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Autore: CainxAbel    04/01/2015    1 recensioni
"Certo che il Foam e il Legno stanno bene per costruire le armi".
"Li shippiamo?"
Fu così che nacque questa storia... i materiali in una veste umana ehehhehehe
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Potrai volare nei miei sogni, ma non cadrai nella mia realtà.
 
Faux avrebbe riconosciuto ovunque quella voce. Era la stessa che in qualche modo l’aveva rassicurata, facendole dimenticare i suoi problemi. Era proprio di quel ragazzo dai capelli colorati che stava parlando con i suoi amici. In quel momento avrebbe voluto avvicinarsi, ma si limitò a guardarlo da lontano, appiattendosi contro un muro. Si sentiva quasi una spia. Lei non era bella. Era goffa e sgraziata e i suoi enormi occhiali rossi nascondevano parte del suo viso. I suoi capelli, mossi, ma senza una forma definita, erano raccolti in due trecce. Era una Leather più grossa, più insicura, che nessuno avrebbe voluto avere accanto a sé. Molti non credevano al fatto che fosse sua sorella. Leather non ne parlava mai, era come un segreto vergognoso, da tacere. Era una specie di scheletro nell’armadio e si sentiva completamente sola. Seguì Foam con lo sguardo. Almeno lui aveva degli amici su cui contare, a differenza sua. Lei aveva solo gente che si approfittava della sua bravura nello studio per copiare appunti, esercizi o per farsi spiegare qualcosa. Lei fingeva che fosse normale, ma qualche volta ribolliva di rabbia, senza poter sfogarla. Continuò a guardare Foam e quando lui sembrò voltarsi, distolse rapidamente lo sguardo.
“Ehi, ciao!”
Quando udì quella voce, sobbalzò. Glass la guardò sorridendo. Sembrava un’adorabile fatina con il vestitino azzurro che indossava e che era accompagnato da leggins bianchi. Il suo sorriso aveva qualcosa di splendente, ma così come comparve sul suo volto, allo stesso modo sparì.
“Non è che vuoi sapere qualcosa di matematica, fisica…”
“Qualcuno può rivolgerti la parola per altri motivi”.
Glass inclinò leggermente la testa e si sistemò gli occhiali con l’indice e il medio. Faux si sentì a disagio.
“Almeno per me, non credo che sia così”.
Glass la guardò con un misto di compassione e volontà di rassicurarla. Ancora una volta Faux avvertì un intenso disagio.
“È dura essere la sorella di una ragazza perfetta” si lamentò.
Glass scosse la testa.
“Leather non è perfetta, apri gli occhi, Faux. Sai che voto ha preso al compito di matematica? Meglio che non te lo dica”.
“Cosa mi importa? Alla fine tutti l’apprezzano”.
Faux parve rabbuiarsi, mentre abbassava lo sguardo. Odiava con tutte le forze l’idea di rassegnarsi a quella che era ormai la sua squallida e avvilente realtà. Glass fece una lunga pausa, come se volesse meditare sulle parole di conforto da pronunciare in quella circostanza. Faux notò che Foam si era allontanato completamente dal suo campo visivo.
“Posso darti un consiglio?”
Glass le si avvicinò, sorridendo. Al suono di quelle parole, Faux sobbalzò.
“Dovresti trovare persone come te”.
“Intendi dire brutte e..”
“Sono convinta che la solitudine sia un problema di molti e poi più solitudini possono formare una gioiosa compagnia, non credi?”
Faux rimase così spiazzata dalle parole di Glass che non riuscì a protestare. La misteriosa fatina sotto le spoglie di una ragazza un po’ strana si sistemò gli occhiali e si dileguò silenziosamente a passetti felpati.  Di una cosa Faux era sicura: che quelle parole avessero svegliato qualcosa in lei. Era fugace, ma simile alla speranza.
 
Foam, invece, era sicuro che  l’ora di educazione fisica fosse una tortura per lui. Spesso finiva per avere il fiatone o peggio rischiava di inciampare. La sua goffaggine era qualcosa di straordinario e comico per chi assisteva alle sue manifestazioni. Il professore Plastic sembrava particolarmente spietato quella mattina. Tutti avevano fatto qualche giro della palestra, senza sosta. Foam aveva il fiato corto e pareva trascinarsi, mentre Iron lo incoraggiava con lo sguardo. Anche lui sembrava sul punto di fermarsi.
“Si vede che non sono un supereroe” ridacchiò.
“Iron, io sto… morendo”.
Foam parlò con affanno. Diceva sempre quelle parole quando giungeva allo stremo delle forze e quasi non gli importava che altri lo stessero guardando storto. Si trovò a invidiare la velocità e la resistenza di Legno, che teneva ancora il ritmo della corsa. Come diavolo faceva? Se lo domandava, mentre, tanto per cambiare, la sua autostima precipitava miseramente. Non era poi così difficile vedere Legno con una tuta: sembrava davvero portato per lo sport. Era molto agile e anche ben piazzato. Lui, invece, era un piccoletto e per giunta mingherlino. La situazione di Iron non era poi così diversa, senza contare che lui era costretto a correre senza occhiali. Temeva le lenti a contatto, quindi si trovava a sopportare le ore di educazione fisica in condizione di semicecità. Gran brutta cosa la miopia, constatò Foam. Si trovò ad ammirare Legno, come le stesse ragazze che sparlavano di lui. Potevano dire tutto di Legno, ma non che non possedesse  un certo fascino, anche con i capelli scarmigliati. Foam arrossì appena. Non stava facendo nulla di diverso da quelle che sospiravano ogni volta che per un qualsiasi motivo incrociavano lo sguardo di Legno. Scosse la testa, turbato.
“Vorrei fermarmi” farfugliò Iron con il fiato corto.
Per qualche istante Foam si era dimenticato di essere stanco. Proprio quando quel riscaldamento infernale giunse alla fine, il professore Plastic fece un annuncio. Era ciò che per Foam e Iron si avvicinava a una tragedia.
“Giocheremo a pallavolo con la IV A. Anche loro stanno per finire il riscaldamento”.
Il cuore di Foam perse un battito. Era la stessa classe di Gold e Silver e al pensiero si sentì sprofondare. Quasi non ascoltò le parole che il professore pronunciò poco dopo, mentre spiegava i turni.
“Foam, ti tocca giocare. Io dovrò aspettare”.
La voce di Iron lo fece sobbalzare, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. Avvertì un fremito che gli percorse le spalle. Perché lui? Non dava già abbastanza prove della sua pietosa goffaggine? Guardò Iron con una sorta di aria supplichevole, ma quando il professore Plastic decideva, non restava nulla da fare. Nel frattempo i suoi occhi impauriti si posarono sui ragazzi della IV A, che si stavano avvicinando sempre più. Gold e Silver non mancavano. Le ultime speranze di Foam furono polverizzate.
“Più a sinistra, Foam”.
Una ragazza gli scoccò un’occhiata di fuoco. Lui si sistemò nel punto indicato da lei, le gambe leggermente piegate in avanti. Tremavano. Gold e Silver sembravano così rilassati, padroni della situazione e, forse nei loro desideri, del mondo. I loro sorrisi a 32 denti parevano tirati a lucido per l’occasione. I capelli lasciavano in parte scoperte le loro fronti, per comodità. Salutarono Foam con uno dei loro odiosi sorrisetti contraffatti e riservarono un trattamento analogo a Legno, che digrignò i denti. Stava al centro del campo. Era il fulcro e il punto di forza della squadra, il cui destino senza di lui sarebbe stato segnato. Doveva mantenere il controllo, si promise, anche se un giorno l’avrebbe fatta pagare per ciò che era accaduto alla casa del Mangiagatti. I membri delle due squadre avversarie si posizionarono in campo. Foam pregò mentalmente di non fare figuracce e di non essere colpito dalla palla. Legno pensò di dare il meglio di sé e di stracciare quegli sbruffoni della IV A, soprattutto Gold  e Silver. Iron,che stava in panchina, guardò preoccupato Foam. Avrebbe giocato volentieri al suo posto, ma il professore Plastic gli garantì che sarebbe arrivato presto il suo turno.  Il professore della IV A sorrise, fiducioso della squadra che si era formata. La partita iniziò poco dopo.
La battuta iniziale toccò alla IV A. Foam guardò con timore la palla che si alzava , per poi essere schiacciata con forza. I suoi occhi spaventati seguirono la sua traiettoria e lui si mosse quando credette di poter essere colpito.
“Ehi, Foam, la palla non ti ucciderà. Ricordati di prenderla qualche volta”.
Quel commento acido proveniva dalla voce di Nitro*1. Lei non mancava mai di mostrare la sua insofferenza, con quella sua espressione così irritata. Pareva che fosse costretta ogni giorno a ingoiare limoni. Se la cavava a pallavolo. Aveva uno stile ( avrebbe mai potuto usare un altro termine?) così “esplosivo”.
“Scusa” si trovò a farfugliare Foam.
Lei gli lanciò un’occhiata sdegnata, ma Legno la guardò con un’espressione truce, tale da intimidirla e da farle perdere la sua aria spavalda e arrogante. Quando una ragazza della IV A effettuò una  battuta , Legno rispose prontamente con un bagher, che fece finire la palla esattamente al centro del campo avversario, senza che nessuno fosse riuscito a prenderla. Pareva davvero agguerrito e Foam si sentì riempire il cuore da un’inspiegabile gioia a quella vista. Nonostante quel momentaneo sollievo, avvertì un nodo allo stomaco quando gli toccò restare vicino alla rete. Silver lo studiò divertito.
“Buona fortuna” disse con l’ennesimo falso sorriso.
Foam deglutì rumorosamente. Il tempo gli parve non passare mai, tra gli sguardi di Nitro e i sorrisetti di Gold e Silver. Si sentiva puntato. Tentò invano di saltare abbastanza in alto per toccare la palla. A malapena la sfiorò con le dita, così la lasciò cadere sul pavimento. Sentì qualcuno sbuffare. Ecco, ancora una volta mostrava di essere un incapace, un’autentica frana. Gold e Silver avrebbero trovato altri motivi per deriderlo e tormentarlo e forse Legno avrebbe capito che razza di fallimento aveva voluto difendere. Ebbe la sgradevole sensazione di non combinare nulla di buono nel corso della partita, mentre Legno era la perfetta combinazione di forza ed eleganza. Lo guardò, afflitto: sapeva fare un buon gioco di squadra con Nitro, anche se pareva sopportarla a stento. Lui, invece, si sentiva insignificante e sopraggiunse un’incredibile angoscia quando vide che Gold stava per iniziare la battuta.  Piegò le gambe leggermente tremanti, gli occhi incollati alla palla. Gli sguardi dei suoi compagni di squadra erano vigili. Foam sentì il suo cuore accelerare i battiti, avvertì il sudore che iniziò a scendere dalla fronte. La palla superò la rete: forse era il suo momento, ma la battuta fu troppo forte e rapida. Era pronto, in attesa di farsi valere, almeno un po’. Era sicuro che il tiro fosse diretto a lui. Tentò di pararlo, ma si trattò di un attimo: si trovò a terra dolorante. Non ebbe la forza di pronunciare una parola. I suoni attorno a sé erano solo bisbigli ovattati , accompagnati dal rimbalzare della palla. Il naso era un concentrato di dolore. Se lo sfiorò: sanguinava. La vista del sangue gli fece storcere le labbra in una smorfia. Non riusciva proprio a sopportarlo.
“Scusa, non volevo!”
Gold gridò quelle parole mortificato e corse dall’altra parte del campo. Fingeva, Foam lo sapeva. Interiormente stava sghignazzando della sua sventura. Foam tenne alta la testa, cercando di non incontrare lo sguardo di nessuno e di rialzarsi. Il professore Plastic lo guardò preoccupato e gli chiese come stava.
“Che domanda stupida”pensò Foam “ Mi sento come se un camion mi fosse passato sulla faccia. Benone!”
“Ti accompagno in bagno” si offrì Gold con un tono mellifluo.
Foam scosse appena la testa, ma così facendo il sangue continuò a gocciolare. Aveva macchiato il colletto della sua t-shirt bianca.
“Me la vedo da solo” bofonchiò con voce nasale.
Parlare gli costava uno sforzo tremendo, perché significava dover trattenere la nausea. Sentire il sangue caldo sul viso e sulle mani era qualcosa che lo spaventava terribilmente. Tenne ancora la testa alta e gli occhi semichiusi, fingendo di stare bene, ma il naso, come le guance, pulsava di dolore.
“Lo accompagnerò io”.
La voce di Legno fu qualcosa di rassicurante in quei momenti di tensione. Foam lo guardò con gli occhi lucidi, colmi di gratitudine. Le sue parole furono seguite da qualche borbottio. Sicuramente tutti non erano contenti di perdere un valido elemento della squadra, constatò cupamente Foam. A nessuno, invece, importava di lui, tranne Iron che, per quanto volesse aiutarlo, fu costretto a giocare al suo posto. Il suo migliore amico lo seguì con lo sguardo, mentre Legno gli posava una mano sulla spalla, accompagnandolo in bagno. Il suo tocco era così rassicurante che per qualche istante Foam dimenticò ciò che gli era appena accaduto.
“Grazie, senpai”.
Legno aprì la porta, sorridendo appena.
“Non ti preoccupare. Questo non è niente per me. Continua a tenere la testa alta”.
Foam obbedì, mentre si trovava a fissare il soffitto del bagno, l’unico punto che per ovvi motivi non era popolato di scritte varie.
“Ti stai scomodando troppo per me” proseguì Foam “ Non so come dirtelo. È una perdita di tempo aiutare uno come me. Mi hai visto giocare.. faccio schifo, ecco”.
All’inizio Legno non rispose. Lo guardò per qualche istante con un’espressione indecifrabile.
“Foam, Gold e Silver hanno solo aggiunto un’altra azione alla lista di quelle che devono pagare. Smettila di gettarti fango addosso! Non sarai portato per gli sport, ma hai altre qualità. Non puoi farti etichettare come sfigato da gente che non sa nemmeno pensare con la propria testa. Impara a mandare a fanculo qualcuno quando serve”.
A Foam brillarono gli occhi. Le parole di Legno avevano fatto accelerare i battiti del suo cuore. Si vergognò di farsi vedere in quelle condizioni pietose, nel tentativo di far cessare subito il flusso di sangue. Le labbra gli tremarono.
“Non pensavo di poter essere così fortunato” farfugliò “ Ti ringrazio per tutto, Legno”.
Il ragazzo socchiuse gli occhi. Le parole colme di gratitudine di Foam fecero scattare qualcosa in lui, per l’ennesima volta il desiderio di proteggerlo, anche se forse un giorno avrebbe rischiato di perdere qualcosa. Rimasero in una specie di silenzio teso e imbarazzato per qualche secondo.
“Va meglio?” chiese poco dopo Legno.
Foam annuì appena. Il ragazzo gli si avvicinò, raccomandandogli di tenere la testa alta per qualche minuto. Foam si sentì teso e avvampò in volto. Legno gli sfiorò appena i capelli con delicatezza. Forse non se ne sarebbe nemmeno accorto, se non fosse stato così sensibile.
“Hai dei capelli davvero morbidi”.
Legno pronunciò quelle parole con estrema spontaneità e Foam arrossì ancora di più.
“Sono piacevoli da toccare, tutto qui” proseguì Legno.
“S-senpai” balbettò Foam “ è così imbarazzante… nessuno me l’ha detto prima, tranne Plexi”.
Gli parve che il cuore fosse sul punto di fermarsi quando Legno gli sfiorò di nuovo i capelli e gli accarezzò la testa. Forse Legno desiderava un cane, pensò Foam. Forse lui aveva solo un’aria da cucciolo spaurito e abbandonato dal mondo, tutto qui. Quel mondo in cui si vuole esprimere ciò che si pensa, ma senza saper pensare…
“Senpai, non sono un cane” farfugliò imbarazzato.
Legno si ritrasse improvvisamente e assunse un’aria pensierosa.
“Stavo scherzando”.
C’era qualcosa di strano nel suo tono che Foam non seppe spiegarsi, eppure Legno non sembrava un tipo da scherzi.
“Comunque ora il naso non mi sanguina più” annunciò Foam contento “Se resterò un altro po’ con la testa alta, mi verrà il torcicollo”.
Legno si concesse un mezzo sorriso un po’ amaro. Forse stava rischiando, non sapeva davvero se fosse giusto provare a mettersi in gioco. Era così facile isolarsi nel suo mondo, senza pensare a nessuno, senza provare a legarsi a qualcuno.
Uscirono dal bagno, senza parlarsi, ma guardandosi con una sorta di intesa. Foam si sentì rincuorato e rassicurato dalla presenza di Legno, che a sua volta sorrise di nuovo. La luminosità del sorriso di Foam forse poteva rischiarare i suoi giorni peggiori, chissà…
Quando tornarono in palestra, Legno riprese subito a giocare, mentre Foam rimase in panchina, a causa dell’apprensione del professore Plastic. Prima di sedersi, ringraziò sommessamente Legno in un sussurro. Anche Iron sarebbe rimasto in panchina.
“È stato un gesto carino da parte di Legno” ammise il suo migliore amico.
“Già” mormorò Foam arrossendo appena.
“Ho notato che sa essere premuroso, sotto quella scorza da asociale”.
Iron sorrise e Foam ricambiò il sorriso, mentre i suoi occhi continuavano a guardare Legno. Fu costretto a reprimere un sospiro.
 
 
Legno aveva la sensazione che per qualche istante qualcosa fosse cambiato in lui, non sapeva dire cosa. Avrebbe voluto tacere certe parole, eppure quelle stesse parole erano uscite dalla sua bocca con una spontaneità disarmante. Sicuramente Foam stava in compagnia dei suoi amici. Chissà se avrebbe raccontato qualcosa di ciò che era accaduto.. non volle pensarci. Rimase in corridoio, a guardarsi attorno con quel continuo viavai di studenti che a ricreazione si affollavano davanti ai distributori e chiacchieravano allegramente. Leather lo degnò appena di un’occhiata. La solita stronza altezzosa, pensò. Il suo sguardo da attento osservatore si soffermava su ogni particolare, anche il più insignificante: il gesticolare di amici che raccontavano le loro ultime conquiste, i piani di studio di gente disperata alle prese con un compito in classe imminente, pettegolezzi che viaggiavano di sussurro in sussurro. Ancora una volta, Stagno gli si avvicinò, con l’aria arrogante che ormai gli era propria. Forse nulla avrebbe riesumato la dolcezza che aveva da bambino.
“È brutto stare in panchina quando succedono le cose interessanti” commentò con un sorrisetto beffardo “ Come al solito, difendi i piccoletti insignificanti. Il lupo perde il pelo ma non il vizio, non è così? Forse anche lui dipenderà da te”.
Legno si voltò rapidamente. Gli occhi parevano due tizzoni ardenti quando afferrò Stagno per il colletto della t-shirt e lui non si scompose, ma alzò gli occhi al soffitto con aria seccata.
“Sai ricorrere solo alla forza in questi momenti. Forse è ciò che ti rimane, anche se Gold e Silver.. so tutto della casa del Mangiagatti. Renderai Foam un secondo piccolo e bisognoso marmocchio appiccicato al suo protettore?”
“Taci, Stagno”.
“No, non mi fermo. Gold e Silver ti avevano capito dall’inizio. Hanno cercato di rendermi più forte e indipendente da te. Ero io a non aver compreso le loro intenzioni e nemmeno le tue”.
“Non capisci le mie nemmeno adesso. Non capisci mai un cazzo”.
Nonostante l’aggressività di quelle parole, Legno lasciò la presa, ma Stagno non sembrava stanco di attaccarlo. La sua volontà di umiliarlo era insaziabile.
“Ora cosa farai, Legno? Cercherai di mostrarti tanto protettivo e onesto agli occhi di quel piccoletto, mentre non stai facendo altro che renderlo dipendente da te?”
Il ragazzo non rispose. Era come se quegli occhi colmi di astio lo stessero privando delle energie. Non proferì parola, come se le sue labbra fossero state serrate. La presa sulla t-shirt di Stagno si era allentata del tutto e il tempo parve non scorrere. Il sorriso di sfida di Stagno lo irritò. Perché non riusciva a contrattaccare come al suo solito? Forse era perché segretamente sperava di trovare da qualche parte il bambino dei suoi ricordi? La gente cambia, constatò cupamente. Stagno ormai era uno dei suoi tanti, anzi troppi, nemici.
“Non puoi parlare a Legno in questo modo!”
Il ragazzo non si aspettò di udire così presto quella voce. Foam si era avvicinato a lui e,cosa insolita, stava guardando Stagno negli occhi. Legno lo fissò stupito. La presenza di Foam andava anche contro le aspettative di Stagno. Foam arrossì vistosamente nel pronunciare quelle parole, ma non sembrava pronto a scappare. Una smorfia affiorò sul viso di Stagno.
“Legno, non manchi mai di stupirmi” commentò con disprezzo “Adesso ti sei anche abbassato al livello di farti difendere da un simile sfigato”.
“Non mi chiamare sfigato e lascia stare Legno!”
Foam alzò la voce e persino lui se ne stupì, ma più di tutti fu Legno a restare stupefatto dalla sua reazione.
“Patetico”.
Fu quello il commento di Stagno prima di allontanarsi. Foam era rosso fino alla punta delle orecchie e si trovò ad abbassare lo sguardo, come al solito.
“Foam, sei stato fantastico”.
Legno gli sorrise e lui avvertì un’ondata di calore invadergli il viso.
“Senpai, era il minimo che potessi fare” mormorò appena “ Tu mi hai protetto tante volte. Non potevo guardarti, mentre non riuscivi a reagire. Non sembravi nemmeno tu e non voglio più vederti in queste condizioni. Sono io quello debole qui”.
Foam si morse le labbra, mentre Legno gli afferrava un braccio. Lo stava portando lontano dal corridoio e a lui mancò la voce anche per poter protestare. Uscirono in cortile e Legno cercò un posto lontano dagli altri.
“Ehi, Legno, che ti prende?”
Lui parve in qualche modo turbato. Lo era davvero? Legno lo guardò e Foam sentì che la sua presa sul braccio pareva ardere.
“Mi è piaciuto vedere come tiravi fuori la grinta. Non sai solo scappare, Foam”.
Il diretto interessato voltò lo sguardo altrove. Non riusciva a guardare Legno senza arrossire, soprattutto se parlava in modo così gentile. La sua voce era bassa e melodiosa. Sarebbe stato bello sentirlo cantare…
Scosse la testa nel tentativo di scacciare quei pensieri. A dire il vero, non riusciva a pensare, era così confuso..
“Senpai, voglio vederti sempre forte e deciso” confessò poco dopo con crescente imbarazzo “ Non sei davvero quella persona che ho visto prima. Non voglio accettarlo, non voglio più vederti soffrire sotto gli occhi divertiti di qualcuno. Quel genere di cose succedono a me…”
Foam parlò tutto d’un fiato. Gli mancò l’aria, i suoi occhi rimasero spalancati dallo stupore. Il suo respiro fu mozzato dall’abbraccio di Legno. Sentì le braccia del ragazzo stringersi con forza attorno alle sue spalle esili. Il cuore gli scalpitò nel petto, come se fosse impazzito. Legno sarebbe riuscito a udire quel suono che a lui pareva assordante? Era così imbarazzante, era come se volesse comunicare troppe cose, come “ non andare via”. Qualsiasi parola gli morì in gola, quasi si dimenticò di respirare. La testa di Legno si appoggiò sull’incavo della spalla. Foam temette di poter morire di imbarazzo.
“L-Legno senpai..”
Il buon senso gli suggeriva di districarsi da quell’abbraccio. Fu sul punto di farlo, ma era come se le braccia fossero fuori uso.
E se qualcuno ci vedesse?
Arrossì al pensiero.
“Senpai, mi stai stritolando” farfugliò timidamente.
Le sue dita strinsero appena un lembo della t-shirt di Legno, che lo lasciò dopo qualche secondo.
Come ti invidio, Legno.
Con quel pensiero, Plexi rimase a guardarli, con un nodo allo stomaco. Non si sarebbe sciolto così facilmente. Si morse le labbra, mentre li fissava da una finestra.
Vi conoscete da poco, eppure lo abbracci senza problemi.
Si guardò le mani: era senza speranza. Chissà se le sue braccia si sarebbero strette attorno a Foam per dirgli “ Sono contenta di vederti”. Faticava persino a dirlo e ad esprimerlo e al pensiero si rabbuiò. I suoi profondi occhi verdi si soffermarono su di lui e sospirò tristemente.
 
Note dell’autrice: mi dispiace di essermi fatta viva dopo tanto tempo. Chiedo perdono, ma tra feste varie e un po’ di chimica da studiare per l’università, non ho potuto aggiornare subito come volevo. Comunque ecco delle note per aiutarvi ;)
*1Nitro è nata da “ nitroglicerina. Prevedibile, vero? Una ragazza con uno stile di gioco esplosivo..
In realtà la nota era una, ma vi confesso che mentre scrivevo, mi scintillavano gli occhi e mi batteva forte il cuore. Vorrei che provaste almeno la metà di ciò che ho provato io ;) recensite in tanti..
Visto che oggi è 4 gennaio ed è il compleanno di una mia carissima amica ( nonché compagna di sclero per questa grande avventura di Foam e Legno) dedico il capitolo a lei ;) 
   
 
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