Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Koa__    11/01/2015    6 recensioni
#Blackbeard, King of Pirate
#Me, you and nobody else
#The old story of "East wind coming..."
#Down in a dark well Terza classificata al contest 'Pensami' indetto da DonnieTZ
#Obsession
#Losing Control
#My brother is a murderer
#Upside down
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Lestrade, Mycroft Holmes, Redbeard, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Personaggi: Sherrinford Holmes; Mycroft Holmes; Sherlock Holmes
Note: Sherrinford Holmes è il terzo fratello Holmes. Non è mai apparso in un racconto di Doyle, ma è stato teorizzato. Si pensa, data la presenza perenne di Mycroft e Sherlock a Londra, qualcuno dovesse occuparsi dei beni della famiglia Holmes. Ritengo sia una supposizione corretta dato che, nel canone, la famiglia Holmes dà dimostrazione di essere piuttosto agiata. Questa storia si ispira alla frase di Mycroft, al termine di His last vow e che fa supporre che ci sia un altro fratello. Fisicamente me lo figuro come Tom Hiddleson.

Intro: Questa è la storia di quando l’Holmes dimenticato fece ritorno.


 

 
The old story of
“East Wind Coming…”

 

 
There's an east wind coming all the same,
such a wind as never blew on England yet.
It will be cold and bitter, Watson,
and a good many of us may wither before its blast.
But it's God's own wind none the less and a cleaner,
better stronger land will lie in the sunshine when the storm has cleared.
- Sir A.C.Doyle -

 


Sono passati degli anni, ma Londra non è cambiata. Pare essere sempre uguale, e nella sua continua e perpetua evoluzione, è rimasta la stessa. Immutata e mutante. Sono troppi i giorni ad essere trascorsi, troppi da calcolare a mente, eccessivi anche per poterli semplicemente ipotizzare. Ciò che lui sa, però, è che Londra è incredibilmente diversa da che l'ha vista l'ultima volta e se ne rende conto nell’attimo in cui l'occhio gli cade su quel grattacielo, un tempo non esisteva. Anche quella costruzione, là sulla sinistra che si staglia sul fiume rispecchiandosi nelle grigie acque del Tamigi, gli pare di non averla mai vista prima. Proprio come supponeva, la città non è cambiata di una virgola: è sempre diversa, non si ferma mai. Londra è, in effetti, una perfetta metafora dell'esistenza in cui tutto si evolve e muta, cresce pur rimanendo perfettamente identico a sé stesso. In fin dei conti, si dice, quell’immensa metropoli è un po’ come lui ovvero un Holmes diverso da quello che era una volta, eppure sempre e terribilmente sé stesso. Un Holmes dimenticato e perduto dalla memoria dei più, come un barbone che dorme in un vicolo e al quale nessuno bada. Un Holmes che, adesso, porta lo sguardo imperturbabilmente gelido al proprio riflesso che si dipinge con leggerezza sul vetro della finestra, quasi fosse un alito di vento lieve ed appena percettibile. Si sente invecchiato, Sherrinford e la colpa è quasi certamente dei ricordi che, bastardi, sono pericolosamente riaffiorati facendolo vacillare. Ha tentato di ricacciarli indietro, di scordare il suo esser stato bambino, ma concentrarsi su altro non è servito. E sarà perché si sente solo e sciocco, che si arrende ad essi e prende ad indugiare su quelli che considera maggiormente preziosi. In quasi tutti c’è sua madre e i suoi sorrisi, le ripetizioni di matematica, i biscotti nel forno. In altri c’è suo padre e le domeniche trascorse a pescare in riva al fiume. In nessuno di essi ci sono i suoi fratelli, i due piccoli, intelligenti e geniali Holmes non sono ciò che Sherrinford considera parte della famiglia, quella stessa famiglia che inizia e finisce con mamma e papà. Sembrerebbe strano a dirsi, specie considerando che non ci sono molti anni di differenza tra lui e Mycroft. Ciononostante, non ha mai avuto dei veri e profondi rapporti con lui, la sua idea di fratello è più paragonabile a quella di una lontana conoscenza, di certo non è mai stato intimo con nessuno di loro. Durante l’infanzia avevano mandato lui e Mycroft a studiare in istituti differenti, non si vedevano quindi che durante le vacanze estive. Una volta terminata la scuola, invece, Sherrinford aveva preso una strada che lo aveva portato lontano dall’Inghilterra. Lontano dalla sua famiglia. In quei pochi incontri che avevano avuto, entrambi si erano sempre comportati in maniera fredda e distaccata, quasi si trovassero ad un meeting d’affari; con Sherlock, invece, è sicuro di non averci mai neanche parlato. L’ultima volta che lo ha visto era ancora un bambino e dopo di allora… beh, tutte le volte che ha tentato di approcciarsi al più piccolo degli Holmes, si è sempre scontrato contro una difesa impenetrabile. Pare che per lui, Sherlock Holmes sia inavvicinabile. Non conosce il vero motivo, non sa come mai Mycroft abbia fatto di tutto per tenerglielo lontano, ma è certo che non abbia a che vedere con il delitto che ha commesso, non sa e non lo ha mai veramente capito. E se un tempo non gli interessava, adesso vuole sapere.
«E il vento dell’est riprese a soffiare...» Il tono è tagliente e apparentemente beffardo, ma Sherrinford non ci bada, né si lascia intimorire da quella parvenza di minaccia a cui fa caso da talune sfumature ruvide. Pare assurdo, ma più che prestare attenzione alla voce e alle parole che il suo ospite gli ha rivolto, si lascia distrarre dai rumori. C’è Londra che vive al di fuori di quelle finestre serrate, c’è il battere della pioggia sui vetri e il lieve ondeggiare della pendola antica, c’è il suono dei tacchi delle scarpe italiane che il nuovo venuto indossa e che picchiettano sul pavimento e c’è la punta d’acciaio di un ombrello che, ora, sfrega contro il legno scuro del parquet. Lui, Sherrinford, non ha bisogno di voltarsi per capire di chi si tratta. Non parla a nessuno dei suoi fratelli da tempo, ma tutti e due sono ben presenti nella sua memoria e di tanto in tanto riaffiorano sino a divenire ingombranti. Il più delle volte pensa a Sherlock di cui, ovviamente, sa tutto quel che c’è da sapere; è persino a conoscenza di certi lati del suo carattere. Emotivo, sentimentale, eccetera, eccetera, eccetera… Perciò, appena sente quella voce tagliente e carica di una punta di acidità e rimorso, non si assume il disturbo di voltarsi. Non serve il guardare in faccia il proprio interlocutore, non è necessario. Si limita quindi a sogghignare e ad arricciare le labbra, cercando in tutti i modi di trattenere un sorriso di scherno. Prenderlo in giro sarebbe eccessivo ed anche se la tentazione è forte, preferisce mordersi la lingua e trattenersi. Non lo guarda negli occhi ed entrambi sanno bene che non sé nemmeno necessario, Sherrinford già sa tutto quel che c’è da sapere sul suo governativo fratellone. In effetti, pensa in un frangente, Mycroft non è cambiato affatto. Ancora così terribilmente umano e tanto diverso da lui, al punto da far apparire Sherrinford come un vero e proprio extraterrestre. E proprio Mycroft per l'appunto, vissuto nella perenne illusione di essere ben poco normale e che tuttora si sforza di apparire inumano è, per la misera, molto più sentimentale di chiunque altro. Perché se Sherlock è sempre stato l’emotivo, l’Holmes senza filtri, Mycroft è sempre stato quello dipendente. Dipendente dai dolci e, soprattutto, schiavo dei sorrisi di un bambino travestito da pirata. A lungo, Sherrinford si è interrogato su che cosa avesse il piccolo di casa Holmes di tanto speciale, da riuscire a suscitare in Mycroft più di un’emozione. Intelligente lo era, certamente e lo è anche oggi, ma che cos’avesse di particolare quel bambino un po’ troppo vivace, non lo ha mai compreso fino in fondo. Forse è proprio adesso e lì, che riaffiora dai ricordi seppelliti chissà dove, quell’antico dilemma; è felice di incontrare Mycroft? Non che lo abbia mai odiato, nemmeno per non essersi fatto scrupoli sull’averlo mandato in galera (probabilmente, lui avrebbe fatto lo stesso) solo che gli è da sempre indifferente.

A Sherrinford è sempre piaciuto il silenzio. È di quelle persone che non apprezzano i rumori o il vociare eccessivamente elevato. Alle parole di suo fratello non ha ancora risposto, preferisce anzi indugiare nel silenzio che tanto afferma di amare cercando lì le risposte a tutti i suoi dubbi. Mycroft è nervoso e non sopporta quel che considera essere una perdita di tempo, sa che non gradisce il vederlo, né il trovarsi lì, eppure lo ritiene un male necessario. Lo ha raggiunto nel suo nuovo appartamento, sforzandosi di incontrarlo, per il semplice motivo che non può delegare tutto quanto ad un’assistente. Quella bella moretta che lo accompagna ovunque non poteva in nessun modo intimargli di stare lontano dal 221b di Baker Street, non che Mycroft potrebbe mai riuscire a convincerlo in qualche modo, ma può perlomeno permettersi di alzare la voce e di far capire chi è che comanda. A quel pensiero, Sherrinford sorride e un ghigno beffardo gli dipinge il volto serio, in un divertimento leggero che si premura di ricacciare subito indietro.
«Ancora con quella vecchia storia, fratello caro? Te l’ho raccontata una volta sola e la ricordi, lo dicevo io che eri un sentimentale» sussurra, in risposta, con fare di sicuro eccessivamente mellifluo ed accomodante. Mycroft non è compiaciuto, anzi, lo sente irrigidirsi e lo intuisce dalla punta dell’ombrello che sfrega appena sul pavimento, forse come conseguenza del fatto che la sua mano che ne afferra il manico, si sia stretta fino allo spasmo. È nervoso. Tuttavia, invece che arrendersi, rincara la dose: è tipico di lui difendersi controbattendo. E di questo non se ne stupisce affatto, è ancora oggi un tiratore di fioretto piuttosto azzardato. Parata e stoccata, pensa sbuffando mentre si rende conto che è ancora più prevedibile di quanto non ricordasse.
«L’accento americano non ti si addice, Sherrinford, così come i discorsi riguardo i sentimenti.» Nemmeno questa volta ha bisogno di voltarsi, sa perfettamente cosa stia passando per quella mente stupida. C'è odio e disprezzo in Mycroft, ma anche paura e timore e persino una goccia impercettibile di affetto che è talmente piccola, da essere evanescente. Certo, sono davvero un numero considerevole di emozioni per qualcuno che ha sempre dichiarato di non averne! Ambiguo... no, non ambiguo, più che altro... eccentrico, ecco, in neanche questo lo trova diverso. Mycroft, il serio e il saccente. Altezzoso e dai tratti nobili (come tutti gli Holmes del resto). Mycroft, un caleidoscopio di emozioni tutte diverse e sempre sfuggenti, perennemente mascherate da un velo di ghiaccio ed una punta di evidentissima indifferenza. Mycroft, quell'enigma complesso e difficile che mai, mai Sherrinford è riuscito a risolvere. Mycroft è quel muro di spesso granito, irremovibile e solido, che si scioglie come neve al sole di fronte ad un paio di grandi, lucenti ed espressivi occhi azzurri. Occhi che non sono e non saranno mai quelli di Sherrinford Holmes. Sta per ribattere e questa volta desidera essere ancora più sarcastico, quando quella voce petulante lo precede.
«Devo forse ricordarti che non ti voglio a Londra e che, soprattutto, non ti è permesso di gironzolare per Baker Street?» Trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa ilarità è quasi doloroso ed infatti non ha intenzione di celare il proprio divertimento. La sua risata è nasale e fastidiosa persino alle sue stesse orecchie, è falsata e caricata di un divertimento amaro, che subito svanisce. Infila le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti che porta, e poi vortica su sé stesso. Piega leggermente la testa da un lato ed assottiglia lo sguardo, prendendo a fissare Mycroft come se si trovasse di fronte alla sfinge ed ai suoi intricatissimi enigmi.
«Sei invecchiato» soffia ed è, realmente, la prima cosa che nota. I capelli non sono ingrigiti, ma le rughe d’espressione gli caricano il volto di una tensione che non è in grado di mascherare completamente.
«Però devo dartene atto» prosegue, facendosi più vicino «non sei cambiato affatto dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Hai nello sguardo il solito tuo tormento, la stessa sofferenza di un tempo. E prima che mi fermi e prenda a negare (inutilmente tra l’altro), te lo dico io con che cosa ha a che fare. Sherlock. Tutto quello che dici e che fai ha perennemente a che vedere con lui; non è vero? Quante stanze dell’asettico Mind Palace che hai, sono occupate dalla sua ingombrante presenza? Ah, no, forse è Sherlock ad averne uno… tu non sei tanto esibizionista, ma avrai un archivio in cui cataloghi tutto quel che ti serve. In questo modo non sei costretto a vedere i suoi occhi ogni volta che chiudi i tuoi. Oh, Mycroft, ancora cerchi un modo per liberarti di lui? Ancora non ti sei arreso al fatto che non sei come me e che non lo sarai mai, sei debole e lo sarai finché avrai vita. Perciò ti risparmio la fatica, sono qui per incontrare mio fratello. I motivi per cui lo voglio vedere non ti riguardano affatto e per quante chiacchiere tu possa inventarti per tenermi lontano da lui, io andrò a Baker Street. Tutto chiaro, Mickey-Hickey?»*

Ci sono volte in cui anche Sherrinford Holmes sbaglia. Sbaglia nel pensare che, ora della fine, Mycroft gli permetterà di incontrare Sherlock e senza mettergli contro tutta l’MI6. Sbaglia nel credere che Mycroft sia lo stesso di quando erano bambini, colui che era troppo pigro anche solo per rispondere ad una provocazione, colui che abbozzava sempre e per pura inedia. Sbaglia ad essere convinto che non gli metterà le mani addosso, perché quando si ritrova premuto contro il muro con le sue dita lunghe ed affusolate strette attorno al collo, ne è sinceramente stupito.
«Fai del male a mio fratello, stupido essere vivente, che giuro che morire ti apparirà come un sogno irraggiungibile. Ci impiego cinque minuti a stilare un rapporto falso che ti incrimina ed altri cinque me ne servono per spedirti in un carcere di massima sicurezza russo dove, te lo giuro, sono tutto tranne che accomodanti.» Non aggiunge altro, semplicemente si gira e se ne va. Ad essere incredibile è il capire che, in fin dei conti e seppur le maniere siano appena un poco diverse, che Mycroft non è cambiato di una virgola. Anche lui è immutato e mutante. Anche lui, come Londra, cresce e rimane uguale. La sola differenza col passato è che il loro giocare ha smesso di essere in punta di fioretto.


 
*


Il 221b di Baker Street è l’appartamento più disordinato che Sherrinford abbia mai visto in vita sua. Il caos che regna lì dentro è molto più drastico di quello che avrebbe mai potuto immaginare. Ne è sinceramente stupito nel momento in cui entra nel grande salone ben illuminato e posa lo sguardo sulla polvere che ricopre i libri impilati a terra, sulle tazze di tè vuote dimenticate sul tavolino e sugli spartiti rovesciati ovunque. Se mamma sapesse che uno dei suoi tesori adorati vive in uno stato di disordine tale, di certo chiamerebbe la disinfestazione. Il pensiero lo fa sorridere, però dura relativamente poco perché la sua completa attenzione viene attirata dall’uomo dai tratti affilati che se ne sta seduto sulla poltrona di fronte al camino. Questi regge in mano l’archetto di un violino che strofina delicatamente con un panno in un ripetitivo moto leggero. Lo stesso individuo che, adesso, porta lo sguardo su di lui, inchiodandolo. In quel momento, Sherrinford si rende conto che le fotografie non gli rendono affatto giustizia. Sherlock è incredibilmente espressivo e ha gli occhi della loro madre, pensa in un frangente, prima di notare un leggero sorriso farsi largo su quel volto severo. Lo fa in un modo del tutto differente da Mycroft, è furbesco e provocatore in tratti che non credeva potessero appartenere a quel piccolo e petulante bambino che popola i suoi ricordi. Sono modi di fare che sente troppo propri perché possano appartenere anche ad un altro Holmes. O almeno, di ciò era convinto perché quel piccolo pirata sta ribaltando tutte le sue convinzioni.
«E fu così che il vento dell’est fece riprese a soffiare sull’Inghilterra.» Gli dice solo questo, Sherlock Holmes, prima di indicare con l’archetto la poltrona libera di fronte a lui, in quello che pare essere più un ordine che un invito. E, incredibilmente, Sherrinford obbedisce.
 

Fine



*Hickey significa succhiotto.

Potrebbe avere un seguito questa storia, potrebbe. Non so. Sono volubile in questo periodo, può essere di tutto. Ditemi voi, lo gradireste?
Koa__
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Koa__