Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |      
Autore: Lost_it_all    09/01/2015    0 recensioni
– Non è una vita facile, la mia.
Ho il cancro.
Mia madre mi picchia perché è un'alcolizzata.
Non ho amici da cui andare.
Ho solo la malattia. –
Finché l'amore sconvolse la vita di Nastasia Underwater.
E la fece immergere nella vita della Confraternita del Pugnale Nero.
Un amore soprannaturale, sullo sfondo la guerra.
ISPIRATA ALLA BDB, The Black Dagger Brotherhood (La confraternita del pugnale nero)
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Underwater

Cast:
Nastasia Underwater
Dieci anni prima



  Uno
DIECI ANNI PRIMA 
 
– Se le è possibile, preferiremmo tornasse per una visita mercoledì. O venerdì, come le comoda. Ma lunedì è proprio pieno, mi rincresce. –
 
Quell’ultima affermazione mi infastidì. “Mi rincresce.” Sì, come no. Si vedeva lontano un miglio che l’operatrice della segreteria dell’ospedale non eradispiaciuta, e ciò mi fece venire voglia di puntare i piedi e dirle che sarei tornata lunedì, solo per darle fastidio.
 
Però non avevo più sei anni.
 
– Nessun problema – mentii, – ma è meglio mercoledì. – Già, perché non volevo proprio rovinarmi un weekend, cavoli.
 
La donna si massaggiò la fronte sudata – faceva molto caldo, in California, era davvero diverso dal Canada – e digitò qualcosa al pc.
 
– Ore undici? Può andare? –
 
Scrollai le spalle. In realtà no, avrei preso una giornata libera dal lavoro, ma pazienza. Tanto lei era “rincresciuta”.
 
– Sì. È ottimo. –
 
– Bene … Nome? –
 
– Nastasia Underwater. –
 
– Bel nome, ehi … – Digitò ancora, soprappensiero, con quel fare menefreghista che, già lo sapevo, me l'avrebbe fatta ricordare sempre come una cafona; sì, mi arrabbiavo per poco, e allora? Diciamoci le cose come stanno, ormai nessuno dice più che cosa pensa, perciò penso che il mio, più che un difetto, sia un pregio! 
– Appuntamento prenotato. Repato... – Lesse. Mi guardò alienata. Ecco, doppiamente cafona! Non guardarmi così! Non è contagioso!
Tossii pianissimo, imbarazzata. – Sì, reparto oncologia , è giusto – mormorai, scrollando le spalle – ora per piacere può muoversi? Scusi, non ho tutto il giorno. –
E si diede una mossa, senza dire più nulla, perché avevo il cancro e chi ha il cancro va trattato bene per principio. 
Ma vaffanculo ! Questo NON É tatto, è sputtanarmi! 
– Sì, allora... Ecco la fotocopia... E, qui allegato, ehm, un volantino... – si schiarí la gola, arrossí e iniziò a grattarsi con foga il collo, – per lo psicologo dell'ospedale… Mr. Cooper, le può interessare? –
A quel punto, sgranai gli occhi. "Cosa!".
Mi schiarii la gola, a metà fra la furia e l'imbarazzo. "Controllati", mi ordinai, diventando paonazza – ne ero certa perché mi andavano a fuoco il viso ed ancor piú le orecchie, probabilmente facevo anche ridere. Una ragazza con la faccia viola e il cancro! Uno spasso! 
"Okay, però ora sbagli tu: sembri una pazza, che cavolo pensi? Che siano TUTTI contro di te? Eh? Ma se neppure ti conosce, 'sta qui!"
– Oh, ecco, non sono interessata, grazie comunque.  Però, se posso, c'è per caso scritto chi ha allegato la copia? – chiesi con una curiosità morbosa.  Chi mi voleva mettere in difficoltà? Gli avrei mandato un bel 'vaffanculo! 
La segretaria consultó sia il pc che le carte. 
– Dov'è, dov'è? Hm... Forse qui? Oh, sì, eccolo – sorrise – Mr Fume, capo reparto oncologia – (diceva ancora quella parola con timore, una sorta di paura) – l'ha messa lui qui. Scrive: "Bisogna imparare a sorridere, Miss Underwater " –.
Arrossii ancora di più.  – Cos... –
– Molto poco professionale! – ammiccò la donna, facendomi l'occhiolino. – Io approfitterei. –
Presi celere e rossa di vergogna tutte le mie carte, le infilai nell'apposita cartella e sorrisi di sbieco alla segretaria. 
– Hm, grazie. Non seguirò il suo consiglio, mi sa. –
Lei scrollo' le spalle. – Pazienza. Buona giornata. -
 
 
 
“Dott. Psicologo Calvin Cooper, associato all'ospedale.”
Mi rigirai il volantino fra le mani. Ero un' emerita imbecille. Mi rividi correre tornando dalla segretaria, borsetta alla mano, sguardo un po' confuso. - Ha... Ha ancora il volantino? Del dottor Cooper? - le avevo chiesto col fiatone. Sempre rossa, sempre con il cancro. Lei me lo aveva ridato con un caldo sorriso - forse pensava ne avessi bisogno?
“Contattare solo tramite Email: CC@dayhospital oppure tramite la segreteria dell'ospedale stesso.”
- Cazzo - sussurrai  fra me.  - Lo sto davvero per fare…? - No. Non ho bisogno della pietá di nessuno. 
Non era vero. Io… io ne ho bisogno. Di parlare, di qualcuno, di…
Uno psicologo ti ascolterebbe per soldi! 
Accartocciai il volantino.  “Non funziona, no.”
Lo stomaco mi sussultò nel corpo, ribellandosi, i polmoni bruciavano dalla voglia di urlare “stiamo male!”, la testa pulsava al ritmo del cuore, a pezzi. E lui, lui, il sangue, marcio, inutile, malato, sussurrava “basta…”
- Finisicila. -
Claudette Underwater non era mai stata una maga del tatto, né dei rapporti interpersonali in generale, e neppure in quel momento si aprí emotivamente con la sua unica figlia, io. 
- Piangere non serve a un cazzo! -
Mi si avvicinò a passo di carica, un brivido mi attraversò.  
“No, ti prego…”
L'unico mio pensiero fisso era "non lei. Non lei ".
- Che fai? Piangi? - agitó un pugno in aria che, seppur minuto, mi spaventó.  - Non serve a-un-cazzo! -sillabò rabbiosa. - Come mai, poi? L'ennesima cazzata tipica della tua generazione da rammolliti!? Ma sì, dai, viviamo la tua vita di merda, anzi: ciò che ne resta, al peggio! -
Mia madre mi si avvicinò così tanto che sentii chiaramente il suo Chanel N5 (se lo spruzzava sempre, ormai lo associavo a lei e lo detestavo) - Ricordi il dottore, hm? - mi chiese aggressiva, sempre quel pugno alto come monito.  - Cos'ha detto? Dimmelo tu, Nastasia.  COS'HA DETTO? COSA! -
 
Mi estraniai.  Ancora. Era il mio modo di, sì, scappare da queste situazioni. 
Mamma continuò a sbraitare. "Cosa? Cosa? Cosa?!" Ma io non la sentivo, non più. Sentivo solo me stessa. 
Più... qualcos'altro... Come un rumore di sottofondo, leggero, un ronzio. 
- Che cavolo è? -
La mia voce suonò distorta : non ero più nell' economica cucina di un'ex famiglia ricca e potente ora decaduta, ero in un luogo mai visto prima, silenzioso (fuorché quel ronzio).
- Dove sono! - gridai al vento; dei fiori bianchi ondeggiarono, un maestoso albero fiorito... No, oh Dio, quelli non erano fiori: erano uccelli? 
Mi avvicinai di alcuni passi, il più silenziosamente possibile.  “Sarà lo stress... per questo mi immagino queste cose. Forse sono svenuta.”
Gli uccellini, al mio arrivo sotto il meraviglioso albero, cinguettarono deliziati. Un sorriso affiorò sulle mi labbra, un sorriso che, ormai, non avevo piú da molto tempo. 
Pigramente, accarezzai la corteccia dell'albero: era morbida, delicata al tatto, e profumata di bosco e di vita. 
- Ti piace il mio albero, Nastasia? -
Sussultai di sorpresa.  
Mi voltai di scatto, trovandomi di fronte una figura minuta, sospesa nell'aria, coperta da un velo nero dall'aria impalpabile.  Mi ispiró calma e pace… e rispetto. Una devozione quasi… divina?
- E' un sogno. -
- Il tuo istinto é dalla tua parte, umana. -
- Cosa… -
- No, non fare domande - sorrise, o almeno lo intuii, la vedevo pressapoco per niente, da sotto quel velo - qui sono IO a porle - marcó fortemente l'“io”.
Il cinguettare tranquillo degli uccelli mi calmó, e anche lo scorrere dell'acqua, il cielo di un azzurro dirompente e quel senso di quiete intriso nell'atmosfera.  
- Oh, direi che é okay - risposi mogia.  La mia fantasia, alle volte, era sorprendente fervida: basti guardare dove mi aveva portata! Lontana dal cancro, da una madre violenta e dall'ennesima operazione e sessione di chemio! 
- Nastasia, la tua vita ti soddisfa? -
- Che? No, cioè... No. - m'ingegnai: - Sarebbe bello presentarsi, io e lei, ecco.-
- Che furbizia innata! Superi alcuni guerrieri, umana, sai? - 
Guerrieri? Eh?
No, okay, cos'avevo mangiato a pranzo? Non poteva essere solo stress, cazzo: ero proprio fatta! 
- Loro, se non avessero saputo chi sono, si sarebbero spinti oltre. Mente tu, umana, sei intelligente: ti servirà -.
- Vorrei andarmene. -
- Cosa? -
Deglutii, paonazza.  
- Ha sentito. Sono Nastasia Underwater, ma questo già lo sa, no? In effetti questo è il mio sogno, cavolo! Ora tocca a lei. - Mi guardai le scarpe, immerse in un folto strato di erba. - Poi me ne andrò.  Basta un pizzico. -
- Hai frainteso, Nastasia. - Disse risoluta la creatura. Così tanto da spaventarmi.  - Non è un sogno, è molto più che reale.  Sono qui per salvarti, Nastasia. -
- Sì, come no, ho quindici anni e ho la leucemia, una madre che mi picchia un giorno sì e l'altro pure e mio padre è morto. E lei, una tipa a caso uscita dalla mia testa, vuole SALVARMI?! È davvero arrogante, da parte sua! - mi sfuggì un singhiozzo. 
Merda! Piangevo? Seriamente? Che sfigata! 
- No, no... -
La creatura mi culló con lo sguardo, accarezzandomi con la mente. “Che cavolo...”
- Calma, calma -. sorrise, questa volta la vidi. - Sai, ho due figli, Vishous e Payne.  Ma tu mi ispiri amore molto più di loro due. -
Una parte di me pensò “com'è crudele!”, ma l'altra, ammaliata, serena, cullata dalla donna, non vi badó. 
- Che nomi bizzarri - commentai, prossima ad addormentarmi su quel prato, come in trance, musiche della natura in sottofondo.  - Beh, parlo io, no? - risi piano. 
La donna si zittí per un po' , forse chiedendosi se stava facendo la cosa giusta. - Sa, anch'io mi sento spesso così.  Mi blocco e penso. È bello, in un certo senso -.
- Ho deciso -, mormorò con un'aria fra il combattuto e il felice. - Nastasia, mi permetti di salvarti? -
“Da che cosa?” pensai, ma mi morsi la lingua: niente domande! Avevo come la sensazione che, disobbendendo a quella semplice regola, me ne sarei pentita. 
- Sí. -
- Ne sei sicura? -
- Sí - tanto, non poteva andare peggio di così, no?
- Dovrai aspettare, però. -
“Aspettare?” - Quanto? S- se posso... -
- Dieci anni. -
Così tanto? Pazienza, dieci secondi, dieci anni, che importanza aveva? 
- Io… va bene, aspetteró. -
- La mia coraggiosa Nastasia -. La sua voce dolcissima mi scaldó l'anima, non mi infastdí, neppure mia madre mi aveva mai chiamata con quel tono. 
Quel pensiero mi stordí.  
- Dovrò tornare a casa? Dalla… malattia? -
- No, Nastasia, non se non lo vorrai. -
- Davvero? -
- Sí. Ma, niente domande. Ti spiegherò ogni cosa. Ah, Nastasia! -
Una folata di calore m'investí, proveniente dalla donna.
- Mahmen…- 
Per quanto non sapessi da dove quella parola fosse nata, per quanto non ne conoscessi il significato, la donna si scaldó d'amore (un'altra folata mi colpí dolcemente) e sussurró:
-Io sono la Vergine Scriba.  Ma per te, figlia mia, sono mahmen. Oh, nalla! - 
 
 
 
 
 
Mi risvegliai di colpo, su di un pavimento duro.  Non appena aprii gli occhi, una visione spettacolare mi colpí: guerrieri dipinti mi sovrastavano, fieri. I colori sgargianti, il realismo e la bellezza di quell'imponente dipinto mi stregarono. 
La contemplai un altro po',  rilassata.  
Beh, almeno finché una violenta bestemmia non rovinó tutto. 
Il cuore mi rimbalzò nel petto, agitato.  
Un bestione letteralmente e-n-o-r-m-e mi guardava stralunato, gli occhi sbarrati e le spalle, larghe come una porta, tese allo spasimo. Dopo la stazza, notai gli abiti. “Gucci? Costeranno come casa mia!”
Un rivolo di disprezzo si fece strada in me, immotivato. Beh, non proprio, vivere nella miseria, nella malattia e trovarsi un ricco sfondato di fronte? Dá fastidio,cazzo. 
Un momento.  DOV'ERO?! Di nuovo! 
“Mahmen? Dove sei?”
Più frastornata che mai, non lo sentii gridare, con quella voce da basso incredibilmente forte: - WRATH! -
Con un capogiro, appoggiai la testa al pavimento e ripresi a fissare il soffitto. Che capolavoro. Per un'appassionata dell'arte come me, era un'eccezionale vista.  “Cosa sará? Non ho mai visti nulla del genere.”
Il pavimento era freddo e duro, l'aria però era tiepida, e mi sentii quasi a mio agio. Beh, se quel bestione se ne fosse andato, sarei potuta rimanere lì per un bel po'.
Lui, mantenendosi a distanza, telefonò a qualcuno, un certo V. La quantità di parolacce che disse mi stupì: sembrava un camionista, o uno scaricatore di porte, proprio non un modello - cosa che avevo pensato dai vestiti.
Mi accovacciai in posizione fetale. “Mahmen... che faccio…”
La voce cristallina della Vergine Scriba, della mia Mahmen, risuonò rassicurante nella mia mente: - Fidati di loro e fa' in modo che si fidino. Appena si presenterà la giusta occasione, parlerò Io con loro -. Deglutii.  Tutto qui? All'improvviso mi venne voglia di svegliarmi, trovarmi faccia a faccia con la mia vera madre, quella donna senza dignità, e farla a pezzi: tutto era meglio di quest'insana follia. 
- Ragazzina, ascolta, io non… voglio… farti… ma…ale…- L'uomo mi si avvicinò cauto, piano, come se fossi una bestia pronta a morderlo: eppure la situazione era, beh, opposta! Mi venne da ridere e lui, impassibile, si accovacciò affianco a me, sovrastandomi di moltissimo. 
- Dove sono? - 
Ci stupimmo del mio coraggio e della loquacità: l' uomo (che, per inciso, non sembrava proprio un normale uomo) mi fissò un poco, - Non posso risponderti, ragazzina. La domanda è: tu, che caz… Hm, cavolo fai qua? -
- Mi ha mandata Mahmen, cioè… la Vergine Scriba - risposi. 
 
Questa frase, quest'unica frase, scombussolò la mia intera esistenza. 
Oh, se non l'avessi pronunciata! Mi avrebbero ripulito la memoria, rispedita a casa e, con un po' di buon senso, Mahmen non mi avrebbe più chiamata. 
 
- Prego? -
- Lei è di Boston? - gli chiesi notando il pesante accento bostoniano; mi pareva di averlo già visto… Su qualche giornale... Ma sì, un quotidiano di Caldie! Lui era…
- Brian O'Neal? -
Lo sciocciai ancora di più. 
- Cazzo! Da dove minchia esci tu! -
- Ehi, sbirro, calmati, la spaventi così -.
Un uomo, se possibile ancor più grosso di Brian O'Neal, entrò nell'atrio pittoresco, completamente vestito di pelle, con dei rigonfiamenti sotto la giacca. 
“É armato”. Quella consapevolezza mi terrorizzó - assieme agli spaventosi tatuaggi del nuovo venuto, che gli ricoprivano una tempia, e quegli occhi chiarissimi, quasi bianchi. 
- V, porca troia, sa chi è tua madre e sa chi sono io! - sbottò Brian O'Neal, leggermente alterato. 
- Davvero? Interessante. -
L'altro fu molto più calmo e ragionevole. Mi aiutò a tirarmi su da terra (in realtà fu costretto a raccogliermi come un sacco di patate, da quanto ero sotto shock) e mi accompagnò in un'altra stanza, allestita a salotto. Ovunque notai preziosissimi quadri, ma non potei soffermarmici, perché altri bestioni arrivarono tesissimi. 
Entrò per primo un gigante dai capelli strepitosi e gli occhi gialli e gentili, mi sorrise e poi si rivolse agli altri in una lingua sconosciuta. Infine imprecò in inglese. - Merda. Wrath non ne sarà felice. -
Brian O'Neal annuì. - Già. Io per primo voglio levarla di torno, cazzo -.
Stronzo. - Ehi, sono qui eh! - Sventolai una mano a mo' di segnale. 
Gli altri due risero divertiti alle spalle di Brian O'Neal. V (il tatuato) gli rifilò un cazzotto giocoso che, se l'avesse tirato a me, mi avrebbe lanciata dall'altra parte della stanza.  
Mi schiarii la gola. 
- Hm - arrossii - si può sapere cosa cavolo è tutto questo? -
Quello dai capelli da urlo stava per rispondere, quando all'improvviso entrò un altro uomo (quanti cazzo erano? E tutti enooormi),aveva l'aria incazzata da morire e,appena lo vidi, pensai fosse un militare. Forse facevano parte di un esercito speciale, tipo del governo, magari super segreto a modi CIA. 
- Che c'è? Dovevamo uscire a cacc… -
Mi vide. 
- Porca merda. -
- Già! - rimarcò O'Neal, che ormai mi odiava.
- Cosa cazzo ci fa qui chi di voi è il pedofilo o magari é una vostra figlia spiegatemi tutti o-r-a - sputò incazzato nero, senza nessi logici (almeno per me).
- Eeehi, chi è? Ciao bella, hai fame? - 
Un attore biondo appena entrato in salotto che ispirava fantasie spinte mi porse dei dolcetti che non identificai, troppo presa a fissarlo. 
- No grazie - risposi di riflesso. Tendevo sempre a rifiutare. 
L'uomo mi sembrò il più affabile (e bello) fra tutti, almeno finché non ispirò a fondo l' aria e un'espressione dura e triste gli spazzò via l'aria da bonaccione.  
- Mary… - mormorò, mesto. 
- Hollywood, dai, abbiamo sentito anche  noi... Va' pure se non te la senti - gli consigliò V, mentre io non ci capivo più nulla. 
Hollywood fece un brusco scatto della testa. - No. - si oppose fermamente.  - Resto -. 
Anche se non sapevo che cosa lo affliggesse, percepivo che era una dolore autentico misto a uno strano senso di sollievo, come se Hollywood fosse scampato ad un grande pericolo. 
Lo fissai piú di tutti, perché sapevo - in qualche modo, lo sentivo.  C'entrava il cancro. Lo aveva superato? O no? Ancora combatteva? 
- Phury, chiama Wrath - ordinò il militare. 
Quello dai bellissimi capelli annuì rigido. -Thor- lo chiamò e il soldato lo guardò - che intenzioni hai? È giovane e poi… beh… - Guardò Hollywood un po' mesto. 
Thor si irrigidì: - Non c'entra, dobbiamo mandarla via il più presto possibile. -
Phury si passò una mano sulla fronte e annuì - Okay. - Si avviò a passo di carica verso l'uscita.  
Merda. 
CHE CAZZO MI STAVA SUCCEDENDO? E dove cazzo era Mahmen? 
Un rivolo di sudore mi percorse la schiena, facendomi tremare.  Paura? Sì, certamente.  
- Ragazzina - abbaiò Thor. 
- Ho un nome - lo interruppi acida. - Nastasia.  E cerca di essere più rispettoso -.
Qualcosa, alla mia antipatica affermazione, si spezzò.  V scoppiò a ridere assieme a Brian O'Neal e Hollywood, rimasto in disparte, sempre con quell'aria dolente, si rilassò e prese in giro Thor. 
 - Thorment Thorment, i tuoi modi con le donne fanno davvero schifo - rise.
- Ha parlato il puttaniere! E zitti voi, Vergine Scriba aiutami tu! -
-L'EX puttaniere, - precisò Hollywood, - ora sono sposato e la mia shellan è l' unica.  Lo stesso vale per te, Thor. Chissà come fa Autumn ad amarti, è una santa! -
- RHAGE, un'altra parola e… -
-E cosa? Hm? -
- Basta. -
Tutti si voltarono verso l'ennesimo gigante pompato, dai chilometrici capelli neri, affiancato da una donna dalla bellezza disarmante. Quest'ultima mi rivolse un sorriso gentile e sussuró qualcosa in quella strana lingua all'uomo.
“Mahmen, ti prego, aiutami…”
Ma nessuno mi rispose. Deglutii a vuoto, sentendo che l'ultimo arrivato stava decidendo della mia vita - o morte. 
All'improvviso irruppe un uomo dal volto sfregiato, l'aria cattiva e gli occhi neri. “Mio Dio! È stato torturato…”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso: la testa mi iniziò a girare vorticosamente e la vista mi si appannò. 
“Voglio andarmene” pensai, per la seconda volta nel giro di un'ora.

 
 
 
 
 
 
 
“Nastasia Underwater non vide più la madre biologica.”
 
 
“Fu adottata da Wrath, figlio di Wrath, e Beth, figlia di Darius.”
 
 
“ll suo destino era incerto e la guerra contro i lesser divampava feroce.”



NdA.
Salve a tutti, questa è una fanfic su una serie che mi piace molto, la manterrò piuttosto leggera e alla portata di tutti, senza mettere rating più alti. 
Per ora il primo capitolo l'ho scritto, mio malgrado, al cellulare, e forse non è scorrevolissimo, ma dai prossimi migliorerò (perché scriverò a pc).
Spero di avervi incuriosite da questo capitolo-prologo.

Note sulla storia: oltre ai personaggi propri dei libri (per esempio Wrath, Rhage ecc.) saranno presenti personaggi inventati (la stessa Nastasia ed altri.)

Lit.





 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Lost_it_all