Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Rozzy    11/01/2015    2 recensioni
Thranduil è come un castello di vetro: uno splendido, incredibile miraggio.
Quanto è reale e quale sollievo, o turbamento, reca a chi ne incrocia la strada?
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bard, Legolas, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo finale, che tira le somme di questa, lo ammetto, sconclusionata storia.
Questo capitolo è solo parzialmente figlio di BofA. Parzialmente perchè non ho trovato lo sviluppo del rapporto padre-figlio nel terzo film particolarmente soddisfacente (per non dire di più e di peggio...), e quindi, credo, ci ho messo del mio.
Il risultato è questo, frutto di una riflessione lunga anni su quale potesse essere la relazione fra un figlio come Legolas e un padre come Thranduil, e allo stesso tempo cerca di tirare le fila degli altri due capitoli.
Spero vogliate leggerelo e, magari, anche lasciarmi una vostra opinione.
Enjoy!

----------------------------
CASTLE OF GLASS
----------------------------

CAPITOLO 3 - LEGOLAS


Guardatelo:

 

Guardatelo ora, il vostro e mio re.

 

Guardatelo ora, il vostro e mio generale.

 

Guardatelo ora, il vostro e il mio padre.

 

Guardatelo mentre con la disperazione nel cuore viaggia fra le rovine di Dale piangendo i suoi morti e leccandosi le ferite.

Guardatelo, mentre si pente di aver guidato al massacro centinaia di vite.

Guardatelo, mentre si ricorda di cos’è la morte, cos’è il dolore.

Guardatelo, mentre cade in ginocchio piangendo la scomparsa di molto di ciò che amava, e mentre trema al solo pensiero del male che ancora deve venire.

 

Guardatelo, il vostro castello di vetro, mentre si frantuma senza pietà.

 

….

 

Thranduil Oropherion: il mio eroe.

 

Il padre, innanzitutto:

una mano ferma e una voce severa, che nel silenzio austero e sibillino di Bosco Atro mi ha cresciuto come un padre e come una madre.

Non posso certo dire che sia stato un padre affettuoso, ma allo stesso tempo non posso dire che sia mai stato assente.

O meglio, fisicamente sicuramente lo era; ma la sua presenza, a Bosco Atro, è ovunque.

Nella vita delle persone a lui vicine, è una costante.

Dietro la mia educazione culturale e militare, c’è sempre stato lui.

Dietro alla scelta delle persone che mi hanno affiancato e seguito fin dalla nascita, c’è stato lui. 

Dietro qualsiasi mia scelta, c’è stato lui.

E a me è sempre bastato.

La carezza sulla testa e il breve sorriso che gli arrivava fino agli occhi che riservava solo a me quando mi sedevo a colazione, pranzo, e cena al tavolo a fianco a lui, l’ancor più breve bacio sulla fronte che mi dava tutte le sere prima che mi accompagnassero a letto a dormire, il “dormi bene, mia verde foglia” che mi sussurrava tutte le notti mentre nessuno lo vedeva pensando che non lo sentissi, quando veniva a trovarmi prima di andare a sua volta  dormire -forse per controllare che respirassi, forse per concedersi due minuti in privato col proprio figlio- , a me bastavano.

Avevo, d’altra parte, una schiera di tate, balie, maestri e compagni che facevano in modo che non mi sentissi solo in sua assenza.

Come ogni principe, immagino.

Non ho mai sentito la mancanza di una madre che non ricordo, essendo morta prima ancora che prendessi coscienza di me. Come può mancare una persona di cui non si ha memoria? Solo in età adulta ho iniziato a pormi delle domande e a non riuscire a trovare delle risposte, ma la vera e propria mancanza di una madre non l’ho mai sentita.

Thranduil, il mio signor padre, era la mia guida, l’infallibile e splendido padre che amministrava con giustizia la vita di tutti noi e che mi faceva sentire al sicuro sotto il suo sguardo forte e benevolo.

 

Il re, in un secondo momento:

Posso distinguere la coscienza dell’operato di mio padre in due fasi:

la prima, quella eroica: mio padre era il re. In quanto re, era onnipotente e meraviglioso.

Terribilmente “grande”, seduto sul suo trono, splendido e fulgido mentre cavalcava l’alce rivestito di broccati d’oro.

Mo padre, ai miei occhi, non sbagliava mai.

Non c’era decisione che prendesse che fosse ai miei occhi errata. Il suo popolo lo amava incondizionatamente, come me, e io lo sapevo.

Tanto mi bastava per fare di lui il mio Dio.

In un secondo momento, coincidente più o meno con la mia età adulta, venne l’analisi critica.

Da questa analisi critica, mio padre ne uscì ancora una volta vincitore.

Ero venuto a sapere, durante i miei primi viaggi, delle critiche che il mondo esterno a noi gli muoveva.

Che pensavano a lui come a un tirannico dittatore isolazionista, che non si fidava di nessuno e  non dava ascolto a nessuno se non a se stesso.

Non so cosa mi aspettassi che gli altri pensassero di lui: la mia anima però, innamorata dello splendore del mio magnifico padre, non ne volle sapere.

Rispondevo a ogni critica difendendolo con fervore religioso: non sapevano, loro, cosa aveva sofferto.

Quanti dolori c’erano stati, nella vita di mio padre, per renderlo così freddo e austero.

Non sapevano cosa voleva dire convivere con la minaccia costante, appena fuori dai nostri confini, del Male.

Ragni giganti, orchi, persino draghi.

Il nostro regno era assediato da malvagità ostili.

Lui faceva solo ciò che era giusto per difendere tutti noi.

 

Il generale, infine:

Solo un Dio può muovere un esercito con un cenno del capo. Solo un Dio può chiedere a migliaia di soldati perfettamente addestrati di morire per lui e sentirsi rispondere “si, signore” senza un battito di ciglia.

Ho imparato a combattere ispirandomi a lui.

Ho imparato ad uccidere ispirandomi a lui.

Ho imparato a difendere il mio regno a costo della morte ispirandomi a lui.

Lui è sempre stato l’occhio che più speravo di impressionare durante i miei addestramenti.

La sua approvazione è stata l’unica cosa che abbia sempre desiderato, nel momento in cui mi hanno dato cariche sempre più alte e sempre più prestigiose tra le guardie del nostro regno.

Non c’è passo militare che io abbia fatto che non sia stato guidato dalla volontà di soddisfare al meglio gli ordini di mio padre, del mio generale.

L’infallibile capo supremo del nostro letale esercito.

 

In quale momento tutto questo è cambiato?

In quale momento quel grandioso castello di vetro che era mio padre per me si è frantumato?

 

Mia madre è stata la prima crepa.

I numerosi amanti che mio padre ha avuto dopo la sua morte, la seconda.

La consapevolezza che il castello di vetro e l’apatia sentimentale in cui mi aveva imprigionato sin dalla nascita si stava frantumando, la terza.

La coscienza che era lui il fautore di questa distruzione, che è stato lui con le sue stesse mani a smontare pezzo pezzo quella visione salvifica e meravigliosa che avevo, che avevamo di lui, l’ultima.

 

Come dicevo, di mia madre non ho alcun ricordo.

Non sono mai stato, come forse si è già intuito, un figlio ribelle. Vissuto sempre all’ombra di un’intoccabile magnificenza che adoravo e rispettavo, non mi son mai permesso di affrontare argomenti che sapevo a lui poco graditi.

E io ben sapevo che quello di mia madre era un argomento non gradito, una ferita mai completamente chiusa.

Pensavo che il dolore per la sua perdita fosse stato così grande da inibire qualsiasi altro sentimento.

E soprattutto, pensavo che niente e nessuno avrebbe potuto sostituire Lei nella sua vita, in nessun modo.

 

Mentirei se dicessi che non sapevo che mio padre avesse degli amanti.

Ma un conto è sapere, è ascoltare voci di corridoio e scegliere di non crederci o fare buon viso a cattivo gioco, un conto è rendersene conto coi propri occhi.

La sera che ho visto Thorin lasciare la stanza di mio padre con aria sconvolta e gli occhi spiritati, e che, preso da un panico irragionevole per ciò che poteva essere successo al mio re, aperta la porta trovai il mio signor padre, riverso sulla pancia nudo in un groviglio di capelli e lenzuola, gli arti coperti di lividi che piangeva come un bambino, qualcosa dentro di me si ruppe.

Dentro di me seppi che qualunque cosa fosse successa in quella stanza, dove l’odore di sesso regnava sovrano, era stata assolutamente consensuale.

Cosa mi aveva sconvolto di più?

Vedere mio padre che piangeva? O forse vedere coi miei occhi che mio padre era in grado di provare dei sentimenti, delle passioni, delle voglie al contempo distruttive ed estremamente umane? O forse rendermi conto, per la prima volta nella mia vita, che mio padre aveva fatto qualcosa di apparentemente insensato e …sbagliato, come condividere il proprio letto e il proprio corpo con un nemico, un prigioniero?

E quanti, sbagliati e assurdi come Thorin, ce n’erano stati, negli ultimi anni?

Da quel momento, è come se la visione che avevo di mio padre sia sia incrinata.

Non riuscivo più a guardarlo negli occhi senza chiedermi cos’altro non avevo capito, cos’altro mi era sfuggito, quali altre verità avevo volontariamente deciso di ignorare su di lui.

improvvisamente tutto era più chiaro, tutto diverso. Tutto aveva cambiato prospettiva.

I nani, Erebor, il drago, le gemme nella montagna...perchè non parlava mai di mia madre.

 

Eppure ho combattuto ancora al suo fianco

Ho combattuto ancora, insieme agli uomini.

Ed è lì che ho conosciuto l’ultimo pezzo del puzzle: Bard

L’uomo di Pontelagolungo che, come tutti, vedeva mio padre come l’irraggiungibile luce in fondo a un tunnel di tormenti,come una meravigliosa divinità salvifica.

Ma ho visto il suo sguardo, dopo la sua battaglia, e ho compreso che anche lui aveva capito.

Capito quello che, nel giro di una settimana, ho capito anch’io

Che mi ero sempre rifiutato di vedere.

 

Capito che mio padre, non è altro che una fulgida illusione di se stesso.

 

Lui finge di essere un Dio, ma in realtà è il più fragile di tutti noi.

Lui è quello che avrebbe condotto un esercito alla guerra solo per un capriccio, solo per un’inimicizia dalle tinte losche con un nano.

Tutto il suo splendore non è che una maschera per la follia, estremamente umana che si porta dentro, e che ho sempre rifiutato di concepire.

Una maschera per il groviglio di desideri, sensi di colpa, paure, che non può non nascondere.

Lui è come un ragno tessitore, che con la sua fulgida e radiosa personalità ti imprigiona nella sua rete, e che quando ti rendi conto del mostro che c’è dietro, ti distrugge.

Ha distrutto me, ha distrutto Thorin, ora mi chiedo se non abbia distrutto anche mia madre, o l'uomo di Puntelagolungo che ha ucciso il Drago e che ora, forse, spera che lui l'aiuti nella ricostruzione della città di Dale.

Non posso fargliene una colpa.

Non posso accusarlo di essere umano, volubile, vulnerabile e spietato come qualsiasi altro essere che popoli Arda.

Ma non posso neanche accettarlo.

 

E’ per questo che ora mi incammino verso le Terre Selvagge:

non posso sopportare il crollo del mio, personale castello di vetro.

 

Ho bisogno di tempo per capire, per riflettere

E forse un giorno sarò in grado di tornare da lui

Da mio padre, non dal mio Eroe.

 

FINE
 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Rozzy