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Autore: Acinorev    08/01/2015    9 recensioni
"«Respiri, quando sei con lui?»
Lo ami?
«Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per scaricare su di essi tutta la tensione, perché non voleva mostrarla: ormai era migliorata moltissimo nel confinare e nascondere le proprie emozioni, fino a riuscire ad ingannare persino se stessa.
Harry le si avvicinò ancora, appoggiando l'avambraccio destro accanto alla sua testa e piegandosi lievemente verso di lei. Le stava respirando sul viso. «Rispondi».
Emma serrò le labbra in una linea dura, come a voler sigillare dentro di sé le parole che fremevano per uscire.
«Respiri?» ripeté lui a bassa voce.
Lo ami?
«Sì».
No.
Harry inspirò profondamente e si inumidì le labbra con un movimento lento: sembrava dovesse compiere un ultimo sforzo per ottenere ciò che più bramava. E quello sforzo si riversò in una semplice domanda.
«E con me? Respiri, quando sei con me?»
Mi ami?"
Sequel di "Little girl", della quale consiglio la lettura per poter capire tutto al meglio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo diciannove - Make me

 

Il salotto di casa Clarke si era fatto silenzioso come una tomba - e la similitudine non poteva essere più giusta, se si osservava l'espressione tragica del capo famiglia: Ron era seduto su una poltrona, con le mani aperte sui braccioli ed il corpo pietrificato da sensazioni troppo intense per essere manifestate. Aveva gli occhi sbarrati, le labbra schiuse ed il viso teso, persino privato dalle deboli rughe dell'età.
Constance, in piedi al suo fianco, sembrava aver reagito meglio: la sua bocca si era distesa in un sorriso perenne e sempre più grande, che presto sarebbe sicuramente esploso in esclamazioni di congratulazioni e soddisfazione. Le iridi chiare erano talmente assorte, da dare l'impressione che stessero già vagliando ipotetici scenari futuri.
Fanny era la più disinteressata, compatibilmente con la sua tenera età e con la sua diversa concezione dei sentimenti e degli impegni tra un uomo ed una donna: non appena udita la notizia, aveva reagito con una smorfia di difficile comprensione, per poi tornare ad osservare il programma televisivo a basso volume, senza alzarsi dal tappeto sul quale era sdraiata.
Emma era radiosa, ma anche infastidita.
Io e Melanie ci sposiamo.
Aveva parlato Zayn, dato che gli iniziali tentativi della sua ormai ufficiale fidanzata erano andati in fumo a causa del suo imbarazzo: le aveva accarezzato la schiena con riguardo, sempre ligio nel dedicarle certe attenzioni solo in privato, ed aveva pronunciato quelle semplici parole senza alcuna esitazione, muovendo le labbra in un sorriso sincero.
La sua futura cognata era affascinata dall'espressione della sorella maggiore, dalla sua intaccabile purezza di sentimenti e dalla sua sincera e serafica devozione: non aveva mai visto il suo viso brillare così tanto per un sentimento ed una promessa, mai si era specchiata in occhi tanto increduli di fronte alla propria fortuna. Avrebbe voluto assistere al momento della proposta, scorgere qualsiasi istante di perfetta felicità e mantenere quel ricordo per tutta la vita.
E Melanie, o Zayn - che in fondo doveva anche a lei la riuscita della proposta -, avrebbe dovuto dirle subito ciò che era successo, invece di aspettare che l'anello ordinato fosse pronto per essere indossato e mostrato: i due avevano atteso diversi giorni prima di dare la notizia, forse anche approfittandone per collaudare al meglio il loro prossimo futuro, e si erano presentati in casa Clarke solo quando l'anulare sinistro della figlia maggiore aveva potuto sfoggiare un diamante di piccole dimensioni, ma sufficientemente eloquente. Constance aveva subito sospettato qualcosa, facendo segno al marito, ma aveva preferito aspettare prima di dare in escandescenze.
L'istante successivo, la situazione cambiò totalmente sfumatura: Emma corse verso i promessi sposi con un sorriso allegro stampato sul viso, congratulandosi vivamente per la lieta notizia.
«Non che sia una novità, in fondo», aggiunse, ancora abbracciata saldamente alla sorella. «Credo che mamma stesse preparando il corredo da... Quanto? Cinque anni?» spiegò, facendo ridere i presenti ed anche la diretta interessata.
Constance, infatti, si era avvicinata con gli occhi lucidi e le labbra appena tremanti, baciando più volte sia la propria figlia che il ragazzo artefice di tanta felicità. La sua voce euforica e commossa spezzava il silenzio fino ad allora radicato tra ognuno di loro. «Non ci posso credere!» continuava a ripetere, instancabile. «Non ci posso credere!»
Notando il cambio di atteggiamento della famiglia, Fanny si convinse che forse la notizia non poteva proprio passare inosservata, quindi si alzò di malavoglia dal tappeto e si diresse stancamente verso il gruppetto di persone: fu Melanie, con le guance arrossate e la commozione dipinta in qualsiasi tratto del volto, a stringerla a sé. La piccola rivolse a Zayn una semplice occhiata ed un mezzo sorriso forzato, che però lui accettò di buon grado, conoscendola.
«Dopo il favore che ti ho fatto, avresti almeno potuto dirmi che le avevi già fatto la proposta!» lo rimproverò Emma, dedicandogli una gomitata nel fianco.
Lui la guardò divertito, con ancora una mano sulla schiena di Melanie. «Sai che con tua sorella non si discute, quando ci si mette», le rispose con una scrollata di spalle.
«E a proposito di legami di parentela», intervenne la sua compagna, facendosi più vicina e rivolgendosi alla sorella, «be', tu non avresti dovuto ingannarmi in quel modo, nella gioielleria», scherzò bonaria, nascondendo in realtà una sconfinata gratitudine.
«Ingannarti?» domandò Emma, incredula. «Chiunque si sarebbe fatto qualche domanda, al tuo posto, soprattutto se fidanzato con Zayn Malik da tempi immemori».
«Ron, per l'amore del cielo!» esclamò Constance ad alta voce. «Di' qualcosa! Cosa fai lì impalato?»
Tutti si voltarono verso l'uomo, ancora seduto sulla poltrona e con la stessa espressione impietrita a distendergli il volto: lo sguardo di Melanie mostrò una certa preoccupazione, forse già accortosi della - non - reazione del padre.
Furono istanti inquieti, mentre tutti cercavano di decifrare la situazione ed arrivare alla conclusione più adatta o più ottimista. Ron si piegò improvvisamente in avanti, coprendosi il viso con le mani grandi, e gli altri trattennero il fiato.
«Papà», sussurrò Melanie, spaventata da quel silenzio.
Emma non credeva che suo padre potesse essere contrario alla loro unione: sapeva quanta stima riponesse in Zayn e questo bastava a dissipare qualsiasi dubbio. Doveva esserci dell'altro.
Ron confermò la sua ipotesi quando rese di nuovo visibile i lineamenti del suo volto: gli zigomi virili erano solcati da rapide lacrime, mentre gli occhi arrossati si posavano su Melanie e poi su Zayn. Le labbra si incresparono in un sorriso liberatorio, interrotto quasi subito da un singhiozzo imbarazzato, e lui aprì le braccia in un affettuoso invito a raggiungerle: la figlia maggiore represse la commozione ed il sollievo e si accoccolò in quell'abbraccia infantile e sincero.



Dopo metà pomeriggio trascorso a parlare di un futuro matrimonio, Zayn e Melanie l'avevano invitata a trascorrere una serata a casa loro: avevano organizzato un'intima rimpatriata di amici, ai quali avrebbero annunciato la propria decisione, e volevano che anche lei fosse presente.
Emma si era preparata velocemente, mangiando poco a cena con la speranza che la sorella tenesse fede alle proprie abitudini, cucinando infinite delizie per i suoi ospiti. Aveva indossato una gonna nera, corta ed aderente, abbinata a stivaletti bassi dello stesso colore e sulla quale cadeva molle un maglioncino bordeaux senza scollatura: osservandosi allo specchio, aveva cercato di mitigare la consapevolezza che quelle gambe scoperte potessero in qualche modo colpire Harry. Sicuramente anche lui sarebbe stato presente, sicuramente l'avrebbe guardata e sicuramente lei avrebbe tratto sicurezza dal proprio aspetto e dalle sue reazioni.
Quel semplice nome bastò a farla agitare impercettibilmente, nel ricordo del bacio ancora troppo presente e del profumo della sua pelle: nonostante si fossero scambiati miti messaggi, era il secondo giorno che non si vedevano, che Emma non poteva toccarlo. Quell'improvviso bisogno non lasciava spazio ad altro, la spaventava, nonostante i suoi inefficaci tentativi di mascherarlo con dell'orgoglio.
Quando Zayn l'accolse alla porta, con un sorriso spensierato ed i capelli più in ordine del solito, Emma entrò senza alcun complimento, a proprio agio in un appartamento che poteva considerare la sua seconda casa: il salotto ospitava già una decina di persone, tra le quali riconobbe Aaron - occupato a strimpellare qualcosa su una chitarra acustica - e dei colleghi di lavoro di Melanie. Si trattenne dal cercare qualcun altro e si avvicinò invece a sua sorella, che stava posando sul tavolino tra i divani dei dolci comprati nella solita pasticceria.
«Ho fatto bene ad avanzare l'arrosto di mamma, allora», esordì, sorridendo alla vista di tanta bontà.
Melanie quasi si spaventò per la sua presenza, ma subito ne fu rallegrata. «Sei stranamente in orario», si complimentò, mentre Zayn le affiancava.
«Almeno in questa occasione...» commentò in risposta.
«Vedi di esserlo anche al matrimonio, magari», la provocò lui, ghignando: i suoi modi erano più sciolti, liberi dalla compostezza che si imponevano di fronte alla loro famiglia. Il rispetto che Zayn si ostinava ad esercitare in tutte le sue forme era scioccante.
«Arriverò in ritardo solo per farti un dispetto», gli assicurò allora, alzando un sopracciglio.
Melanie rise piano, poi la prese per mano e la tirò gentilmente verso di sé, per guidarla in direzione della cucina. Emma alzò gli occhi al cielo e la seguì: mentre camminava tra quelle persone, il suo sguardo si posò su qualcuno in particolare.
Harry.
Era appoggiato al mobile che occupava la parete più lunga, intento a bere qualcosa e a chiacchierare con un ragazzo che lei non aveva mai visto, o che forse non ricordava. Aveva legato i capelli, scoprendo il collo chiaro ed invitandola implicitamente ad immaginare come potesse essere baciarlo di nuovo, fino allo sfinimento. Era vestito tutto di nero, come spesso accadeva, ed il suo viso era sereno.
Non assorto dalla conversazione, però.
Difatti, l'istante successivo, i suoi occhi si spostarono su Emma senza nemmeno il bisogno di cercarla, come se avesse saputo esattamente dove trovarla - pensiero che solleticò la sua vanità: la sua espressione si fece più attenta, le sue labbra divennero più maliziose nel piegarsi nell'ombra di un sorriso. Emma si ritrovò a serrare i pugni, forse per non badare al calore che l'aveva appena investita, sostenne il suo sguardo ancora per poco, poi lo distolse imprecando mentalmente.
Entrata in cucina, sfruttò il profumo del cibo per distrarsi dalle proprie emozioni.
«Dio, Mel», commentò, osservando i mobili ricolmi di piatti pronti e bibite ancora da servire. «Pensavi di dover sfamare un esercito, mentre cucinavi?»
«No, ecco... Volevo che ce ne fosse abbastanza per tutti», rispose lei, sfornando dei biscotti e nascondendo le guance arrossate.
«Hai fatto anche la Sacher?» domandò incredula, avvicinandosi a quella meraviglia di torta al cioccolato: si piegò appena per annusarla, godendo del suo profumo. «Dimmi che ci hai messo la marmellata ai frutti di bosco», la pregò, tornando a guardarla mentre si sfilava i guanti da cucina.
«Ovvio», confermò Melanie, sapendo che quel dolce fosse il preferito della sorella. «E poi, be', se deve servire a convincerti, deve anche essere invitante».
Emma corrugò la fronte, vagamente confusa. «Convincermi?» ripeté.
L'altra si fece immediatamente più esitante, abbassando lo sguardo ed appoggiando le mani sul bancone alle proprie spalle, come a sostenersi. «Io... Vorrei chiederti una cosa, ecco», mormorò piano: la camicetta azzurra che si adeguava ai respiri del suo petto.
«Sono curiosa di sentirla, se può in qualche modo portarmi alla mia Sacher», esclamò ilare Emma, soprattutto per cercare di metterla a suo agio.
«Vedi, io e Zayn ci sposiamo e...»
«Ma dai?» intervenne, sorridendo per quell'introduzione scontata.
Melanie sorrise di rimando, consapevole della tensione che l'aveva spinta a parlare in quel modo. «Vorrei che tu... Be', che tu fossi la mia testimone di nozze».
Le iridi blu di Emma si fecero più vivide, stupite da una tale richiesta, mentre il suo cuore si dilatava per far spazio ad una felicità inaspettata e pura.
«Se non vuoi, non sei obbligata, certo. È solo ch-»
«Zitta, stupida», la interruppe lei, fiondandosi tra le sue braccia incerte e nascondendo il viso tra i suoi capelli che sapevano di farina. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma era onorata della proposta appena ricevuta: non poteva credere di avere l'occasione di ricoprire una tale posizione nella realizzazione del sogno più grande di sua sorella. E dopo tutti i loro trascorsi, dopo l'adolescenza turbolenta ed il loro rapporto fatto di oscillazioni destabilizzanti, non poteva chiedere di sancire il loro legame in altri modi.
«Certo che ti faccio da testimone», aggiunse, sicura che Melanie avrebbe presto chiesto una risposta più esplicita.
«Davvero?» sussurrò l'altra, ricambiando la stretta e forse sorridendo sincera.
«Sì», disse ancora, chiudendo gli occhi e beandosi della sensazione che la stava conquistando poco a poco. «Però anche io ho una cosa da chiederti», aggiunse, separandosi da lei quanto bastava per osservarla in volto.
Melanie si allarmò. «Cioè?»
«Non hai dovuto convincermi, ma... Posso mangiare lo stesso la Sacher?» le domandò, facendola ridere.

Tornando in salotto con un vassoio di pizzette tra le mani, avvistò Zayn e lui le fece cenno di raggiungerla. Passando tra alcuni degli invitati, scorse anche Harry e pregò affinché le sue mani non fremessero troppo nel passargli accanto.
Fu lui a cercare un contatto.
Emma non lo aveva nemmeno guardato, se non prima di arrivargli vicino, ma la mano di Harry era comunque riuscita a sfiorarla con discrezione, senza che gli altri si accorgessero dell'intenzionalità di quel gesto: le aveva accarezzato la schiena con le dita, con una tale leggerezza da farle chiedere se l'avesse solo immaginato, dopo averlo sperato tanto a lungo.
Proseguì spedita verso il tavolo dove erano raccolte le altre pietanze, fingendo indifferenza per imporla a se stessa: posò il vassoio al suo posto e sospirò in direzione di Zayn, ad un passo da lei.
«Mi correggo», esordì, assumendo un'espressione soddisfatta. «Dato che sarò una testimone al tuo matrimonio e che quindi avrò un ruolo fondamentale, arriverò ancora più in ritardo».
Lui rise con un bicchiere di birra in mano, scuotendo la testa. «Le avevo detto che avresti accettato», sbuffò, forse ripensando agli sforzi compiuti per convincere Melanie a non temere una risposta negativa.
Emma si fece all'improvviso più curiosa, pensando a chi sarebbe stato il testimone dello sposo, ed una lontana possibilità la rese inquieta. Quando schiuse le labbra per porgli la domanda, però, il campanello di casa suonò fastidioso e Zayn fu costretto a dare la precedenza ai suoi doveri.
La voce che arrivò alle sue orecchie richiamò subito la sua attenzione: Louis era tornato in città, forse solo per quell'occasione, e lei non ne sapeva niente, come sempre. Lo osservò piacevolmente sorpresa, andandogli incontro con un sorriso incredulo e trovando subito accoglienza tra le sue braccia sottili.
 «Hun, se non ti copri quelle gambe rischi di farmi diventare etero», la salutò, lasciandole un bacio tra i capelli. 
«Pensavo che il possedere un organo di riproduzione maschile fosse un fattore determinante, nelle tue attente selezioni», lo prese in giro.
«Potrei fare un'eccezione», la rincuorò. «Ma non dirlo a nessuno».
Lei rise allegra, separandosi dal suo corpo e rimandando ad un altro momento le domande che premevano di uscirle dalle labbra. Era bello riaverlo accanto, anche se probabilmente solo per poco tempo: ne aveva sentito la mancanza, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti.
Quando lo strimpellare della chitarra si arrestò improvvisamente, Emma si ricordò della presenza di Aaron: spostò subito il suo sguardo su di lui, che stava osservando Louis con una maschera stupita e dura, sofferente. Quest'ultimo si era irrigidito senza preoccuparsi di non darlo a vedere: era impossibile che i due non sapessero della presenza di entrambi a quella serata, impossibile che non avessero già preso in considerazione le conseguenze, impossibile che non avessero deciso di affrontarle. O di ignorarle.
Aaron distolse lo sguardo e si schiarì la voce, mentre tutti gli altri continuavano a parlottare tra loro, ignari della tensione: riprese a suonare un motivo diverso, più allegro, nonostante alcune note stonate manifestassero la sua inquietudine.
Louis strinse una mano sulla spalla di Zayn, in un gesto amichevole, poi si voltò verso Emma e le rivolse un sorriso. «Dicevamo?»

Non si accorse dell'arrivo di Harry, se non quando morse un pasticcino alla crema e si voltò a fronteggiare il salotto. Se lo ritrovò alla propria sinistra, con la schiena dritta e gli occhi inesorabilmente su di lei.
Finse di non esserne sorpresa, né di apprezzare particolarmente la sua vicinanza, e lui finse di non notare la sua messa in scena. Le sorrise presuntuoso e continuò ad osservarla: mentre lei terminava il pasticcino, ebbe modo di riflettere sul silenzio che li stava ingabbiando. Sembrava che entrambi stessero aspettando che fosse l'altro a parlare per primo: e forse era la stessa cosa che era successa nei due giorni precedenti, quando nessuno aveva osato chiedere di vedersi.
«Non mi hai salutato».
Harry aveva ceduto, parlando a bassa voce.
«Nemmeno tu», gli ricordò. , si erano guardati e , lui l'aveva sfiorata, ma sapeva che non poteva soddisfare le loro aspettative.
«Ci ho provato», precisò, alludendo a quei miti tentativi che lei aveva appena riportato alla mente. Probabilmente erano stati il suo modo di invitarla ad avvicinarsi.
«Non abbastanza».
Harry alzò un sopracciglio, divertito dal loro scambio di battute. «Non abbastanza?» ripeté. «Ho fatto anche troppo».
Emma alzò le spalle e riportò lo sguardo sugli invitati davanti a sé, ancora euforici per le nozze appena annunciate: voleva provocarlo, mettere a tacere l'agitazione che il suo solo profumo le infliggeva e dissimulare qualsiasi bisogno avesse di allungare una mano e sfiorargli il volto. Era assurdo come la scarsa distanza tra loro non lasciasse nemmeno spazio a tutti i loro problemi.
Per un istante si concentrò su Aaron, diretto in cucina, e su Louis, che lo seguì dopo qualche istante.
«Dal momento che l'ultima volta sono stato io a sforzarmi per convincerti a baciarmi», ricominciò Harry, cercando la sua attenzione, «credo sia giusto che stavolta sia tu a fare qualcosa a riguardo».
«Pensavo stessimo parlando di un saluto, non di un bacio», gli fece presente lei, mantenendo la compostezza che si era imposta. In realtà, la possibilità che Harry volesse essere messo alla prova e attratto la stuzzicava più del dovuto.
«E non è la stessa cosa?» domandò lui, assottigliando gli occhi con fare provocante.
Emma si ribellò silenziosamente a quella verità. «Chi ti ha detto che io voglia convincerti a baciarmi?»
«Nessuno», le rispose ovvio. «Ma so che vuoi baciarmi, quindi sto ponendo delle condizioni».
«Sai? Hai ragione», disse lei, abbassando la voce e facendosi più vicina. Un felino sottile e giocoso. «Ho davvero voglia di baciarti: ci penso da due giorni», ammise, provocando in lui la reazione sperata: nonostante il suo orgoglio, sapeva quando indebolirlo potesse portare a qualcosa di soddisfacente. E se la scelta era solo sua, non le costava gran fatica. «Ma è più interessante guardarti aspettare che io faccia qualcosa, magari cedere per sfinimento».
Da quando era tornata a sedurlo in quel modo? Da quando era tornata ad essere così sicura di sé e temeraria? Con Miles - e al solo pensiero un vago tormento si insinuò in lei - la fase delle provocazioni era sfumata con il tempo, riemergendo solo raramente in un rapporto consolidato e dalla passione più tiepida.
Harry la riaccendeva, invece, la faceva fremere e le imponeva di comportarsi come i suoi più profondi istinti le suggerivano, stupendosi da sé.
«Convincimi», disse lui soltanto, con uno sguardo abbastanza intenso da azzardarsi a dissuaderla, come se lei non avesse nemmeno parlato e come se lui contasse ciecamente sull'attrazione palpabile che li stava legando. Si congedò afferrando un pasticcino e mordendolo lentamente, per poi leccarsi le labbra e fingere che anche quello non fosse un invito.

«Credi che Louis ed Aaron finiranno per uccidersi davanti a tutti?» esordì Melanie, seduta sul divano accanto a lei. «È tutta la sera che si rincorrono e ho già notato occhiate assassine da parte di entrambi».
«Probabile, sì», annuì Emma, distrattamente. A qualche metro da lei, Harry la stava osservando in silenzio, o meglio, stava osservando le sue gambe coperte da leggeri collant: quegli occhi tanto attenti accendevano ancora di più la propria consapevolezza. Per dispetto, accavallò le gambe lentamente. Lui alzò di scatto lo sguardo sul suo viso, come in un ammonimento, ma non appena capì di aver mostrato la propria difficoltà, si concentrò cupamente su qualcun altro all'interno del salotto.
«Ho parlato con Miles, oggi», ricominciò Melanie, più cautamente.
Emma sussultò impercettibilmente, stringendo le mani l'una all'altra per nascondere qualsiasi reazione improvvisa. «Di cosa?» domandò, schiarendosi la voce. Le sue iridi si sentirono costrette ad alzarsi nuovamente su Harry, più insicure, smarrite: lui, che era tornato a scrutarla, si accorse di quel cambiamento.
«Be', in fondo anche lui è stato parte della famiglia, per un po' di tempo», spiegò l'altra, con una decisione timorosa nella voce. «Ho pensato fosse giusto invitarlo».
Era ovvio che il rapporto instaurato in due anni non potesse essere cancellato solo per via della loro rottura: sarebbe stato irrispettoso e terribilmente infantile.
«Ma non è venuto», constatò Emma, guardandosi intorno come se avesse potuto scorgerlo, nonostante la sua assenza. Non sapeva come sentirsi a riguardo, se sollevata oppure crucciata da una tale difficoltà di convivenza: la sua concentrazione era ormai completamente focalizzata su quel viso spigoloso e passato.
«No», sospirò Melanie. «Ha preferito darti la precedenza: ha pensato che fosse più giusto lasciarti godere la serata, in... In qualità di mia sorella».
Quella rivelazione assestò un duro colpo alla fermezza di Emma, che prese a fissarsi le mani in grembo: come poteva essere così previdente, nonostante ciò che era successo tra loro? Continuava a comportarsi bene, fin troppo, e questo non la aiutava a distaccarsi da lui, a dimenticare i suoi modi controllati e rassicuranti. E mentre lui si privava di qualcosa, seppur di importanza mediocre nella sua vita, lei si divertiva ad accavallare le gambe per qualcun altro.
Provò disgusto per se stessa, sebbene sapesse di non averne il dovere: la sua storia con Miles era terminata dopo che entrambi avevano tentato qualsiasi rimedio, dopo che entrambi si erano rovinati ulteriormente nella disperata ricerca di una soluzione. Non aveva niente da rimpiangere, null'altro che avrebbe potuto fare: ricominciare non poteva essere un peccato, nonostante sembrasse comunque così ingiusto.
Melanie le posò delicatamente una mano sulla coscia. «Secondo me, invece, non è venuto perché sarebbe stato lui a non godersi la serata», le sussurrò in una rassicurazione, modificando il punto di vista. La possibilità che anche Miles potesse essere egoista la rincuorò appena, ma sentì comunque la necessità di alzarsi ed allontanarsi.

Si era rintanata sul balcone della stanza di Melanie e Zayn, che dava sulla strada poco trafficata e sul cielo nero privo di stelle, oscurate dalle luci della città. L'aria era fredda, tanto che lei si stringeva le braccia per contrastare i brividi, ma non abbastanza da farla desistere e rientrare.
Odiava quei momenti di smarrimento, che la colpivano improvvisamente senza lasciarle via di fuga: non le permettevano di distogliere i pensieri o di addolcirli, obbligandola a snocciolare accuse rivolte a se stessa che finivano inevitabilmente per farla innervosire. Doveva continuamente ricordarsi di non aver fatto nulla di male, per non cedere a certe visioni tentatrici.
«Ultimamente temo che tu voglia proprio prenderti un accidente», esclamò qualcuno alle sue spalle: riconobbe subito la voce, nonostante il leggero sussulto di sorpresa, e per questo non si voltò. Harry si stava evidentemente riferendo alla volta in cui Emma si era ubriacata ed era finita per trascinarlo con sé sotto il diluvio, che le aveva regalato una passeggera influenza, e alla volta in cui era fuggita dalla mostra d'arte per fuggire anche da lui.
«Non fa così freddo», gli assicurò lei, alzando le spalle. Non era stupita del suo arrivo, ormai era abituata ad averlo attorno, soprattutto nei momenti più scomodi.
Harry sospirò piano e si avvicinò con passi lenti, strascicati. Si appoggiò con i gomiti alla ringhiera in ferro del balcone e si accese una sigaretta, lasciando che il fumo si insinuasse tra i loro corpi.
«Di cosa parlavate tu e Melanie?» le domandò, con curiosità mascherata. Le aveva risparmiato l'appellativo "piccola" per sua sorella, forse cercando di non irritarla. Doveva aver notato una vaga stonatura, un cambiamento nell'atteggiamento di Emma.
«Perché?» chiese di rimando, quasi alla ricerca di un qualcosa a cui aggrapparsi, di una consolazione. Era strano come la sua sola presenza potesse rassicurarla, nonostante non la stesse guardando, né toccando.
«Perché te l'ho chiesto, secondo te?» ribatté ovvio, fiero. Gli interessava.
Emma lo osservò con la coda dell'occhio. «Mi ha detto che Miles non è voluto venire, stasera», spiegò allora.
Harry si limitò ad inspirare della nicotina, lentamente. Aspettò qualche secondo prima di domandare «E ti dispiace?».
Lei digerì il tono più distaccato, sospettoso. «Non mi dispiace che non sia venuto, mi dispiace che debba essere tutto così complicato. È stancante», precisò. Non voleva che pensasse che sentisse la sua mancanza, in qualche modo.
«Cosa ti aspettavi?» indagò, come infastidito dalla sua risposta.
Emma si risentì del tono con il quale le si era rivolto. «E tu cosa ti aspettavi?» replicò aspra. Era inutile giudicarla per qualcosa di scontato, torturarla ancora un po'.
Harry sbuffò e si passò una mano sul volto.
«Non mi piace quando ti distrai da me», disse a bassa voce, come se gli costasse fatica ammetterlo: era evidente che si fosse sforzato di essere sincero, di porre una chiarezza inequivocabile là dove stavano per addentrarsi in un'ulteriore incomprensione.
Emma si stupì del suo tentativo di smorzare i toni, tanto che si voltò a cercare i suoi occhi, per scoprirne la corrispondente sfumatura. Percepì un certo ego nelle sue parole, nel suo disdegno di una competizione, ma anche una richiesta: forse la presenza di Miles nei suoi pensieri lo disturbava più di quanto lei credesse, forse l'aveva infastidito ancora di più nel momento in cui l'aveva fatto passare in secondo piano.
Nonostante la sua presunzione, vi era anche la ricerca di un legame più forte e non macchiato da intrusioni: sentiva di non poterlo biasimare, perché lei avrebbe reagito allo stesso modo.
«Allora impediscimelo», rispose Emma, quasi in un sussurro: anche lei avrebbe voluto non distrarsi, dimenticare tutto ciò che aveva passato e dedicarsi a sensazioni nuove o riscoperte. Ed era rischioso affidarsi in quel modo ad Harry, concedergli un tale potere ed una così determinante responsabilità, ma era un rischio invitante.
Lui la osservò intensamente, forse soppesando le sue parole, mentre la sigaretta si consumava quieta tra le sue dita. «Ne sei sicura?» le chiese, con una provocazione pericolosa nella voce, come se lui fosse il Diavolo resosi umano e lei stesse per stringere un patto per una condanna.
No.
«Sì».
Mentire non le dava sempre soddisfazione, ma poteva rivelarsi utile: in quel momento, tra tutte le sue remore ed i suoi ripensamenti su un probabile futuro tra lei ed Harry, serviva a darle forza e a mostrarne. Voleva essere sicura, voleva avere in pugno la situazione e poterla guidare nella direzione giusta: voleva convincersi di poterlo fare.
Harry non abbandonò le sue iridi nemmeno nel prendere un ultimo tiro dalla sigaretta, socchiudendo le palpebre e riempendo i polmoni di fumo e coraggio. Nemmeno nel gettare il mozzicone spento in strada e nemmeno nell'avvicinarsi di un passo.
Poteva già immaginare il suo respiro sulla propria pelle, con il cuore in soqquadro per un qualcosa di non ancora avvenuto o percepito. Ebbe la conferma della propria sensazione quando Harry si piegò lento su di lei, posando la mano sinistra sul suo braccio e lasciandole un bacio sulla spalla, mediato dalla stoffa del maglioncino, ma comunque caldo del suo alito ancora amaro.
Emma chiuse gli occhi, inspirando a fondo, ed aspettò qualcos'altro.
Miles era già più lontano, sfocato.
Harry proseguì verso il suo collo, leggero e poi più insistente, sfiorandole la pelle nuda e poi mordendogliela senza forza. Lei rabbrividì, quando le dita della sua mano destra raggiunsero l'attaccatura dei suoi capelli, accarezzando le prime vertebre sporgenti: si alzò sulla punta dei piedi e si aggrappò al suo maglione spesso.
«Avida», le sussurrò all'orecchio, forse sorridendo beffardo nel prender nota delle sue reazioni al proprio tocco e delle sue pretese.
«Non ti è mai dispiaciuto», gli ricordò lei, sopraffatta dal suo corpo tanto vicino, ma comunque pronta a difendersi e ad attaccare. Harry non aveva mai rifiutato la sua intraprendenza, il suo essere insaziabile, anzi, se ne era sempre lasciato stregare e condizionare, finendo per accontentarla con evidente piacere.
«Al contrario», confermò lui, muovendo la mano sinistra per accarezzarle la forma del seno, il fianco, la coscia. Una discesa estenuante, calcolata e sadica, che voleva solo farla cedere di aspettativa: mentre si dedicava ancora al suo collo, prese a giocare con l'orlo della sua gonna, alzandolo appena per raggiungere un'altra porzione di pelle coperta dai collant.
Emma trattenne un respiro più profondo, reprimendo pensieri meno pudici insieme al desiderio che quella dannata mano si spostasse ancora. Più alto.
«Mi piaceva come stavi cercando di provocarmi», mormorò sulla sua guancia, facendole socchiudere gli occhi. Nessuna carezza troppo intensa, nessun bacio, e lei stava già capitolando verso la propria fine: il desiderio e l'attesa di un movimento erano più eccitanti dell'atto stesso. «È un peccato che tu abbia smesso così presto», continuò, artigliandole con più fervore la coscia e costringendola a stringersi maggiormente contro il proprio corpo.
Emma gli ansimò sul collo, inspirandone l'odore. «Non voglio rivelare subito tutte le mie carte», scherzò provocatoria, nonostante la sua voce fosse uscita ovattata, soffocata dal momento.
Harry portò entrambi le mani grandi tra i suoi capelli, perdendo per un istante la lucidità e baciandole la mandibola con una certa impazienza, poi rinsavì e respirò profondamente. «È una minaccia...» Scese di nuovo sulla sua schiena e si fermò sui suoi glutei, afferrandoli saldamente per spingerla contro di sé. «O una promessa?»
Emma l'avrebbe definita più come una tortura, anche per se stessa, ma non riuscì a rispondere: avrebbe voluto che quel momento non terminasse mai, che lei ed Harry potessero risolversi in quella sola realtà, senza dare spazio ad altro. Sarebbe stato tutto più facile se quello avesse potuto essere il loro unico modo di rapportarsi, per quanto fosse già uno dei più determinanti, perché avrebbe escluso la possibilità di litigi e problemi. Di una separazione.
Harry avvicinò il viso al suo, leccandosi le labbra già umide e sfiorando pericolosamente le sue: aveva le iridi colme di desiderio, lo si poteva riconoscere distintamente. 
«Stai ancora aspettando che ti convinca a baciarmi?» gli chiese Emma in un fil di voce, sostenendo il suo sguardo e portando le mani sul suo collo, sulle sue spalle.
Lui sorrise appena, prima di occuparle la bocca con la propria: era prepotente, pretenzioso, incapace di reprimere desideri ben più intimi, presuntuoso e lascivo. Lo erano entrambi: lui e quel bacio.
«A volte sei così stupida», decretò sulle sue labbra, mordendole con dispetto.
Ed Emma non si aspettò un'ulteriore spiegazione, né l'avrebbe ricevuta: era sottintesa, evidente come l'impossibilità di porre una distanza tra i loro respiri. 
Harry non aveva bisogno di essere convinto, per baciarla.

«Be', almeno qualcuno sta vivendo una delle mie più sfrenate fantasie erotiche».
Emma trattenne il respiro e si voltò immediatamente verso l'intruso: aveva ancora una mano di Harry sul seno, sfacciata ed insaziabile, e l'altra che aveva appena deciso di spostarsi dal suo gluteo alla sua schiena. Le labbra sicuramente gonfie ed arrossate.
Louis era appoggiato con una spalla all'uscio della porta-finestra, con le braccia incrociate. «Magra consolazione, in effetti», aggiunse subito dopo, come rispondendo ad un ragionamento silenzioso.
Harry sospirò qualcosa, forse un'imprecazione, mentre il suo petto si agitava ancora tra di loro. «Che cazzo vuole?» borbottò, distanziandosi di malavoglia da Emma.
«Non è prudente chiedere ad un convinto omosessuale quale cazzo preferisca», rispose Louis, dopo aver evidentemente udito quel colorito commento. «Potresti scoprirti tra i suoi desideri», lo ammonì, con la voce graffiata e stridula, punta da una sfumatura che la sua amica riconosceva essere sospetta. «E per la cronaca, tu lo sei davvero».
Emma soffocò un sorriso nell'assistere ad un tale teatrino, attendendo una reazione di Harry, che non tardò ad arrivare. «Avvicinati a me con quel tuo affare e giuro che te lo taglio», ringhiò, infastidito sia per l'esser stato interrotto, sia per una avance tanto esplicita ed indesiderata.
«Hun, dimmi», la interpellò, imbronciando le labbra sottili in una smorfia interrogativa, «è così violento anche a letto?»
«Hun, un cazzo», rispose Harry al suo posto, mentre lei si massaggiava la fronte per la frustrazione e l'ilarità.
«Piuttosto fissato con questo termine, per essere etero», commentò l'altro. «Immagino sia comunque un buon punto di partenza», continuò, sorridendo beffardo e forse sincero.
Harry fece per ribattere qualcosa di tagliente o di cattivo, ma Emma gli afferrò un braccio. «Devo parlare con lui: mi aspetti di là?» gli propose, dando voce alle intenzioni di Louis: conoscendolo, aveva notato come le sue esclamazioni si fossero fatte più insistenti, più fastidiose ed ironiche, e questo era stato abbastanza per convincerla che non avesse altra intenzione se non quella di far spazientire Harry, spingendolo ad andarsene e a lasciarli soli. Troppo orgoglioso per chiederlo o per ammetterlo, sapeva quali alternative sfruttare.
Harry non se lo fece ripetere due volte: la osservò piccato ed annuì, per nulla propenso a rimanere in una così sgradita compagnia. Si allontanò dopo averle posato brevemente una mano sulla schiena, come a ricordarle ciò che era stato così brutalmente interrotto, e rientrò in casa stando attento a non toccare Louis.
«Era proprio necessario?» domandò Emma, incrociando le braccia al petto.
«Non sai da quanto aspettassi di farlo», le spiegò lui, avvicinandosi lentamente. «Aspetto anche di farmelo, effettivamente».
«La vedo dura, sinceramente».
«Anche io, fidati».
Lei si rese conto del doppio senso l'attimo successivo, ridendo e scuotendo la testa per arrendevolezza. Per quanto Louis potesse dimostrarsi sfacciato e simpatico in quelle vesti, Emma sapeva riconoscerle: erano troppo forzate, per essere tranquille.
Aspettò qualche istante, prima di indagare. «Cosa succede?» gli chiese piano.
Lui si appoggiò con la schiena ed i gomiti alla ringhiera, trattenendo un sospiro pesante e sottostando al suo sguardo.
«Hai parlato con Aaron?» continuò, sperando che una domanda più precisa potesse rendere più semplice la risposta.
«Gli ho parlato, l'ho toccato, l'ho persino pregato ad un certo punto», sibilò, carico di esasperazione e di vergogna. «Non mi ascolta, non mi vede nemmeno».
«Non vuole farlo», precisò Emma, prendendo atto della criticità della situazione.
«Ed io non posso fare altro».
«Basterebbe davvero poco, Louis», lo incoraggiò piano. Aaron stava chiedendo semplice fedeltà, bramava una priorità che non aveva mai avuto.
«Per me non è... Poco», sbottò lui. «Chiamami egoista di merda, pensa quello che vuoi, ma io non sono mai cambiato per nessuno e non ho intenzione di farlo».
Per Louis non si trattava semplicemente di porre fine ai fugaci rapporto con i quali si intratteneva, si trattava di distorcere la propria libertà, l'unica cosa che per lui contasse davvero: e agli occhi degli altri era una visione terribile, disgustosa, ma per lui era una forma d'amore. Così come Aaron non capiva come fosse possibile agire in quel modo, per Louis era inconcepibile non vedere oltre i propri gesti, non vedere la dipendenza che provava nei confronti di Aaron, la differenza tra lui e tutti gli altri. Una differenza così palese, dal suo punto di vista, da rendere effimera qualsiasi definizione di tradimento.
«Lui si è comportato peggio di me, sai?» ricominciò dopo un paio di minuti, a bassa voce. «Ha sempre saputo a cosa andava incontro, cosa io potessi dargli: e nonostante sapesse anche di non volere niente di tutto questo, invece di ritrarsi, invece di... Mi ha incastrato, hun. Mi ha proprio fottuto».
Emma lo guardò con tenerezza, desiderando di poter dissipare qualsiasi ombra dalle sue iridi così sporcate. Si fece più vicina, appoggiando il capo sulla sua spalla. «Pensavo fossi tu l'attivo, tra i due», sospirò, in un mite tentativo di farlo sorridere con i suoi stessi metodi.
Louis inarcò le labbra brevemente, abbassando lo sguardo e scuotendo piano la testa. «Non dirlo a me».

 





 


Finalmente!!
In casa mia è tornato internet e ho potuto pubblicare questo capitolo, che aspettava da troppo tempo! E voi aspettavate con lui ahhaha
Ho persino dovuto tagliarlo, perché c'erano altre 2/3 pagine e sarebbe stato TROPPO lungo hahah Tanto era una scena di contorno, quindi credo che la inserirò nel prossimo capitolo! Comunque, passiamo alle cose più importanti:
- Melanie/Zayn: due PATATINI ahhaha Grazie al loro annuncio (spero che la scena in famiglia vi sia piaciuta :)) mettono in moto diverse dinamiche e raccolgono la maggior parte dei personaggi in una sola occasione! (Chi sarà il testimone di Zayn, secondo voi? Non è poi così scontato che sia Harry, stando alla sua amicizia con Louis!)
- Miles/Emma: di tanto in tanto Miles torna a galla e porta un po' di scompiglio, come è giusto che sia! Inizialmente avrebbe dovuto esserci anche lui a casa dei due promessi sposi, ma poi ho cambiato idea: sia perché preferivo questa versione, sia per lasciare un po' tranquilli Emma ed Harry (giusto un po'!)
- Louis/Aaron: Louis torna in città per l'occasione - e vi avviso che non rimarrà molto - perché ovviamente tiene troppo a Zayn per non farlo. Implicitamente, lui ed Aaron accettano di provare a "convivere" sotto lo stesso tetto per qualche ora: ho voluto presentarli indirettamente, tramite l'osservazione di Emma e quella di Melanie, e la parte tra Louis ed Emma l'ho aggiunta solo all'ultimo. Credo meritasse un po' di spazio e poi era un OTTIMO pretesto per inserire il prossimo punto dell'elenco, ovvero...
- LOUIS/HARRY ahhahaha Con tutti i tormenti di  Louis, mi sembrava giusto dargli una soddisfazione hahahha
- Emma/Harry: su ask avete tirato fuori qualsiasi ipotesi sul loro probabile comportamento, ma alla fine è stato tutto più semplice di quanto credevate ahhaah Nessuno dei due avrebbe potuto ignorare quel bacio, comportarsi come non ci fosse stato! E nonostante abbiano aspettato due giorni per farsi avanti, costretti in questa occasione hanno dovuto arrendersi alla propria volontà! Spero vi sia piaciuto il loro modo di stuzzicarsi! La stizza di Harry riguardo Miles dipende dal'influenza che Miles riesce ancora ad avere su di lei: certo, se ne accorge per lo più quando Emma parla con Mel e smette di provocarlo, rapita da altri pensieri, ma è comunque un fastidio più profondo, che si manifesta tramite un pretesto in questo caso. Quindi, il "Non mi piace quando ti distrai da me" è riferito sì a quella situazione particolare, ma anche in senso lato!
E ODDIO, ho scritto davvero troppo, quindi basta! Lascio a voi qualsiasi altro commento, sperando di riceverne :)
Grazie di tutto come sempre! 

Vi lascio tutti i miei contatti:
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Un bacione,
Vero.

 
    
  

 
  
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