Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    05/01/2015    2 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehilààà! Sono appena tornata dalla visione di The Imitation Game ed è davvero fantastico. Grande Benedict *-* (E anche la mia Keira, ma il mio amore per lei è sconfinato in altre millemila fanfiction <3) Duuunque il banner è sempre stato fatto da _Lith_, lo stile del titolo è sempre ispirato a FRIENDS e la foto non è la mia assolutamente (sono, da sinistra a destra, Laire ed Elspeth!) ma è stata modificata da me. Buona lettura!





 
The Guy Who Turned Her Down

20. The One With The Morning After And Everybody’s Questions





 
«Lo sai, vero, che stai sbavando su un vestito perfettamente fantastico e sicuramente sartoriale?» la voce di Laire sembrava lontana, ma non appena Aneira aprì gli occhi – rendendosi conto in quel momento del fatto che il dolore al collo era dovuto alla posizione poco comoda nella quale quello era rimasto tutta la notte – se la ritrovò sulla porta con due tazze di un qualcosa fumante.
«Ehrm...» si grattò il capo, guardandosi intorno, per poi alzare lo sguardo verso Tom, che era ancora lì... abbastanza costretto sotto il suo peso e quello di Mycroft.
«Io il mio l’ho già bevuto. Non oso pensare che ore abbiate fatto ieri sera per essere in queste condizioni a quest’ora.» Laire sorrise ad entrambi, posò le loro tazze di tè sul comodino e lasciò la camera scuotendo la testa.
«Buongiorno. Non è che mi passeresti la tazza col quokka? Credo che ci abbia anche messo del latte...» Tom indicò il comodino, mentre Mycroft si arrampicava sulla sua spalla.
«Scusa per la camicia.» mormorò Aneira, allungandosi alla sua destra.
«Non preoccuparti, in realtà ti sei addormentata sulla coperta, quindi... hai sbavato lì.»
«Dovrei controllare le mie...Non lo dico nemmeno.»
«Oh, no, ti prego, non stavo aspettando altro!..» ridacchiò dopo lui, con un sorriso malefico.
«Quando mi sono addormentata?»
«Più o meno quando abbiamo iniziato Macbeth. Allora ho spento tutto e l’ho spostato ai piedi del letto.»
«Per spegnere tutto intendi abbassare lo schermo, vero?» chiese Aneira, passandogli la tazza col quokka e prendendo la sua con il canguro.
«Ovviamente.» rispose Tom, con un’espressione abbastanza logica in volto per aver dormito su un letto non suo con coperte di pile addosso e gli stessi abiti della sera prima.
«Amate davvero l’Australia qui, eh?» indicò il quokka sulla sua tazza con un cenno del capo «Non ti ho mai chiesto il perché.»
«Questa è la roba che ci porta Elspeth. Sai, in realtà è metà australiana, anche se i suoi vivono qui. Il fratello studia lì» spiegò Aneira «È sempre lei che ci porta queste cose carine.»
«Com’è andata dall’altra parte dell’Atlantico?» chiese allora lui, dopo un po’ che sorseggiava il tè – Mycroft nel frattempo si faceva tranquillamente le unghie sulla giacca del ragazzo, lasciata piegata sullo schienale della sedia della scrivania.
«Oh, dove tu stai per ritornare, dici?» il tono sembrava vagamente accusatorio «Bene, credo. Alla fine son riuscita a giostrarmi veramente bene e... oh, vedo le altre mercoledì prossimo.»
«Hai addirittura fatto amicizia con delle persone! Come una persona normale! Mi rendi fiero!»
«Smettila col sarcasmo, Hiddleston, non ti si addice.» Aneira alzò un sopracciglio e Tom riprese ad ascoltarla «Comunque sì, anche se c’è stata gente odiabile.»
«Non saresti stata tu se non avessi odiato qualcuno.»
«Appunto. Ma con la parte buona del gruppo abbiamo fatto buone simulazioni e buona amicizia. Sono stata addirittura più volte trascinata a ballare.»
Tom rise: «E questo è qualcosa che vorrei vedere.»
«E... niente. Ho visitato la città, ho conosciuto gente da tutto il mondo... è stata una bella esperienza, ma già lo sapevo.»
«Quindi promuovi gli Stati Uniti?»
«Assolutamente no. Solo la città che non dorme mai. Non potrei mai promuovere quel paese.» era quasi schifata mentre pronunciava l’ultima parola «Quando riparti?»
«Ho il volo alle quattro.»
«Pfff.» emise uno sbuffo – e non lo fece appositamente, ovviamente non riuscì a controllarlo – come non controllava la sua bava quando dormiva, yack!
«Lo sai che ritorno tra un mese e mezzo, no?» stava forse cercando di rassicurarla?
«In realtà no. Ma va comunque bene...» gli lanciò un’occhiata di nascosto, osservandolo accuratamente. Probabilmente l’ultima volta per un bel po’ di tempo.
«Vado a pretendere i miei vestiti dalla mia camera, almeno quelli potrà lasciarmeli Ed...»
«Penso proprio di sì. Lo spero, almeno...» fu l’ultima cosa che Tom udì da Aneira, prima di raggiungere la porta della sua camera e iniziare a bussarvi sopra.
Incrociò Laire che entrava nella sua camera con un’altra tazza di tè e con la quale scambiò un’occhiata d’intesa, alla quale la ragazza rispose con un sorriso furbo: «Non preoccuparti, non le dirò che in realtà l’hai svegliata con un bacio sulla fronte. Bocca cucita!» esclamò quella, chiudendosi dietro la porta della camera.


Erano stati più o meno insieme fin quando non era passato il taxi a prendere Tom per accompagnarlo all’aeroporto: poi Aneira era riemersa dalla solitudine della sua camera – beh, solitudine, era pur sempre con Mycroft... – dopo pranzo, per un tè post frutta e trovò Laire ed Elspeth sedute sulle loro poltrone, apparentemente impegnate nelle loro rispettive occupazioni: quando però Aneira mise su il bollitore, Laire abbassò il giornale per osservarla con uno sguardo furbetto.
«Allora, cosa succede tra te e Tom?» il tono della ragazza era parecchio allusivo, e lo sguardo vispo. Cosa insinuava?
«In che senso?»
«E dai, è da quando è tornato che non vi separate. Almeno da quando è tornato e vi siete rivisti!» irruppe allora Elspeth, mollando il libro sul tavolino tra il divano e le poltrone.
«Beh... abbiamo passato il tempo insieme.»
«Tom non è entrato in camera sua – dove c’era Eddie, per intenderci – fin quando non ha dovuto prendere la sua roba. È rimasto sempre con te.» Laire sembrava stesse spiegando qualcosa di banale a un bambino un po’ lento di comprendonio, ma la coinquilina della Cornovaglia si limitò a fare spallucce: «Abbiamo semplicemente trascorso il nostro tempo disponibile insieme. Lo facevamo anche prima...»
«Ma questa volta è tornato da Toronto per la premiazione e poi avete praticamente passato tutto il vostro tempo disponibile insieme. Tutto!» ridacchiò Laire, come se fosse soddisfatta delle inferenze che il suo cervello faceva.
«Insomma... come fidanzatini!» eruppe Elspeth, ridacchiando allora anche lei, in quel momento.
Aneira arrossì leggermente, ma negò categoricamente scuotendo la testa: «Non siamo... fidanzatini. Mi mancava, però. E poi ieri sera volevamo fare una maratona di Shakespeare sullo schermo...»
«Oooh, Romeo e Giulietta!» esclamò, prendendola visibilmente in giro, Laire.
«No. Abbiamo iniziato col Mercante d Venezia. Volevamo continuare col Macbeth e altri che avevo precedentemente selezionato io ma poi mi sono addormentata.»
«Sulla sua spalla. Abbracciati.» poco ci sarebbe mancato e Laire avrebbe iniziato a muovere sconsideratamente le sopracciglia.
«Insomma, ti ha anche...» partì in quarta Elspeth, ma venne bloccata da uno sguardo omicida di Laire.
«Mi ha anche cosa, El?»
«...Ti ha abbracciato. Ti ha anche abbracciato.» terminò, non come avrebbe voluto, la più grande delle coinquiline storiche.
«Beh, quella non è mai stata una novità! Insomma, ci siamo sempre abbracciati, e abbiamo anche qualche volta dormito nello stesso letto!» sentendosi in qualche modo attaccata, Aneira decise di difendersi.
Laire si limitò a lanciarle un’occhiatina eloquente, mentre Elspeth – sentendosi in colpa per quello che stava per lasciarsi sfuggire, violando la promessa che Laire aveva fatto all’altro loro coinquilino –  riprese parola: «Non pensi sia leggermente differente da come si comporta con noi? Non trovi differenze?»
Aneira rimase interdetta; effettivamente... «Ma vi vuole bene!»
«Sono sicura che si sia abituato alla vita in questa casa, che gli siamo simpatiche... ma voler bene... a te, certamente, vuole bene.» Elspeth era quella che aveva più tatto tra le tre. Era quella che faceva capire loro le cose. Ma da questo punto di vista Aneira non era certa di volerlo capire, proprio no.


«Mi sento osservata. E non da Mycroft.» Aneira aveva sentito la porta aprirsi sebbene chi l’aveva fatto fosse stato molto accorto e silenzioso, allora si voltò verso essa e si liberò degli occhiali: aveva una certa idea che non sarebbe potuta tornare a leggere per molto tempo, quindi sarebbero stati inutili.
Jules stanziava sulla porta con un sorriso leggermente sinistro, reso ancora più diabolico dalla presenza di un vassoio pieno di muffin tra le sue mani.
«Vuoi?»
«Sai che non direi mai di no a un dolce. Perché me lo chiedi?» Aneira assottigliò gli occhi, afferrando un muffin con circospezione e girando la sedia nella direzione di Jules, che con i guanti da cucina e il vassoio ancora tra le mani si sedette al bordo del letto della ragazza, proprio nel posto che un indispettito Mycroft aveva dovuto lasciare per fare posto a lei.
«Sto aspettando.» Aneira tirò un morso al muffin, ostinata.
«Checosaèsuccessoierinotte?» chiese tutto d’un fiato Jules, con gli occhi che le brillavano.
«Lara mi ha trascinato ai Lawrence—
«Sì, sì, ho visto le foto di quello! Intendo quando siete tornati a casa!» ammiccò la ragazza, interessata.
«Oddio ci sono le foto.»
«E beh, sì.»
«Yack. Comunque, abbiamo visto “Il Mercante di Venezia”.»
«Dimmi per favore che è una parola in codice per qualcosa di più interessante.» ammiccò nuovamente Jules, sorridendo diabolicamente.
«Abbiamo davvero guardato “Il Mercante di Venezia”.» si limitò a rispondere Aneira, afferrando un altro muffin e dandogli un morso. Poi Eddie arrivò nella camera con lo stesso intento e prese ad aggiungere: «È più che probabile e plausibile che abbiano fatto quel che lei afferma. Dopotutto Shakespeare per lui è paragonabile al sesso.»
«Questa frase mi disturba, e mi disturba ancora di più il fatto che abbiano davvero solo guardato quella roba.»
«Ehi, è bello Shakespeare!» ribatté il rosso, mangiando – facendo irrimediabilmente cadere diverse briciole sul parquet di Aneira – voracemente il muffin per poi prenderne un altro.
«Non lo metto in dubbio, ma... cavolo, si rivedono dopo mesi e guardano Shakespeare! Cioè!» Jules prese a gesticolare nervosamente, mentre Aneira rimaneva impassibile e afferrava il terzo muffin: «Io invece mi chiedo perché siete rispettivamente la terza e quarta persona a chiedermi cosa sia successo ieri, alludendo a qualcosa di sentimentale e sessuale tra me e Tom. Sul serio. Perché?»
«Ah, ci arriverai.» Eddie si limitò a picchiettarle amorevolmente la spalla con una mano, mentre Jules eruppe in uno sconsiderato e sconclusionato movimento delle mani accompagnato da un verso che trasudava insofferenza da tutte le parti. Poi afferrò la teglia e attraversò la porta della stanza, dando solo a Eddie la possibilità di rubare un ultimo muffin velocemente. Poi Eddie si voltò verso Aneira, che aveva inforcato nuovamente gli occhiali, e fece spallucce, cedendole il muffin: «Ne avrai più bisogno di me, è te che non capisce, stavolta.»
«E ancora non ne capisco il perché.»
«Nah, lo capisci. È solo che lo ignori perché non vorresti capirlo.» si limitò a pronunciare Eddie, sparendo dietro la porta chiusa della sua camera e ritornando in cucina. Mycroft nel frattempo si era posato con tutta la grazia possibile sul suo libro, rendendole impossibile continuare lo studio. Era stato così silenzioso che non se n’era neanche accorta. E senza libro da studiare avrebbe o potuto prendere il PC, o coccolare – come del resto lo pretendeva – Mycroft o pensare a quello che la nuova coppia d’oro le aveva riferito, ma l’ultima cosa l’avrebbe evitata volentieri.

Amava Heathrow. Se avesse dovuto scegliere tra tutti gli aeroporti del mondo, avrebbe scelto quello. Perché tendenzialmente era sempre l’aeroporto da cui partiva, quindi c’era l’eccitazione della partenza, la gioia... e poi era bello. E c’erano tante belle citazioni su Heathrow, e per un certo periodo in uno dei Terminal c’era pure un TARDIS. Insomma, non poteva non amare Heathrow: nelle giornate di pioggia, di sole, di neve, di tempesta. Era pur sempre il suo Heathrow.
Quella volta però non amava dover partire. Era contento di dover tornare a Toronto, ma non altrettanto contento di dover necessariamente lasciare Londra. E non solo perché c’erano i suoi amici lì... beh, sì. Contava Aneira come tale, quindi sì.
Avrebbe preferito rimanere a Toronto e non tornare proprio a Londra: lo stress di fare due voli transoceanici a distanza di un giorno e mezzo, la stanchezza, la gioia e sequenziale leggero sconforto di rivedere e lasciare tutti subito... col tempo si era abituato, però certe volte faceva più effetto. Gli stava già mancando Luke, ed era lì di fronte a lui in quel momento.
«Non so se stai per addormentarti o sei semplicemente pensieroso.»
Tom rise: «Potrei risponderti dicendo “Entrambi”, in realtà.»
«Oh, perfetto. Sai che tra un po’ dovresti attraversare i controlli, vero?»
Tom annuì, guardando i banchi di controllo, dove brulicava gente di tutte le nazionalità e destinata alle più svariate destinazioni.
«Il tuo essere taciturno mi sta preoccupando.»
«Sono solo stanco.»
«E ti manca Aneira. Rivederla per così poco tempo ti ha fatto desiderare di passare più tempo con lei, cosa ovviamente impossibile al momento. Sarebbe stato meglio non vederla proprio.» Luke diede voce chiaramente al pensiero – uno dei tanti, ma abbastanza principale in quel momento – nella sua testa, e ogni tanto si chiedeva come facesse ad essere così in sintonia con tutte le persone con cui lavorava. Si chiedeva sempre se fosse così solo con lui – dopotutto lo reputava suo amico, non solo suo agente – o con tutti i suoi clienti. Avrebbe dovuto chiedere agli altri, quando li avrebbe incontrati – perché sarebbe accaduto sicuramente, prima o poi – in futuro.
Ma Tom non rispose alla dichiarazione di Luke, allora lui suppose di avere ragione. Lo sapeva, dopotutto, lo conosceva molto bene.
«In realtà stavo pensando che mi mancavi già tu, ma penso che hai colto la situazione generale.»
«Tom, mi spiace deluderti, ma non sei proprio il mio tipo. Sentimentalmente parlando, intendo!» rispose subito dopo l’amico, e Tom rise, scuotendo la testa.
«Sono distrutto.»
Luke si guardò intorno, circospetto, e poi guardò attentamente l’altro: «Ah, intendi fisicamente. Beh, dormirai sull’aereo, no?»
«In che altro modo dovrei essere distrutto, scusa?»
«Niente, niente, lascia perdere. Ho sempre il terrore che prima o poi dovrò sorbirmi tue paturnie sentimentali simili a quelle di altre persone con cui lavoro...»
«Non chiederò nulla a riguardo. Non so e non voglio sapere chi siano tali persone...»
«Ecco, perché non posso dirtelo. Anche se tanto lo sai già.»
«Ovvio che lo so, l’ho pensato e sono anche certo di avere ragione!» rispose Tom, certo di sapere a cosa – e  soprattutto a chi – si riferisse Luke.
«Non ne avrei dubitato.» Luke alzò gli occhi sul cartellone delle partenze e poi guardò l’orologio, sospingendo con una mano l’amico «Beh, è ora di andare. Prima riesci a salire sull’aereo, prima puoi addormentarti.»
«Tu sì che sai come convincere le persone, Luke!»
«Lo so, caro!» ammise quello orgoglioso «Buon viaggio!»
L’ultima cosa che vide fu la mano di Tom che lo salutava con un leggero movimento del polso, e poi lui si immerse nel mucchio di persone che faceva la fila per i controlli.

 
  
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