44. Inquisizione
familiare
“Ti manca.”
Kei inarcò un
sopracciglio, sollevando lo sguardo dallo schermo del proprio
telefono alla proiezione del suo bitpower. L'Aquila se ne stava ferma
accanto a lui, con le braccia incrociate ed il caratteristico alone
rossastro a darle un'impressione eterea.
“Dimmi qualcosa
che non so” ribatté mentalmente con una nota di fastidio.
L'altra sorrise
“Anche tu le manchi.”
Come faceva a dirlo?
“Sesto senso
femminile” ribadì la Rossa, senza per questo apparire meno
elegante nell'espressione di superiorità.
Il dranzerblader
assunse una smorfia, tornando a fissare il proprio cellulare senza
tuttavia sfiorare l'icona di chiamata del numero della sua ragazza.
Era dal primo giorno di lontananza che ci stava pensando, eppure
ancora non era riuscito a prendere una decisione in merito. L'amava,
lo aveva capito e se n'era fatto una ragione, se così si poteva
dire, ma da lì ad ufficializzare la cosa c'era di mezzo un mare di
dubbi ed interrogativi. Per non parlare della spiacevole sensazione
di disagio che gli attanagliava la bocca dello stomaco al solo
pensiero di 'vuotare il sacco'. Voleva dirglielo, voleva
smettere di fingere che non fosse così, che lei non fosse abbastanza
importante da rendere nota la loro relazione ai loro genitori, ma al
tempo stesso non era sicuro di volerlo davvero.
L'amava. Eppure si
sentiva quasi terrorizzato da questa cosa.
Per l'ennesima volta
si ritrovò a pensare a quanto le cose fossero cambiate nel giro di
pochi mesi. Da scapolo e sostenitore della libertà individuale da
qualsiasi legame sentimentale con l'altro sesso, ora si ritrovava
invischiato fino al collo in qualcosa che sino a quel momento aveva
giudicato erroneamente come una sciocchezza, una farsa. Non che
mettesse in dubbio i propri sentimenti, ma non era propriamente
sicuro di come avrebbe affrontato d'ora in poi quel loro rapporto, di
come questo sarebbe cambiato una volta esposto alla luce del sole.
Specialmente per le aspettative che ciò avrebbe comportato.
Sarebbe riuscito a
gestire quel tipo di relazione?
Ma, cosa più
importante, sarebbe riuscito a farla felice?
Domande di cui fino
a quel momento non gli era importato mai un accidente, né aveva mai
immaginato prima di potersi ritrovare a farle a sé stesso.
“Vuoi stare con
lei?” gli chiese a tradimento l'Aquila, con tono pacato.
Kei assunse una
leggera smorfia. Certo che sì. Quei giorni passati senza poterla
nemmeno vedere lo stavano facendo diventare matto. Aveva assoluto
bisogno di stringerla, di sentire la sua pelle sotto le dita, di
cogliere il profumo dei suoi capelli e avvertire il calore del suo
corpo contro il proprio.
Cazzo, stava
iniziando ad accusare persino tutti i sintomi di un qualche tipo di
astinenza.
“E allora
piantala di farti seghe mentali. Non è da te” la sua compagna
di battaglie a quel punto gli rivolse un caldo sorriso “Segui il
tuo istinto.”
Che in parole povere
voleva dire: segui il tuo cuore.
Sbuffando, il blader
oscurò lo schermo ed appoggiò la schiena alla poltrona da ufficio
della sala riunioni in cui lui e il padre, insieme ad un altro paio
di esponenti di maggior importanza della Hiwatari, erano stati
fatti accomodare per trattare con gli uomini d'affari che erano
seduti di fronte a loro. A quel gesto uno di questi gli sferrò
un'occhiata penetrante di rimprovero, cosa che lo infastidì
abbastanza da tentare di trafiggere il malcapitato con un'occhiata
ancor più gelida, già avvertendo una vena gonfiarglisi a lato della
tempia destra.
Che voleva quel
damerino cinese ora? Avrebbe fatto meglio a farsi gli affaracci suoi!
– Signor Hiwatari
– esordì in quel momento uno dei cinesi in un inglese fortemente
accentato – Se venisse dimostratoci un po' più di interesse, non
le nascondo che saremmo più propensi a chiudere l'accordo con voi.
Quella frecciatina
deliberata fece irrigidire i muscoli del dranzerblader in un istante,
mentre spostava lo sguardo su colui che aveva appena parlato. Ci
pensò suo padre tuttavia a rispondergli prontamente, evitando non
solo che il ragazzo aprisse bocca ma facendo forse pentire il
dignitario cinese di aver fatto altrettanto, sfoggiando uno dei suoi
sorrisetti politici.
– Se gli affari si
concludessero in base all'interesse di una sola delle due parti, non
ci sarebbe bisogno di incontri che richiedono il sacrificio di una
tale quantità di tempo e di denaro – il presidente della Hiwatari
intrecciò le dita fra loro, i gomiti ad appoggiare sul tavolo in
legno laccato – Ritengo inoltre che sia giunto il momento di
effettuare una pausa: l'ora di pranzo è passata ed è risaputo che
le capacità di mediazione migliorino nettamente con lo stomaco
pieno.
– Non posso darle
torto, signor Hiwatari – ribadì a quel punto l'uomo dagli occhi a
mandorla, non potendo effettivamente dissentire al riguardo.
I presenti a quel
tavolo si alzarono, Kei non per ultimo, e l'atmosfera sembrò farsi
meno pesante, alleggerita dal pensiero del pranzo che li attendeva
fuori da quella stanza. Ancor prima di mettere piede in corridoio, il
ragazzo giapponese si era già allentato il colletto della camicia,
riprendendo fiato e riuscendo a rilassare in parte i muscoli delle
spalle. Se non fosse stato per suo padre, sicuramente avrebbe trovato
il modo di far saltare l'incontro con una risposta dritta nei denti
di quel pallone gonfiato cinese e dei suoi tirapiedi.
Con la coda
dell'occhio, notò che anche il suo vecchio si stava allentando di
poco la cravatta.
La questione di
quell'affare nelle ultime dodici ore si stava complicando
progressivamente.
“Che sfiga.”
Sperava solo che a
Yukiko le cose stessero andando meglio, in Giappone.
“Che
giornataccia!” pensò fra sé e sé la nightblader,
raccogliendo il proprio quaderno.
Un tipo del corso di
formazione nella fretta di raggiungere l'ascensore le aveva urtato il
braccio, facendole perdere la presa della propria borsa. Il risultato
era stato il riversarsi sul pavimento del suo contenuto ed il
conseguente arrestarsi della ragazza per raccogliere tutto.
Chinata su un
ginocchio, stava cercando di tener a freno il proprio malumore - nato
quel mattino da una combinazione devastante fra un'alzataccia
tremenda ad opera di sua madre e la consapevolezza che non avrebbe
visto Kei nemmeno quel giorno - quando, nel suo campo visivo, si
insinuò una mano sconosciuta.
Sollevando lo
sguardo di smeraldo lungo quel braccio coperto della manica di una
giacca, Yukiko si ritrovò ad inarcare un sopracciglio
nell'inquadrare nel proprio campo visivo il volto sorridente di un
giovane uomo che non poteva aver molti più anni di lei.
– Tieni – le
disse questi, porgendole l'ultimo foglio con aria cordiale.
Aveva occhi di una
sfumatura ambrata, caldi e gentili, e corti capelli castani, sfumati
sulle punte di un biondo intenso. Ricordava di averlo visto al corso
qualche volta, soprattutto negli ultimi giorni, ma non gli aveva mai
rivolto la parola sino a quel momento, né lui aveva dato
l'impressione di essere interessato ad instaurare un qualche tipo di
rapporto con lei che andasse al di là del semplice saluto mattutino
di rito.
– Grazie – gli
rispose automaticamente allora lei, dopo un istante, presa alla
sprovvista.
Rialzandosi in
piedi, infilò le proprie cose all'interno della borsa da ufficio, ma
non fece in tempo a salutare o pensare di muoversi verso la mensa che
il ragazzo in questione la anticipò, interrompendola sul nascere.
– Ultimamente ti
vedo spesso in mensa – esordì questi con naturalezza – ..hai
litigato col tuo ragazzo per caso?
A quell'ultima frase
il cuore le schizzò in gola – Chi?!
Lo sconosciuto
scoppiò a ridere – Quello con i capelli tinti e lo sguardo di
ghiaccio.
A quel punto capì
che stava proprio parlando di Kei e reagì d'impulso, mettendosi
sulla difensiva.
– Ti sbagli –
esclamò, prima di accorgersi dell'irruenza del proprio tono e
correggersi, seppure con meno entusiasmo – Non abbiamo litigato.. –
disse, abbassando poi lo sguardo per non fargli intuire la menzogna
dietro le parole a seguire, più sommesse – ..e non è il mio
ragazzo. Siamo solo amici.
– Scusa –
quell'unica parola le fece alzare di nuovo lo sguardo sul volto
altrui, trovandolo delineato di un sorriso rammaricato tanto inatteso
da farle inarcare un sopracciglio – Mi sono appena reso conto di
non essermi presentato! Sono Takumi Shinnosuke. Piacere.
– Piacere.. io
sono Yukiko Natsuki – si presentò a sua volta lei a quel punto,
scoccando un'occhiata all'estremità del corridoio – ..e stavo
cercando di andare in mensa a mangiare qualcosa.
Shinnosuke rise
brevemente ancora una volta – Sì, l'avevo intuito. Anche io avevo
in mente di andare là, sebbene non mi piaccia granché l'ambiente in
generale – affermò con assoluta noncuranza – Se ti va possiamo
pranzare insieme: in cambio mi assicurerò che nessuno ti faccia
cadere gli appunti.
Quell'offerta prese
di nuovo in contropiede la ragazza che, di rimando, rimase a
osservarlo un paio di secondi ancora prima di decidersi. In fondo,
nonostante sembrasse un tipo strano, un po' di compagnia l'avrebbe
aiutata a non pensare a Kei ed a quanto le mancasse persino in
quell'istante. In genere, il momento del pranzo era quello peggiore
per lei, ultimamente. Così ricambiò finalmente il suo sorriso con
uno altrettanto cortese.
– Sì, mi
piacerebbe..
Non aveva ancora
fatto conoscenza con nessuno del corso e quella sarebbe stata una
buona occasione per socializzare. Senza dubbio sua madre si sarebbe
sentita un po' più sollevata nel sapere che stava facendo progressi
nel campo delle relazioni interpersonali, si ritrovò a pensare con
una smorfia appena accennata.
– Figliolo – la
voce di suo padre lo fece voltare a fissarlo con sospetto, prima che
questi continuasse – Stamane eri piuttosto distratto.. qualcosa non
va?
Erano seduti a
tavola, di nuovo, ed il suo vecchio gli si era appena rivolto in
giapponese per far sì che i loro ospiti non capissero il loro
discorso. Il suo volto, perfettamente sbarbato e dal taglio di
capelli ben curato, esprimeva una preoccupazione appena intuibile per
il figlio, che ad occhi estranei sarebbe sicuramente passata
inosservata. Sotto quel suo sguardo indagatorio Kei si sentì come
minacciato, improvvisamente vulnerabile, ed era una cosa a cui non
era mai riuscito ad abituarsi - a cui fin'ora si era sottratto in
ogni modo possibile, ogni volta gli si era presentata l'occasione. Si
era sempre sentito a disagio di fronte ai tentativi del suo vecchio
di instaurare un qualche tipo di rapporto con lui, dopo quanto
accaduto con nonno Hito, e in cuor suo il dranzerblader sapeva di
aver sempre reagito in modo sbagliato a quel tipo di approcci.
Eppure, ora che era cresciuto, sapeva che non avrebbe potuto fare
diversamente: era fatto così, non voleva la compassione di nessuno,
men che meno quella di suo padre. Era stata una questione d'orgoglio
che poi aveva finito per trasformarsi nella quotidianità.
– Nulla – gli
rispose meccanicamente, tornando a prestare attenzione al proprio
piatto.
Non aveva mai
pensato che avrebbe potuto riprovare ad instaurare un qualche tipo di
dialogo, non dopo l'ultima volta. Era passato così tanto tempo..
– C'è qualcosa
che devi fare in Giappone – non era una domanda, ma Kei si sentì
nuovamente spiazzato da tanta loquacità da parte del suo unico
genitore, così come dalla correttezza di quell'affermazione, tanto
da non sapere cosa rispondere; così rimase a fissarlo per una
manciata di secondi di immobilità. Secondi che Susumu si prese la
briga di riempire con un placido sorriso di circostanza – Non ti
chiederò cos'è, anche se credo di saperne qualcosa, quindi non
preoccuparti. Hai tutto il diritto di mantenere la tua privacy –
un'altra frase insolita da sentirgli dire.
Chi era costui? Che
fine aveva fatto suo padre?!
– ..ma cerca di
separare le cose nella tua mente e concentrarti su una alla volta, ti
garantisco che ti sembrerà tutto più semplice. Mi servi concentrato
su quest'affare ora.
Ah, eccolo lì. Non
si smentiva mai.
Kei annuì con uno
sbuffo infastidito e la questione finì lì, ma un presentimento
iniziò a tormentarlo appena sottopelle, da quel momento per tutto il
resto della giornata.
Cos'aveva appena
voluto dirgli il suo vecchio?
Con una rotazione
del polso spense il motore della propria auto, accogliendo il
silenzio a seguire con un sospiro. Oltre il parabrezza i
tergicristalli giacevano immobili a riposo, lasciando che le gocce di
pioggia si riversassero liberamente sulla superficie di vetro
inclinata di fronte a lei, al di là della quale spiccava il riquadro
illuminato della finestra della cucina. Sua madre doveva essere già
rientrata da una mezz'oretta. Il tempo che a lei era voluto per fare
un giro in quel gattile ed assicurarsi che il piccolo Micio non
avesse di ché soffrire il maltempo.
“Un nome
proprio originale” le risuonò nella mente la voce di
Night, attraverso il bey che ella aveva appoggiato nel porta-oggetti
dietro la leva del cambio.
Yukiko sbuffò –
Oh, senti.. – esordì, arricciando il naso nel posare gli occhi
verdi sulla trottola, il cui bit al centro emanava un debole bagliore
ben distinguibile nella penombra dell'auto – ..non sarò comunque
io quella che alla fine gli dovrà dare un nome duraturo e non posso
affezionarmici troppo.
“Potevi sempre
evitare di dargliene uno” ribatté sarcastico il
suo bitpower.
– In qualche modo
dovevo pur chiamarlo!
La risata divertita
che le riecheggiò nella mente fu il preludio di una nuova pausa di
silenzio, durante la quale la mora si perse ad osservare l'interno
della sua macchina. Era riuscita a procurarsi delle foderine per
sedili davvero niente male, nere con simboli tribali bianchi a
racchiudere una rosa rossa. Inoltre, si era scelta un copri-volante
in finta-pelle sportivo, così come poteva essere di un certo impatto
la coppia di catenelle intorno alla base della leva del cambio. I
dadi neri appesi allo specchietto retrovisore erano abbastanza
modesti da non intralciarle la visuale, ma non aveva rinunciato ad un
paio di rose rosse in plastica e stoffa poste in prossimità del
lunotto posteriore.
E il solito cuscino
a forma di cuore sui sedili di dietro.
Sì, poteva dirsi
decisamente soddisfatta del risultato.
Con un nuovo sospiro
pensò a cosa avrebbe detto il suo ragazzo quando avrebbe notato le
personalizzazioni che lei aveva apportato, chiedendosi se l'avrebbe
notato o commentato in qualche modo senza che lei avesse bisogno di
chiedergli un parere. Ripensando a lui, la nightblader si ritrovò a
convenire fra sé e sé che un'altra giornata era trascorsa senza di
lui, tale e quale quella che era stata il giorno prima e che sarebbe
stata quella seguente.
“Stai pensando
di restartene seduta qui finché non sarà Lui a farti
uscire di persona?” le chiese sardonico Night, interrompendo
nuovamente il filo dei suoi pensieri.
Con una smorfia
Yukiko colse al volo i sottintesi sul 'darsi una mossa',
pertanto agguantò il proprio bey per farlo sparire in una delle
tasche della giacca, recuperò il giubbotto e la borsa, sfilò le
chiavi dal quadrante e finalmente aprì la portiera.
Sotto la pioggia
raggiunse di corsa la porta d'ingresso e, dopo un rapido cambio di
chiavi in mano, riuscì a far scattare la serratura e ad immettersi
all'interno dell'atrio. Soltanto una volta richiuso il battente alle
proprie spalle rilassò le spalle, l'ambiente luminoso che la accolse
in un caldo abbraccio e la fece sospirare di un modesto sollievo.
Quindi si sfilò le scarpe.
– Sono a casa!
– Bentornata
Yuki-chan! – la voce di sua madre le giunse squillante dal vano
della porta della cucina, dal quale si affacciò poco dopo – Com'è
andata?
– Bene – le
rispose, abbozzando un sorriso – Al gattile sembra tutto a posto.
La signora che se ne occupa è davvero affidabile.
– Non l'ha
adottato ancora nessuno quel gattino di cui mi hai parlato?
La giovane Natsuki
scosse il capo in segno di diniego, salendo sul pavimento in legno
rialzato e infilandosi le ciabatte di morbida spugna che erano pronte
ad accoglierla al suo rientro da ore. Procedendo verso le scale
quindi, assicurò alla presidentessa della N.C. che sarebbe scesa
subito dopo l'essersi fatta una doccia calda, ricevendo un assenso da
parte della donna, la quale tornò a destreggiarsi in cucina. Il ché
voleva dire solo una cosa: quella sera avrebbero mangiato ramen
istantaneo arricchito con tocchetti di pollo alla piastra e pancetta.
Forse un uovo all'occhio di bue da posare sopra all'ultimo, di
straforo, ma nient'altro di più elaborato. Sua madre non era quel
che si poteva esattamente definire come una 'maga dei fornelli'.
Le sue previsioni si
dimostrarono veritiere perché, appena mise piede in cucina, la mora
trovò davanti alla sua sedia una ciotola ricoperta da un piattino
capovolto e sua madre che l'aspettava all'altro capo della tavola
con, davanti a sé, un assortimento di stoviglie analogo.
Sorrise. Era proprio
quel che le ci voleva in una giornata come quella, piovosa, fredda
e.. be', malinconica.
– Buon appetito –
augurò a sua madre, prendendo posto e sollevando quel coperchio
improvvisato.
Una nube di vapore
la investì in faccia, recante con sé l'odore delle spezie e del
brodo del ramen, sopra il quale galleggiava flemmatico e prevedibile
l'uovo, in attesa di essere divorato. Sì, perché appena quel
profumo carico di ricordi la investì, Yukiko avvertì la pronta
risposta del proprio stomaco salirle in un gorgoglio, facendole
contrarre i muscoli involontari dell'addome.
Eppure non fece in
tempo a mandar giù più di un paio di bocconi prima che il suo unico
genitore tentasse di instaurare un qualche tipo di conversazione.
– Questa settimana
non sei ancora uscita – le fece notare di punto in bianco, con un
tono leggero di semplice curiosità.
Quella prima uscita
fece bloccare il movimento del braccio destro della blader a metà,
le bacchette sospese a mezz'aria con il loro delizioso carico. Le ci
volle un attimo per riprendersi abbastanza dall'effetto sorpresa da
far spallucce e riprendere a mangiare.
– Non credo uscirò
prima del weekend – le rispose a quel punto, seppur inarcando un
sopracciglio, prima di aggiungere – Ho bisogno di rivedere gli
appunti del corso in questi giorni – una mezza verità, dettata più
dall'impulso di campare una giustificazione che non riguardasse colui
con cui usciva di solito.
Giustificazione che
parve andare a segno, perché la donna annuì di rimando.
– Sì, capisco..
anche se penso che dovresti riposarti di più – le fece notare,
sollevando con le bacchette un paio di noodles per farlo sgocciolare
del brodo caldo – In questi giorni ti vedo più giù.. più triste,
quasi.
Quelle parole la
spronarono a riempirsi di nuovo la bocca per non essere costretta a
risponderle ed, in contemporanea, abbassò il capo e lo sguardo verso
la sua cena, cosa che per contro convinse sua madre a riempire il
silenzio che ne seguì con la stessa determinata leggerezza
dimostrata sino a quel momento.
– Sicura che non
sia successo niente di particolare?
Quella domanda
rimase ad aleggiare nell'aria della stanza, mentre la nightblader
avvertì gli occhi scuri della sua interlocutrice su di sé per tutto
il tempo che impiegò a masticare e mandar giù il boccone. Quando
alla fine si fece forza e sollevò lo sguardo a intercettare quello
d'ella, abbozzò un mezzo sorriso.
– Niente, davvero.
Sono solo stanca.
Che bugiarda che era
diventata.
Il fatto di non
essere libera di confidarsi liberamente con sua madre le pesava, non
poteva più negarlo a sé stessa. La necessità di mantener segreta
la sua relazione con Kei era stata dettata principalmente dalla
possibile reazione estroversa d'ella, seppur il timore di un qualcosa
di esageratamente vivace si era affievolito giorno dopo giorno ed
aveva lasciato il posto alla semplice volontà di rispettare
l'accordo preso con il dranzerblader ormai più di un mese prima.
Il fatto che la sua
stessa madre non le dicesse molto del suo attuale corteggiatore era
un palliativo che aveva perso quasi del tutto la sua efficacia da una
settimana a quella parte. Non poteva dimenticare il modo in cui lei
le era stata vicina dopo la rottura con Manabe, del modo in cui aveva
acconsentito così facilmente a farle cambiare persino casa, oltre
che la scuola. Ne avevano approfittato per cercare un posticino
nuovo, tutto loro, lasciando l'appartamento in affitto in cui erano
state per anni anche dopo la morte di suo padre. Solo sua madre era
riuscita a colmare in parte il vuoto lasciato dal tradimento di Uzumi
come amica e fra loro si era instaurato in quegli ultimi mesi un
rapporto che andava oltre il semplice affetto fra madre e figlia
unica. Un rapporto basato su discussioni, frecciatine, ma anche
confidenze e fiducia assoluta. Quel genere di rapporto in cui potevi
dire tutto.
– In ufficio si
sente la mancanza del giovane Hiwatari – se ne uscì, tutt'a un
tratto, la signora Natsuki, traendola dai propri pensieri e facendole
alzare di scatto il capo a fissarla, presa ancora una volta alla
sprovvista. Quella continuò come se niente fosse, con un tono
allegro simile a quello di poc'anzi, accostato ad un mezzo sorrisetto
intrigante rivolto alla ciotola di ramen – Le nostre dipendenti
sembrano meno vivaci senza quel ragazzo nei paraggi.. – quel
commento fece balenare nella mente della mora un'immagine delle due
giovani donne che per prime avevano puntato il blader in questione e
la presa sulle bacchette si accentuò all'improvviso, facendole quasi
sbiancare le nocche mentre l'altra continuava – ..spero che il loro
rendimento non ne risenta: solitamente queste cose in ambiente di
lavoro stimolano il buonumore ed aumentano la produttività!
Yukiko sbuffò dal
piccolo naso prima di riempirsi di nuovo la bocca e cercare di
distogliere la propria attenzione da quello sproloquio. Tuttavia non
riuscì in alcun modo a mitigare la propria espressione corrucciata,
a tal punto che finì in fretta il contenuto della propria scodella e
si alzò in piedi con movimento deciso e un po' rigido, appoggiando
le mani e le bacchette sul tavolo.
– Sono sicura che
non sarà un problema – sbottò, senza guardarla direttamente ma
voltandosi verso la porta alla propria sinistra – Ho finito. Grazie
per la cena.
Detto questo, non si
disturbò a scoccare un'ultima occhiata a sua madre prima di uscire
da quella cucina e avviarsi verso le scale, il passo attutito dalle
ciabatte nel salire con un certo slancio i gradini due a due, fin
troppo desiderosa di chiudersi in camera. Se avesse resistito
all'impulso di sfuggire a quel momento, avrebbe potuto notare un
mezzo sorriso sornione sul volto della donna. Uno di quei sorrisi
che, una volta rimasta sola, le si accentuò in viso, delineandolo
con una manciata di rughe d'espressione intorno agli occhi e due
fossette sulle guance mentre osservava con sguardo carico di
sottintesi il vano della porta dalla quale era appena uscita la sua
unica figlia.
– Prego, cara...
– Pronto?
– Pronto –
rispose l'uomo alla chiamata, in giapponese.
– Buonasera
signore, mi scuso per il disturbo ma ho delle novità. Come sta
andando la sua permanenza a Hong Kong?
– Soddisfacente.
Puoi mandarmi la documentazione all'indirizzo email che ti ho
lasciato: la visionerò subito – gli disse il presidente, lasciando
spaziare lo sguardo nella penombra della sua stanza d'albergo –
Come procede lì?
– Procede come
previsto. È una ragazza un po' introversa, ma sono riuscito ad
avvicinarla senza difficoltà.
– E le ricerche
che hai fatto che risultati hanno dato?
– Nessun
precedente. Percorso scolastico encomiabile, almeno fino al quinto
anno. L'ultimo anno delle superiori ha cambiato scuola per
motivi ignoti, tagliando i ponti con tutti coloro che la conoscevano
in precedenza, sembra –
la voce del suo interlocutore
dall'altro capo del telefono risuonò vagamente perplessa quanto
riflessiva, come se stesse vagliando tali informazioni in quel
preciso momento.
Il signor Hiwatari
inarcò un sopracciglio – Amicizie?
– Da quel che
ho scoperto una sola certa, ma ha tagliato i ponti anche con lei.
– Mh.. – mugugnò
pensieroso l'uomo d'affari, chiedendosi cosa mai potesse scatenare
una reazione del genere in qualcuno. Forse c'era qualcosa di grosso
sotto. Scacciò quel pensiero quando gli venne in mente il volto
della signora Natsuki: avrebbe fatto prima a chiedere direttamente a
lei – Procedi come stabilito – gli disse dopo un paio di secondi
di riflessione, appoggiandosi con la schiena alla poltrona – ..puoi
utilizzare ciò che sai sul conto di entrambi come credi, ma ricorda
che non sono ammessi scandali di nessun tipo. Ti ho assunto proprio
per la tua rinomata discrezione, ricordalo.
– Può stare
tranquillo, signore.
Il presidente
riagganciò, lasciandosi sfuggire un mesto sospiro.
Lo sperava
vivamente.
La franca risata di
Hilary le fece accusare una piccola smorfia, mentre osservava
imbarazzata ed a disagio la figura della ragazza sul monitor del
computer che batteva più volte una mano sulla propria scrivania,
dall'altro capo della webcam.
– Ahahaha!
Oddio, non posso crederci! – le ci vollero ancora un paio di
secondi prima che si calmasse abbastanza da sollevare di nuovo il
capo ed aggiungere, continuando a ridacchiare – Pagherei per
assistere alla faccia di Kei quando saprà della voce che hai messo
in giro su di lui!
Yukiko inarcò per
un attimo ambo le sopracciglia, prima di farsi sfuggire un mesto
sospiro, vagamente imbronciata – Sì. Immagino.
– Come va
comunque fra voi?
Il tono di quella
domanda risuonò incerto nelle cuffie della mora, che inarcò un
sopracciglio senza saper bene come rispondere. L'altra parve intuire
il suo disagio, o più probabilmente lo notò attraverso la ripresa
della webcam ancora attiva, perché dopo un attimo tornò a parlare
con un leggero sorriso forzato.
– Sì,
insomma... questa cosa della gelosia, lui lo sa?
– No – la
risposta meccanica che le uscì fuori dalle labbra la spinse a
fermarsi l'istante successivo, riflettendo e tentando di correggersi
– Cioè.. non credo, insomma.. non ne abbiamo parlato – tacque,
non sapendo nemmeno come continuare o se fosse opportuno farlo, ma
Hilary la trasse ben presto d'impiccio.
– Fossi in te
mi sarei già persa ad inventare modi sempre più complicati per
vendicarmi di tutte quelle che osano anche solo salutarlo, in
quell'ufficio – le rivelò piuttosto solidale la moretta
dall'altro capo della linea, incrociando le braccia e annuendo su
quella sedia.
A quell'affermazione
Yukiko sorrise – Be', immagino che comunque anche tu abbia il tuo
bel da fare.
– Cosa intendi,
scusa? – questa volta il volto della ragazza era seriamente
perplesso.
– Mi riferisco al
tuo rapporto con Takao.
– Takao?! –
esclamò l'altra, trapassandole i timpani mentre al contempo scattava
in maniera tanto repentina da cader da sola dalla sedia. Come
scomparve dall'inquadratura, la nightblader si sporse, come se così
potesse spostare l'inquadratura ed avere una visione
dell'origine dei lamenti della sfortunata appena finita sul
pavimento.
– ..Hilary? Tutto
bene?
In risposta una mano
tornò ad agguantare lo schienale della seggiola, prima che la
proprietaria riuscisse a rimettercisi seduta. La massa di capelli
castani lasciò di nuovo il posto ad un viso dai lineamenti fini ed i
grandi occhi color cioccolato, che questa volta la cercarono con
un'espressione fra l'accusatorio e l'allucinato.
– Sei
impazzita?
– Ma che ho
fatto?!
– Non c'è
assolutamente niente fra me e quell'idiota!
– Ah – e se
prima era stata sul punto di ridere, ora lo scetticismo ebbe la
meglio, facendole scomparire ogni sorta di ilarità dall'espressione.
Scrutò con espressione critica l'immagine della sua nuova amica già
inalberata, inarcando un sopracciglio, prima di domandarle conferma –
Davvero?
Se Hilary avesse
potuto, avrebbe sputato fiamme tanto era rossa in viso, mentre
ribatteva con quanto fiato aveva in corpo – Certo! Come ti è
saltato in mente il contrario?! –
sembrò quasi oltraggiata,
tanto fuori di sé da iniziare uno dei suoi monologhi su quanto Takao
fosse inaffidabile, infantile, presuntuoso e via dicendo. Un monologo
che la blader interruppe a metà, con ambo le mani a tener
distanziate le cuffiette dai timpani abbastanza da rendere la voce
dell'altra più sopportabile.
– Ho
capito, ho capito! Torna a parlare ad un volume normale, per piacere!
A
quell'esortazione, la moretta dall'altra parte del monitor sbuffò ma
si quietò abbastanza da deviare lo sguardo in un punto imprecisato
della sua camera, le braccia di nuovo conserte su quel maglioncino di
un delicato verde chiaro. Con neanche troppa immaginazione la mora
riuscì persino a vederle una venuzza pulsante fra i capelli scuri,
cosa che la fece quasi ridacchiare.
– Mi
spiace aver equivocato, ma sai com'è: chi disprezza compra.
– Ti dico che
non è così! – esclamò
Hilary.
– Va
bene, come dici tu! Non ti arrabbiare! –
Yuki sollevò persino due
mani in segno di resa a quel punto, optando per lasciar perdere.
Questo parve
bastare, perché poco dopo la conversazione era di nuovo incentrata
sulle festività in avvicinamento. Ormai mancava appena un mese a
Natale e questo voleva dire che Capodanno non era poi così lontano.
Eppure, nonostante questo, Yukiko non riuscì comunque a scacciare
completamente una strana inquietudine alla bocca dello stomaco.
Una sensazione
spiacevole direttamente collegata al pensiero di un futuro non molto
lontano.
Un futuro in cui
ogni segreto sarebbe stato svelato.
– Hilary?
– Sì?
– Ho
bisogno di un parere oggettivo...
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Eeeee.. Buona Befana!!!! XD
Sì, sono riuscita a pubblicare finalmente, nonostante abbia trovato il tempo di andare avanti solo oggi! Come avete passato queste feste? Io a ingrassare... x°D sì, mi spiace ma nn c'è molto da aggiungere! Fra pranzi, cene, ritrovi e viaggi dai parenti, mangiare è ciò che ha impegnato gran parte del mio tempo...
Ma va bene! Meglio mangiare che stare a digiuno, no?!
Ok ok, bando alle ciance.
Che ne pensate allora? Vi ho lasciato col fiato un po' sospeso e lo confesso, lo ho fatto apposta XD ahah! Sì, odiatemi... lo ho fatto più che altro per ravvivare un po' la vostra curiosità perché - giustamente - come mi è già stato fatto notare la storia non sta avendo più molti colpi di scena e purtroppo questo per un motivo ben preciso: è quasi finita.
Ebbene sì! Ormai è ufficiale, non manca molto. In tutta franchezza spero che chi mi ha seguito sin qui si sia divertito tanto quanto mi sono divertita io ^.^ se non di più, e che questo epilogo (un po' lunghetto) nn vi stia deludendo o annoiando.
Ad ogni modo vi mando un bacione! Alla prossima.
Kaiy-chan