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Autore: Haruma    05/01/2015    4 recensioni
Haymitch cominciò ad andare avanti e indietro per il salotto fischiettando. «Allora sai che c'è?» lo richiamò girandosi di scatto e tentennando su cosa dire in seguito. «Sei un debole!» lo spintonò accecato dall'ira facendo frantumare in mille pezzi la sua bottiglia di liquore bianco sul parquet. «E mi hai fatto rovesciare tutto».
Per un secondo pensò che quelle parole che aveva lui stesso pronunciato, non fossero tanto per il ragazzo...
"Sei un debole!" la sua mente lo ripeteva incessantemente. "E tu, Haymitch? Cosa saresti, allora?" continuava a tormentarsi.
[Post processo di Katniss. Peeta ritorna al Distretto 12 || Leggermente angst]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haymitch Abernathy, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tra pezzetti di pane galleggianti'
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Piccola premessa: Questa one-shot è collegata alla mia precedente «Non voglio diventare come uno di loro». È consigliabile leggerla anche se non è del tutto necessario. Non vi rovinerete nulla :)


«Bel gancio, ragazzo»
«Da quant'è che sei qui?» disse Haymitch guardando avanti a sé stordito dall'alcool ingerito non sapendo se, la persona di fronte a lui, fosse frutto della sua immaginazione o meno. 
Peeta osservava con occhi attenti i movimenti del mentore notando la fiaschetta argento rovesciata ai piedi della poltrona. 
Dopotutto non aveva perso il vizio di bere... 
«Qualche ora» aveva risposto calmo continuando a strofinarsi le mani coperte di terra. 
«E..?» Haymitch strizzò gli occhi più volte per allontanare la nebbia che vedeva tutt'intorno. 
«Rimarrò qui» aveva asserito sicuro di sé. 
«Bene...» constatò l'uomo «hai avuto il lasciapassare» sorrise sghembo. «E dimmi... com'è stato il soggiorno nella grande Capitol?» gli indicò il divano. 
Peeta si accomodò non distogliendo, però, lo sguardo dal mentore. 
«Cosa c'è?» sospirò Haymitch capendo che il biondino aveva qualcosa da dirgli. Glielo leggeva negli occhi. 
«Katniss...» sussurrò a denti stretti. 
«Che ha?» domandò prima di prendere un sorso del suo adorato liquore bianco. «C'è qualcosa che mi sono perso?» 
«Non l'ho mai vista in quello stato» si contorse le dita nervoso. «Perché non hai fatto niente per risollevarle il morale?» lo accusò. 
«Perché non ne sarei capace e perché è difficile che voglia vedere qualcuno che non sia sua sorella Prim...» tracannò un altro goccio.
Successivamente parlarono di molte cose: della terapia, dell' alcool, di Aurelius, del processo e del nuovo governo, ma fu quando Peeta accennò al suo precedente episodio nel bosco che la loro discussione mutò in una lite furiosa.
«Per quanto io mi continui a ripetere di non essere uno di loro, in realtà è questo quello che sono diventato. Un ibrido» alzò appena il tono. «Una macchina programmata per uccidere persone innocenti. È quello in cui mi hanno trasformato, Haymitch. Ormai non c'è più niente da fare» sorrise malinconico abbassando lo sguardo.
«CAZZATE!» gli urlò in faccia il suo mentore visibilmente esasperato da quella situazione sollevandosi con forza dalla poltrona.
Perché si trovava sempre a dover fare da confidente a quei due mocciosi?
«Sai controllarti, non hai più istinti omicidi e non ti comporti più come un tempo, ragazzo. Credi davvero che Aurelius ti avrebbe fatto venire qui qualora tu ti fossi comportato da squilibrato?! Lo pensi sul serio, Peeta?» il giovane poté osservare una luce diversa negli occhi dell'uomo. Un guizzo simile ad un fulmine oltrepassò le sue iridi allo stesso modo delle stelle cadenti, che sparivano nel cielo in un attimo così come apparivano. «Diamine... non ti ha parlato di quanto tu sia migliorato?» lo guardò arrabbiato e sconvolto al tempo stesso.
Peeta stette, per un po', a contemplare il pavimento polveroso della casa.
«Certo che lo ha fatto» si ritrovò a dire.
«Ti facevo più intelligente, allora» alzò le spalle e bevve avidamente dal collo di vetro che stringeva forte.
«Ma qualsiasi persona ha paura e so già che vivrò costantemente con questo tormento» si avvicinò  furibondo. Non lo stava prendendo sul serio. «E per quanto cerchi di pensare alle parole del dottore, sono consapevole che una parte di Capitol City verrà fuori! Forse riuscirò a controllarla ma odio, con tutto il cuore, il fatto che arriverà comunque il momento in cui dovrò aggrapparmi a qualcosa che mi indichi la verità» si contorse le mani. «Sappi che non c'è niente di più brutto di quelle immagini distorte. Sai che non esistono ma ti tormentano lo stesso, fanno in modo da rimanere impresse nella mente. E quanto sono vicine alla realtà! Non si riescono a distinguere se non fosse che per quel maledetto luccichio» strinse forte i pugni conficcando le unghie nella pelle tanto da sentire dolore.
Era l'unica cosa che non lo faceva impazzire.
Haymitch cominciò ad andare avanti e indietro per il salotto fischiettando. «Allora sai che c'è?» lo richiamò girandosi di scatto e tentennando su cosa dire in seguito. «Sei un debole!» lo spintonò accecato dall'ira facendo frantumare in mille pezzi la sua bottiglia di liquore bianco sul parquet. «E mi hai fatto rovesciare tutto».
Per un secondo pensò che quelle parole che aveva lui stesso pronunciato, non fossero tanto per il ragazzo...
"Sei un debole!"  la sua mente lo ripeteva incessantemente. "E tu, Haymitch? Cosa saresti, allora?" continuava a tormentarsi.
Peeta si ritrovò a qualche centimetro dalla parete; non aveva mai lontanamente creduto che quell'uomo potesse comprenderlo ma era rimasto scombussolato da tutto quell'impeto.
«Non c'è niente di più brutto di non vivere!» gli fece notare di nuovo Haymitch con un tono di voce alterato continuando a girare e rigirare per la stanza. 
Voleva vomitare, doveva svuotare lo stomaco. La gola gli bruciava maledettamente e la vista gli si era appannata per l'ennesima volta. 
Rendendosi conto dello stato del mentore, il ragazzo sgranò gli occhi ancora più stupefatto e arrabbiato di prima. «Non sono io quello che si ubriaca dalla mattina alla sera cercando invano di scacciare gli incubi!» sbraitò non riuscendo a controllarsi. Stava completamente perdendo le staffe. «Non sono io quello che se ne sta chiuso in casa privo di sensi! Quello che si addormenta con un coltello tra le mani! Questa me la chiami vita? Stai vivendo? Perché credo che quello che hai fatto fino ad ora sia stato solo tirarti a lucido quando c'erano le annuali mietiture. Si è visto sai... eri davvero sobrio quella mattina». Immagini di quell'ubriacone stringere forte Katniss e sputare insulti su Capitol City per poi precipitare dal palco si fecero strada nella sua mente. Qualcosa era rimasto. Niente sbrilluccicava, quindi non erano state usate quelle scene per il depistaggio. No? 
Furioso. Era il termine adatto per descrivere Peeta. Lui non aveva scelto di dimenticare! 
Eppure si sentiva in colpa, tremendamente. Nonostante tutto, l'uomo di fronte a lui lo aveva salvato parecchie volte dalla morte certa. 
«SMETTILA!» gridò il mentore tirando un pugno in pieno viso al biondo che andò a sbattere contro il muro. 
"Cosa c'è, Haymitch? Il ragazzo ha ragione, vorresti dirmi che non è vero quello che dice?" la vocina ovattata continuava a perseguitarlo. Da dove veniva? L'alcool non gli aveva mai dato simili problemi. 
«Smettere di dire la verità, Haymitch?» lo rivide rimettersi dritto guardandolo con ovvietà. «Lo sai meglio di me che bevi per cancellare il tuo passato, quindi non provare a farmi la paternale! A me che non ho potuto decidere cosa fare dei miei ricordi, poi!» 
Per un attimo pensò che Peeta stesse avendo una delle sue crisi ma si dovette ricredere quando vide quegli occhi celesti puntati nei suoi. 
«Hai perfettamente ragione» singhiozzò. «Ma quello che ha tutta una vita davanti non sono io. Non sono io quello bravo tra i due, che diamine! Perché...» barcollò appena riuscendo a trattenere un rigurgito acido, «perché non provi un po' a pensare a quello che potresti avere da questo momento in poi? Vorresti stare chiuso tra quelle quattro mura che ti ha gentilmente donato il GOVERNO per salvare la pellaccia di quell'altra rincretinita lì?» puntò il dito in direzione della finestra. Si riferiva a Katniss. «E magari succederà che, un giorno, quando varcherò la soglia di casa tua, troverò il tuo corpo esanime disteso in un lago di sangue perché sarai impazzito da solo!» gesticolò furiosamente. «E certamente! Non dimentichiamoci che la signorina "è-solo-colpa-mia" si sentirà per l'ennesima volta pentita e frustrata perché non sarà riuscita a mantenere in vita nemmeno te! Che emerita coppia di tributi idioti che ho salvato! Imbecilli...» parlottò infine. 
Sprezzante. Glaciale. La vera e cruda realtà dei fatti spiattellata in faccia da quel alcolizzato che gli aveva fatto quasi da padre. 
Quanto stava odiando l'ibrido che era diventato. Ingrato e vittima di se stesso. 
«Non... voglio farle del male» mormorò Peeta giustificandosi colto impreparato per la prima volta. 
«Te ne farai tu se continui a pensarla in questo modo! Mi dici come potresti ferirla, poi? È talmente spezzata che anche se casa sua andasse a fuoco non se ne renderebbe conto!» farfugliò avvicinandosi minacciosamente al ragazzo. 
«Potrei invece... o peggio, ucciderla. Dopo questa mattina io... non so che mi sia preso» trattenne per un lungo secondo il respiro. «Perché ho avuto un episodio Haymitch, perché?!» si strinse forte un polso cercando di mantenere il controllo. Non doveva ripensarci, non poteva ricadere in quella trappola. 
«Più che con me, tu sei infuriato con te stesso» dedusse il mentore che aveva iniziato a squadrarlo da capo a piedi. «E allora sfogati! Tirami un pugno. Che aspetti? Vuoi che ti costringa a farlo?» gli propose arrogante. 
Peeta cominciò ad indietreggiare piano piano guardando terrorizzato l'uomo di fronte a lui.
«Non puoi dir... non puoi dirmi queste cose» deglutì rumorosamente. 
«Oh, sì che posso» sorrise sghembo. «Avanti! Che è una vita che non faccio a botte con qualcuno». Era completamente fuori di sé. Così infuriato che non riusciva a dare freno alle sue parole. «Forza Peeta!» gli si avvicinò pericolosamente tirandogli un destro che il ragazzo non fece in tempo a schivare perché colto alla sprovvista. 
Bruciava maledettamente, talmente tanto che per poco non cadde all'indietro. 
A quel punto fu inevitabile contraccambiare il gesto. Sfoderò un gancio che -in quello stesso momento- Haymitch considerò micidiale. 
Dopo anni, si stava di nuovo divertendo da matti. Forse era la sbronza che gli faceva quell'effetto ma non se ne preoccupò affatto così si buttò a capofitto sul biondo.
Si ritrovarono a fare a cazzotti per alcuni minuti fino a quando Peeta smise di combattere contro l'uomo: incassava i pugni violenti di Haymitch senza fare niente per fermarlo, immobile, su quel parquet sudicio aspettando che il suo cuore smettesse di battere. Dopotutto era solo uno schifoso ibrido, doveva essere trattato in quel modo.
Eppure l'uomo si fermò e lo guardò aspettando un qualunque movimento da parte del ragazzo. Ma stupito si rese conto dei suoi occhi celesti privi di emozione, vuoti e consapevoli di un qualcosa di spaventoso.
A quel punto capì qual era l'intento di Peeta: farla finita. Una volta per tutte.
E allora perché era tornato? Perché illudere tutti in quel modo subdolo se poi li avrebbe abbandonati?
«Perché non hai fatto niente per fermarmi?» gli domandò alzandosi in fretta dal pavimento volendo ascoltare la risposta che già conosceva. Quel movimento lo fece traballare per un secondo ma scosse la testa come per scacciare la nebbia creatasi attorno a lui.
Trascorsero alcuni minuti che Haymitch passò a scrutare il biondino -ancora seduto a terra- intento a seguire continuamente la cicatrice della mano sinistra con l'indice.
«Ragazzo!» gli urlò come un ossesso ormai completamente privo della sua -già minima- pazienza.
Fu in quel momento che Peeta alzò il volto rivelando il suo sguardo velato di lacrime.  
«Non voglio diventare come uno di loro» parlò piano facendosi sentire appena.
Loro... Loro chi? Che stava dicendo quel ragazzo? E perché le sue parole trapelavano tanta tristezza?
Vomitare. Vomitare. Vomitare. Aveva il bisogno di vomitare ma ricacciò tutto giù per la gola.
«Scusami per quello che ho detto prima, Haymitch. Mi dispiace» continuò alzandosi e sfregandosi gli occhi con una manica.
Istintivamente, il mentore lo abbracciò con una stretta vigorosa, «promettimi che non penserai più a queste cose. Promettimi che combatterai con tutto te stesso» sussurrò al giovane rimasto interdetto dal suo gesto inaspettato. 
L'ubriacone... Haymitch Abernathy lo aveva abbracciato con fare paterno! Era uno dei giochetti che gli stava riservando la sua mente pazza? 
«Non ho mai pensato di smettere di farlo» mormorò Peeta tenendo stretto il mentore con tutta la sua forza. «Però a volte mi sento così inutile che non credo sia sbagliato lasciarmi morire» continuò. 
«Lotta per Katniss. Per me. Ma soprattutto non lasciarti sopraffare dalle tenebre, non di nuovo, ragazzo. Fallo specialmente per te» concluse con una pacca sulla spalla carica di affetto. «Forse non ti rendi conto, ma sei quello più equilibrato fra noi tre nonostante tu abbia sopportato le pene dell'inferno, nonostante abbia perso completamente te stesso per un periodo di tempo» gli sorrise sghembo. «E ora va' via, ti prego. Non ne posso più di farvi da balia» sospirò buttandosi comodamente sulla poltrona e prendendo una bottiglia di liquore bianco dal tavolino dove poggiò i piedi. 
«Vuoi che ti dia una mano a pulire tutto quanto?» gli fece Peeta che era quasi arrivato alla porta. 
«Ragazzo...» strinse il pollice e il medio sul setto nasale, «ti scongiuro...» scandì bene le parole, «vuoi che ricominci a fare a botte con te?» alzò giusto un po' il tono per farsi sentire. «Fammi ubriacare in pace». 
L'unico rumore che avvertì dopo, fu solo una lieve risata di Peeta e il cigolio della porta che si chiudeva lentamente. 
Forse era davvero quello il suo destino... continuare a controllare quei due ragazzi fino a che le forze non lo avessero abbandonato. 
Sghignazzò fino a che lo stomaco e la mascella non gli fecero tanto male da smettere completamente. 
"Bel gancio, ragazzo" pensò compiaciuto per poi tracannare un altro sorso di liquore dalla sua fidata bottiglia di vetro. 



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Ciao :)
Ho fantasticato più volte su un litigio tra Peeta e Haymitch.
Quest'ultimo personaggio è uno dei pochi che mi è entrato subito nel cuore e mi è piaciuto tantissimo scrivere di lui, delle sue parole taglienti e della vocina/coscienza che lo perseguitava. E ho adorato metterlo in difficoltà di fronte alle domande realistiche che Peeta gli poneva - anche il biondo, però, si è trovato più volte in una situazione complicata, certo. Ma alla fine se la sono cavata entrambi u.u
Si sono rialzati più forti di prima.
Spero che questa piccola one-shot vi sia piaciuta, che i personaggi siano IC e che non ci siano troppi errori.
Un bacio♥

   
 
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