Fanfic su attori > Cast Lo Hobbit
Segui la storia  |       
Autore: Izayoi_1    11/01/2015    3 recensioni
Da Eva ci si aspetta molto ma quando le aspettative di chi la circonda non coincidono più con le sue lei vuole solo una cosa,un anno della sua vita per ritrovare se stessa e rinascere,prima di tornare ai doveri quotidiani. Vuole l'imprevisto e la novità e la cercherà nella city britannica,Londra.Sarà proprio qui che inizierà la sua nuova vita e quando il destino ci si mette ti fa incontrare due occhi color del ghiaccio che lasciano la mente senza pensieri o parole al solo guardarli,un incontro così inatteso per entrambi,una scintilla improvvisa tanto forte da lasciarli incantati.
Salve,questa storia è dedicata a Richard Armitage,mi immagino come sarebbe conoscerlo per caso e cercare di iniziare una storia tra diverse difficoltà.Leggete e saprete :)
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Richard Armitage
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Gli incontri non sono perfetti soltanto perché te li aspetti.
Ci vogliono milioni di occasioni mancate per coglierne
finalmente una. Milioni di incontri messi via,senza 
pathos,senza alchimia."

Massimo Bisotti


Eva si ritrovò a beccarsi un rimprovero per l'eccessivo ritardo al corso,dove mestamente si accomodò al suo banco e guardò avvilita il cellulare senza campo (è scientificamente provato che nei momenti peggiori il cellulare non prenda),alzò gli occhi al cielo e cercò di concentrarsi. 

La giornata era stata piatta,l'unico giorno libero della settimana dal lavoro lo aveva passato al centro di lingua inglese,ascoltando annoiata l'insegnante spiegare,facendo esercizi e ripetendo a pappagallo la pronuncia corretta. Ma nonostante tutto,inavvertitamente e silenziosamente il ricordo le andava sempre a quell'uomo,no,anzi,non a QUELL'UOMO,a Richard;al primo sorso si era accorta di aver preso l'ordinazione sbagliata,notando il nome sul bordo del bicchiere.
"Sicuramente è per questo che era uscito da Starbucks",si disse mentalmente con aria delusa. Sospirò a questo pensiero e cercò di consolarsi immaginando di essere rimasta lì impalata sul marciapiede,con il "suo" caffè in mano,mentre lui la raggiungeva e magari tra un sorriso e una scusa per l'errore sarebbero rimasti insieme a consumare la colazione. Scosse la testa ritornando alla realtà,si vergognò da sola per quel pensiero e cercò di non rimuginarci più.

Le prove teatrali lo avevano assorbito per tutta la giornata ma non appena si distraeva un attimo il pensiero di quella ragazza gli passeggiava per la mente. Durante la pausa aveva esaminato i biglietti che le erano caduti dalla tasca e lesse (per la milionesima volta) il nome sul bicchiere di Starbucks,che non aveva gettato.

Eva si trovava sulla metro e si rigirava il bicchiere tra le mani fissandolo,
"Chissà se lui è li" disse con un filo di voce e per un attimo pensò di fare un salto in caffetteria per accertarsene. La metro si fermò proprio in quel momento alla stazione dove aveva visto Richard (quando il fato ci si mette).

Dopo le prove,ormai erano quasi le 18,30,si era organizzato di andare a bere un drink ma qualcosa lo turbava,l'impazienza,l'ansia di uscire dal teatro e la smania di andare a vedere se anche lei,per qualche fortuito caso,forse spinta dallo stesso pensiero martellante di rivederlo si trovasse lì. A passo svelto fece la strada che separava il teatro dallo Starbucks,la speranza di vederla lo fece camminare più velocemente. Entrò a passo di carica nel locale,un sorriso leggero sulle labbra.

Si stava torturando le mani nel dubbio se scendere e andare a controllare,oppure rimanere dove era. Si muoveva nervosamente sul sedile,mentre i secondi passavano. Alla fine decise,si alzò di scatto e si diresse verso l'uscita. Il vagone era stipato di persone e muoversi era un'impresa e a pochi passi dall'uscita il suono che annunciava la chiusura delle porte la immobilizzò. Pochi secondi e con sguardo vitreo sentì la locomotiva riprendere vita. Chiuse gli occhi,qualcosa dentro di lei le disse che aveva veramente fatto un errore.

Guardò nella sala,in ogni angolo,persino nei bagni, insospettendo lo staff ma di lei nessuna traccia. Uscì dal locale e diede uno sguardo al tavolino che Eva aveva occupato quella mattina,era deluso,convinto che quella stessa sensazione che provava lui fosse riflessa in lei,che non era stata cieca a quello sguardo,che non lo avevo dimenticato con una scrollata di spalle non appena salita sul taxi...ma così non era stato.

Nonostante fossero passati i giorni sia Richard che Eva si pensavano,fissando quel nome scritto su di un bicchiere di carta come unica testimonianza reale di quell'evento. Si facevano mille domande,si costruivano mille strade alternative,mille bivi che avrebbero potuto cambiare quella loro mattinata e quei giorni.

Eva si ritrovava a sospirare profondamente (non faceva altro che fare quello) e ringraziava tutte le divinità presenti nel mondo per le ore che passava nel pub a lavorare,immersa tra ordinazioni e boccali di birra e cosa immancabile,presa in giro da Carl,il proprietario del locale che non appena aveva visto la ragazza la prima volta aveva capito che non sapeva fare assolutamente nulla e così si divertita a farle credere di aver sbagliato ordinazione,provocando le risate di tutti i clienti e l'infarto prematuro alla giovane cameriera. Li,in più,oltre ad aver trovato un luogo accogliente e scherzoso aveva fatto anche amicizia con Lucy e Stuart,rispettivamente la cuoca e il lavapiatti;i due ragazzi erano molto simpatici,alla mano e gentili ma soprattutto,come lei,si erano trasferiti a Londra: Lucy era Gallese,ricoperta di lentiggini e con un caschetto rosso che la facevano assomigliare a un personaggio un po' buffo di qualche libro per bambini,aveva "momentaneamente" interrotto gli studi di arte per la perdita d'ispirazione; Stuart,invece era Irlandese,e alternava i "suoi periodi blu" all'amore per il rock n'roll anni '80,insomma ancora doveva trovare la sua strada e la sua vera passione ma fino a quel giorno si spostava dove voleva,sempre alla ricerca di nuove ispirazioni.
"Beh non sono l'unica mosca bianca per fortuna" pensò Eva riferendosi alla sua fuga londinese.
Tuttavia era proprio quando smetteva di lavorare o di studiare e si trovava a camminare per la città che la sua mente la riportava a quegli occhi. Lo cercava sui volti degli altri uomini ma nessuno,nemmeno lontanamente,era lui,nessuno era Richard. Si era fermata sotto il Big Ben,i turisti intorno a lei sorridenti si scattavano foto intralciando il resto dei passanti che svelti si dirigevano alla metro ma nemmeno li,nel posto che più amava di Londra le si toglieva l'amaro di bocca per qualcuno di cui nemmeno sapeva come era il timbro della voce.
"Tutto questo è veramente inspiegabile,insopportabile,stancante,frustante,insoddisfacente e se continua così qualcuno mi scambierà per pazza visto che parlo da sola...e sto pure gesticolando" si era infatti ritrovata con una mano a tenere il conto di tutte le cose fastidiose che le provocava quella situazione e con l'altra a farla svolazzare in aria nervosamente. Sospirò profondamente e rumorosamente mentre si incamminava.

Era nervoso,non riusciva a concentrarsi e ciò gli faceva sbagliare i tempi delle battute e questo lo faceva andare su tutte le furie. La prima dello spettacolo sarebbe stata tra due settimane e lui non ne azzeccava una. Il pensiero di Eva lo accompagnava dalla mattina alla sera. Non se ne poteva dimenticare e basta visto che non si erano nemmeno rivolti parola? No,si ritrovava ad essere ossessionato dal ricordo per quella ragazza. Si rimproverò mentalmente mentre con gesto stizzito indossava il lungo cappotto blu scuro,si frugò nelle tasche e si assicurò che quei tre bigliettini e la mappa della metro fossero ancora li,poi una folgorazione,un'idea gli attraversò la mente;tirò fuori quei pezzi di carta e li esaminò attentamente: Trafalgar Tavern,The Ship Tavern e Cittie Of York,erano dei pub,magari lei lavorava lì oppure era una cliente abituale. Sicuramente era una follia ma voleva provare a cercarla,
"Ma per dirle cosa?" la domanda che la sua mente gli pose lo gelò,con precisione non sapeva nemmeno lui cosa dirle esattamente se l'avesse trovata,tentennò per diversi minuti in piedi davanti la porta d'uscita del teatro,inspirò forte e ricacciò quella domanda nell'angolo più lontano della sua mente,non si sarebbe fatto abbattere,non voleva.

Aveva iniziato subito la sua ricerca e si era diretto al Trafalgar Tavern,un classico pub inglese dagli interni in legno scuro,grossi boccali di birra lungo tutta la parete del bancone e una partita di calcio di qualche squadra straniera trasmessa alla televisione. Si sentiva impacciato per quello che stava per fare,si mise seduto in uno dei tavoli più isolati,così che nessuno avrebbe potuto sentire ciò che doveva chiedere ma non appena il cameriere gli si avvicinò gli ordinò una birra,non trovando il coraggio di fargli il suo terzo grado. Cercò di costruirsi un discorso mentale ma sembrava come se la sua mente sotto sforzo non producesse grossi risultati,doveva stare calmo. Proprio mentre cercava di capire come iniziare il discorso un cameriere dalla camicia di qualche taglia più grande di lui,viso pallido e con qualche bolla di troppo sulle guance,gli portò la sua birra. Senza dire una parola il giovane lasciò il boccale sul tavolo e se ne andò,lasciando Richard con gli occhi sgranati per non avergli dato nemmeno il tempo di ringraziarlo e così si trovò costretto a richiamare il giovane due volte e farlo tornare al tavolo. Quel gesto lo infastidì e guardò il cameriere con sguardo infastidito,
"Dovrei chiederle una cosa,saprebbe dirmi se lavora qui una ragazza di nome Eva?".
Il cameriere lo guardò inarcando le sopracciglia un po' intimorito e allo stesso tempo mortificato per la sbadataggine che aveva avuto qualche minuto prima,
"N-no signore mi dispiace".
Fu un brutto colpo quella risposta ma non si perse d'animo
"Per caso è una cliente abituale?una ragazza giovane,all'incirca sulla ventina,non molto alta,lunghi capelli neri,occhi scuri e un piccolo neo sotto il labbro". 
Per un attimo Richard si sorprese da solo nel notare come si ricordasse di un particolare così minuzioso come poteva essere un neo ma notando il giovane davanti a se si accorse che era leggermente impaurito per quelle domande.
"Mi dispiace signore ma non mi sembra".
Avrebbe voluto chiedergli altro ma preferì non insistere troppo,non lo avrebbe portato a nulla. Lasciò andare il cameriere scusandosi e bevve controvoglia metà boccale di birra massaggiandosi a ogni sorso le tempie. Cercò di farsi forza era convinto che l'avrebbe trovata al primo tentativo. Non terminò il liquido ambrato e se ne andò di malumore gustandosi la leggera pioggia che lo colpì una volta all'aria aperta.

Le sue giornate ormai seguivano un'ordine ben definito:
-Controllare Starbucks 
-Prove teatrali
-The Ship Tavern
-Prove teatrali
-Cittie of York
-Starbucks 
Ma niente,in nessun locale lavorava o aveva fatto domanda di assunzione una ragazza di nome Eva. Il senso di nervosismo si mischiava a quello d'insoddisfazione per non aver trovato nulla,ciò lo faceva essere di pessimo umore e poco incline a stare a contatto con altre persone,voleva starsene da solo e non essere costretto a parlare solo per educazione.
"Al diavolo!" disse a voce alta accartocciando quei bigliettini e gettandoli sul pavimento del camerino del teatro. Si passò nervosamente una mano tra i capelli,rimproverandosi per quell'idiozia. Chiuse gli occhi e respirò profondamente,cercando di calmarsi; poi guardò quei pezzetti accartocciati e con un sorriso mesto li riprese e lì notò una cosa sulla cartina della metro,la stazione di Earls Court evidenziata e sottolineata in grande. Il respiro gli si fermò in gola e sbarrò gli occhi.

"Eva una chiamata per te"
Carl la chiamò passandole il telefono.
"Cucchiaino ho fatto un pasticcio"
"Cosa hai fatto?" la voce ansiosa da madre apprensiva 
"Mi sono chiusa fuori casa...".
Silenzio,Eva si massaggiò le tempie esasperata dalla distrazione di Miriam.
"Vieni qui al pub a prenderti le mie chiavi"
"E come?ho tutto in casa,compresa la oyster e i soldi".
Esasperata era poco.
"Aspetta in linea".
Si diresse da Carl con la coda tra le gambe e il sorrisetto colpevole di chi aveva commesso una marachella e sperò che il suo datore di lavoro non la uccidesse.
"Carl scusami ma la mia coinquilina si è chiusa fuori casa e non può nemmeno venirsi a prendere le mie chiavi...potrei..?".
Gesticolò indicando la porta per fargli capire se poteva andare,l'uomo alzò gli occhi al cielo con disapprovazione.
"Va bene ma devi fare una volata".
Eva sorrise raggiante,prese di corsa le sue cose e si diresse alla metro.

Uscì dal teatro e si diresse alla metro per arrivare ad Earls Court,il cuore in gola.

Per il rotto della cuffia era riuscita a salire sul vagone,era accaldata per la corsa e cercò di ricordarsi di dover rimproverare Miriam per la sua sbadataggine. Arrivò davanti la porta di casa trovando l'amica seduta sugli scalini con aria annoiata. La fulminò con lo sguardo,le diede le chiavi di casa e la pregò di aprirle la porta quando sarebbe tornata dal lavoro. Quando riprese la metro per arrivare ad Earls Court si sentì improvvisamente stanca e per un attimo pensò al nome scritto sul quel bicchiere,
"Richard dove sei?" disse mestamente a testa bassa.

Erano le 23.00,c'era poca gente alla fermata di Earls Court. Era stanco per l'intera giornata passata tra le prove teatrali e la ricerca della ragazza con l'impermeabile rosso. Improvvisamente,però,si ritrovò a essere calmo,il nervoso che aveva accumulato in quei giorni era sparito. Si allentò il nodo della cravatta e si mise seduto su di una panchina.
"Se non dovesse arrivare con la prossima metro la lascerò stare,non la cercherò più". Sospirò e annuì per quella decisione.

Non erano trascorse molte fermate quando Eva si accorse di aver sbagliato direzione,l'ansia per la corsa,la preoccupazione di far tardi,la seccatura per la distrazione di Miriam e la sua grande incapacità di prendere i mezzi le avevano fatto sbagliare direzione. Era nel panico,sola e in tremendo ritardo.
"Respira Eva,dentro e fuori".
Fece profondi respiri e una volta ripreso un minimo di controllo corse al centro informazioni per chiedere quale direzione avrebbe dovuto prendere per Earls Court.

Richard si era visto sfrecciare via la locomotiva,la quinta da quando si era messo seduto in attesa e ogni volta che ne arrivava una e lei non c'era si ripeteva,
"Se nemmeno alla prossima scende me ne vado."
Ma ne erano passate cinque e lui era ancora li.

Persa,l'aveva persa...si trovava in coda al centro informazione e proprio quando era il suo turno l'operatore le aveva indicato un treno,che era quello che doveva prendere lei e che,ovviamente,stava partendo in quell'istante. La ragazza si portò sconsolata davanti la fermata,aspettandosi la chiamata di rimprovero di Carl. Le evinca da piangere e l'adrenalina di poco prima,data dalla corsa,la stava lasciando,facendola sentire fiacca e debole,
"Ci manca solo che svenga".

Sospirò seccato per averci provato così tanto in quei giorni,seccato per la sua stupidità per essersi fissato su di una perfetta estranea e un po' prendendosela anche con quella sconosciuta. Si alzò bruscamente dalla panchina,si battè le mani sui pantaloni,quasi per riprendersi e tornare nel mondo reale e si incamminò verso la scala per andare via.

Il vagone si stava fermando,Eva si avvicinò mollemente all'uscita sbuffando,spalle basse e occhi un po' lucidi per la preoccupazione.

Stava salendo gli scalini con passo deciso ma un suono,l'arrivo di un nuovo treno lo fece fermare e lo lasciò lì tra il dubbio se continuare dritto per la su strada o voltarsi e dare un'ultima occhiata.

Un volta aspettato il suo turno tra la folla che doveva scendere,finalmente mise piede a terra ma subito dopo qualche passo si bloccò...una forza che nemmeno lei conosceva le aveva fTto alzare gli occhi,percorrendo con lo sguardo la scalinata e trovando lui li.
"Richard..".

Era rimasto,aveva aspettato con il cuore in fibrillazione che tutti scendessero e alla fine l'aveva vista. Accorgendosi di trattenere il respiro per la felicità mista al sollievo e rimanendo stupito che anche lei,non appena scesa dal vagone,lo guardava,come se si ricordasse di lui,come a voler dire 
"Eccoti qui,finalmente sei arrivato".

I visi di entrambi erano spenti,stanchi per le fatiche del lavoro ma nel vedersi si illuminarono. Si ritrovarono così,l'uno davanti all'altra,un po' impacciati e senza parole,perché come facevano a dirsi che non avevano fatto altro che pensarsi e cercarsi in quei giorni?come facevano a dirsi che quel banale equivoco li aveva portati a sentire che si appartenevano e si conoscevano da sempre?

I battiti del cuore veloci,i rumori ovattati,oltre la sua figura vedeva tutto sfocato e mentalmente doveva imporsi di respirare per non andare in iper ventilazione. Il suo corpo era come di pietra,seppure avesse voluto muoversi non ci riusciva.

Si ritrovarono così,ognuno di fronte all'altro a pochi passi di distanza. Immobili come statue a fissarsi in silenzio,con gli occhi che però di urlavano di essersi cercati nei volti di mille passanti senza arrendersi mai.

Lui era pochi gradini più su di lei,una mano nella tasca del cappotto,l'altra che gli scendeva lungo il fianco e gli occhi non si muovevano da lei.

Le era mancata,come si sente la mancanza di qualcuno che si conosce da una vita e con la quale si condividono i lati migliori e peggiori di essa.
"È bellissima" si disse mentalmente,come fosse in trance.
I grandi occhi neri luccicavano per la sorpresa,le guance erano rosse,la grande sciarpa rosa e le sneakers le davano un'aria molto dolce,così sbarazzina che lo catturarono ancora di più.

Eva era lì davanti a quell'uomo e mai come in quel momento si sentiva come una bambina,troppo minuta nelle sue comode scarpe,così infantile con la grande sciarpa di lana doppia rosa che le copriva la bocca;mentre lui era così maledettamente perfetto nella sua camicia bianca,la cravatta blu scuro un po' allentata e il cappotto che lo abbracciava morbidamente 
"Cosa ci fa qui?" Si chiese guardandolo come si osserva un miraggio nel deserto.
"Muoviti a fare le scale,Carl ti sta aspettando". 
La sua vocina interiore la sgridò severamente con le braccia incrociate sul petto,il piede destro che veniva sbattuto velocemente e gli occhi stretti a fessura che la minacciavano di fare ciò che le veniva detto. La ragazza si mosse timidamente,il capo chino e le mani che si tenevano alla grande sciarpa,mentre le dita fredde al contatto con le guance tenute al caldo dalla lana le diedero un leggero brivido.

Il suo cervello non gli aveva dato nessun impulso,almeno nessuno di cui si accorse in tempo poiché non appena la vide muoversi le si portò davanti,adesso la giovane era a un passo da lui e si accorse che forse si era mosso troppo velocemente perché gli occhi di Eva erano impauriti da quel movimento improvviso e aveva fatto un passo indietro.

"Tu sei...la ragazza dello Starbucks",non era una domanda ma un'affermazione ed Eva si ritrovò ad essere riportata alla realtà dal timbro di voce di quell'uomo,baritonale,una delle più belle voci che avesse mai sentito,perché congiungeva la limpidezza con la potenza,ed era pastosa,pieghevole,elastica,profonda..la stessa profondità che vedeva riflessa nei suoi occhi che non erano il classico azzurro ma erano un color ghiaccio,così intensi ed espressivi che parlavano da soli.
"Mi ha riconosciuta".
Eva lo guardò sbalordita,erano passati sei giorni dal loro primo "incontro",ora si trovavano in una metro e lui...non si era dimenticato di lei. Con la voce più chiara e seria riuscì ad aprire bocca,
"Mi dispiace per il caffè,io non volevo ma ero in ritardo e non ho fatto caso al nome,sono mortificata".
Prese fiato perché aveva detto tutto di getto senza far pause. Si guardò intorno,cercando il modo di uscire da quella imbarazzante situazione. Cominciò a cercare nella borsa trovando il portafogli.
"Scusami ancora ti prego".

Quando Richard la vide prendere il portafogli gli si spalancarono gli occhi.
"No per favore,lascia stare,non sono qui per qui per quello".
La sua voce baritonale era rassicurante ma accompagnata da una nota d'ansia e istintivamente,non sapendo nemmeno lui il perchè,accompagnò quella frase toccandole la mano destra per farle mettere via l'oggetto. Le sue mani erano fredde,sottili,così piccole rispetto alle sue e si accorse che prima di allontanarla da quella di Eva passarono alcuni interminabili secondi,dove i loro sguardi sembrarono fondersi insieme.

"Le sue mani sono così calde,così morbide,mi piacciono".
Eva gli sorrise dolcemente,scaldata da quel lieve tocco che sembrava tanto familiare. 

Forse quel contatto (che le assicurava che lui era reale) oppure la fine di quella continua smania interiore che aveva poiché desiderava incontrarlo di nuovo,le diedero il coraggio di formulare a fil di voce e trattenendo un po' il respiro,la domanda che le martellava nella mente,
"Come mai sei qui?"
Il cuore rischiava di uscirle fuori dal petto tanto le andava veloce e improvvisamente l'ovvietà della risposta che lui stava per darle si fece spazio in lei:si trovavano in una metro,lui sicuramente era lì per raggiungere la sua destinazione. Eppure quella risposta così certa le sembrava anche la più improbabile. 

Richard la osservò serio in volto,sapeva che la risposta che stava per darle l'avrebbero potuta spaventare e ciò lo preoccupava,rimproverandosi di non averci riflettuto prima. Sorrise un po' in imbarazzo e le fece segno di sedersi su di una panchina e mentre si sedettero tirò fuori dalla tasca i tre bigliettini dei locali e la cartina della metro,Eva inarcò le sopracciglia riconoscendole 
"Credevo di averle perse"
Richard piegò le labbra in una smorfia mortificata,
"È difficile e strano da spiegare ma sappi che è la prima volta che mi comporto così,non è assolutamente da me". Pausa
"Sembra come se fosse stato fatto tutto con una logica precisa,che quegli equivoci così banali fossero come pezzi di un puzzle. Ti avevo subito notata nel locale,eri come il polo opposto della mia calamita...poi tu che prendi l'ordinazione e scappi via e questi bigliettini che ti cadono dalla tasca..ero uscito dalla caffetteria con il pretesto del caffè ma feci troppo tardi."
Si interruppe fissando un punto fisso del pavimento e immergendosi in quel ricordo,
"Ti pensavo. Il motivo per cui sono qui è perché stavo cercando e nonostante mi dicessi che dovevo andarmene perché non saresti arrivata non ci riuscivo".
Mentre parlava di getto si torturava le mani. Non era riuscito a guardarla negli occhi ma quando finì di raccontarle ciò che aveva provato vide che lo fissava sbalordita e per interminabili minuti attese che lei dicesse qualcosa.

Eva stava cercando di elaborare quelle parole,cercando di capire come due perfetti estranei,come erano loro due,avessero potuto provare dei sentimenti così affini. Non fu molto facile riscuotersi dal tuo torpore,l'aiutò a tornare alla realtà quel profumo di muschio che aveva sentito sei giorni prima e notò che Richard la guardava un po preoccupato.
Gli sorrise dolcemente,ripetendosi mentalmente tutte quelle magnifiche parole che aveva appena sentito e facendosi investire dalla felicità che le portarono. Gli strinse la mano,come se quel gesto fosse abituale,come se l'avesse sempre fatto. Come era strano ciò che stava accadendo,di quell'uomo sapeva solo il nome,nè i suoi anni,che lavoro facesse o dove abitasse,eppure lo conosceva,sentiva di conoscerlo da sempre (lasciandola meravigliata visto che era una persona molto diffidente).
"Capisco perfettamente cosa provi,ad essere sincera anche io ti pensavo e ho provato a cercarti...è una cosa così strana che nemmeno io so spiegarmela o capire cosa sia ma ora siamo qui,nonostante Londra sia così grande TU MI HAI TROVATA e te ne sono grata perché non sai quante volte avrei voluto poter tornare indietro e non prendere quel taxi. Perciò perché non ricominciare da dove eravamo sei giorni fa?perciò perché domani mattina non ci sediamo in quel famoso tavolo da Starbucks e parliamo un po'?"
Ma Eva fu brutalmente riportata alla realtà dalla chiamata di Carl che tra i denti la minacciava di sbrigarsi.
"Tempismo perfetto Carl",pensò tra se alzando gli occhi al cielo.

Si era irrigidita,il sorriso era sparito,qualcuno l'aveva fatta innervosire e istintivamente (come se fosse predisposto biologicamente) si accorse di volerla proteggere.
"Cosa succede?".
Eva fece un sorrisetto amaro,
"Suppongo che il mio datore di lavoro mi ucciderà,oppure mi licenzierà per l'eccessivo ritardo".
"Ti accompagno,gli dirò che è colpa mia del tuo ritardo".
Dicendo ciò si alzò sicuro porgendogli la mano per farla alzare. Eva sbattè gli occhi sorpresa per quella reazione inaspettata.
"No,non ce ne è bisogno,mi riprenderà ma lo saprò gestire.
Gli sorrise cercando di convincerlo di quelle parole e di convincere anche se stessa.
"Come è strano avere qualcuno che si preoccupa per te e di..difende quasi",
si alzò facendo questa riflessione,guardandolo come se volesse accertarsi che fosse vero.

Richard non era molto sicuro da quella risposta ma preferì non insistere ma fu irremovibile sul fatto di accompagnarla fino al locale.

Passeggiarono silenziosamente,a volte rilassati e altre un po' impacciati nel trovarsi a incrociare gli sguardi e così giunsero al pub.
"Sicura che non vuoi che rimanga?"
"Si tranquillo non ce ne è bisogno"
"Non fare tardi e vai subito a casa",avrebbe voluto aggiungere "non farmi preoccupare" ma evitò.
"Avvertimi,se vuoi ovviamente,quando sei rientrata,ok?"

Eva era felice di quelle piccole accortezze,felice persino di quelle semplici domande e quanto le faceva bene vedere che qualcuno non la dava per scontata,che aveva fatto i salti mortali per trovarla. Sta accadendo veramente a me?dove è finita la Eva che veniva vista come un'adulta che non aveva bisogno di qualcuno che si preoccupava neppure un minimo di lei? (Almeno secondo il suo vecchio fidanzato).

Si scambiarono i numeri i cellulare e tra l'impaccio del saluto e il rammarico nel dividersi Eva entrò nel locale,non facendo altro che guardare dalla finestra quell'alta figura che si allontanava e che proprio mentre si trovava sul marciapiede opposto della strada si voltò e la ritrovò lì a guardarlo,regalandole un sorriso raggiante che la fece avvampare.

Mentre si allontanava dalla finestra si ricordò di dover ringraziare Miriam per la sua distrazione,senza di lei non sarebbe uscita dal locale e non avrebbe incontrato Richard. Con un malcelato sorriso raggiante affrontò Carl ma di ciò che le disse non si ricordava una parole,dato che l'unica voce che aveva nelle orecchie era quella baritonale di lui.

Una cosa sapeva per certo Richard,quella notte addormentarsi non sarebbe stato semplice,tanta era la felicità e si riprovò a fare il conto di quante ore mancassero alla mattina per quanto era impaziente. 






ANGOLETTO DELLO SCRITTORE
Buongiorno a tutti amici,scusate per il ritardo ma tra le abbuffate natalizie e lo studio feroce in vista degli esami non ho avuto molto tempo.

Tornando a noi,Richard ha finalmente trovato Eva,si è fatto letteralmente in quattro per rincontrarla,a volte speranzoso e altre maledicendosi perché non riusciva a levarsela dalla testa. Perché,obiettivamente,chi è che non desidera essere rincorsa con tale insistenza da una persona a cui ti senti così legata? (Soprattutto se si tratta di uno come Richard).
Sicuramente questa affinità così "immediata",quasi a pelle,non è una cosa che capita con tutti e tutte le volte,ed è una cosa che non riesci a spiegarti,te la senti dentro e basta,nemmeno si può ignorare;bisogna sola non arrendersi e lui ha fatto così.
Per quanto riguarda l'incapacità nel prendere i mezzi pubblici io ne sono l'esempio vivente,evito di elencarvi le volte che mi sono persa -.-".


Detto questo vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo :)
Ringrazio come sempre chi legge e chi lascia una sua recensione,mi piace tantissimo e spero che continuiate a farmi sapere cosa ne pensate (fa sempre bene una critica).
A presto :)
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Lo Hobbit / Vai alla pagina dell'autore: Izayoi_1