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Autore: Sam27    10/01/2015    3 recensioni
Ci sono alcune cose che ho imparato da brava fan girl:
1. “Asjdnbvfuhuj” riassume tutto. E con tutto intendo qualsiasi cosa talmente pucciosa da poter essere riassunta.
2. La nutella è la tua migliore amica. Nonché la soluzione a qualsiasi tuo problema.
3. Si può sopravvivere dormendo solo tre ore. E mangiando molta Nutella, mi sembra sottointeso.
4. Libri e computer sono l’ingresso per il paradiso. Potete anche sostituire il computer con uno Smartphone, un Iphone o un tablet. Ed ovviamente aggiungete la Nutella.
5. Quale marca di fazzoletti è più resistente. I fazzoletti Tempo sono eccezionali, me ne servono solo cinque pacchetti a libro.
6. I personaggi immaginari sono migliori di quelli reali. Infatti sembra che il mio ragazzo ideale non esista. Io vorrei solo che avesse la dolcezza di Peeta Mellark, l’umorismo di Fred Weasley, il coraggio di Peter Pevensie, la bellezza di Finnick Odair, il sarcasmo di Jace Shadowhunters e l’intelligenza di Caleb Prior. Forse chiedo troppo?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Potremmo Volare'
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8.Zitto e Nuota
“Il saggio sa di essere stupido,
è lo stupido, invece,
che crede di essere saggio.
W. Shakespeare”
Cammino nel lungo mare senza una destinazione precisa, cammino e basta.
Lo sguardo fisso in un punto impreciso.
Non penso a nulla o forse i pensieri sono fin troppi per potermi concentrare su uno solo.
Una strana tristezza inizia ad avvolgermi.
Continuo a camminare mentre il suono del mare è l’unica cosa a cui presto attenzione.
Arrivo ad una scogliera, una protuberanza nel mare sulla quale il sole splende e il mare sovrana. Tolgo le ciabatte e ci salgo a piedi nudi.
Arrivo fino alla punta e lì mi siedo, punto il mio sguardo sul mare e lascio che i pensieri fluiscano via, come se avessi un Pensatoio e una bacchetta.
Niente più pensieri.
Solo il mare.
Presto inizia a soffiare un vento leggero ma pungente e i bagnanti ritornano agli ombrelloni, lasciandomi sola in questa infinita distesa d’acqua.
Sento dei passi dietro di me, ma scuoto la testa, cercando di concentrarmi solo sul rumore del mare.
Qualcuno si siede al mio fianco, chiudo gli occhi, non ho voglia di rispondere alle domande di un qualche turista che biascica appena l’italiano.
Quando il qualcuno appoggia una mano sulla mia gamba sobbalzo.
Apro gli occhi ed incrocio quelli di Federico.
Che cosa vuole questo adesso?
-Che vuoi?- dico, secca, scostandogli la mano.
-Fare due chiacchiere-
-E perché dovrei fare due chiacchiere con te?- dico sbuffando contrariata.
-Perché sono bello- risponde lui facendo spallucce.
-Quando distribuivano l’intelligenza facevi la fila per le stronzate? Perché ne escono davvero tante dalla tua bocca- rispondo continuando a fissare il mare, sperando che se ne vada.
-E non sai cos’altro può fare la mia bocca- dice lui rimettendo la mano sul mio ginocchio.
Questo è cretino, ma tanto anche.
Ho davvero voglia di prendergli a morsi la mano.
Credo che lo farò.
Volto la testa verso di lui, lanciandogli un’occhiataccia.
-Ci stai provando?- gli domando esterrefatta.
-E se anche fosse?-
-Beh, come dirtelo- inizio io fingendo di pensarci –ti trovo brutto, stupido, ignorante e deficiente inoltre non mi metterei con te nemmeno se mi offrissero in cambio una libreria contente tutti i libri del mondo e, fidati, per quella libreria farei qualunque cosa.-
-Mi trovi brutto?- domanda avvicinando ancora il viso al mio, con un ghigno sul volto.
-Già e poi non vorrai stare con una “secchioncella” dal grasso e grosso sedere come il mio-
-Più sedere c’è meglio è e poi questo copricostume lo risalta moltissimo- dice avvicinandosi ancora.
-Senti Federico, te lo dirò un’ultima volta: sparisci-
-Posso prima dirti un’ultima cosa?-
-Poi te ne andrai a fanculo?-
-Ovunque voglia tu-
Alzo gli occhi al cielo, più seccata che mai, ma annuisco.
-Sei bellissima- dice guardandomi negli occhi con i suoi azzurro ghiaccio.
Sarebbe romantico se fossimo in un film.
Invece provo solo ribrezzo. Tanto ribrezzo.
-Mi fa piacere, ciao- dico tornando a guardare il mare.
Lui si gratta la testa perplesso ed assomiglia molto ad un grosso scimpanzé fuggito da uno zoo.
-Ehi..-
-Ma non dovevi andartene?- gli domando stizzita.
Mi giro verso di lui, pronta a dirgliene quattro ma, prima che io possa averne il tempo, mi bacia.
Sento le sue labbra morbide, sulle mie e la sua lingua che cerca di intrufolarsi nella mia bocca, le sue mani che mi circondano il viso.
E, senza volerlo, arrossisco ma nel contempo lo stomaco mi si stringe al pensiero che il mio primo bacio sia stato dato ad un essere del genere.
Mi riprendo dallo shock e lo spingo via.
Prima che possa urlargli in faccia tutti gli insulti dei quali il mio vocabolario è ben provvisto una voce mi precede.
-Io te l’avevo detto che ti avrei spaccato la faccia- dice Alessandro caricando la mano.
Gli sferra un destro niente male sull’occhio ed un sinistro in pieno stomaco, per completare l’opera lo spinge a terra e Federico non tenta nemmeno di protestare, si limita ad alzarsi arrancando e ad andarsene.
-Tutto bene?- mi domanda.
Devo avere una faccia sconvolta se si rivolge in modo così dolce a me.
-Visto che c’eri potevi arrivare un po’ prima, no?- gli domando rabbiosa.
Invece di stare a messaggiare, per esempio.
-Non sapevo dove fossi finita, se tu me l’avessi detto…-
-Certo, tempismo perfetto comunque, ancora un po’ e “ciao ciao” verginità di Eleonora-
-Eddai non essere melodrammatica-
Io gli scocco un’occhiataccia.
Non mi ha mai vista melodrammatica.
-Mi sarei aspettato un “grazie” come minimo- dice lui guardandomi dubbioso.
-Grazie- dico secca prima di avviarmi nuovamente verso la nostra spiaggia.
Non ce l’ho con lui, non sul serio.
Ho dato il mio primo bacio ad un deficiente e lui mi ha impedito di picchiarlo con le mie stesse mani, ma non ce l’ho con lui.
Ce l’ho con me stessa per aver lasciato che questo accadesse, con Federico e con sua madre che l’ha fatto nascere.
Camminiamo in silenzio ed il ritorno mi sembra spaventosamente lungo, siamo appena a metà della camminata quando Alessandro rompe il silenzio.
-Nei libri di solito la principessa bacia il principe quando lui la salva, come minimo- dice scherzando.
-Non ce l’ho con te- ammetto infine.
-Ah no?- domanda sarcastico, sbuffando.
Io faccio una smorfia a mia volta. –No-
-Dovrei?- aggiungo dopo un po’.
-No, non dovresti- dice lui scuotendo le spalle. –E scusa se messaggiavo così tanto ma c’era qualcuno che aveva bisogno di me-
-Sembra incredibile-
-Che cosa?-
-Che qualcuno possa veramente avere bisogno di te- dico ironica.
Lui fa una smorfia ed io rido.
-Era il mio primo bacio- sussurro osservando il mare.
-Oh-
Dice solo questo ma, in fondo, cos’altro potrebbe dire?
Lui ovviamente avrà dato il suo primo bacio anni fa.
E non è di certo colpa sua se apparteniamo a due categorie di persone diverse: io ai diversamente belli, lui ai super fighi.
Non è mica colpa sua, povero, è solo da compatire.
-Mi dispiace- dice interrompendo il flusso disordinato dei miei pensieri.
-Fa niente, che vuoi che sia? Il bacio che ricorderai per sempre e che sogni per tutta l’infanzia- dico disegnando con la mano destra un grande semicerchio –dato ad uno stolto- continuo con voce drammatica, alzando e poi abbassando il braccio
–Cosa ne sarà del mio bacio perduto? Come farò a preservarne il ricordo così acerbo?- domando cadendo in ginocchio e osservando il cielo
–Oh Dei che mi seguite dall’alto fate sì che la vostra più fidata seguace possa riprendersi ciò che le è stato rubato anzitempo- concludo abbassando la testa.
Lascio che qualche secondo di silenzio coroni il tutto prima di alzarmi in piedi. –Questo è fare la melodrammatica- ammicco.
Lui mi guarda basito, poi scoppia a ridere mentre riprendiamo a camminare.
-Scommetto che il tuo colore preferito è il giallo- dice lui osservandomi di sottecchi.
-Sì.. come fai a saperlo?-
-Beh perché è il colore che mi piace di meno-
-Ma non mi dire- dico con una smorfia.
Lui fa spallucce.
-Ma non il giallo fosforescente e osceno, amo il giallo puro e splendente del sole-
-Non indossi spesso vestiti gialli- osserva pensieroso.
-Non mi piace il giallo sui vestiti- dico con una smorfia –ho solo una giacca, ora che ci penso, ma preferisco colori più sobri-
Continuiamo a parlare e a camminare fino a che non arriviamo all’ombrellone.
-Siete stati via tutto il pomeriggio- osserva mia madre contrariata. –Dove eravate finiti?-
Io faccio spallucce.
-Il tuo telefono ha suonato e vibrato tutto il pomeriggio- dice Laura in direzione di Alessandro.
Lui si affretta a prenderlo e a sbloccarlo mentre io lo guardo di sottecchi.
 
-Questa sera vestitevi comodi- ci avvisa papà mentre mangio la mia abbondante fetta di torta gelato ai mirtilli.
-Che serata prevedi?- mi domanda Alessandro mangiando la terza fetta di dolce.
-Smaltisci-e-riprendi – dico dopo averci pensato.
-E in che cosa consiste?-
-Lo vedrai- dico ridacchiando tra me e me.
-Chi vuole dell’altra torta?- domanda zia allegramente.
-Chi?!- chiede nonna –Chi è morta?-
-La torta- rispondo io sillabando.
-Non dire sciocchezze Nora, non può morire una torta-
-Ma infatti non è morta-
-E allora perché me lo dici?-
Io sbuffo, continuando a mangiare.
-Dai su passami un’altra fetta di torta, Beatrice.. Oh! Scusa Aurora!-
-Sono sempre Nora, nonna-
-Ma sì! Lo vedo che sei mora, su passami una fetta di dolce piccola-
Io sorrido accondiscende e rassegnata, porgendogliene una porzione.
-Anche io vorrei una nonna così!- esclama Alessandro ridendo.
-Sì ridi, ridi- dico io a denti stretti.
-Guarda che dico sul serio: è una grande tua nonna-
Io gli scocco un’occhiataccia senza degnarmi di rispondergli.
Quando raggiungo la mia camera afferro le mie prime due cose che mi capitano sotto mano e le indosso, senza prestare loro troppa attenzione, cerco poi invano di dare ai miei capelli un aspetto decente, invano; ci rinuncio, afferrando al volo un elastico.
Quando scendo le scale, pronta a partire, sono le otto e mezza.
Riusciamo a varcare il cancello solo un’ora dopo quando, finalmente, Elena si è decisa ad andare a letto con il suo mini-pony (che, a dispetto del nome, è grande quanto lei) e zio è riuscito a convincere Aurora che non stiamo fuggendo per lasciarle per sempre con i nonni, non è stato altrettanto difficile sbarazzarsi di questi ultimi: nonna Secondina ha iniziato a lavorare ai ferri per farmi un maglione e nonno Giuseppe si è piazzato davanti alla tv con i suoi pop-corn ed una telenovela spagnola.
-Allora che si fa?- domanda Alessandro allegro.
-Si cammina- sospiro io già esausta dopo neanche cento metri.
E non potrei avere più ragione.
Camminiamo, camminiamo, camminiamo, camminiamo e camminiamo.
-Mi fanno male i piedi-
-Siamo quasi arrivati- dice papà.
-Non sento più le gambe- annuncio mezz’ora dopo.
-Ci siamo quasi- mi risponde zia Anna.
-Credo di star morendo di sete- insisto qualche quarto d’ora più tardi.
-Mancano pochi metri- sbotta zio seccato.
-Se faccio ancora un metro muoio- annuncio bloccandomi in mezzo al marciapiede.
-Allora resta lì- dice mamma passandomi accanto e superandomi.
L’unico che si volta indietro a guardarmi è Alessandro, gli altri proseguono sicuri.
-Che ingrati- dico scuotendo la testa quando vedo che girano l’angolo senza il minimo segno di incertezza, poi sospiro e mi affretto a raggiungerli.
-Sei un fantasma?- ironizza zio vedendomi.
Io non gli rispondo.
-Non ti piace camminare?- mi domanda Alessandro.
-E da cosa l’hai capito?- gli chiedo ironica.
-E’ un’altra delle mie molteplici doti-
Io faccio una smorfia.
-Non fare lo scorfano brontolone!- esclama Alessandro tirandomi un buffetto sul viso –Quando la vita si fa dura tu sai che devi fare?
-Zitto e nuota
Nuota e nuota
Zitto e nuota
Nuota
Nuota e noi? Che si fa?
Nuotiam Nuotiam! –
Io sorrido, scuotendo la testa, mentre lui continua a canticchiare.
Una decina di minuti più tardi  Paolo, che è in testa, si ferma ed io non mi metto a ballare per la felicità solo perché sono troppo stanca. Entriamo dentro ad un pub piuttosto affollato.
-Cosa vuoi Eleonora?- mi domanda mamma.
-Non saprei..- dico mangiando con gli occhi il menù. -Una piadina con rucola, grana e speck-
-Ottima scelta!- esclama Paola –E’ ottima la piadina qui-
-Che cosa? Ma sono le undici!- esclama Alessandro perplesso.
-Te l’avevo detto che era la serata: smaltisci-e-riprendi-
-Ma abbiamo appena cenato!- insiste lui.
-Appena? Sono passate due ore-
Lui mi osserva torvo.
-Due ore sono tantissimo tempo-
Lui alza le sopracciglia.
Io alzo le spalle indifferente, già pregustando la mia piadina. –Fa come meglio credi-
Infine prende un frappé con nutella e panna.
E’ ormai quasi mezzanotte quando ci alziamo dal tavolo ed iniziamo ad avviarci verso casa.
-Zio?- domando dopo quasi tre quarti d’ora di marcia –Mi porti in braccio?-
Lui mi osserva per qualche secondo basito, fermandosi, poi scoppia a ridere.
-Questa sì che era una bella battuta!- esclama poi riprendendo a camminare.
-Papà tu..-
-Non ci pensare nemmeno: la partita di pallavolo dell’altro giorno mi ha procurato un gran bel mal di schiena-
-Non fare la bambina Nora: mi sembri abbastanza grande per poter camminare- mi rimprovera mamma.
Io sbuffo, poi vedo Alessandro ridacchiare e sorrido a mia volta.
-Mi porteresti in braccio?-
-Ma non scherzare neanche..-
-Bel cavaliere sei- dico scuotendo la testa.
-Hai solo un anno e  dieci o venti centimetri in meno rispetto a me e poi non posso prenderti in braccio perchè...- si azzittisce a metà frase arrossendo.
-Perché sono troppo pesante, sì- dico facendo una smorfia.
-Non era quello che intendevo- dice arrossendo ancora di più.
-Tranquillo so di non essere una piuma-
-Ma davvero non era quello che intendevo, vedi il problema è che io sono..-
-Sì ok- dico interrompendolo bruscamente.
Lui sospira poi scuote la testa. –Dai sali- dice indicando una panchina poco distante.
Senza volerlo mi ritrovo a sorridere, salgo sulla panchina e poi sulla sua schiena mettendogli le braccia intorno al collo.
-Potrei anche addormentarmi qui sai?- dico dopo un po’.
-Non ci provare nemmeno!- esclama lui allarmato.
Io rido.
-Non dovevi prenderla in braccio- dice mamma con gli occhi a cuoricino –Dovrebbe iniziare a crescere-
Io sbuffo vicino all’orecchio di Alessandro e lui sobbalza per il fastidio.
Certo che ha dei capelli davvero morbidi, penso osservandoli.
Faccio di tutto per restare sveglia, cercando di ridere alle battute degli altri e concentrarmi sulla voce di Paolo ma quando arriviamo all’inizio della via della casa dei nonni non riesco più a resistere e chiudo gli occhi, piombando in un semiveglia rilassante. L’ultima cosa di cui mi accorgo è qualcuno che mi rimbocca le coperte e qualcun altro che sussurra, ridacchiando: -E’ peggio dei bambini vero?-.
  
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