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Autore: Kaiyoko Hyorin    14/01/2015    3 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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45. Una serata diversa


Davanti allo specchio, la sua immagine le rimandò indietro lo stesso sguardo corrucciato, perfettamente in linea con l'espressione tesa che le aveva delineato le labbra in una smorfia. Non mancava molto ormai e questo non faceva altro che contribuire alla tensione che le permeava tutto il corpo.
– Kei – esordì seria il più possibile – ..c'è una cosa di cui dobbiamo parlare.. – inutile dire che il suo riflesso non le rimandò alcuna risposta, così proseguì – ..ormai è parecchio che.. che.. – alla vista della propria espressione quasi terrorizzata perse il filo del discorso, iniziando a balbettare a sé stessa e, chiudendo strettamente gli occhi, si nascose il volto fra le mani mandando un mugugno di frustrazione.
In quei giorni di lontananza e video-chiamate con Mao ed Hilary s'era decisa. Avrebbe affrontato con lui l'argomento relativo ai suoi sentimenti, ma c'era ancora un unico ed evidente problema: il come. Continuando così infatti, non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Quando di lì a poco il cellulare vibrò, la mora venne presa alla sprovvista e sussultò, pensando in un'ondata di panico che non era ancora pronta ad affrontarlo. Afferrando l'oggetto in questione volse il display verso di sé, notando che era solo un messaggio di Hilary, e si rilassò con un pesante sospiro.
Le aveva fatto prendere un colpo, segno che era ancora troppo tesa per ciò che si era prefissa di fare.
Dopo quell'ultima video-chiamata sul computer, avevano chattato un po' ed avevano finito per scambiarsi i numeri di telefono. La ragazza dai capelli castani si era dimostrata decisamente più estroversa negli ultimi due giorni, finendo per gettare le basi di un possibile e prossimo vero rapporto di amicizia. Scorrendo il contenuto del nuovo messaggio, Yukiko si ritrovò a sorridere divertita all'annuncio della conferma di un'idiozia patologica che affliggeva il caro Takao, il quale aveva fatto di nuovo arrabbiare la moretta. L'ultima riga però le fece inarcare un sopracciglio: era presente una faccina triste.
Solitamente l'altra esprimeva il suo disappunto con piccole emoticon infuriate, non con simboli di tristezza o delusione.
Fece appena in tempo ad inviarle una risposta che il telefono vibrò di nuovo, questa volta facendo comparire sul display la foto del suo ragazzo relativa al suo contatto. Questa volta la nightblader rischiò di far fare un bel volo all'apparecchio, sussultando al ritrovare l'ansia che l'aveva attanagliata sino a un momento prima. Scongiurò il pericolo per un soffio e, appena riuscì a fare un respiro ed a calmarsi, aprì il testo del nuovo messaggio, ritrovandosi ad inarcare ancora una volta un sopracciglio.

La finestra.

Che cavolo aveva ora la finestra? Assolutamente perplessa, Yukiko si avvicinò all'intelaiatura dei doppi-vetri, facendola scorrere sulle guide per aprirla. Appena l'aria fredda entrò nella stanza, smuovendo le tende e facendola rabbrividire nel suo semplice maglioncino a collo alto, non fece nemmeno in tempo a metter il naso fuori che la voce del blader le fece fare un balzo indietro.
– Spostati..
– Ma che..?! – esclamò, eseguendo meccanicamente l'ordine.
Fece appena in tempo a scostarsi dalla finestra che il giovane Hiwatari saltò dentro, utilizzando il davanzale come perno da scavalcare.
La nightblader rimase a fissarne la figura a bocca aperta, assolutamente attonita.
– Ma che..?! – ripeté, come un disco rotto, fra il corrucciato ed il sorpreso. Incrociandone gli occhi dai riflessi di brace, avvertì il suo stesso cuore sussultarle nel petto mentre finalmente gli ingranaggi del suo cervello ripresero a girare. Allora si ritrovò a sbottare – Ma da dove sei arrivato?
Il dranzerblader in tutta risposta le sfoggiò uno dei suoi sorrisetti sghembi, prima di indicare con una mano la finestra dietro di lui ancora aperta – Dalla finestra.
Yukiko sbatté le palpebre, riuscendo grazie all'ironia altrui a riprendersi abbastanza da assumere un'aria accigliata – Grazie, non l'avevo capito – ribatté assolutamente ironica, ponendo ambo le mani sui fianchi coperti dalla stoffa color blu scuro e donandogli di rimando un sorrisetto molto simile a quello di lui.
Solo a quel punto, esternando uno sbuffo fra il sostenuto ed il divertito, l'altro si guardò brevemente attorno, esaminando con fare distratto la camera mentre chiedeva, monosillabico come al solito – Tua madre?
– È già uscita – gli rispose con semplicità, muovendosi per aggirarlo. Scambiandosi di posto, poté finalmente richiudere il vetro e dare un freno alla dispersione di calore ancora in atto, mentre proseguiva – Aveva un appuntamento.. cosa che rende del tutto immotivata la tua entrata in scena.
Quasi non fece in tempo a terminare quella frase che si sentì tirare per la vita e, un attimo dopo era stretta fra le braccia del suo ragazzo, poggiandosi a lui schiena contro petto ed avvertendone il tocco lieve delle labbra sotto l'orecchio sinistro.
– Non lo rende immotivato – le mormorò con voce suadente, facendole nascere un brivido caldo che le si disperse in tutto il corpo.
Si ritrovò a sorridere d'eccitazione e divertimento al tempo stesso, mentre lui le baciava e mordicchiava il collo, facendola per riflesso reclinare il capo verso l'altra spalla. Quella dolce tortura non durò a lungo perché, preda di una certa impazienza, gli si rigirò presto fra le braccia, ritrovandosi ad incrociarne nuovamente lo sguardo magnetico.
E, come ogni volta, tutto il resto perse importanza mentre gli circondava il collo con le braccia e si perdeva sulle sue labbra. L'ansia, l'impazienza, tutto sfumò nel suo animo, lasciandola in balia di emozioni più irruente, come la felicità, l'eccitazione, l'amore.. lo stesso amore che gli trasmise con quel bacio e che egli ricambiò fin troppo prontamente, insinuandole la lingua in bocca in una carezza vellutata e complice.
Dio, quanto le era mancato.
Espirando di sollievo e soddisfazione, si prese tutto il tempo per godersi quel contatto, quella presenza nella propria vita, prima di staccarsi dolcemente da lui quel tanto che le bastò per incrociarne di nuovo l'iridi dai riflessi ora quasi violacei sotto quelle ciocche argentee.
Gli sorrise, proferendo in poco più di un sussurro – Bentornato.
Lui la ricambiò allo stesso modo, sfoggiando un nuovo piccolo sorriso.
– Che accoglienza.. – la sua voce dal timbro basso e leggermente roco le sfiorò le orecchie, provocandole una nuova ondata di brividi che le salì lungo la spina dorsale, e per riflesso il sorriso le si accentuò in volto, mentre lui continuava – ..potrei anche abituarmici, sai?
– Non credo sarebbe una cosa così tremenda.. no?
– Oh, no davvero – ribatté divertito, prima di cercarla ancora una volta.
Le loro labbra tornarono a fondersi, mentre al contempo quell'abbraccio veniva rinsaldato da entrambi. Con una parte della mente ancora attiva, Yukiko ebbe quasi l'impressione di essere sul punto di fonderglisi addosso, tale era l'aderenza fra i loro corpi, e la cosa le piacque e la spinse a reclinare un poco di più il capo verso destra, per permettergli di entrare più a fondo nella sua bocca. Si godette il sapore e la morbidezza di quel contatto approfondito, che diede vita ad una serie di schiocchi umidi e sospiri da entrambe le parti, finché non furono costretti a staccarsi una seconda volta per riprendere fiato.
Tornando sollevar le palpebre sugli occhi verdi, la ragazza ne incrociò un'altra volta lo sguardo scuro, trovandolo tanto lucido quanto intenso. La vicinanza era tale che il suo respiro le si riversò dentro le labbra ancora leggermente schiuse, mentre il suo odore le riempiva le narici e le offuscava la mente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che lui ed il suo viso, le cui gote tradivano un accenno di rossore alla luce artificiale di quella camera. Era comunque fin troppo consapevole di un colorito anche più deciso sulle proprie guance, ma questo era un altro dettaglio che perdeva tutta la sua importanza, completamente alla deriva delle proprie emozioni. Voleva solo riprendere da dove avevano appena interrotto, un desiderio apparentemente del tutto condiviso dal dranzerblader che ancora la stringeva a sé.
Quei suoi incredibili occhi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Hai fretta di uscire?
Lei sbatté le palpebre una volta sola, deglutendo e passandosi la lingua sulle labbra in gesto automatico, attirando a causa di questo quegli occhi di brace su di esse, prima di ritrovare abbastanza voce da rispondergli – No.
– Bene.
Quell'unica parola le si riversò come un sospiro sulla pelle del viso, prima che lui riprendesse a baciarla con trasporto, strappandole un gemito.
Sì, le era decisamente mancato troppo.


– Yukiko, che sorpresa! – Kippei li salutò da dietro il bancone del suo ristorante un'ora più tardi, con quel suo solito modo esuberante riservato per lo più alla moretta; seppur Kei ultimamente avesse come l'impressione che questi avesse preso a rivolgersi anche a lui.
– Sono contento di rivedervi: passate spesso ultimamente!
Ecco. Per l'appunto.
– Volete un tavolo per due? – fece di nuovo il proprietario e capocuoco, già adocchiando la sala – O vi faccio accomodare con tua madre?
Come?!
La ragazza al suo fianco si irrigidì immediatamente e lui si voltò di scatto a guardare verso la sala suddivisa di separé, alla ricerca della presidentessa della N.C. e del suo sguardo inquisitorio puntato su di loro. Non lo trovò, così tornò a prestare attenzione allo scambio fra la sua compagna ed il suo 'zietto'.
– Mia.. mia madre è qui? – la voce di lei tradì il suo stesso stato d'animo, condito con una nota di panico che gliela incrinò appena.
Per riflesso il dranzerblader la cinse ad altezza dei fianchi, stringendola a sé con discrezione, ma Kippei parve troppo preso dal suo lavoro per notare alcunché della loro reazione. D'altra parte, quella era una delle sere in cui il ristorante era solito riempirsi maggiormente, e sembrava non aver troppo tempo da dedicare loro.. fortunatamente.
– Sì, anche se è arrivata quasi un'ora fa ormai.. lei e il suo accompagnatore avranno già finito di mangiare, probabilmente.
A quell'ultima frase, Kei inarcò un sopracciglio.
– Accompagnatore? – ripeté automaticamente Yukiko nel frattempo, prima di cercarlo con lo sguardo e scambiarsi un'occhiata confusa ed interrogativa al contempo.
In tutta risposta lui fece spallucce, non riuscendo a capacitarsi di quanto stava accadendo per primo, e la nightblader ci mise un paio di secondi ancora prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto verso il ristoratore, accostata ad un sorriso tirato.
– No.. no, grazie: non vogliamo disturbarli e poi se hanno già quasi-finito di mangiare.. – lasciò la frase in sospeso, affrettandosi invece a dire – Se potessi darci un tavolo in disparte rispetto al loro ci faresti un favore.. senza comunicarle la nostra presenza, magari.
– Certo, certo – Kippei fece cenno ad una delle ragazze che accompagnavano ai tavoli – Capisco: neanche io me la sentirei di immischiarmi nell'appuntamento di qualcun altro. Ehi Rin! Trova un tavolo per loro dietro al paravento numero 6.
La cameriera avvicinandosi annuì al suo datore di lavoro e si avviò verso la sala, conducendo i due ragazzi sino ad un tavolino a ridosso di una delle pareti rivestite di carta, non troppo distante dall'uscita. Quando li lasciò, Yukiko fu lesta a sollevare il menu di fronte al viso, come a nascondervisi dietro, mentre Kei ispezionò con lo sguardo l'esigua porzione di sala che poteva vedere da quell'angolazione, tanto essa era ingombra delle barriere visive fornite dai paraventi in carta di riso colorata e bambù.
– Li vedi? – mormorò la ragazza con malcelato interesse.
– No.
Abbassando di nuovo il menù fin sotto la punta del naso ma non oltre, ora toccò alla giovane Natsuki ispezionare la sala dalla sua angolazione, con quegli occhi verdi che guizzavano da un punto all'altro, vivaci e vigili. Quando arrivò a posare, una manciata di secondi dopo, la rilegatura del menu sulla superficie del basso tavolo a loro assegnato, il dranzerblader intuì che nemmeno lei aveva individuato il loro obiettivo.
Attesero un altro minuto in piena allerta, restando in ascolto e vagliando il brusio diffuso dell'ambiente, prima di riuscire a rilassarsi abbastanza da permettersi di parlare fra loro in tono più normale. Soltanto a quel punto Kei si prese la briga di osservare con più attenzione la propria ragazza, mantenendo per contro un'espressione impassibile mentre lei era intenta a tamburellare le dita sulla superficie di legno. Definirla nervosa in quel momento sarebbe stato solo un delicato eufemismo.
– Vuoi andartene? – le domandò.
La nightblader voltò lo sguardo di scatto verso di lui, spalancandolo con una certa sorpresa, prima di riuscire ad aprire bocca e, quando lo fece, la risposta gli giunse tanto impulsiva da fargli inarcare un sopracciglio.
– No! – dopo un secondo lei parve accorgersi della propria reazione e tentò di rimediare – Cioè.. se preferisci che ce ne andiamo.. – lasciò ancora una volta la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione che non gli diede il tempo materiale di esternare, perché subito dopo tornò a parlare, abbassando lo sguardo sulle proprie mani intente a giocherellare con il bordo del menu aperto fra loro – In realtà credo che rischieremmo di farci scoprire se ci muoviamo ora.. e poi – alzò di nuovo il viso e lo sguardo, rivolgendogli un mezzo sorrisetto alquanto incerto – Ecco.. speravo di poterti parlare di una cosa..
Il suono di una franca risata sovrastò per un attimo il brusio generale, interrompendola e facendo irrigidire ad entrambi la schiena in una posa dritta come un fusto.
Kei si immobilizzò meccanicamente in ogni muscolo, riconducendo quello scoppio di ilarità al tavolo esattamente dietro il paravento alle proprie spalle. Ma non fu per la vicinanza quanto per la tonalità di quella voce, la quale gli si insinuò in mezzo alle orecchie con una familiarità sconcertante, che smise addirittura di respirare per una manciata di secondi.
– Uhuh! – la risata artificiosa dal timbro femminile che seguì, più bassa ma non meno definita ora che egli era in ascolto, gli diede la conferma che cercava, gelandolo una seconda volta nell'arco di pochissimi secondi – Sei proprio un ragazzino certe volte, Susumu!
– Mi sento ancora un ragazzino con te, mia cara! – ribatté allegramente una voce maschile.
E lui conosceva quella voce.
Con lo sguardo ancora puntato sul viso della sua compagna, la vide sbiancare e sgranare gli occhi, avendo evidentemente colto anche lei quell'ultimo scambio di battute. Le labbra le si schiusero a fatica e il sussurro che le sgorgò da esse risuonò strozzato, tanto che lui quasi non la udì mentre esternava l'unica conclusione a cui era arrivato anche lui.
– Mia madre..
– ..e mio padre – terminò lui, per nulla entusiasta, altrettanto sommessamente.
In quell'istante la cameriera tornò ad affiancarsi al loro tavolo, sorridendo con garbo e chiedendo loro le ordinazioni, cosa che fece quasi fare un salto a Yukiko.
– Ehm.. non siamo ancora pronti, possiamo avere ancora un minuto?
Quella annuì comprensiva e si allontanò altrettanto lestamente, lasciandoli di nuovo soli e scombussolati.
Con discrezione persino Kei si prese il tempo di fare un bel respiro, tentando di frenare l'agitazione che gli impediva di pensare con la giusta lucidità. Se davvero i rispettivi presidenti della N.C. e della Hiwatari erano seduti dietro di lui, separati soltanto da un sottile foglio di carta di riso..
I suoi pensieri vennero interrotti dal muoversi della mora ed inarcò nuovamente un sopracciglio, assumendo un'aria interrogativa, mentre questa si inclinava sempre più verso l'esterno, cercando di gettare uno sguardo nella direzione del tavolo. Arrivò persino ad alzarsi dal suo cuscino, prima di arrivare ad un punto in cui finalmente, proprio quando Kei arrivò a pensare che si sarebbe fatta scoprire, si immobilizzò un istante e tornò subito dopo composta al suo posto, dritta come un giunco e con il colorito del viso simile a quello di un lenzuolo.
Quando lui la fissò negli occhi, non era del tutto pronto a ciò che lei gli disse ancora sotto shock.
– Tuo padre esce con mia madre!
Ma co..?” non fece nemmeno in tempo a terminare quell'interrogativo nella propria mente che lei ribadì la cosa.
– È un appuntamento! – insistette in preda all'agitazione, accostando persino una mano all'angolo destro delle labbra, prima di incitarlo – Guarda tu stesso!
Non riuscendo a crederci realmente, colse il suggerimento di lei e la imitò, cercando di scoccare un'occhiata oltre la barriera divisoria, ma quando riuscì ad avere uno scorcio di ciò che vi si celava dietro, fu la visione di un istante prima che tornasse a rimettersi dritto al proprio posto. Eppure tanto bastò a confermare la versione che gli aveva appena dato la nightblader: aveva visto suo padre in abiti eleganti, con un braccio appoggiato sul tavolo e rivolto verso la sua accompagnatrice, della quale stringeva delicatamente una mano.
Era tutto vero. I sospetti che aveva avuto sino a quel momento si erano dimostrati fondati: suo padre era uscito ad un appuntamento galante. Ciò che non aveva minimamente preso in seria considerazione sino a quell'istante era l'eventualità che la donna con cui il suo vecchio si vedeva regolarmente fosse realmente la signora Natsuki.
La presidentessa della Natsuki Corporation.
La madre di Yukiko.
Cazzo.”
– Che diamine sta succedendo? – si ritrovò a mormorare fra sé e sé.


Susumu non era altri che il signor Hiwatari. Il padre di Kei.
Tentando di respirare profondamente, Yukiko non riuscì a pensare nient'altro per i successivi cinque minuti, accorgendosi solo con una parte della mente della domanda a senso unico che era sfuggita alle labbra del dranzerblader sedutole di fronte. Le ci volle un po', prima di riuscire a metterne a fuoco la figura e, quando ciò accadde, si scoprì a chiedersi la stessa cosa.
Che diamine sta succedendo?!
L'espressione solitamente impassibile dell'altro lasciava trapelare il suo stesso sconcerto, seppur quelle sopracciglia aggrottate erano un segno che tentava di contrastare lo stupore a cui erano entrambi stati sottoposti. Quando lui riuscì spiccicare di nuovo parola, aveva abbassato ancor di più gli occhi scuri, facendo in modo che i suoi capelli proiettassero un'ombra sulla parte superiore del suo viso.
– Non l'avrei mai creduto.. – disse piano – ..non avrei mai creduto che potesse essere.. – sembrava non riuscire a concludere quella frase, ma non c'era alcun bisogno che lo facesse: aveva capito perfettamente e una sensazione di disagio le si insinuò al centro del petto, mentre lui sembrava altrettanto impossibilitato a reagire – ..da quando..?
Questa volta Yukiko finì per lui, ritrovandosi ad esternare, con un sorrisetto privo di ilarità – ..è iniziata? Parecchio, a quanto ne so. Da prima che tornassimo.
Le proprie stesse parole le risuonarono nella mente con una nota amara che non fece altro che farle chiudere in una morsa la bocca dello stomaco. Si ritrovò meccanicamente a stringere i pugni, avvertendo una nota di fastidio dentro di sé che reclamò la sua attenzione. Comprese di non esserne felice. Proprio per niente.
Sua madre le aveva tenuto deliberatamente nascosta quella verità per tutto quel tempo.. costringendola persino a mentirle.
Quella considerazione la indusse a scuoter appena il capo in segno di resa ma, subito dopo aver ceduto al bisogno di avere un appoggio concreto sotto i gomiti, quella nuova angolazione le permise di cogliere - così come poté senza dubbio fare Kei - parte della conversazione che stavano affrontando i loro genitori dietro a quel paravento.
– ..non è stato facile per lei.. – quelle poche parole, le prime che comprese senza ombra di dubbio, la fecero irrigidire nuovamente in ogni muscolo, tesa come una corda di violino. Stavano parlando di lei? Trattenne persino il respiro, nel tentativo di cogliere il dire successivo – ..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che è successo con quel ragazzo..
Oddio...
Per un attimo Yukiko credette di essere sul punto di avere un capogiro. Sua madre stava raccontandogli della storia di Manabe!
Incrociando lo sguardo di Kei, lo vide immobile tanto quanto lei, sebbene con un'espressione più tesa, quasi corrucciata. Nemmeno lui sembrava entusiasta di ciò che stava arrivandogli all'orecchio.
– ..ora capisco.. – a quel punto colse distrattamente la replica del signor Hiwatari, anche se il resto del suo dire le giunse troppo ovattato per esserle comprensibile. Così non fu per la voce di sua madre un paio di secondi dopo.
– Il trasferimento è stato un bene, ma non so se si sia davvero ripresa del tutto.. – il brusio circostante coprì parte della frase successiva – ..nuovi amici, per questo.. – nuova pausa di incomprensione – ..con tuo figlio speravo che.. – il resto le giunse confuso ma il senso l'aveva intuito.
– Kei è riuscito più volte a vanificare i miei tentativi – la voce del presidente risuonò improvvisamente nitida nel suo timbro tipicamente baritonale e questa volta fu il dranzerblader a tradire la sua attenzione, drizzando leggermente la schiena e bloccandosi ancora una volta in quella posa rigida – Non è mai stato facile averci a che fare e mi sorprende che si siano avvicinati tanto..
– Non tutto è perduto, Susumu – intervenne la signora Natsuki con tono più morbido – Ricorda che c'è ancora una speranza, da quel che mi hai detto. In fin dei conti, potrebbero essere riusciti dove noi come genitori abbiamo fallino sino ad ora.. non dimenticare che sono ragazzi.
– Sì – il tono dell'altro era più sicuro, più fiducioso – A tal proposito ho già messo in moto.. – il rintocco costante di un paio di zoccoli di legno fece perdere parte delle parole a seguire e quando la mora riuscì a distinguere qualcosa di ciò che il presidente stava dicendo, ormai aveva già terminato – ..sono fondati, ne avremo presto una prova.
– Tutto ciò che potrà scoprire sul loro rapporto andrà a nostro vantaggio.
A quelle ultime parole, il senso di colpa che aveva provato negli ultimi tempi sino a quel preciso istante svaporò dall'animo della mora, come se non fosse mai esistito. Al suo posto iniziò a montarle in petto un'irritazione che la costrinse a chiudere gli occhi, corrucciata in viso mentre lo abbassava, lasciando che i propri capelli glielo adombrassero al pari di quanto aveva fatto il suo compagno poc'anzi, tesa tanto da arrivare al punto d'essere pronta a scattare come una molla.
E, ricordando i propri propositi per quella serata, non riuscì a trattenersi.
– Ne ho abbastanza... – mormorò in un soffio.
Appoggiando ambo le mani di nuovo aperte sul bordo del tavolo si sollevò in piedi in un movimento talmente brusco da far sussultare la cameriera che stava nuovamente tentando di avvicinarsi a loro. Kei per contro non si mosse e, quando lei ne incrociò gli occhi scuri leggermente spalancati, si ritrovò a rimarcare dentro di sé quanto le era appena sfuggito con un sorriso contrito.
Era giunto il momento di mettere le cose in chiaro, specialmente con sua madre.
Quando si mosse sul parquet, questo cigolò appena, rumore che venne soffocato dalla cacofonia circostante, sebbene questa non fosse mai risultata eccessiva nel suo volume. Percepì più di un paio di occhi puntati addosso a sé, ma non se ne curò mentre, sollevando il mento, superava il separé.
Si fermò esattamente accanto al tavolo dei due presidenti, i quali tardarono un momento a zittirsi. Calò il mutismo soltanto quando la mora incrociò il loro sguardo, vedendoli farsi simili a statue di sale di fronte a lei. Un vago movimento alla propria sinistra le rese noto, senza doversi prendere il disturbo di accertarsene, che il dranzerblader l'aveva raggiunta e si era fermato a sua volta, calamitando per un istante l'attenzione dei due.
– Yuki-chan.. che.. che sorpresa.. – se ne uscì con voce carica di tensione la donna che l'aveva messa al mondo.
– Kei.. – esordì il signor Hiwatari, prima che un'occhiata da parte dello stesso lo mettesse a tacere.
Yukiko, tenendo ora il proprio sguardo di smeraldo sul volto atteggiato in un'espressione carica di tensione e imbarazzo di sua madre, avvertì la propria irritazione crescere e gonfiarsi, mutando in una collera che la raggelò dall'interno. Quando finalmente riuscì a parlare, lo fece con una tale freddezza ed una impersonalità da farle credere che la sua anima si fosse distaccata dal suo stesso corpo.
– E così era questo che non volevi dirmi.
– Lascia che ti spieghi.. – tentò la presidentessa, in un tentativo di diplomazia che finì in un buco nell'acqua.
– Non c'è nulla di cui ti mi debba dare spiegazioni – la contraddisse, senza batter ciglio – Mi è tutto perfettamente chiaro, ora.
Il signor Hiwatari fece per dire qualcosa ma Kei lo interruppe sul nascere, incrociando ambo le braccia sul petto.
– Padre – esordì, in un tono che risuonò tanto serio e fermo da essere la causa di una nuova paralisi dei muscoli facciali dell'uomo più anziano – Credo che tu abbia qualcosa da dirmi. O sbaglio?
La provocazione fece serrare la mascella al presidente della Hiwatari, che per contro non disse una parola.
Di fronte a quel nuovo silenzio, Yukiko non riuscì più a trattenere una smorfia di sdegno.
– Siete proprio fatti l'uno per l'altra.
Quell'ultima frase la sputò come veleno, prima di voltarsi, non riuscendo più a sopportare l'immobilità a cui la situazione la stava costringendo.
– Andiamo.
Non disse altro e Kei, dopo averla lasciata passare, la seguì senza una parola mentre lei si riavvicinava al loro tavolo per prendere la propria borsa. La voce di sua madre si levò alta nel locale.
– Natsuki Yukiko!
Lei la ignorò, così come non diede importanza al tono perentorio da lei usato per chiamarla.
No, questa volta non l'avrebbe lasciata fare come se niente fosse, si disse.
Si diresse con passo deciso e la giacca sottobraccio verso l'uscita, mentre una sensazione di soffocamento iniziò ad attanagliarla alla gola. Doveva uscire; doveva respirare un po' d'aria fredda e schiarirsi le idee. Doveva andarsene da lì, e l'avrebbe fatto subito. Assolutamente.


Alla guida della sua auto, Kei lanciò per la terza volta un'occhiata alla sua compagna sedutagli affianco, prima di imboccare la strada sulla quale affacciava casa di lei. Usciti dal ristorante di Kippei, lei si era scusata e gli aveva chiesto di riportarla a casa, cosa a cui lui aveva acconsentito con un cenno del capo. Dopodiché non aveva detto più null'altro.
Durante il viaggio di ritorno non gli aveva rivolto più la parola ed il silenzio nell'abitacolo della Camaro era tutt'ora talmente pesante da dargli l'impressione che l'aria fosse intrisa d'elettricità. Un'elettricità la cui fonte era proprio la giovane Natsuki lì accanto.
Rallentò, sino a fermarsi accanto all'accesso al vialetto di casa di lei e, dopo aver tirato il freno a mano, ruotò la chiave nel quadrante, spegnendo finalmente il motore. Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, appena si voltò a guardarla apertamente ruotando persino il busto verso di lei, trovò la mora con la cintura già slacciata e protesa verso la maniglia della portiera.
– Scusami – gli disse in poco più di un sussurro, senza nemmeno guardarlo direttamente – Non è stata la serata che mi ero aspettata.. mi spiace.. – un momento di pausa, come se faticasse a mantenere controllato il tono di voce, nonostante il tenue sorriso privo di ilarità che le si stava delineando in volto – ..ho bisogno di stare da sola per un po'.
Kei fece per aprire bocca e tentare di fermarla ma risultò di un istante troppo lento. L'aria fresca gli sfiorò la pelle del viso appena la portiera si spalancò e un istante dopo lei era già sul marciapiede, imboccando quasi di corsa il passo carraio che irrompeva nella sua proprietà. Con un'imprecazione fra i denti, lui si slacciò in fretta la cintura prima di scendere a sua volta dalla propria auto.
Poteva capire come si sentiva, ma non gli piaceva per niente il suo modo di reagire a quella storia. Non che lui avrebbe fatto diversamente.. se non fosse stato per lei, probabilmente, a quest'ora avrebbe persino rotto il naso a quello che per tutti quegli anni si era spacciato per suo padre, finendo per questo in un discreto mare di guai. Ma lei era più importante persino di quella magra soddisfazione, per questo le andò dietro senza pensarci due volte, sbattendo forse la portiera della Camaro con più impeto del dovuto, visto il tonfo sordo che emise nel richiudersi.
Non fece in tempo a raggiungerla tuttavia: appena raggiunse il cancello aperto, fece appena in tempo a svoltare l'angolo del muro di cinta che alle orecchie gli giunse il rumore di un motore in fase di avvio e le luci posteriori della Mazda 2 si accesero, come ad intimargli nella loro viva tonalità rossa di stare fermo dov'era.
Così fece, suo malgrado, arrestandosi appena oltre l'ingresso al cortile, non potendo far altro che seguire con lo sguardo l'auto mentre faceva retromarcia e si immetteva in strada con un'unica manovra priva di sbavature. Si mosse soltanto quando l'auto viola si fu immessa completamente in strada, ferma il tempo che la ragazza al volante potesse cambiare marcia, inserendo la prima, ma riuscì a malapena a raggiungere il marciapiede, prima di vederla sgommare via con uno stridio di protesta dei pneumatici neri sull'asfalto intriso di umidità.
Una manciata di secondi dopo Kei era ancora lì, fermo sul ciglio della strada, lo sguardo perso nel punto in cui aveva visto scomparire l'auto della sua ragazza, con l'abbaiare di un cane in lontananza come unico suono a tenergli compagnia nella quiete della notte.
Inspirò un'ampia boccata d'aria fredda che gli si insinuò fra i denti, prima di sollevare una mano e ravviarsi i capelli d'argento nello stesso momento in cui svuotava i polmoni in uno sbuffo di insofferenza. Non aveva idea di dove fosse appena andata la sua compagna ed era una consapevolezza che non gli piacque affatto, specie visto l'umore di lei.
Preda di una nuova irrequietezza che lo fece corrucciare visibilmente in volto, digrignò i denti, piegando le labbra in una smorfia.
– Maledizione!


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Uhaaa!!!!! Eccomi!! Vi sono mancata?!
Finalmente ho di nuovo la linea, ma... ahimé, gli esami incombono, quindi bene o male dovrete avere ancora un po' di pazienza. Non manca molto, rallegratevi, appena riesco a finire il capitolo avrete degli aggiornamenti più rapidi, promesso!! *___*
Intanto, ecco qua il capitolo che aspettavate tutti con ansia: quello dei nodi che saltano al pettine!!!
E siamo anche arrivati al numero 45, per cui mi sento in dovere di ringraziarvi apertamente per i fantastici commenti ed il supporto che mi avete dato tutte fino ad ora. Senza di voi non so se sarei arrivata sino a questo punto, sul serio! Quindi vi ringrazio pubblicamente tutte quante, dalla prima all'ultima! Grazie grazie grazie, per la vostra pazienza soprattutto!
Intanto, siccome sono piuttosto soddisfatta di questo capitoletto, aspetto con trepidazione un vostro nuovo parere, annunciandovi che mancano solo 5 capitoli alla fine. Sì, 5. Li ho già suddivisi e impostati e sto per finire l'ultimo, quindi non ci sono più dubbi.
Non piangete, e se dovete gioire, fatelo con discrezione XD potrei sempre mettermi a scrivere qualcos'altro! Ahahaha!
Mi sono dilungata anche troppo.
Vi mando un bacione *-* e a presto!
La vostra esaltatissima..

Kaiy-chan
   
 
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