi ribattere, sentii il rumore di una porta che si apriva e ci trovammo in un piccolo spiazzo illuminato da una lanterna di almeno cinquant'anni prima. Lui spiccò un balzo per scendere dal rialzo su cui ci trovavamo poi si voltò per aiutarmi a scendere, avevo già fatto salti più alti senza scompormi nella mia vita, ma colsi al volo l'occasione di sentire le sue mani stringere i miei fianchi (dovevo decisamente darmi una controllata).
Mi porse una sigaretta e l'accese prima della sua, poi lo osservai tirare una lunga boccata soddisfatta. I suoi occhi rilucevano di un giallo simile a quello negli occhi dei gatti e la sua fossetta si fece evidente quando mi sorrise in maniera maliziosa. "Se mi fissi così non risponderò delle mie azioni."
"Chi te l'ha chiesto" ribattei, appoggiandomi ad un muretto e godendomi la sensazione del fumo che entrava e usciva dai polmoni.
Lui rise venendomi a fianco, e il suo giubbotto sfiorò involontariamente il mio avambraccio nudo.
"Mi dispiace per loro", fece un cenno verso la porta da cui eravamo entrati, "a volte sono dei veri rompiscatole."
Scrollai le spalle ma non osai dire nulla: mi sentivo ancora abbastanza scossa dall'interrogatorio a cui mi avevano sottoposta. "Sono abituata."
Lui mi scrutò a lungo. "A certe cose non ci si abitua mai." Probabilmente nemmeno immaginava quanto ciò che aveva appena detto suonasse vero alle mie orecchie.
"Ci si illude però."
Adam distolse lo sguardo dal mio, sbuffando verso il cielo. "Sai gli altri sono un po' iperprotettivi; ultimamente più del solito."
Gli rivolsi uno sguardo curioso, ma gli concessi il tempo di decidere se spiegarmi le sue parole o lasciarmi nel dubbio. Odiavo mettere fretta o pressare le persone, trovavo interessanti gli umani; e questo, bisognava ammetterlo, forse più di tutti gli altri.
"Ultimamente accadono cose strane." Prese un'altra boccata di fumo, "Sparisce gente, poi ricompare come se non si fosse mai allontanata. O non ricompare proprio. Una delle nostre più care amiche ..." gli mancò la voce e per qualche istante perse ogni traccia del ragazzo malizioso e donnaiolo che avevo conosciuto fino a quell'istante. "E' sparita da un mese. Nessuno si spiega come sia successo, o ancora più perchè nessuno la cerchi."
Aggrottai le sopracciglia mentre potevo quasi sentire gli ingranaggi del mio cervello mettersi in moto.
"La sua famiglia non parla di lei, i suoi amici più vicini ... evitano l'argomento."
"Magari è scappata e loro ne sono a conoscenza?" Proposi, sapendo già che era un'intuizione del tutto sbagliata.
"Megan aveva paura pure della sua ombra, non credo fosse capace nemmeno di raggiungere la sua porta di ingresso se il corridoio era buio." Si passò la mano sulla faccia e notai all'improvviso la stanchezza accumulata sotto i suoi occhi e le rughe di preoccupazione che gli attraversavano la fronte.
Senza nemmeno rendermene conto posai il mio indice al centro dell'increspatura tra le sue sopracciglia, finché la fronte si rilassò del tutto. Quando abbassai gli occhi nei suoi mi resi conto di quanto fossimo vicini e del suo fiato che mi disegnava sul viso soffi di elettricità. Annaspai fino ad aggrapparmi al suo giubbotto di pelle mentre un'attrazione che non ricordavo di aver mai provato invadeva il mio stomaco stringendolo in una morsa. La porta che si apriva ci divise un istante prima che ci scambiassimo il bacio più desiderato di tutta la mia vita.
"Dannazione", grugnii, riprendendo la mia sigaretta ormai quasi del tutto consumatasi, mentre lui, con lo stesso tono, sospirava un "Maledizione".
Ridacchiai per poi puntare lo sguardo su Angie, che ci scrutava sospettosa dal rialzo, senza osare scendere con le sue decollete a tacco alto. Adam non fece un passo per aiutarla e questo mi riempì di un piacere quasi sadico.
"Ehi ragazzi ... sono venuta a controllare che andasse tutto bene." Il suo tono tradiva una gelosia malcelata.
Io sorrisi - ovviamente mi ero inimicata all'istante la Barbie della situazione, e questo era un classico-  mentre Adam, riprendendo la sua maschera da bellimbusto, sospirava teatralmente. "Stavamo rientrando, non rovinarti la capigliatura a preoccuparti per me."
Lei probabilmente non colse il suo tono sarcastico perché aspettò zelante che noi raggiungessimo la porta per tornare da dove era arrivata. Probabilmente però non colse quando Adam si voltò lentamente verso di me a sussurrare "Non pensare di averla scampata così" e io ridacchiai - senza (quasi) sussultare al mio stesso ormai abituale squittio.


*angolo autrice*
ok, ok, c'è voluto più tempo del previsto and I'm so sorry, sono un impiastro e faccio anche praticolarmente schifo a rispettare i tempi e , a quanto pare, a continuare questa storia.
Ma nuovo anno, nuovi propositi e quindi riproviamoci.
Per chiunque la leggesse vi supplico di lasciarmi anche un commentino minuscolo, è tutto accetto e come al solito vi lancio tante scatole di biscotti virtuali ...
a presto spero
S
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