Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
Segui la storia  |       
Autore: felsah    03/01/2015    3 recensioni
“Ci hai fatto correre qui per dei fiorellini?” […].
“Ma questi non sono solo fiorellini, sai?” mormorò Anna indignata, mentre strappava fiori e correva verso Elsa.
Glieli lanciò addosso mentre raccontava in modo teatrale, “questo è il covo della Regina delle Nevi e questi sono i suoi servitori”.
Elsa rise di cuore ancora una volta. “Dei fiori?”.
“Dei fiocchi” consigliò Anna, facendole l’occhiolino, “fiocchi di neve”.
“E dove si nasconde la Regina?”.
“Quasi certamente non qui” rispose Anna, stando subito al gioco. “E’ troppo maestosa perché tutta la corte possa stare qui”.
“Ha anche una corte?”.
“Già, come ogni regina”.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Re, Regina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Epilogo - Il primo ballo
(Vedo l’altra metà del mio cuore)








 
I hear your voice in my sleep at night
Hard to resist temptation
'Cause something strange has come over me
And now I can’t get over you
No, I just can’t get over you

I was there for you
In your darkest times
I was there for you
In your darkest nights
But I wonder where were you?
Oh baby why did you run away?
[Maps – Maroon 5]


La prima volta che vide Hans erano arrivati al porto da quasi due giorni, eppure il vecchio che l’aveva trascinata fin lì non aveva accennato a voler scendere. Dopo tutte le promesse sulla bellezza delle sue isole, l’incanto era svanito non appena avevano messo piede in quei luoghi di cui Elsa aveva sentito tanto parlare. L’uomo si era lasciato andare alle distrazioni dell’alcool e degli affari andati male, e ogni volta che la bambina lo incontrava si teneva a distanza, troppo spaventata dai suoi occhi color del sangue e troppo stanca e triste per poter sopportare i suoi discorsi da ubriaco.
Quel giorno, si era affacciata sul ponte per dare un rapido sguardo alla città, quando la sua attenzione era stata catturata dai tre giovani principi che parlavano con l’uomo che l’aveva salvata.
Rimase a fissarli, ma non riuscì a capire nemmeno una parola di quello che si dicevano, perché erano troppo lontani. Dopo che aveva perso i guanti chissà dove e si era risvegliata senza, aveva strappato dei pezzi del suo vestito e si era avvolta le mani in quegli stracci.
Così era rimasta lì ferma, come quasi per tutto il resto del tempo, aspettando qualcosa che avrebbe potuto cambiare quel terribile destino. Perché proprio io? , si chiedeva, e quando le cadeva lo sguardo sulle sue mani fasciate sapeva di avere la risposta. Il primo pensiero nel vedere quegli abiti eleganti fu di svelare subito la sua identità per trovare un modo di tornare a casa.
Poi i pensieri dell’addio ai suoi genitori e della corsa a cavallo le oscurarono la mente, impedendole quasi di parlare.
Forse, non le avrebbero creduto.
Forse, tornare sarebbe stato inutile.
Già, forse non meritava nemmeno di essere salvata. Non una come lei.
Altrimenti, perché si sarebbe trovata lì? Se solo se lo fosse meritato, ci avrebbero pensato i suoi genitori a salvarla.
Ci avrebbero pensato anni fa.
Se lo meritava? I suoi occhi si fissavano allo specchio, quasi non credessero di star guardando la stessa persona. Elsa slacciò l’acconciatura e sbottonò il vestito.



“Dove stai andando?”. Idunn cozzò contro la figlia proprio mentre saliva le scale, e quella le scendeva. “Perché ti sei cambiata, cara?”.
Le prese il volto tra le mani, dolcemente, mentre scrutava la sua tenuta da viaggio e il mantello scuro che celava i capelli biondi.
“Perdonami, mamma…” pigolò lei, “non ce la faccio”. La regina le calò il cappuccio, e cercò i suoi occhi, rigati dalle lacrime che aveva pianto prima di prendere quella decisione. “Lasciami andare…”.
“Andare dove?” domandò, tentando di tenerla ferma mentre lei voleva solamente sfuggire al suo abbraccio.
“Andare a casa” piagnucolò lei,  abbandonando la testa sopra la sua spalla, “ andare via senza che niente sia cambiato”.
“Sei già a casa” sussurrò la regina, baciandole i capelli biondi, “ dopo tanto tempo…sei a casa”. La sentì scuotere la testa e in quello stesso momento, rialzarla.

“No” disse, ingoiando l’amaro boccone che sentiva essere la verità. Anche la regina fu costretta ad assaporarlo, come una medicina disgustosa. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ma Elsa aveva smesso di cercare di sottrarsi all’abbraccio della madre.
“E allora dove andrai?”.
“Via” rispose, così semplicemente che la banalità di quella risposta fece paura.
“E lasceresti così il principe Hans?”.
“Io non potrò…mai sdebitarmi per ciò che ha fatto per me. Ma lui se la caverà benissimo anche senza di me”. Sospirò, “Credo di avergli causato anche…anche troppi problemi”.

La regina sorrise dolcemente. “ Non dire sciocchezze, mia cara” mormorò, “ credi che nessuno abbia notato i suoi occhi quando ti guarda? Il costante pendere dalle tue labbra?”.
Le fece l’occhiolino, “è stata una delle tessere necessarie a farmi ricomporre il puzzle, anche se ho faticato ad ottenere la sua collaborazione”.
“Come fai a credere che funzionerà? Come fai a sapere che mio padre ci crederà?”, chiese Elsa, spostando lo sguardo verso le porte chiuse del salone, da dove arrivava la musica dei festeggiamenti. “Come sai che invece non mi caccerà?”.
“Perché lui non ha intenzione di perdere di nuovo sua figlia”. La sicurezza di quell’affermazione, per un attimo la travolse, e Elsa rimase ferma a fissare il viso di sua madre, deciso come quello di un soldato. “E nemmeno io. Io non ti perderò di nuovo”.


Il tremore che la percorse dopo quell’affermazione e tutta la sfiducia e la paura che la sorpresero, si tramutarono in ghiaccio. Spuntoni affilati come spade le fuoriuscirono dalle braccia, squarciando la stoffa dell’abito che indossava. Si lasciò andare sulle scale, prendendosi la testa fra le mani. Il ghiaccio continuava a tormentarla, pungendole la pelle, graffiandole il cuore.
Era così tanto tempo che non aveva quegli attacchi che aveva dimenticato quanto fossero dolorosi. “Perché?” riuscì a mormorare con un filo di voce. “Guarda cosa sono…”.
Idunn si sedette sulla gradino successivo. “Lo vedo”.
“Lo vedi? Io non credo”.
“No?” chiese la regina, con fare contrariato, spostando leggermente la testa da un lato, così da osservare meglio sua figlia. “Allora facciamo così, ti dirò esattamente cosa vedo e mi dirai se le due cose corrispondono. Vedo…”, si fermò osservandola così a lungo che Elsa fu costretta ad alzare il capo, chiedendosi a cosa fosse dovuta quella pausa, “ una bellissima donna”, la fece sorridere, “ e…soprattutto forte, e indipendente. Quello che ci vuole a per quella che sarà una regina”.
“Io…”. Le poggiò un dito sulle labbra, intimandole di fare silenzio. Le parlò come si fa con i bambini quando sono un po’ troppo capricciosi.
“Intelligente e sensibile” continuò, “ vedo una fatina a cui piacciono un po’ troppo poco i suoi poteri…”.
“Una fata?”.
“Vedo mia figlia…una bambina con cui avrei voluto passare più tempo, e una donna con cui spero di passarne ancora. Vedo l’altra metà del mio cuore. E non posso, non voglio perdere di nuovo il mio cuore”.
Elsa sorrise, mentre ancora tentava di contenere le lacrime.
 La magia scomparve dalla stanza così velocemente com’era apparsa, sostituita dal calore dell’amore che le circondava. “Ora mi dici come faccio a far entrare la mia principessa, se la mia principessa ha i vestiti strappati?” le chiese con un sorriso, raggiante e pieno dell’amore che provava. La aiutò a scacciare via il pianto.
“Credo” ridacchiò Elsa, “che la fatina che è dentro di me possa fare qualcosa”.
“Come?”.
Idunn la guardò piena di orgoglio mentre sulle scale, muoveva le dita per tramutare la stoffa del suo vestito in tanti piccoli cristalli luccicanti. Uno strato di neve e ghiaccio brillante le invasero il corpo, e ondeggiarono intorno a lei per formare un perfetto abito da sera.
Le sorrise, e si aggrappò al suo braccio, aiutandola a scendere le scale che rimanevano per arrivare al salone.  “Aspettami qui” mormorò lasciandola al centro della grande stanza. Rientrò nel salone come se nulla fosse successo, con il portamento degno della donna che era. Kai, che aveva aperto la porta, la fissò per qualche attimo. “E’ bello rivedervi, Vostra Altezza” la salutò, con il sorriso di chi la sapeva lunga.
Anche Elsa suo malgrado, rise.
“Bentornata” fu la risposta che ottenne, proprio mentre Anna compariva sulla soglia della porta.


“Venite?” domandò, “mia madre mi ha chiesto di accompagnarvi. Siete bella da togliere il fiato stasera!”.
La fece avanzare per un po’ all’interno della stanza e dopo qualche secondo, con sua enorme sorpresa, la prese per mano. Elsa la guardò allarmata, proprio a un passo da dove il ricevimento cominciava. Strinse la mano della sorella con maggior vigore, desiderando di abbracciarla così come aveva fatto per tanto tempo. A quanto pare, nella confusione dei balli e del rinfresco, la loro entrata era passata quasi inosservata. Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che né suo padre né sua madre erano seduti sui loro troni. Forse, essendo in giro per la sala a chiacchierare con gli ospiti, avrebbe potuto evitare il fatidico incontro ancora per un po’.
Così, trattenne un gemito di terrore quando si accorse che Anna la stava trascinando proprio verso il re e la regina, impegnati a discutere con Hans e altri dignitari. “Allora, ci siamo perse qualcosa d’interessante? O state sempre parlando di porti e mercanzie?” domandò la sorella a nessuno in particolare, con il suo solito buon umore stampato in volto.
“Sempre di porti e mercanzie, tesoro” rispose il re, voltandosi verso il punto dal quale era arrivata la voce di sua figlia.
Non appena i suoi occhi si spostarono dagli uomini con cui stava parlando a loro due, la sua espressione cambiò radicalmente. Rimase in silenzio, mentre i suoi occhi scrutavano i capelli biondi di Elsa, i ricami del suo vestito, e poi di nuovo il suo viso.

“Va tutto bene, padre?” domandò Anna, lanciando occhiate ansiose prima a una e poi all’altro. Aveva sentito Elsa, accanto a lei, irrigidirsi terribilmente. Le stringeva la mano così forte che pensava le avrebbe staccato le dita da un momento all’altro. “Padre?”.
La tensione vibrava nell’aria, così forte e prepotente che i due principali artefici di quella situazione sembravano aver smesso di respirare. Elsa di sicuro, stava trattenendo il fiato.
“Beh, alla fine siete tornata tra noi” mormorò la regina facendosi avanti con un gran sorriso, “principessa”.
Finalmente Elsa, anche se a fatica, si decise a spostare lo sguardo.
Guardò sua madre e poi di nuovo suo padre, immobile come fosse stato fatto di pietra. “Sì” sussurrò lei, così piano da essere a malapena udibile. “Sì. Sono tornata”.
E mentre diceva quelle parole, sentì di averle dette solo per se stessa. Fu il cominciare dei balli ufficiali, quelli più cerimoniosi ed elaborati, e che erano più di un semplice divertimento, a salvarli da quel colorato imbarazzo. Il primo ballo. Le parole che le aveva detto sua madre continuavano a ronzare nella testa della povera ragazza. Il primo ballo era riservato al re. E alla primogenita.
Si voltarono entrambi quando la voce acuta del ciambellano annunciò l’inizio di quella fiera. Anna si era voltata verso suo padre, visibilmente in fermento. Non vedeva proprio l’ora di ballare! L’aveva detto a chiunque con cui aveva avuto occasione di scambiare quattro chiacchere.
E si erano esercitati tanto.
Agdar impiegò qualche secondo a muoversi, ancora fermo nella stessa posizione, che sembrava averlo congelato. Poi porse la mano ad Elsa, invitandolo a seguirlo. Lei rimase a guardarlo per qualche minuto prima di decidersi ad abbandonare la stretta di Anna e sostituirla con quella di suo padre.
Mentre si allontanavano per raggiungere il centro della sala, aveva sentito sua sorella chiedere, con evidente impazienza, “ Aspetta, lo stanno facendo per le nostre trattative? Non dovrei avere io questo ballo?”. Non riuscì a sentire la risposta della regina.

Volteggiò con suo padre nel grande salone, consapevole di avere gli occhi di tutti addosso. Sapeva che quello non era proprio il momento più adatto per ricominciare a piangere.
Ma pianse comunque.
“Se ora tu piangi, finirò per farlo anche io” sussurrò il re al suo orecchio, quando la sentì tremare. Riuscì a strapparle una risata, mentre la figlia cercava di fermare le lacrime che le scorrevano sul viso. A dire la verità forse tremavano entrambi. E quando finalmente fu permesso anche alle altre coppie di ballare, ne approfittarono per uscire dal salone al giardino, sempre a passo di danza, così da cercare di non farsi notare.
Come se fosse stato possibile. Si fermarono davanti al laghetto di ninfee, e solo allora smisero di danzare. Continuarono però a tenersi stretti, come se fossero stati sul punto di riprendere da un momento all’altro.
Non riuscivano a far altro che fissarsi. Fissarsi e cercare di non respirare, per paura di dover far passare attraverso i polmoni un dolore troppo grande, un macigno insopportabile che li avrebbe spezzati. Agdar cercò le sue mani, e strinse i palmi nudi della figlia, senza essere troppo sorpreso del fatto che non ci fosse la stoffa dei guanti ad ostacolare il contatto.
“Padre…”. Fu un sussurro. Si perse nel vento. Il re alzò la testa di scatto, proprio come se una scarica elettrica lo avesse colpito in pieno petto. Fu un sussurro, ma lui lo sentì come se lei lo avesse gridato. La strinse a sé, forte, la strinse a sé, semplicemente.
“Bambina mia” singhiozzò. E pianse anche lui.


 

 
*


Tre piccoli tocchi alla porta. Hans, seduto alla finestra, con la camicia arrotolata fino ai gomiti, si voltò, aspettando che si aprisse senza aver dato il suo consenso. Sapeva benissimo che quella mano leggera e i suoi colpetti, appartenevano ad Elsa, e sapeva anche lei sarebbe entrata senza aspettare che dicesse “Avanti”.
Sapeva questo di lei, e altre innumerevoli cose. Sapeva che l’avrebbe persa per sempre senza averle mai detto ciò che contava. Qualche minuto dopo, vede la sua figura apparire davanti alla porta, bionda e a piedi scalzi, proprio come quando da bambini giocavano per le stanze di palazzo.

Ricordava una delle prime volte che era stato insieme a lei, in biblioteca, a leggere un libro di favole.
“Mi basterà avere una bellissima principessa con cui scambiare il bacio del vero amore” le aveva detto convinto, “ e poi sarò re  e avrò una bellissima regina al mio fianco. Avrò quello che voglio” le aveva spiegato, con la cieca convinzione tipica dei bambini. Ricordava anche la sua faccia inorridita e leggermente divertita allo stesso tempo.
Con il tempo, aveva dimenticato la prima parte del suo desiderio, e aveva cominciato a bramare solamente la bellissima principessa che sarebbe dovuta stare al suo fianco.
“Cosa c’è?” domandò, vedendola sostare davanti alla porta.
“Volevo…ecco…dirti una cosa”. Si guardò le dita dei piedi, mentre torturava le mani nude.
“Non verrai con me, vero?” la anticipò, “ se sei venuta a dirmi questo puoi anche andartene”.
“Veramente volevo farti una domanda” sibilò lei, alzando la testa con un movimento rapido.
“Prego, allora”. Avvelenato dalla gelosia che provava, la guardò avvicinarsi e sedersi sulle ginocchia, di fronte a lui. Il cuore gli si stritolò in una morsa all’idea che non aveva fatto abbastanza per conquistarla, mentre lei aveva trafitto il suo cuore.
“Sei…davvero un grandissimo idiota” lo fulminò lei, incrociando le braccia al petto.
“Co – “.
“E ora stai in silenzio e rispondi alla mia domanda. Non ti lascerò parlare perché so quanto tu sia così…difficile certe volte, così come sai essere un perfetto principe azzurro. Ma sono momenti passeggeri, perché la maggior parte del tempo sei insopportabile e odioso e pretendi che tutto vada sempre come vuoi tu. Riesci perfino a convincermi a fare quello che vuoi come…come cavalcare, o venire fin qui. Ma alla fine hai sempre ragione. Alla fine, ti comporti da pallone gonfiato, e io scopro sempre che lo hai fatto solo nel mio interesse, quando non dovevi affatto farlo”.
Hans la guardava ad occhi sgranati, senza sapere dove volesse arrivare. “E allora?”.

“E allora…sei presuntuoso e incredibilmente arrogante. E hai subito pensato che volessi piantarti in asso, come se non mi conoscessi. Ma nulla di tutto questo m’importa, perché…lo sono anche io. Io sono…l’altra metà di te. Sono quella che si prendeva la colpa se rompevamo qualcosa nel tuo castello”.
“Colpa che prontamente io mi riprendevo per non vederti rimproverata”.
Lei sorrise. “ Tanto alla fine castigavano entrambi. Ma nulla di tutto questo m’importa, perché sei l’uomo che amo”. Portò una mano tra i suoi capelli rossicci, mentre ancora lui era incapace di muoversi. “Tutto quello che voglio sapere da te, è se vuoi ancora una bellissima principessa da baciare”.
Si avvicinò alle sue labbra, sicura che lui non avrebbe rifiutato il contatto. Proprio mentre le loro labbra stavano per sfiorarsi però, lui la allontanò, tenendole il mento sollevato. “Non voglio più una bellissima principessa da baciare” sussurrò.
Lei non riuscì a nascondere la sua delusione e si ritrasse un poco, fino a quando lui confessò con un sorrisetto compiaciuto, “Voglio Elsa ”.



 
*

“Anna?”. La vide ferma sulla soglia della sua stanza, con una mano sospesa a mezz’aria, indecisa se bussare o meno.
Quando chiamò il suo nome, la sorella si voltò, leggermente sorpresa. Le sorrise da sotto la zazzera arruffata di capelli rossi.
“Eccoti qui” mormorò.
“Eccomi qui” ripeté Elsa, sorridendo nervosamente. Piegò un poco la testa e la vide dondolarsi leggermente sui tacchi dei suoi stivaletti, tormentando le pieghe del vestito verde con le mani.
“Sai…ci ho pensato tutto il tempo” continuò Anna, seguendo il filone di un discorso che aveva fatto solo a se stessa, e che lei non aveva sentito. “Mentre ballavamo…ci ho pensato e ripensato…a quanto, beh, a quanto sarebbe stato bello se fossimo state sorelle”. Fu il suo turno di sorridere imbarazzata, e le sue guance si imporporarono, “ Ma non avrei mai pensato che…”.

“ E’ stat –“.
“La mamma?” chiese Anna, interrompendola, “sì, me l’ha detto lei. Me l’ha spiegato, in effetti. Ha detto che potevo decidere da sola…se venire…o no. Dice che vuoi andartene di nuovo. Ma probabilmente sapeva che sarei venuta”. Rimase in silenzio per un po’, prima di tirare un forte sospiro, senza smettere di fissare Elsa negli occhi, “ avrei preferito che me lo dicessi tu” confessò.

“Anna…” mormorò lei, sinceramente afflitta.
“No…io…insomma…”.
“Io…mi…mi sei mancata così tanto. Non sapevo cosa fare. Non sapevo cosa fare nemmeno con i nostri genitori. E…” si prese qualche secondo, per cercare di regolare il respiro, “ e se non lo avessero scoperto, a questo punto, non so se glielo avrei detto. Volevo così tanto dirtelo…volevo…quando ti ho vista…”.

Anna sospirò afflitta, triste di non poter impregnare le sue parole dello stesso amore che sentiva traboccare da quelle di lei, “Io…beh, non sono ancora totalmente sicura di chi tu sia ma…lo saprò, presto”. Solo allora Elsa si ricordò di quel che le aveva detto sua madre a proposito dei troll e della memoria di Anna.
“Scusa…scusa io…sono stata troppo precipitosa ”.

“Credi che…” domandò l’altra esitando, “sarebbe del tutto imbarazzante e  inappropriato se ora ti abbracciassi? Sai io faccio parecchie cose imbarazzanti tutto il tempo e…”.
L’abbraccio arrivò comunque.
“Mi sei mancata” le confessò ancora Elsa, mentre la stringeva.




Buonasera!
Fiuuuuuuuuuuuuuù! Finalmente sono riuscita a postare. Chiedo davvero davvero scusa per tutto il tempo che ho lasciato passare tra la pubblicazione dell' (ormai ex) ultimo capitolo e questo...sono davvero davvero dispiaciuta, ma spero capiate. Cosa posso dire? Se non altro, questa volta ho qualche motivo in più per aver ritardato, perchè dopo non aver toccato la storia per molto tempo, quando ho riletto questo capitolo l'ho quasi totalmente riscritto, perchè non mi piaceva più. Nella versione originale per esempio, Anna accompagnava Elsa dal padre già sapendo che è sua sorella - ehehe, le donne della famiglia reale che tramano tutte insieme contro il povero Agdar! - e il re...beh...il re la incontrava in un modo un po' diverso [ se a qualcuno interessasse, era più o meno così ---> mentre la regina lo portava con un'innocua scusa a passeggiare in giardino, dopo aver sbirciato dalla finestra le sue figlie, che si trovavano lì, le sorprendono a "giocare insieme"], ma alla fine ho preferito questo. Spero davvero con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto, e così anche la storia, che con ciò si può dire conclusa.
Vi abbraccio forte! :)
felsah

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio / Vai alla pagina dell'autore: felsah