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Autore: Alsha    07/01/2015    5 recensioni
[Partecipante al contest "ADA- Associazione Divinità Anonime (2^ edizione)"]
Storia riscritta il 26-02-2022
°°°
Sono passati migliaia di anni da quando ero temuta e venerata come dea della morte, eppure posso orgogliosamente affermare che sono cambiata quasi per niente.
Ho detto quasi, perchè se prima ero La Morrigan adesso sono Morgana Crow.
Ma importa poco, alla fine è solo un nome.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 La storia partecipa alla seconda edizione del contest "ADA - Associazione Divinità Anonime"

Storia riscritta il 26-02-2022

JUST A NAME
 
 
Tutte le notti sono scandite dall’eco cadenzato dei miei passi che rimbomba per i corridoi deserti del misero supermercato per cui lavoro.

A farmi compagnia c’è solo il riflesso distorto nei vetri dei frigo nella corsia dei surgelati, l’aspetto che mi sono abituata a considerare mio: la faccia scavata di una donna sulla trentina, con una treccia di capelli neri e lisci al limite dell’untuosità e una scialba divisa da guardia notturna.

Sul petto, il tesserino plastificato con la mia foto riflette le luci al neon, nascondendo il nome scritto a biro.

Morgana Crow.

Ecco come mi chiamo adesso; o meglio, come mi chiamano gli altri, con un po’ troppa scioltezza per i miei gusti.

Sono passati secoli da quanto ero venerata e temuta, e la gente solo a sentire il gracchiare dei miei corvi fuggiva in preda al panico. Nessuno voleva incorrere nell’ira della Morrigan, dea della guerra e della morte, e nelle sue sorelle.

Cosa direbbero oggi i mortali che temevano persino il nostro nome a vedermi qui, a fare la guardia notturna in un supermercato di Dublino?

Non sarebbero sorpresi di trovare Macha nelle ombre delle zone di guerra, o Badb in ospedali e obitori, luoghi di morte adatti alle dee corvo, ma forse riderebbero di me, qui a perdere tempo tra gli scaffali di scatolame e le bottiglie d’acqua e liquori.

D’altra parte posso andare in giro armata, e solo pensare a quello che potrebbe fare la pistola che porto addosso mi risolleva l’umore. Per di più, posso godermi il silenzio della notte senza persone a disturbarmi, fino a che non vengono ad aprire il supermarket e io posso tornarmene a casa.

E quando, puntualmente, il mio stomaco reclama del cibo, mi basta fare un salto al banco frigo e recuperare una vaschetta di carne.

Certo, una mucca morta non può reggere il confronto con un bel cadavere di guerriero irlandese, insaporito dall’atavico terrore della battaglia, ma di questi tempi far sparire anche un pezzetto di soldato in guerra diventa complesso.

Preferisco accontentarmi, piuttosto che rimanere appollaiata da qualche parte come le mie sorelle a guardare cadaveri sfilarmi davanti senza poterli sfiorare.

Io, almeno, non maschero le mie scelte, non come loro che ripiegano sui clochard morti di freddo e poi con me fanno finta di niente come se fossi stupida solo perché preferisco stare tranquilla e lontana dalle tentazioni, sono pur sempre la sorella maggiore!

E sono ben conscia che l’anima di un uomo morente è il pasto più nutriente e gustoso, ma senza avere anche qualche corpo da piluccare che senso ha?

Non è meglio evitarle entrambe, dico io?

Per non parlare del costante declino delle anime disponibili di questi tempi. Passi per Macha, che qualche soldato ripieno di terrore o di arroganza riesce anche a farlo sparire, ma Badb… La sua dieta consiste perlopiù di anime agonizzanti o sedate da così tanto tempo da non avere alcun sapore.

L’ho trovata deperita l’ultima volta che l’ho vista, e l’odore stantio di malattia che si portava dietro poteva sentirsi da chilometri di distanza. Non ci sono pasti saporiti negli ospedali, se non qualche imbecille che si è schiantato telefonando al volante, o perché era ubriaco.

Questo glielo devo concedere, gli ubriachi non sono male: mi è capitato di mangiarne un paio e mi sono anche piaciuti, molto di più di un animale che era stato a malapena cosciente di essere stato vivo. Non si erano schiantati con l’auto, a dire il vero, ma avevano tentato di rapinare questo odioso supermarket il che li aveva resi ancora più gustosi.

Ero come ogni mezzanotte davanti al banco frigo a far sparire un bel pezzo di vitello – nessuno avrebbe fatto storie, ammesso che se ne fossero accorti con l’impianto di videosorveglianza rotto da anni– quando sentii la catena della serranda che saltava e la porta che veniva aperta con uno spintone.

A momenti mi strozzavo per la gioia, seriamente.

E quando ti ricapitano due tizi tanto ubriachi da tuffarsi letteralmente tra le braccia della morte – la sottoscritta, per inciso – e sperare di farla franca?

L’odore di alcool si sentiva fin dal fondo del supermarket, ma avanzai a passi lenti e misurati facendo adeguata mostra del mio potere. Le ombre si fecero un po’ più scure, la notte un po’ più silenziosa, mentre li raggiungevo, i due poveri idioti.

Mi fissarono un po’ rintronati, uno dei due uno agitò la tronchese con cui aveva tranciato il catenaccio della serranda, ma l’aria era invasa dal loro terrore, una sensazione stordente e deliziosa.

Avevo in mente una cosa pulita pulita, prima l’anima e poi il corpo, una sistemata alla catena e nessuno avrebbe saputo niente.

Ma questi ubriachi non sapevano proprio controllarsi, non come i guerrieri romani. Bella gente quella, ligi al dovere, la patria prima di tutto, anche se con tutto quel metallo addosso erano un po’ come la carne in scatola Avanti Cristo.

E l’altro, non l’ubriaco delle tronchesi, ci mise niente a tirare fuori una pistola.

Sparò un colpo, poi un altro ed un altro ancora. Due mi presero, e il mio sangue prese a gocciolare pigro e viscoso sul linoleum del pavimento. Il dolore non è una questione che mi tocca, di regola, ma fui discretamente sorpresa e non poco irritata dal dover riparare la divisa.

Sarebbero morti comunque, evitarmi di dover sprecare energia per riparare i buchi era pura cortesia.

Decisi di chiudere la faccenda in bellezza. Anche se quasi certamente quei due erano troppo ubriachi per capirlo.

Bastò un tocco leggero alle loro menti perché vedessero il mio vero aspetto: i capelli rossi come sangue rappreso, i miei occhi completamente neri, e la mezza bocca zannuta sul lato sinistro della mia faccia. Su quello destro mancava del tutto la bocca, uno dei motivi meno pratici mio vero aspetto, assieme agli artigli.

Ebbi il piacere di constatare che lo spettacolo della mia vera natura li aveva resi ancora più saporiti.

E, la mattina dopo, la commessa del primo turno trovò il supermercato in perfetto ordine e Morgana Crow sazia e satolla come non lo era stata da tempo.

Cruento dite? Neanche poi tanto.

Schifoso? Un po’, se lo si guarda da fuori.

Immorale? Dipende.

Sarebbe più morale lasciarmi morire di fame, sola e dimenticata dal mondo, fino a svanire dalla memoria collettiva come tanti altri prima di me, ridotti ad un guscio vuoto privo di identità? Sono pur sempre la dea corvo e la morte è quello di cui mi devo nutrire. Non c’è giudizio mortale che mi riguardi.

Da quando ero la dea della morte, in fondo, cambia poco.

Solo un nome.
 
 
 
  
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