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Autore: TurningSun    09/01/2015    3 recensioni
“Cantate la canzone della battaglia!” Propose l’apprendista emozionato: da quando era piccolo, aveva sentito storie, canzoni e poesie riguardo la cruenta battaglia che si era svolta alla Montagna Solitaria, ma ben poche volte aveva sentito Hagrid, il capo stalliere, cantare la ballata dei Monti Nebbiosi. […] “Se proprio insistete…” Trangugiò tutto l’idromele e chiuse gli occhi. Poi iniziò a cantare.
** Partecipante al contest "Call of Judges: La chiamata alle armi" indetto da Encha e Kaika sul forum di EFP e classificatasi sesta **
Genere: Avventura, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus, Silente, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Harry, Potter, Ron, Weasley, Voldemort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Knights of Hogwarts'
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Nome autore (su efp e sul forum): Turningsun (EFP), Darkmoon90 (Forum)

Titolo storia: Over the misty mountains

Breve introduzione: “Cantate la canzone della battaglia!” Propose l’apprendista emozionato: da quando era piccolo, aveva sentito storie, canzoni e poesie riguardo la cruenta battaglia che si era svolta alla Montagna Solitaria, ma ben poche volte aveva sentito Hagrid, il capo stalliere, cantare la ballata dei Monti Nebbiosi. […] “Se proprio insistete…” Trangugiò tutto l’idromele e chiuse gli occhi. Poi iniziò a cantare.

Note Autore (se necessarie) : Questo capitolo fa parte della serie ‘Medieval Potter’ che conta già altri tre capitoli.

Lord Voldemort si rivolge a Re Albus con il “tu” in segno di sfida e per dimostrare che lui non è sottomesso a nessuno.

Non ho molta conoscenza nell’arte militare, soprattutto in quella medievale. Spero di esserne stata all’altezza.

Genere: avventura, storico

Avvertimenti: AU

Personaggi: Harry Potter, Ronald Weasley, Fred Weasley, George Weasley, Albus Silente, Lord Voldemort, Neville Paciock

Pacchetto (specificare in questa voce gli elementi utilizzati -prompt,limitazione, obbligo-) : 11. Balestra: Recupero - L'ultima parola deve essere un verbo al futuro - (NON può NON contenere onomatopee). Ho utilizzato Recupero e la limitazione del verbo al futuro.



Ebbene sì, è tornato "Medieval Potter" con un nuovo capitolo! 
Questa storia partecipa al contest "Call of Judges: La chiamata alle armi" indetto da Encha e Kaika sul forum di EFP, che ringrazio molto,  e segue le altre tre precedenti storie:  'Knights of Hogwarts', 'Midsummer Party' e 'Hard to translate'.
Detto questo, vi consiglio di leggere questa storia con sottofondo una canzone in particolare "The Misty Mountains Cold" soundtrack di Lo Hobbit.
Buona lettura!


 

— Over the misty mountains —

 

 

The world is indeed full of peril and in it there are many dark places.

But still there is much that is fair. 

And though in all lands, love is now mingled with grief, 

it still grows, perhaps, the greater.

(J.R.R. Tolkien)*

 

 

 

La notte era fredda e pungente.

La luna emanava un bagliore argenteo che si rifletteva nelle pozzanghere ghiacciate e sulla neve caduta pochi giorni prima.

Dopo aver chiuso la porta delle stalle, Hagrid si strinse con vigore il mantello pesante attorno alle spalle e rientrò nel castello, pronto a scaldarsi davanti al camino scoppiettante.

Entrò nella sala per i servi e trovò molti degli uomini davanti al fuoco a sorseggiare dell’idromele.

“Hagrid, che fine avevi fatto?” 

“Ho fatto un ultimo giro di controllo nelle stalle. Questa notte sarà ancora più fredda delle precedenti e non voglio che i cavalli reali si ammalino.” Si sedette accanto ad uno dei suoi stallieri e strofinò le mani per scaldarle.

Calò il silenzio, mentre tutti fissavano il fuoco come ammaliati. Solo il suo scoppiettio risuonava nella stanza.

“Signore, sarà freddo quanto alla Montagna Solitaria?”

Hagrid non dovette nemmeno spostare lo sguardo dal ciocco di legno che ardeva per sapere chi avesse parlato. Teddy Lupin, l’apprendista stalliere.

Spesso era lui a dar voce alle domande degli adulti, proprio come in quel momento.

“Il freddo di quella montagna è ineguagliabile, ragazzo mio.”

“Cantate la canzone della battaglia!” Propose l’apprendista emozionato: da quando era piccolo, aveva sentito storie, canzoni e poesie riguardo la cruenta battaglia che si era svolta alla Montagna Solitaria, ma ben poche volte aveva sentito Hagrid, il capo stalliere, cantare la ballata dei Monti Nebbiosi.

“Sì, Hagrid. Cantaci qualcosa.” Sorrise Lavanda Brown, porgendo dell’idromele ad Hagrid.

Sentiva gli occhi di tutti su di lui: aspettavano trepidanti una sua storia, così ricca di particolari e avventura.

Lui era stato presente alla battaglia.

“Se proprio insistete…” Trangugiò tutto l’idromele e chiuse gli occhi.

Poi iniziò a cantare.

 

 

 

 

 

Far over the misty mountains cold

To dungeons deep, and caverns old

 

 

 

L’accampamento era in pieno fermento: i fabbri lavoravano senza sosta alle fucine improvvisate; i soldati feriti entravano ed uscivano dalla tenda medica, altri vagavano tra le tende alla ricerca di amici o di una mansione da svolgere; gli arcieri aggiustavano gli archi, affilavano nuove frecce. 

Frate Lupin continuava a ungere i caduti nella prima battaglia, a sostenere i feriti e ad accompagnare i moribondi alla Casa del Padre. Quando entrò nella tenda del Principe Harry, si chiese quanta sofferenza avesse portato la scomparsa del Re nel cuore del giovane Principe, lasciato alla guida di un esercito tanto grande.

“Dobbiamo recuperare Re Albus il prima possibile. Non lo lasceremo nelle mani di Lord Voldemort.” Sir Piton stava osservando una cartina disegnata in fretta da Dean Thomas, uno dei cavalieri reali particolarmente portato per la cartografia.

“Ci sono alcuni passaggi che potrebbero permetterci di avvicinarci alle mura del castello.” Sir Ruf indicò due punti sulla mappa con la mano destra. 

Harry rabbrividì, notando l’indice e il medio mancanti: molti anni prima, era stato catturato e, affinché non fosse più in grado di incoccare una freccia, gli furono tagliate entrambe le dita.

“Quanti i feriti?” Chiese il Principe Harry sedendosi sulla sedia dorata.

“Almeno duecento, sire.” Annunciò tristemente Sir Lumacorno. “E i feriti che non sopravvivono aumentano. Stiamo finendo le scorte dei medicamenti.”

Harry si passò la mano sul viso. Con un esercito di poco più di mille soldati e arcieri come potevano entrare nel castello del Signore Oscuro e vincere una battaglia? “Abbiamo bisogno di aiuto.”

“Sire, perché mai…” 

Il Principe interruppe Sir Piton con un gesto veloce della mano. “Non potremmo mai salvare il Re da soli.” Con lo sguardo cercò Ronald e Neville, attraverso la tenda. “Sir Ronald, va’ nel regno di Durmstrang e chiedi al Re Karkaroff di aiutarci. Sir Neville, tu vai nel regno di Beauxbatons e richiedi tutti gli arcieri che possono darci!”

“Harry, non…”

“Principe, Beauxbatons e Durmstrang non ci aiuteranno mai!” Esclamò Sir Lumacorno alzando lo sguardo dalla cartina. “Siamo in ottimi rapporti, senza dubbio, ma cosa dovrebbe spingerli a venirci in soccorso?”

Gli occhi verdi del Principe saettarono da Ron al suo vecchio insegnante. 

Si fidava ciecamente di Ron perché ora ha tanta paura? Durante la battaglia aveva combattuto così strenuamente e con così tanto coraggio da non credere che ora, negli occhi del giovane cavaliere, leggeva paura e insicurezza.

E Sir Lumacorno aveva ragione. Senza qualcosa in cambio nessuno dei due regni avrebbe mosso un singolo soldato per lui. Perché le cose non potevano mai essere facili?

Perché doveva esserci sempre qualche falla in un piano?

Aveva così tanto bisogno di un consiglio da suo padre, il Re. 

Si passò una mano sul viso cercando di reprimere il desiderio di urlare contro tutti e farli uscire immediatamente dalla tenda. 

Doveva pensare a cosa offrire a Durmstrang e a Beauxbatons in cambio di cavalieri, soldati e arcieri.

“La possibilità di un futuro migliore.”

Le parole di Sir Neville aleggiarono tra i cavalieri, che si voltarono lentamente verso di lui. Per alcuni secondi nessuno parlò, poi risate e urla esplosero contemporaneamente.

“Con queste nobili idee, buon cavaliere, non vinceremo nemmeno una partita di scacchi!” Lo prese in giro Sir Ruf.

“Come sempre, Sir Neville, la vostra lingua non dà mai vita ad una proposta sensata.” Affermò Sir Piton con tono aspro.

Mentre il viso del cavaliere diventava sempre più rosso, Harry si alzò di scatto, imponendo il silenzio con quel singolo gesto.

“Per quanto vi prendiate gioco di lui, Sir Neville è l’uomo con il cuore più puro che conosca. È per questo che voglio che sia preparato il suo cavallo, che gli venga dato cibo e denaro a sufficienza per raggiungere Beauxbatons.” Pose una mano sulla spalla del cavaliere. “Dì alla Regina Maxime che se non ci aiuteranno, tutti i Regni saranno in grave pericolo. Conto su di te, Sir Neville.” Con la coda dell’occhio notò Ron guardarlo fisso. Avrebbe parlato con lui in privato. Così alzò la mano destra, come era solito fare Re Albus, e congedò tutti i presenti. “Finché non avremo uomini e cavalli a sufficienza non potremo mai pensare di oltrepassare le mura del Castello Oscuro.”

“Ma, Principe, cosa ne sarà del Re?” Domandò angosciato Sir Ruf. 

“Il Re non subirà alcun male. Lord Voldemort vuole il potere su Hogwarts ed ucciderlo ora non gli porterebbe alcun bene. Vorrà negoziare, sicuramente.”

Ringraziò San Giorgio per avergli dato un tono così autoritario ed essere sembrato fermamente convinto di ciò che aveva appena detto poiché, dentro di sé, il Principe aveva paura. 

Una paura che, ne era certo, solo il suo migliore amico aveva visto nei suoi occhi.

“Sir Ronald, resta con me.” 

Il freddo era così intenso che a stento riusciva più a sentire le dita dei piedi e la gola iniziava a dolergli quando parlava a voce alta.

Versò del vino caldo e speziato in due bicchieri e, senza girarsi, ne porse uno a Ron.

Ne bevve un sorso e la bevanda passò sulla gola dolorante come fuoco, per poi lasciare una piacevole sensazione di calore. 

“È una cosa stupida, Harry.” 

Il moro sorrise prima di bere di nuovo. Benché fosse il Principe di Hogwarts, a Ron riservava ancora la possibilità di parlargli come un amico di vecchia data. Privilegio che condivideva con Hermione e Ginevra. 

Fissò il liquido rosso. 

Rosso come i capelli di Ginevra d’estate. 

Rosso come il fazzoletto che le aveva lasciato assieme ad un bacio prima di partire per questa guerra.

Alzò lo sguardo per incontrare quello dell’amico. “Cos’altro possiamo fare Ron?” Sospirò. “Lasciare che il Re sia prigioniero di un pazzo? Lasciare che tutti i miei uomini siano morti in vano e che altrettanti hanno intrapreso una guerra per morire assiderati?”

“Perché devo andare proprio io a Durmstrang? Sai che non sono così… Bravo nell’orientarmi.” Ammise mentre il collo si tingeva di un rosa purpureo. 

“Perché devo inviare le persone ho totale fiducia. Se mandassi Sir Piton o Sir Lumacorno, proporrebbero scambi in denaro o terre alle mie spalle. Sono ottimi strateghi, ma non mi fido totalmente di loro.”

Ron prese un sorso di vino e lasciò che lo riscaldasse. “Hermione aveva detto che era una pazzia andare in guerra d’inverno.”

Per alcuni secondi ci fu solo il vociare dei soldati al di fuori della tenda a colmare il silenzio tra i due ragazzi.

“Ron, ho bisogno che tu vada a Durmstrang.”

“Me lo stai chiedendo come Principe o come amico?”

“Come un amico abbastanza influente.” Le labbra si distesero in un sorriso e alzò il bicchiere in segno di riconoscenza.

Ron fece altrettanto, per poi bere in un solo sorso il vino rimanente. “Se mi catturano, Harry,  dovrai passare sul mio cadavere per prendere in sposa mia sorella.”

 

 

***

 

 

Harry stava controllando per l’ennesima volta la cartina distesa sul grande tavolo nella sua tenda.

Doveva esserci un passaggio, un sentiero, una falla in quella montagna. Eppure, più studiava la mappa, più le possibilità di trovare una falla diminuivano: il fiume era gelato, potevano passarci sopra una ventina di uomini, ma i cavalli e i carri ne avrebbero incrinato la superficie, rendendo impossibile il transito di tutto il suo esercito; la neve, poi, aveva creato un muro tra la valle dove si trovavano loro e lo stretto sentiero che passava tra i piedi della montagna. Aveva già messo alcuni uomini a spalare la neve, ma se di giorno riuscivano a scavarne una decina di metri, di notte cadeva così tanta neve da rendere vani gli sforzi precedenti.

Tuttavia, devono essere passati da qualche parte per tornare all’interno del Castello Oscuro.

Da dove? Dove?

Sbatté un pugno contro la mappa, nel momento in cui Fred e George, i fabbri, entrarono nella tenda.

“Sire…” Iniziò Fred, non proprio sicuro di essere entrato nel momento giusto. Vide il Principe prendere un respiro profondo e alzare lo sguardo su di loro. Entrambi i fratelli si inchinarono, poi George iniziò a parlare. “Siamo qui per darvi buone notizie, signore.”

“Alzatevi.” Ordinò senza enfasi. “Quanto buone?”

Fu il turno di Fred. “Abbiamo trovato un passaggio. Probabilmente è il punto in cui si sono ritirati.”

 

 

 

Il passaggio trovato dai gemelli Weasley era un tunnel sul lato ovest della Montagna Solitaria. Era coperto dagli abeti e dagli arbusti di more e bacche selvatiche.

Il sole delle quattro del pomeriggio rendeva visibile la piccola caverna posta a pochi metri dall’inizio del corridoio di pietra.

“Passavamo qui vicino per cercare legna da ardere nella fornace.” Aveva spiegato George entusiasta mentre Fred mostrava a tutti il tunnel scavato nella roccia. “Credo sia stata la Provvidenza a portarci qui, Signori, e questa è la Vostra unica via di entrata.”

Sir Piton guardò all’interno della caverna, indignato. “Ci avete fatto venire fin qui per un tunnel sbarrato dalle pietre!”

Sul viso di Fred si formò un’espressione furba. Assomigliava più che mai ad una volpe di fronte ad un pollaio. “Se foste andato sopra il tunnel avreste visto che quelle pietre sono franate, chiudendo l’unico passaggio di entrata ed uscita per l’esercito di Lord Voldemort. Date un’occhiata.”

Il principe fu il primo a salire la breve scarpata e a guardarvi oltre: c’era una vallata innevata, sovrastata dal Castello Oscuro; molti soldati stavano rompendo le pietre, spostando la terra, tagliando gli alberi franati. Erano bloccati nella loro stessa montagna. 

Suo padre era lì dentro, tenuto in ostaggio dal sovrano più temuto ed odiato di tutti i regni.

Dovevano solamente liberare il tunnel, fare lo stesso gioco dei nemici, prenderli di sorpresa e iniziare una battaglia con i braccianti che lavoravano alla frana. 

Avrebbero potuto battersi all’interno della vallata. No, li avrebbe limitati nel numero e nelle mosse. Dovevano portare fuori l’esercito del Signore Oscuro e fare battaglia, di nuovo, sulla valle dove ora accampavano. 

Ma, una speranza c’era.

“Dobbiamo aspettare Durmstrang e Beauxbatons per dare il via al salvataggio del Re. Nel frattempo, voglio che quest’unica speranza che abbiamo sia sorvegliata notte e giorno da due soldati. A ogni fine turno, un messaggero porterà notizie sull’avanzamento dei nemici. Sir Ruf, scelga lei i soldati e quanti, ma voglio che questo posto diventi la nostra priorità ora.” 

Sir Ruf inchinò la testa, in segno di assenso e spronò il cavallo a tornare all’accampamento.

“Se posso fare una domanda, Principe, vorrei chiederle come vorrebbe entrare in quel tunnel e sperare, anche minimamente, di intraprendere una battaglia in quella gabbia.” Il tono aspro e derisorio di Sir Piton giunse al Principe Harry come una provocazione. Intendeva metterlo in cattiva luce di fronte ai suoi generali.

Ma lui aveva già in mente cosa fare. “Ha ragione a fare questa domanda, Sir Piton.” Rispose con lo stesso tono duro. “Ma noi non intraprenderemo una guerra lì dentro, sarebbe come mettere un topo in una scatola e aprirla in mezzo a una dozzina di gatti. Questo passaggio ci serve per liberare il Re.”

Con orgoglio, guardò gli occhi del cavaliere indurirsi dalla rabbia. “E come vorreste fare?”

“Finché il passaggio non sarà aperto, non faremo nulla. Lasciamo che siano loro a fare il lavoro per noi. Quando avremo un varco, entreremo nella vallata con un piccolo gruppo di soldati e entreremo nel castello. Ormai, sia Sir Ronald che Sir Neville dovrebbero essere di ritorno con grandi notizie.”

 

 

***

 

 

The pines were roaring on the height

The winds were moaning in the night

 

I passi riecheggiarono lungo il corridoio. Solamente le torce appese alle pareti di pietra rendevano possibile vedere dove si stava camminando.

Un corvo passò accanto alla finestra, i cui vetri erano anneriti dalla polvere, e gracchiò.

I passi di Re Albus si fecero più pesanti, come se anche i propri piedi fossero consci dell’imminente pericolo. In tanti giorni di prigionia, mai il Re di quel castello lo aveva chiamato per un’udienza. 

Che fosse successo qualcosa a Harry? Che avessero perso un’altra battaglia?

In quei quattordici giorni non aveva fatto altro che chiedere notizie provenienti dalla valle, tuttavia nessuno aveva proferito parola. Le uniche voci che arrivavano alla sua cella erano quelle degli uomini torturati: le urla strazianti, le invocazioni di pietà, i pianti notturni. Volevano farlo diventare pazzo.

Se non si fosse concentrato sul numero di pasti che gli venivano serviti dalle guardie, su Harry e il desiderio di non lasciarlo solo alla guida del Regno, la sua mente sarebbe arrivata alla pazzia.

Le guardie lo fecero girare a destra per poi entrare in una grande salone.

Le due file di colonne, che reggevano il soffitto, erano nere e reggevano gli stendardi di colore verde scuro e argento in cui svettava un serpente con le fauci spalancate.

Sulle pareti, anch’esse nere, vi erano arazzi di guerre e vittorie passate: cavalieri a cavallo, soldati, arcieri lottavano contro scheletri e uomini fuoriusciti dalle proprie tombe. Ciascuno dei duellanti sembravano seguire con lo sguardo coloro che vi passavano dinanzi.

Un brivido percorse la schiena del re di Hogwarts. Chiuse gli occhi per un istante.

Per Harry.

Li riaprì e guardò di fronte a sé. Doveva proteggere Harry a tutti i costi, doveva intraprendere la sua battaglia contro l’essere che sedeva sul trono, fatto di serpenti intagliati nel legno di noce scuro, ma con venature vermiglie. 

Re Albus non poté non pensare che quelle venature fossero sangue di nemici.

Lord Voldemort lo fissava divertito dal proprio trono mentre accarezzava lentamente la testa di un serpente. Gli occhi erano arrossati ed in netto contrasto con la carnagione pallida, quasi diafana, e le vesti nere. Sulla testa portava la corona: un anello argentato su cui era incastonato uno smeraldo. “Nagini, il nostro ospite è arrivato.” L’animale aprì gli occhi e sibilò con la lingua: come un cane quando manifesta felicità al proprio padrone.

“Voi, andatevene.” Ordinò alle due guardie, senza degnarle di uno sguardo. La sua attenzione era tutta per il re più famoso ed elogiato del Nord.

Quando furono finalmente soli, Lord Voldemort si alzò in piedi, lasciando che il serpente si annidasse sul trono. “Re Albus di Hogwarts, quale onore averti qui.” Il suo sorriso era quello di chi gusta una vendetta.

“Mi domandavo quando avreste voluto incontrarmi, Lord Voldemort.” Il tono del sovrano era calmo e misurato. Doveva prendere informazioni su Harry, sapere tutto ciò che riguardava il suo esercito e cercare di fermare questa follia.

Il Signore Oscuro fece un gesto di scuse e si inchino in segno di scherno. “Mi dispiace che tu abbia dovuto aspettare tanto, ora mi farò perdonare. Codaliscia!” Urlò tornando seduto. Nagini era strisciata a terra e si era posta ai piedi del proprio padrone.

Da una porta a destra del trono fece il suo ingresso un uomo grasso e intimidito, si inchinò. “Sì, mio Signore?”

“Portami del vino. E non l’acqua colorata che ritieni essere tale, imbecille.” Sembrava avesse sibilato quell’ultima frase, tanto era il disprezzo che vi aveva riposto.

Il servitore si profuse in un ulteriore inchino per poi scomparire dalla porta da dove era entrato.

“Cosa vi ha spinto ad un’udienza con me, allora?”

“Ho bisogno di informazioni.”

Codaliscia entrò con un vassoio sul quale svettava un calice dorato. Lord Voldemort ne saggiò il contenuto e lo congedò con un gesto della mano. “Questi servi non sono più capaci nemmeno di preparare del buon vino. Non sei d’accordo con me?”

Re Albus lo fissò, mentre alla sinistra dell’uomo apparve un’ombra.

“Mio Signore, perché vi affidate ancora a quello stupido servo?” Lo canzonò la donna. Aveva uno sguardo lussurioso e labbra violacee. I denti erano anneriti così come le unghie, lunghe ed affilate, che stavano percorrendo la mandibola del nobile.

“Bellatrix, mia cara. Voglio presentarti un ospite molto speciale.”

Se Lord Voldemort lasciava che quella donna presenziasse alla loro discusse, doveva avere molta influenza su di lui. Forse, erano perfino amanti, pensò il re, rimanendo in silenzio.

“Re Albus di Hogwarts, che onore!” La risata della donna risuonò in tutta la sala. Fece un inchino e tornò ad accarezzare il viso del re.

“Suvvia, Bellatrix, il nostro ospite va trattato con rispetto. Pensava di poterci sconfiggere nelle nostre terre.”

“Perché sono qui?” Ne aveva abbastanza di quel ridicolo spettacolo di lussuria e superbia.

Gli occhi arrossati del Signore della Montagna Solitaria si assottigliarono, tanto da diventare due fessure da cui traspariva solamente odio. “Perché fino ad ora non sapevo cosa farmene delle tue parole. Ora, invece, le carte in tavola sono cambiate. Il tuo caro figliastro crede di essere più furbo del Signore Oscuro, ma non sa a cosa stia andando in contro.”

Harry era ancora vivo. Fu questo il primo pensiero che attraversò la mente del sovrano. “È un ragazzo saggio.”

Una risata. “Crede che i miei uomini non notassero i suoi soldati accampati al di sopra dell’ingresso al palazzo?”

Harry stava venendo a salvarlo.

“Crede davvero che lo avrei lasciato aspettare fino a che i miei uomini non avessero liberato il passaggio dalla terra e le pietre? Povero illuso.” Gli occhi di Voldemort brillarono mentre si alzava per scendere i due gradini che li separavano. Bellatrix si sedette sul bracciolo destro del trono. “Lui è venuto per Voi, Maestà. Vuole venire a salvarti e a riportarti al sicuro tra i tuoi uomini. Ma io sarò più abile di lui e lo prenderò nel sacco. Avrò in pugno il re e il principe in una guerra sola. Hogwarts diventerà mia.”

“Non ti sarà facile prenderlo. Lui non è stupido, Tom.” Mise in quel nome tutta la sua rabbia, sapendo bene quanto Voldemort lo odiasse.

“Come osi pronunciare quel nome?” Sibilò il Signore Oscuro, prendendolo per le vesti logore e sporche. “Nessuno osa più chiamarmi in quel modo.”

“Eppure questo è il tuo vero nome. Lord Tom Orvoloson della Casata dei Riddle.”

Quell’atto di sfida portò Lord Voldemort a schiaffeggiare il re, che cadde a terra sbattendo la testa. “Non osare. Mai più!” Urlò così forte che il serpente si issò, pronto a colpire l’anziano sovrano.

Lord Voldemort tornò al suo trono e prese un sorso di vino. Alle sue spalle Re Albus si rimise in piedi.

“Sai cosa detesto più di ogni cosa? Il tuo morboso attaccamento al passato. È per questo che quando prenderò il tuo bel principe, lo farò giustiziare davanti ai tuoi occhi.”

Per quanto volesse negarlo, il re sapeva che sarebbe successo veramente se Harry fosse finito nelle sue mani. 

Aveva preso con sé quel bambino, figlio del cavaliere più coraggioso e della guaritrice più abile del suo regno. Lo aveva presentato a tutti gli altri nobili come suo futuro erede e, solamente alcuni mesi prima lo aveva nominato cavaliere e poi Capitano dell’esercito reale. Non poteva vederlo morire. Sarebbe stato troppo doloroso.

“Tu non porterai via il mio erede.” Disse a voce alta. 

Lord Voldemort gli andò davanti, il sorriso era contornato dalle labbra tinte dal vino. “Hai ragione. Forse dovrei lasciare che i giovani prendano il posto al vecchio. Perché privarmi del piacere di vedere gli occhi del giovane principe di fronte al tuo cadavere?”

La bocca del re si asciugò all’istante. 

Lord Voldemort sfoderò la spada e la piantò nell’addome del re. Lo resse, prendendolo dal collo della veste. Avvicinò le labbra al suo orecchio e sussurrò: “Lunga vita al re.” E spinse più a fondo la lama.

 

 

***

 

 

The fire was red, it flaming spread

The trees like torches blazed with light

 

 

Proprio quella mattina Harry aveva guardato il cielo ad est e un sole rosso si stava innalzando nel cielo, tingendolo di sfumature vermiglie. 

“Quando si alza un sole rosso, figlio mio, significa che nella notte è stato versato del sangue.” 

La voce del re, suo padre, era riecheggiata nella sua mente e aveva lasciato dentro di lui una paura silente, che si era nascosta fino al momento in cui un giovane cavaliere, dall’armatura nera e il vessillo di Lord Voldemort alto sopra di lui, non giunse a cavallo al limitare dell’accampamento ed iniziò ad urlare.

“Sono un messaggero di Lord Voldemort. Desidero parlare con il Principe Harry.”

Harry attraversò il campo e si fermò ad un paio di metri dal soldato. “Come ti chiami, soldato?”

Il giovane scese da cavallo con un balzo. Era snello benché l’armatura ne nascondesse gran parte del fisico. Quando si tolse l’elmo, rivelò capelli biondi ed occhi grigi come la lama di una spada. Harry ebbe l’impressione di conoscerlo e ne ebbe la conferma quando si presentò. “Sir Draco della Casata Malfoy. Ho notizie da parte del mio Signore.”

Porse un cofanetto ed una pergamena al principe per poi tornare sul cavallo. Si rimise l’elmo e, prima di ripartire al galoppo, gridò sarcastico. “Lunga vita al vecchio re.”

Con mani tremanti, il principe ruppe il sigillo alla pergamena, lasciando a Sir Lumacorno il compito di aprire il cofanetto.

 

 

Hai osato sfidare il Signore Oscuro. Questo ne è il prezzo.

Il Re è morto.

 

Lord Voldemort

 

 

“Principe…” Sussurrò Sir Lumacorno tenendo tra le dita l’anello del re. La fenice intagliata era stata sfregiata da colpi di scalpello rendendola irriconoscibile. “È l’anello del Re.”

Il sole rosso non aveva mentito. Il Re era stato ucciso. Era colpa sua. Se solo avesse mosso alcuni suoi uomini prima, se solo avesse mandato un messaggero, se fosse andato a negoziare la propria vita con quella del re.

Suo padre era morto.

Harry urlò di rabbia, cadendo a terra e batté i pugni contro il terreno ghiacciato, provocandosi tagli sanguinosi alle mani.

Stava aspettando i rinforzi, ma sembravano non arrivare mai. 

Aveva lasciato suo padre nelle grinfie di quegli assassini. Non aveva fatto nulla per aiutarlo.

Sentì delle mani forti tirarlo su e sussurrargli delle parole di conforto all’orecchio. Era Padre Lupin. “Riporterò il Principe alla sua tenda e che nessuno vi si avvicini finché non lo permetterò.”

“Non puoi darci ordini, frate.” Sibilò Sir Piton che aveva raccolto la pergamena e ne aveva letto il contenuto. Aveva gli occhi lucidi.

“Perdonate la mia sfrontatezza, signore. Questa notizia ha sconvolto tutti noi. Ma più di tutti il Principe.”

 

“Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace.”

La voce di Frate Lupin rendeva l’accampamento un cimitero di soldati che camminavano con cautela verso la tenda del re. Era inginocchiato di fronte ad essa, con il crocefisso stretto tra le mani e le lacrime che scendevano lungo le sue guance arrossate dal vento freddo.

Chiuse con più vigore le dita attorno al pezzo di legno e, aggrappandosi ad esso, continuò con le preghiere. Non trovava altro per modo per trattenersi dall’ira che nel suo cuore stava aumentando. Il Re era stato come un secondo padre per lui ed ora era stato ucciso in modo barbarico da degli infedeli.

Come potevano essere figli di Dio coloro che avevano tolto la vita dell’uomo più giusto e saggio della Terra?

“Pater Nostrer qui est in coeli…” Ricominciò mentre sentiva i bisbigli dietro di lui aumentare, segno che molti dei soldati era venuto a quella veglia funebre. Qualcuno aveva anche acceso un fuoco e posto su di esso delle foglie di alloro: il fumo profumato saliva verso il cielo, come incenso.

 

 

***

 

 

Il fuoco dei bracieri ardeva e illuminava l’accampamento di Hogwarts, ora pullulante di soldati e cavalli stranieri. La vallata in cui si erano insediati, ora, era coperta da tende, tanto da non permettere più di vederne il suolo.

I fabbri lavoravano senza sosta notte e giorno, forgiando nuove armi, riparando quelle vecchie e ferrando i cavalli. Il suono dei martelli contro il metallo e l’incudine rintoccava assieme alle spade che si incrociavano nella zona dei soldati di Durmstrang, i quali stavano dando lezioni di duello a quelli di Hogwarts: era un tipo di lotta più fisica e grezza, ma che puntava alla sconfitta di coloro che gli si ponevano dinanzi. Dall’altra parte dell’accampamento, dove erano stati posti i bersagli di paglia e legno, gli arcieri di Beauxbatons si confrontavano con quelli dell’esercito del Principe Harry: gli archi erano più lunghi e pesanti, ma con una gittata maggiore, così da rendere possibile un primo attacco restando a molti metri di distanza.

Al centro dell’accampamento, svettavano tre tende: una rossa, appartenente a Sir Viktor Krum, una azzurra appartenente a Lady Fleur Delacours e una dorata, del defunto Re. Quest’ultima era stata ripulita per accogliere il corpo del sovrano, quando sarebbe stato recuperato dal Castello Oscuro.

“Dobbiamo entrare dal passaggio che abbiamo trovato alcuni giorni fa.” Insisteva il principe, premendo il dito indice contro la mappa, aperta sul grande tavolo della tenda di Sir Viktor. 

“Entrare lì dantro comporterebbe la morte di almeno cento uomini nei primi dieci minuti. Siete così sicuro di voler sacrifier tante persone in così poco tampo?” Gli occhi di Lady Fleur studiavano la cartina, tracciandone con le dita percorsi e strategie. Prese alcuni pezzetti di legno, intagliati per sembrare uomini a cavallo, soldati a terra ed arcieri. “Dovremmo mandare un mesajero che dichiari gherra aperta al Signore Oscuro. Apposteremmo arcieri sul passajio da Voi trovato, così come un piccolo gruppo di soldati a cavallo. Solamonte quando tutte le forze di Lord Voldemort saranno uscite dal castello, essi entreronno nel castello e recupereranno il Re.”

Sir Viktor prese un sorso di vino, si passò la lingua sul labbro inferiore e poi posò la coppa sul tavolo. “Avete dimenticato che arcieri non buoni a combattere corpo a corpo, mia Signora.”

Le labbra della donna si spiegarono in un sorriso di sarcasmo. “Gli arcieri, en fait, resteranno di guardia per uccidere chiunque insegua i nostri soldati.”

Harry non poteva evitare di vederla come una nuova Giovanna d’Arco: era bella, francese, devota a Dio e una guerriera. Il suo piano era pericoloso, ma se ben organizzato, sarebbero riusciti nell’impresa e vinto la guerra.

“Lady Fleur, la vostra intelligenza è un dono del Cielo.” Dichiarò Harry, con ammirazione. “Per questo lo appoggio in pieno. Io prenderò alcuni uomini del mio esercito e formeremo il drappello di recupero. Posso dirvi che sarà formato da almeno cinque persone, me incluso.”

“Siete il principe, unico erede del re, non potete  andare al Castello.” 

Il principe fissò lo sguardo su Sir Viktor. Non aveva intenzione di ripeterlo un’altra volta. “Io sono il principe di Hogwarts, figlio di Re Albus. È mio dovere recuperare quel corpo, anche a costo della vita, poiché non si dica mai che la mia devozione per Lui sia diminuita con la sua dipartita.”

“Inoltre ci sono minori possibilità che il principe muoia in questa spedizione che combattendo nel campo aperto.”

Sir Viktor scosse la testa, in segno di incomprensione e alzò il calice. “Se siete tanto suicida, mio Signore. Alla vostra spedizione e alla nostra vittoria.”

À notre victoire.”

“Alla vittoria.”

 

 

 

“Questa è una notte di veglia. È la notte prima della battaglia decisiva, quella in cui si deciderà se le tenebre vinceranno o se la pace finalmente invaderà queste terre. Voglio ringraziarvi per la vostra lealtà, la vostra fiducia verso di me. Come vostro principe e guida voglio dire ad ognuno di voi quanto mi senta onorato di poter combattere domani, con voi, sul campo di battaglia. Desidero ringraziare Sir Viktor da Durmstrang per le sue conoscenze nei duelli e Lady Fleur per la sua perspicacia militare.”

Dalle ultime file alcune voci e applausi si levarono. “Ringraziamola per averci fatto ricordare come sono fatte le donne!”

Senza unirsi alle risate di alcuni di loro, Harry finì il discorso levando in alto il calice di idromele. “Ad entrambi e ai loro uomini dico ancora grazie. Tutti noi faremo la storia domani. Che Dio ci protegga.”

“Che Dio ci protegga!” Urlarono tutti gli uomini alla luna piena e alle stelle.

 

“Bel discorso, Harry.” Sorrise Ron sedendosi accanto a lui davanti al fuoco, assieme a tutti i suoi uomini fidati più Fred e George.

“Sì, davvero toccante. Principe Harry, io e mio fratello abbiamo una richiesta.” Iniziò Fred guardandolo così seriamente che il Principe si domandò se stessero architettando uno scherzo.

“Sappiamo bene che sia una richiesta molto… Inusuale, ma ve la faremo comunque.”

I gemelli si guardarono un attimo e all’unisono parlarono. “Vorremmo diventare cavalieri.”

Non seppe il perché, ma Harry scoppiò in una risata che cercò di soffocare bevendo dell’idromele. Quei due cavalieri? Credevano di poter scherzare anche in un momento simile? Non si sarebbe aspettato di meno, però li considerava persone intelligenti, furbe, che erano coscienti del proprio posto nella società e che, quindi, un fabbro non può divenire un cavaliere dal giorno alla notte.

“Ora smettetela di scherzare.” Disse serio, abbassando lo sguardo sul fuoco che ardeva vivace.

I due fratelli protestarono. “Scherzare? Noi non stiamo scherzando, Signore! Vogliamo partecipare alla guerra!”

“Siete due fabbri, cosa potete fare domani contro dei veri soldati? Non avete alcuna preparazione, vi condannerei a morte.”

“Sarebbe una morte onorevole!” Detto questo si alzarono e scomparirono tra la folla.

Harry sospirò ed iniziò a giocare con un legnetta trovato lì vicino. Detestava far arrabbiare qualcuno, ma doveva pensare al bene di tutti, anche degli uomini più poveri.

Tutti sono necessari, Harry. Ogni singolo uomo è importante per il Regno.

Era questa la lezione più preziosa che suo padre gli aveva insegnato. Senza il fabbro chi avrebbe ferrato i cavalli? Senza il panettiere chi avrebbe mangiato? Senza il contadino cosa ci sarebbe stato sulle tavole di tutti?

In più, adorava Fred e George, non poteva mandarli al macello per un loro desiderio.

“Principe, stavo pensando alla storia di San Giorgio.”

Il nobile alzò la testa per guardare Sir Neville, posto dall’altra parte del falò. Aveva il bicchiere di vino caldo stretto tra le mani, per scaldarle.

“Un uomo semplice che diventa cavaliere e che sconfigge un drago. Dio, a volte, nasconde le gemme più preziose tra i poveri.” Sorrise dolcemente il cavaliere.

“Cosa c’entra con quello che sta succedendo?” Domandò Ronald addentando del coniglio arrostito,

“Oggi stiamo vivendo un periodo buio, di paura, in cui anche uomini come Fred e George possono fare la differenza.” Poi spostò lo sguardo sul Principe. “È come nelle grandi storie, Principe Harry, quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma, alla fine, è solo una cosa passeggera, quest’ombra. Anche l'oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno e quando il sole splenderà sarà ancora più luminoso! Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché. Ma credo di capire ora, adesso so: le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto... andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa."

Harry gettò via il bastoncino. “Noi a cosa siamo aggrappati, Neville?”

“C'è del buono in questo mondo. È giusto combattere per questo.”

Harry avrebbe voluto negarlo, ma il discorso di Neville lo aveva risvegliato. Lui doveva proteggere i suoi sudditi, ma se lui era il primo a prendere spada e scudo e buttarsi nella mischia, come poteva vietare a due ragazzi di difendere ciò che amano? Fred e George erano stati decisivi per la scoperta di quel passaggio, unico punto della Montagna Solitaria che li avrebbe condotti al Castello. Era merito loro se domani sarebbero riusciti a recuperare il corpo del Re, ad espugnare quel Castello e a demolirne l’esercito dall’interno.

Guardò la luna e ripensò a Ginevra, con il suo vestito semplice e i capelli legati con un fermaglio d’osso, mentre ballavano alla festa d’estate. Ripensò alle lentiggini che aveva baciato, con reverenza, e alle sue labbra, che aveva divorato. 

Harry si domandò se i due gemelli fossero un segno divino, senza i quali la guerra non potesse essere vinta. 

“Ron, va dai tuoi fratelli. Che inizino la notte di veglia.”

 

 

“Perché vuoi diventare cavaliere? Per avere gloria? Per avere ricchezze? Se è così, vattene, ne sei indegno.”

“Voglio diventare cavaliere per onorare Dio, la religione, la giustizia e la cavalleria. Lo giuro su questa spada, mio signore.” Fred Weasley, nella sua tunica bianca, era inginocchiato di fronte al Principe. Aveva uno sguardo sicuro e, Ron ne fu meravigliato, parve assumere una luce negli occhi che mai aveva visto prima: orgoglio.

“Se questa è la tua intenzione, possa il Signore sorreggerti e indicarti la via.” Il principe diede lo schiaffo sulla nuca del giovane per suggellare il giuramento, poi gli porse la spada, lo scudo, su cui era disegnato il leone rampante, e l’elmo.

Poi fu il turno di George, il quale esattamente come il gemello rispose senza alcuna esitazione.

Entrambi i nuovi cavalieri, presero le proprie spade, gli scudi e misero gli elmi sotto il braccio, per poi girarsi verso i soldati accorsi all’evento.

“In nome di Dio, San Michele e San Giorgio, ora siete cavalieri!”

E, allo scoppio delle grida di esultanza e il clangore della spade contro gli scudi, il Principe Harry capì che nulla sarebbe stato impossibile.

 

 

 

 

“Molti soldati giurarono di aver visto un uccello di fuoco volare sopra l’esercito del Principe Harry durante tutta la battaglia. I nemici venivano accecati e fuochi improvvisi ne spaventavano i cavalli, facendoli cadere a terra e facendo morire i loro cavalieri.” 

La legna si era consumata, nel grande camino, ma la cenere emanava ancora del tepore, che bastava a scaldare gli uomini lì seduti ad ascoltare il racconto di Hagrid.

“Così come morì Sir Fred?” Domandò Teddy, gli occhi brillavano dall’emozione.

Il grande uomo sospirò dolorosamente. “Sì, Teddy. Sir Fred fu schiacciato dal cavallo di una cavaliere chiamato Fenrir Greyback, i presenti dissero che sul volto del giovane cavaliere vi era un sorriso di vittoria. Alla fine della guerra, molti dissero che poco prima di morire, Dio gli avesse rivelato che avrebbero vinto la guerra.”

“Che ne fu di Fenrir?” Domandò Ernie McMillan, mentre si scaldava le mani.

“Fu ucciso da Sir Ronald. Dopo aver recuperato il corpo del Re, vide il cavallo cadere sul fratello. Sir Greyback non finì nemmeno la sua risata, che la spada del cavaliere gli diede la morte.”

Gli occhi del bambino si riempirono di paura e, allo stesso tempo, ammirazione. Quanto avrebbe voluto diventare cavaliere anche lui, andare in guerra e difendere le persone che amava dai nemici.

“Ora è il momento di andare a letto, Teddy.” Sorride Lavanda, scompigliandogli i capelli. “Hai avuto la tua storia stasera.”

Teddy si alzò in piedi controvoglia, poi dopo alcuni secondi, rizzò la schiena in modo solenne. “Anche io diventerò un cavaliere, un giorno!”

Hagrid rise vedendo tanto ardore in un bambino così minuto. “Forse, un giorno, lo diventerai.”

 

 

Fine

 

NdA:

* Il mondo è, infatti, pieno di pericolo e vi sono molti posti bui. Ma c’è ancora molto di buono. E benché in tutte le terre, l’amore è    
   ora mescolato con il dolore, esso cresce, forse, ancora di più.​

Se siete arrivati fin qui significa che la storia vi abbia coinvolto e vi sia piaciuta. 

Vi ringrazio per aver avuto la curiosità di aprirla, la pazienza di leggerla e, spero, la voglia di commentarla.

Ringrazio i giudici per la possibilità che ho avuto di scrivere questa storia. Era da molto che volevo farlo, ma non trovavo mai né il tempo né il pretesto per iniziare. 

Credo che si possa ritenere questa storia una dedica a J.R.R. Tolkien, date le numerose citazioni che vi ho inserito. 

 
  
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