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Autore: Black Iris    06/01/2015    1 recensioni
I Nephilim sono sia angeli che umani, sono tra le razze più ripudiate dal mondo, ma dalla loro esistenza dipende il destino del mondo. Il mondo è sull'orlo dell'apocalisse, l'inferno sta per riversarsi sulla terra, ma loro possono fermarlo, loro e gli angeli che si sono ribellati al paradiso.
Una famiglia stana e particolare: sei Nephilim fratelli, un padre angelo e una madre... magari meglio lasciare la sorpresa.
Buona lettura a tutti!
^_^
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il buoi avvolgeva ogni singola cosa, i corpi, le luci, i suoni, l’unica cosa che si sentiva era il nulla, il resto erano solo ricordi, ma neanche in quelli che c’era suono o colore, il nero più assoluto.
Chris non sentiva più le sue mani, o le sue gambe, solo un sacco di confusione, ma non sapeva dove, nella testa forse, se solo avesse saputo dove stava. Sapeva che c’era Octavian e che aveva ucciso gli altri, restavano solo Heather e Isabelle e ovviamente sua madre e suo padre. Si sarebbe mosso se solo avesse sentito gli arti, ma niente, tranne qualcosa, qualcosa che sentiva poco più sotto di non sapeva cosa. Batteva a un ritmo veloce, ma misurato, senza il minimo rumore.
-Sei solo coscienza- la voce gli giunse familiare, ma non la sentì, era più qualcosa che sapeva di sentire, ma che non riusciva a farlo.
-Non preoccuparti, sistemerò tutto io- disse, anzi seppe di nuovo. Questa volta però era riuscito a ricordarsela: era Julia!
Provò di parlare, ma non ci riuscì, allora la voce gli disse ancora di aspettare, provò a rilassarsi, ma non ce la faceva, non aveva il minimo controllo di se stesso, non poteva percepire neanche una minima parte dei suoi nervi. Ad un tratto una luce bianca lo colpì irradiando l’ambiente e donando gli una sensazione sempre crescente di prendere possesso delle sue facoltà. Davanti a lui vide il sorridente volto di Julia. Ricambiò con tutto se stesso quello che vedeva.
-Julia...- riuscì a dire solamente, -io.. mi dispiace..- abbassò la testa per non incrociare i suoi occhi, ma lei gli alzò il volto fissandolo direttamente nelle pupille.
-Va bene così- fu la sua lapidaria conclusione. Senza dire niente gli prese la mano e lo fece uscire da dove si trovava, una buia stanza stretta, che sembrava una tomba, e lo portò in una zona illuminata di nero, intorno a lui fuoco, nero anche a quello e in mezzo alle fiamme: anime, o almeno suppose che si trattasse di quelle.  Julia lo teneva per una mano e lo tirava con dolcezza verso una colonna di fuoco nero, più vi si avvicinava più sentiva gli arti e la testa e i rumori non erano più solo una consapevolezza. Si rigirò per vedere da dove diavolo era uscito e mirò una colonna di fuoco altrettanto alta e imponente. Fu quando si voltò di nuovo verso Julia che notò che l’amica non toccava terra con i piedi, ma bensì fluttuava nell’aria.
Ad un passo dalla colonna di fuoco si fermarono e Julia gli lasciò la mano. Si mosse sicura dinnanzi a lei. Quello che fece poi lasciò di stucco Chris. Entrò nella colonna, rimase dentro per un indefinibile tratto di tempo e tornò portando anche sua sorella Nicole. Senza dire una parola indicò un punto non distante da loro, lì il fuoco era meno denso.
Scomparve, come se non ci fosse mai stata.
I due fratelli cominciarono a prendere possesso delle loro facoltà, il tatto, l’udito, il suono, la parola, l’equilibrio, sembrava tutto di nuovo nelle migliori delle condizioni.
-Siamo morti?- chiese Chris alla sorella maggiore.
-Sì- rispose lei senza che la sua voce tradisse un’emozione.
-Siamo nell’oblio, vero?- a differenza della sorella Chris mostrava una paura, insolita per lui. Nicole non ci fece caso e lo ignorò, lasciandolo privo di una risposta.
Si diressero verso la zona indicata da Julia dove vi era solo un grande lago nero, come tutto il resto.
Vi affacciarono per scorgervi qualunque cosa, ma quella che sarebbe dovuta essere acqua, che era invece fumo oscuro che si mescolava in continuazione, era impenetrabile.
Chris era concentrato sulla soffice superficie e cercava tra i vari disegni del fumo un appiglio,o almeno qualcosa che potesse aiutarlo a comprendere. Dietro di lui una mano fredda si posò sulla spalla, provocandogli la reazione istintiva di prendere la mano e girarsi torcendogliela, ma l’altro fu più veloce bloccando il polso che lo stringeva e piegandolo dall’altra parte facendo così girare tutto il corpo che cadde a terra. Chris vide sopra di lui la figura di Kaleb e dietro Kevin, che lo aiutò ad alzarsi.
-Bei riflessi!- si complimentò dandogli la mano.
Dopo un saluto durato quasi un secondo tra i fratelli, cominciò la solita sequenza di domande che Kaleb sottoponeva ai fratelli ogni volta che succedeva qualcosa che stava fuori dal suo controllo, o dalla sua conoscenza.
-Ne sappiamo quanto te- rispose Nicole con le braccia incrociate, -siamo morti probabilmente e temo che questo sia l’oblio, ma non so cosa ci facciamo qui, anche da voi è venuta Julia a prendervi?-.
I fratelli annuirono all’unisono.
-Ci ha indicato questo luogo, non so bene perché, non ha detto niente- spiegò Kaleb passando una mano sui capelli fradici, -forse vuole che ci immergiamo o che beviamo..-.
-Ma non è acqua- interruppe Chris, -è fumo-.
Posarono lo sguardo sulla distesa senza scorgervi la minima traccia di risposta.
-Per favore sbrighiamoci, qui è inquietante- disse Nicole riferendosi al fuoco che brucava le anime. Kaleb le mise una mano sulla spalla e la attirò a se accarezzandole il braccio.
-E’ fuoco purificatore, non c’è niente di cui avere paura-. Di tutta risposta Nicole si calmò. Anche Kaleb, come Chris aveva una particolare capacità di calmare chiunque avesse paura, era una cosa ereditata dalle capacità di custode del padre. Fu facendo questo piccolo ragionamento che Chris ebbe un illuminazione.
-Sentite, se Vathek è scappato dall’oblio vuol dire che un passaggio c’è da qualche parte, no?-.
-Si..- risposero scettici i fratelli.
-E se ce l’ha fatta un demone, allora perché non dovrebbero farcela dei Nephilim?-
-Non capisco- disse Kaleb.
-Semplice: se Julia ci ha indicato il “lago”, forse è perché è questa la via di fuga!-.
I fratelli lo guardarono come se fosse un lunato passando gli occhi dal lago a Chris. Certo, ovviamente erano pronti a fare di tutto per finire quella guerra, ma se non fosse stato così? Se si fosse trattato solo di un fiume di fumo?
-Io mi fido di Julia- disse Chris interrompendo il filo dei loro pensieri, -e voi?-.
I fratelli si guardarono negli occhi incerti sulla decisione da prendere, ma alla fine concordarono che quella fosse la soluzione migliore.
-E sia!- disse Kaleb, -ci immergeremo nel lago-. Lo disse con un tono basso e dimesso, quasi rassegnato.
Chris immerse un piede subito e l’altro compiendo così tanti piccoli passi. Gli altri lo imitarono raggiungendo così a non toccare il fondo, semplicemente stavano galleggiando nel fumo nero. Nicole fu la prima a scendere giù con la testa e a riemergere.
-Non si vede niente- sentenziò.
A questo punto quello che fecero fu semplicemente nuotare nel fumo sempre più in profondità. Aveva la stessa consistenza dell’aria ed era gelido, tanto che fino alle ossa si sentiva il freddo. Non si poteva nuotare così tanto senza riemergere, ma risalire su era fuori discussione, anche se avevano male alle braccia e alle gambe. Chris non ce la faceva più, i movimenti erano sempre più lenti, anzi, percepiva che il fumo lo stava spingendo sempre di più verso la riva, sentendo ormai chiaramente che qualcosa lo stava tirando cominciò a divincolarsi per sfuggire alla presa, ma ad ogni suo singolo movimento sembrava che una stretta sulla caviglia si stringesse sempre più forte. Provò di aprire la bocca per gridare, ma il fumo gli entrò dentro arrivando fino quasi ai polmoni e bruciandogli la gola, non riusciva più a gridare. Era così buio che quando si girò a vedere cosa lo stesse prendendo da dietro non riuscì a vedere altro che fumo. Una mano gli afferrò il ginocchio e dopo anche un braccio, come se stesse scalando qualcosa per arrivare fino a lui, poi una mano gli prese l’altro braccio mettendosi proprio sopra di lui, a poca distanza dalla testa.
Gli parve di vedere la faccia di Julia per una frazione di secondo, ma la nebbia davanti ai suoi occhi era troppo fitta, sentì solo un qualcosa che si avvicinava al collo, ma nessun respiro. Sentì quella voce e allora non ebbe più nessun dubbio: era Julia quella che la trascinava verso la riva. La sua voce giunse sottile nelle sue orecchie e gli bisbigliò qualcosa.
Quella frase.
Chris rimase di stucco.
Julia scomparve tra le sue braccia, ma riuscì a scorgere i suoi occhi prima che scomparisse definitivamente, a tre centimetri dal suo naso, sorridendogli, forse, per l’ultima volta.
 
Piuttosto che riemergere su di una riva riaprirono gli occhi vedendo un cielo infuocato gremito di demoni e angeli che combattevano, tra le figure si poteva benissimo scorgere quella del padre e anche quella più in carne dello zio Aidan.
Erano nei loro corpi, esattamente dove gli avevano lasciati, esattamente come gli avevano lasciati, nessuno era andato a cercarli, o forse nessuno sapeva dove trovarli.
Il ricordo di Octavian bruciava ancora vivido nelle loro menti e accendeva una luce nei loro occhi. Anche Chris si era alzato da quel sonno, ma al posto della faccia del lurido traditore si materializzò nella sua mente implacabile l’immagine di Julia e delle sue ultime parole, quella frase che gli bisbigliò nell’orecchio e che rimbombava ovunque nella sua testa.
-Ce l’abbiamo fatta!- esultò Nicole alzando i pugni al cielo.
-E’ stato inutile- ringhiò Kaleb battendo i suoi di pugni sulla terra, -quattro su sei sono già fatti, anche se siamo tornati indietro è stato inutile!- strinse i denti e si rialzò.
-Forza, cerchiamo Belle e Heather- disse Kevin facendo un cenno con la testa.
-Dobbiamo trovare prima Octavian- protestò il fratello maggiore.
-Tu va da Octavian, io cerco le piccole-.  Disse rivolgendosi alle sorelle con quel termine dolce, ma canzonatorio, anche se lo usò più per abitudine che per altro.
Decisero di dividersi in gruppi: Kaleb e Chris cercavano Octavian, mentre Nicole e Kevin cercavano le “piccole”.
 
Vivian aveva in mano il braccialetto, ma non sapeva come usarlo.
Vagava alla ricerca dei figli dell’amica, ma senza risultato, più le sembrava di avvicinarsi, più loro si allontanavano. Gli odori erano confusi e mischiati, troppi quelli delle persone e del fuoco, era stordita, non aveva mai visto nulla del genere, ma non voleva arrendersi, ormai mancava poco, non doveva lasciare che anche le altre due fossero uccise da Octavian o sarebbe davvero stata la fine, quello che si definisce inferno in terra.
Notò che le mura difensive della città stavano lentamente cedendo verso i punti deboli. Neanche per quello poteva fare molto, non era di sua competenza e anche se lo fosse stato c’erano questioni più importanti da risolvere.
Mise il braccialetto in tasca e corse verso una direzione, fidandosi del suo naso e del suo istinto.  Seguiva l’odore dei Nephilim come meglio poteva, ma era confuso e mischiato a quello di angelo e di demone, per non parlare del fatto che lei era stanchissima, non che ce ne fosse una vera e propria ragione, ma aveva dato molto per calmare Adele e bloccare temporaneamente la sua pazzia e ora le forze venivano meno. Svoltò verso una strada sentendo un forte odore di Nephilim e di demone molto intensi, mischiati a una nota di sangue.
Dopo che svoltò l’angolo quasi non crollò. Ilaj era steso per terra con un rivolo di sangue che sgorgava dallo stomaco. La più piccola delle figlie di Adele giaceva non distante da lui, con la testa appoggiata sul petto e gli stringeva una mano. Poco distante da loro c’era invece una donna da cui veniva un inconfondibile odore, quello di Vathek, come se fosse stata posseduta da lui, ma la gola della donna era stata perforata, forse da uno dei colpi di Ilaj.
Capì subito che per lui era troppo tardi, ma il cuoricino di Heather batteva ancora, lentamente, ma batteva. Quando Vivian la scostò dolcemente dal corpo di Ilaj, trattenendo le lacrime se morse un labbro. La gamba e la spalla avevano delle gravi ferite e la ragazzina aveva perso molto sangue, ma c’era ancora speranza. Aveva in tasca l braccialetto, che avrebbe potuto fare molto per aiutarla, ma non aveva la più pallida idea di come si dovesse usare. Forse bisognava solo metterglielo al polso ed era fatta così, ma poi? C’erano formule magiche da pronunciare? Riti forse?
Tentò il tutto per tutto, prese il bracciale e lo guardò per l’ultima volta, sperando forse in una risposta. Lo aprì e stava per chiuderlo sul polso di Heather quando uno strillo la blocco. Era la stridula voce di un Adele pazza.
-Fermati!- la sua voce era così vicina e preoccupata che Vivian saltò quasi sul posto. Quando si voltò vide la sua amica avvicinarsi piangendo.
-Bambina mia..- prese la testa di Heather tra le braccia e poi anche la schiena e cominciò a dondolarsi abbracciandola.
-Adele, si può salvare?- chiese Vivian per distrarla, dato che era completamente pazza, anche se c’era qualcosa di lucido nel modo in cui trattava la figlia. Secondo i suoi calcoli a questo punto Adele sarebbe dovuta essere completamente divorata dalla pazzia, ma apparte le ali e gli occhi di un rosso cremisi praticamente inscrutabile, in lei c’era poco di diverso da prima. Aveva sottovalutato le capacità dell’amica che era riuscita a riprendere il controllo di se stessa, ma sarebbe durato poco.
-Mia signora, che cosa intende fare? Non vuole salvarla con il bracciale, o..-
-Taci!- le gridò il demone, -non funziona così. Lei ancora viva e poi.. e poi..- lasciò la frase in sospeso per un breve lasso di tempo, ma non anche se ci provò, non riuscì a completarla.
-Non ce la faccio, Vivian, non mi resta molto, tra un po’ anche io non ci sarò più, non è una cosa che posso controllare, se va avanti così, mi divora e io non potrò mai più tornare indietro, ma mi resta una cosa da fare- disse stringendo ancora di più sua figlia facendo attenzione alla spalla.
-Addio, Vivian- disse con le lacrime agli occhi.
Strinse Heather in un abbraccio materno che forse non era mai riuscita a darle e pronunciò delle parole nella lingua dei demoni. Vivian conosceva quelle parole, ma non voleva credere che Adele le stesse pronunciando. Si trattava di un antico incantesimo, qualcosa di arcano: lo scambio della vita.
‘La mia vita per la tua’
Era la traduzione più vicina ad una lingua umana. Quell’incantesimo serviva a ridare vita ad un cadavere, o ad un semimorto, in cambio della propria, così che si potesse mantenere un equilibrio naturale tra gli eventi, ottenendo lo stesso un risultato buono, quale la vita di qualcun altro. Vivian lasciò che le lacrime solcassero il suo viso e non cercò nemmeno di bloccarle, il gesto di Adele era nobile, non da demone, ma da umano.
Una luce bianca fortissima avvolse Adele e Heather. In quel involucro Adele poté dire alla figlia le ultime parole, consapevole che anche se non aveva gli occhi aperti, la stava ascoltando.
-Piccola mia, tesoro mio, mi dispiace per tutto questo, avrei dovuto esserci, venire più spesso, ma non ho potuto, non ci sono riuscita, ma sappi che ci sono sempre stata per voi, anche se non mi vedevate, ero nelle scuole e nei parchi e voi mi avete vista, ma non mi avete riconosciuta, mi feriva, ma vedervi felici, mi rendeva la persona più contenta del mondo, tesoro mio. Sono la tua mamma e lo sarò sempre, ti ho sempre voluto bene e non smetterò mai di volertene, anche se non ci sarò più. Vorrò sempre bene a tutti voi, tutti. Vi amo tanto-.
Dagli occhi chiusi di Heather scese una lacrima in tono con la sua espressione triste, perché stava ascoltando e non voleva smettere di ascoltare la voce di sua madre. Adele le diede un bacio sulla fronte, l’ultimo.
L’energia si trasmise da Adele a Heather. La luce diventò sempre più lucente e poi semplicemente svanì.
Lasciò al suo posto una Heather sana, senza un graffio e una Adele senza ali, senza vita.
-Mamma!- gridò Heather cercando di rianimarla con piccoli colpetti, ma Vivian le prese un braccio e la staccò dal corpo esanime della madre.
-Dobbiamo andarcene via, subito, questa cosa ha senza dubbio attirato l’attenzione- disse cercando di mantenere la mente lucida. Senza neanche badare a Heather la tirò e cercò di portarla il più lontano possibile, mentre lei allungava le braccia verso il copro della madre, chiamandola come una bambina piccola chiama i genitori quando si sbuccia un ginocchio.
-Non puoi fare niente ora, lo vuoi capire? Non c’è niente che tu posso fare, questa è stata la sua decisione-.
Heather si bloccò e cadde in ginocchio, disperata.
-Non le ho mai detto che le volevo bene- disse tra le lacrime.
-Lei sa che glie ne volevi- le disse accarezzandole una guancia, -credimi, sapeva che ogni notte speravi di vederla e di conoscerla, lei lo sapeva, sapeva tutto, la voglia che avevi di abbracciarla e tutte le altre cose, lei le sapeva-. La abbracciò forte e insieme si allontanarono dal posto.
-Dove andiamo?- le chiese Vivian.
-Da Elia- rispose Heather con la voce che ancora tremava, -ho un piano per attirare Octavian in una trappola- disse cercando di regolare la voce.
Mamma, mamma, mamma.
  
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