45. Una serata
diversa
Davanti allo
specchio, la sua immagine le rimandò indietro lo stesso sguardo
corrucciato, perfettamente in linea con l'espressione tesa che le
aveva delineato le labbra in una smorfia. Non mancava molto ormai e
questo non faceva altro che contribuire alla tensione che le permeava
tutto il corpo.
– Kei – esordì
seria il più possibile – ..c'è una cosa di cui dobbiamo parlare..
– inutile dire che il suo riflesso non le rimandò alcuna risposta,
così proseguì – ..ormai è parecchio che.. che.. – alla vista
della propria espressione quasi terrorizzata perse il filo del
discorso, iniziando a balbettare a sé stessa e, chiudendo
strettamente gli occhi, si nascose il volto fra le mani mandando un
mugugno di frustrazione.
In quei giorni di
lontananza e video-chiamate con Mao ed Hilary s'era decisa. Avrebbe
affrontato con lui l'argomento relativo ai suoi sentimenti, ma c'era
ancora un unico ed evidente problema: il come. Continuando
così infatti, non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Quando di lì a poco
il cellulare vibrò, la mora venne presa alla sprovvista e sussultò,
pensando in un'ondata di panico che non era ancora pronta ad
affrontarlo. Afferrando l'oggetto in questione volse il display verso
di sé, notando che era solo un messaggio di Hilary, e si rilassò
con un pesante sospiro.
Le aveva fatto
prendere un colpo, segno che era ancora troppo tesa per ciò che si
era prefissa di fare.
Dopo quell'ultima
video-chiamata sul computer, avevano chattato un po' ed avevano
finito per scambiarsi i numeri di telefono. La ragazza dai capelli
castani si era dimostrata decisamente più estroversa negli ultimi
due giorni, finendo per gettare le basi di un possibile e prossimo
vero rapporto di amicizia. Scorrendo il contenuto del nuovo
messaggio, Yukiko si ritrovò a sorridere divertita all'annuncio
della conferma di un'idiozia patologica che affliggeva il caro Takao,
il quale aveva fatto di nuovo arrabbiare la moretta. L'ultima riga
però le fece inarcare un sopracciglio: era presente una faccina
triste.
Solitamente l'altra
esprimeva il suo disappunto con piccole emoticon infuriate, non con
simboli di tristezza o delusione.
Fece appena in tempo
ad inviarle una risposta che il telefono vibrò di nuovo, questa
volta facendo comparire sul display la foto del suo ragazzo relativa
al suo contatto. Questa volta la nightblader rischiò di far fare un
bel volo all'apparecchio, sussultando al ritrovare l'ansia che
l'aveva attanagliata sino a un momento prima. Scongiurò il pericolo
per un soffio e, appena riuscì a fare un respiro ed a calmarsi, aprì
il testo del nuovo messaggio, ritrovandosi ad inarcare ancora una
volta un sopracciglio.
La
finestra.
Che cavolo aveva ora
la finestra? Assolutamente perplessa, Yukiko si avvicinò
all'intelaiatura dei doppi-vetri, facendola scorrere sulle guide per
aprirla. Appena l'aria fredda entrò nella stanza, smuovendo le tende
e facendola rabbrividire nel suo semplice maglioncino a collo alto,
non fece nemmeno in tempo a metter il naso fuori che la voce del
blader le fece fare un balzo indietro.
– Spostati..
– Ma che..?! –
esclamò, eseguendo meccanicamente l'ordine.
Fece appena in tempo
a scostarsi dalla finestra che il giovane Hiwatari saltò dentro,
utilizzando il davanzale come perno da scavalcare.
La nightblader
rimase a fissarne la figura a bocca aperta, assolutamente attonita.
– Ma che..?! –
ripeté, come un disco rotto, fra il corrucciato ed il sorpreso.
Incrociandone gli occhi dai riflessi di brace, avvertì il suo stesso
cuore sussultarle nel petto mentre finalmente gli ingranaggi del suo
cervello ripresero a girare. Allora si ritrovò a sbottare – Ma da
dove sei arrivato?
Il dranzerblader in
tutta risposta le sfoggiò uno dei suoi sorrisetti sghembi, prima di
indicare con una mano la finestra dietro di lui ancora aperta –
Dalla finestra.
Yukiko sbatté le
palpebre, riuscendo grazie all'ironia altrui a riprendersi abbastanza
da assumere un'aria accigliata – Grazie, non l'avevo capito –
ribatté assolutamente ironica, ponendo ambo le mani sui fianchi
coperti dalla stoffa color blu scuro e donandogli di rimando un
sorrisetto molto simile a quello di lui.
Solo a quel punto,
esternando uno sbuffo fra il sostenuto ed il divertito, l'altro si
guardò brevemente attorno, esaminando con fare distratto la camera
mentre chiedeva, monosillabico come al solito – Tua madre?
– È già uscita –
gli rispose con semplicità, muovendosi per aggirarlo. Scambiandosi
di posto, poté finalmente richiudere il vetro e dare un freno alla
dispersione di calore ancora in atto, mentre proseguiva – Aveva un
appuntamento.. cosa che rende del tutto immotivata la tua entrata in
scena.
Quasi non fece in
tempo a terminare quella frase che si sentì tirare per la vita e, un
attimo dopo era stretta fra le braccia del suo ragazzo, poggiandosi a
lui schiena contro petto ed avvertendone il tocco lieve delle labbra
sotto l'orecchio sinistro.
– Non lo rende
immotivato – le mormorò con voce suadente, facendole nascere un
brivido caldo che le si disperse in tutto il corpo.
Si ritrovò a
sorridere d'eccitazione e divertimento al tempo stesso, mentre lui le
baciava e mordicchiava il collo, facendola per riflesso reclinare il
capo verso l'altra spalla. Quella dolce tortura non durò a lungo
perché, preda di una certa impazienza, gli si rigirò presto fra le
braccia, ritrovandosi ad incrociarne nuovamente lo sguardo magnetico.
E, come ogni volta,
tutto il resto perse importanza mentre gli circondava il collo con le
braccia e si perdeva sulle sue labbra. L'ansia, l'impazienza, tutto
sfumò nel suo animo, lasciandola in balia di emozioni più irruente,
come la felicità, l'eccitazione, l'amore.. lo stesso amore che gli
trasmise con quel bacio e che egli ricambiò fin troppo prontamente,
insinuandole la lingua in bocca in una carezza vellutata e complice.
Dio, quanto
le era mancato.
Espirando di
sollievo e soddisfazione, si prese tutto il tempo per godersi quel
contatto, quella presenza nella propria vita, prima di staccarsi
dolcemente da lui quel tanto che le bastò per incrociarne di nuovo
l'iridi dai riflessi ora quasi violacei sotto quelle ciocche
argentee.
Gli sorrise,
proferendo in poco più di un sussurro – Bentornato.
Lui la ricambiò
allo stesso modo, sfoggiando un nuovo piccolo sorriso.
– Che
accoglienza.. – la sua voce dal timbro basso e leggermente roco le
sfiorò le orecchie, provocandole una nuova ondata di brividi che le
salì lungo la spina dorsale, e per riflesso il sorriso le si
accentuò in volto, mentre lui continuava – ..potrei anche
abituarmici, sai?
– Non credo
sarebbe una cosa così tremenda.. no?
– Oh, no davvero –
ribatté divertito, prima di cercarla ancora una volta.
Le loro labbra
tornarono a fondersi, mentre al contempo quell'abbraccio veniva
rinsaldato da entrambi. Con una parte della mente ancora attiva,
Yukiko ebbe quasi l'impressione di essere sul punto di fonderglisi
addosso, tale era l'aderenza fra i loro corpi, e la cosa le piacque e
la spinse a reclinare un poco di più il capo verso destra, per
permettergli di entrare più a fondo nella sua bocca. Si godette il
sapore e la morbidezza di quel contatto approfondito, che diede vita
ad una serie di schiocchi umidi e sospiri da entrambe le parti,
finché non furono costretti a staccarsi una seconda volta per
riprendere fiato.
Tornando sollevar le
palpebre sugli occhi verdi, la ragazza ne incrociò un'altra volta lo
sguardo scuro, trovandolo tanto lucido quanto intenso. La vicinanza
era tale che il suo respiro le si riversò dentro le labbra ancora
leggermente schiuse, mentre il suo odore le riempiva le narici e le
offuscava la mente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che
lui ed il suo viso, le cui gote tradivano un accenno di rossore alla
luce artificiale di quella camera. Era comunque fin troppo
consapevole di un colorito anche più deciso sulle proprie guance, ma
questo era un altro dettaglio che perdeva tutta la sua importanza,
completamente alla deriva delle proprie emozioni. Voleva solo
riprendere da dove avevano appena interrotto, un desiderio
apparentemente del tutto condiviso dal dranzerblader che ancora la
stringeva a sé.
Quei suoi
incredibili occhi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Hai fretta di
uscire?
Lei sbatté le
palpebre una volta sola, deglutendo e passandosi la lingua sulle
labbra in gesto automatico, attirando a causa di questo quegli occhi
di brace su di esse, prima di ritrovare abbastanza voce da
rispondergli – No.
– Bene.
Quell'unica parola
le si riversò come un sospiro sulla pelle del viso, prima che lui
riprendesse a baciarla con trasporto, strappandole un gemito.
Sì, le era
decisamente mancato troppo.
– Yukiko, che
sorpresa! – Kippei li salutò da dietro il bancone del suo
ristorante un'ora più tardi, con quel suo solito modo esuberante
riservato per lo più alla moretta; seppur Kei ultimamente avesse
come l'impressione che questi avesse preso a rivolgersi anche a lui.
– Sono contento di
rivedervi: passate spesso ultimamente!
Ecco. Per l'appunto.
– Volete un tavolo
per due? – fece di nuovo il proprietario e capocuoco, già
adocchiando la sala – O vi faccio accomodare con tua madre?
“Come?!”
La ragazza al suo
fianco si irrigidì immediatamente e lui si voltò di scatto a
guardare verso la sala suddivisa di separé, alla ricerca della
presidentessa della N.C. e del suo sguardo inquisitorio puntato su di
loro. Non lo trovò, così tornò a prestare attenzione allo scambio
fra la sua compagna ed il suo 'zietto'.
– Mia.. mia madre
è qui? – la voce di lei tradì il suo stesso stato d'animo,
condito con una nota di panico che gliela incrinò appena.
Per riflesso il
dranzerblader la cinse ad altezza dei fianchi, stringendola a sé con
discrezione, ma Kippei parve troppo preso dal suo lavoro per notare
alcunché della loro reazione. D'altra parte, quella era una delle
sere in cui il ristorante era solito riempirsi maggiormente, e
sembrava non aver troppo tempo da dedicare loro.. fortunatamente.
– Sì, anche se è
arrivata quasi un'ora fa ormai.. lei e il suo accompagnatore avranno
già finito di mangiare, probabilmente.
A quell'ultima
frase, Kei inarcò un sopracciglio.
– Accompagnatore?
– ripeté automaticamente Yukiko nel frattempo, prima di cercarlo
con lo sguardo e scambiarsi un'occhiata confusa ed interrogativa al
contempo.
In tutta risposta
lui fece spallucce, non riuscendo a capacitarsi di quanto stava
accadendo per primo, e la nightblader ci mise un paio di secondi
ancora prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto
verso il ristoratore, accostata ad un sorriso tirato.
– No.. no, grazie:
non vogliamo disturbarli e poi se hanno già quasi-finito di
mangiare.. – lasciò la frase in sospeso, affrettandosi invece a
dire – Se potessi darci un tavolo in disparte rispetto al loro ci
faresti un favore.. senza comunicarle la nostra presenza, magari.
– Certo, certo –
Kippei fece cenno ad una delle ragazze che accompagnavano ai tavoli –
Capisco: neanche io me la sentirei di immischiarmi nell'appuntamento
di qualcun altro. Ehi Rin! Trova un tavolo per loro dietro al
paravento numero 6.
La cameriera
avvicinandosi annuì al suo datore di lavoro e si avviò verso la
sala, conducendo i due ragazzi sino ad un tavolino a ridosso di una
delle pareti rivestite di carta, non troppo distante dall'uscita.
Quando li lasciò, Yukiko fu lesta a sollevare il menu di fronte al
viso, come a nascondervisi dietro, mentre Kei ispezionò con lo
sguardo l'esigua porzione di sala che poteva vedere da
quell'angolazione, tanto essa era ingombra delle barriere visive
fornite dai paraventi in carta di riso colorata e bambù.
– Li vedi? –
mormorò la ragazza con malcelato interesse.
– No.
Abbassando di nuovo
il menù fin sotto la punta del naso ma non oltre, ora toccò alla
giovane Natsuki ispezionare la sala dalla sua angolazione, con quegli
occhi verdi che guizzavano da un punto all'altro, vivaci e vigili.
Quando arrivò a posare, una manciata di secondi dopo, la rilegatura
del menu sulla superficie del basso tavolo a loro assegnato, il
dranzerblader intuì che nemmeno lei aveva individuato il loro
obiettivo.
Attesero un altro
minuto in piena allerta, restando in ascolto e vagliando il brusio
diffuso dell'ambiente, prima di riuscire a rilassarsi abbastanza da
permettersi di parlare fra loro in tono più normale. Soltanto a quel
punto Kei si prese la briga di osservare con più attenzione la
propria ragazza, mantenendo per contro un'espressione impassibile
mentre lei era intenta a tamburellare le dita sulla superficie di
legno. Definirla nervosa in quel momento sarebbe stato solo un
delicato eufemismo.
– Vuoi andartene?
– le domandò.
La nightblader voltò
lo sguardo di scatto verso di lui, spalancandolo con una certa
sorpresa, prima di riuscire ad aprire bocca e, quando lo fece, la
risposta gli giunse tanto impulsiva da fargli inarcare un
sopracciglio.
– No! – dopo un
secondo lei parve accorgersi della propria reazione e tentò di
rimediare – Cioè.. se preferisci che ce ne andiamo.. – lasciò
ancora una volta la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione
che non gli diede il tempo materiale di esternare, perché subito
dopo tornò a parlare, abbassando lo sguardo sulle proprie mani
intente a giocherellare con il bordo del menu aperto fra loro – In
realtà credo che rischieremmo di farci scoprire se ci muoviamo ora..
e poi – alzò di nuovo il viso e lo sguardo, rivolgendogli un mezzo
sorrisetto alquanto incerto – Ecco.. speravo di poterti parlare di
una cosa..
Il suono di una
franca risata sovrastò per un attimo il brusio generale,
interrompendola e facendo irrigidire ad entrambi la schiena in una
posa dritta come un fusto.
Kei si immobilizzò
meccanicamente in ogni muscolo, riconducendo quello scoppio di
ilarità al tavolo esattamente dietro il paravento alle proprie
spalle. Ma non fu per la vicinanza quanto per la tonalità di quella
voce, la quale gli si insinuò in mezzo alle orecchie con una
familiarità sconcertante, che smise addirittura di respirare per una
manciata di secondi.
– Uhuh! – la
risata artificiosa dal timbro femminile che seguì, più bassa ma non
meno definita ora che egli era in ascolto, gli diede la conferma che
cercava, gelandolo una seconda volta nell'arco di pochissimi secondi
– Sei proprio un ragazzino certe volte, Susumu!
– Mi sento ancora
un ragazzino con te, mia cara! – ribatté allegramente una voce
maschile.
E lui conosceva
quella voce.
Con lo sguardo
ancora puntato sul viso della sua compagna, la vide sbiancare e
sgranare gli occhi, avendo evidentemente colto anche lei quell'ultimo
scambio di battute. Le labbra le si schiusero a fatica e il sussurro
che le sgorgò da esse risuonò strozzato, tanto che lui quasi non la
udì mentre esternava l'unica conclusione a cui era arrivato anche
lui.
– Mia madre..
– ..e mio padre –
terminò lui, per nulla entusiasta, altrettanto sommessamente.
In quell'istante la
cameriera tornò ad affiancarsi al loro tavolo, sorridendo con garbo
e chiedendo loro le ordinazioni, cosa che fece quasi fare un salto a
Yukiko.
– Ehm.. non siamo
ancora pronti, possiamo avere ancora un minuto?
Quella annuì
comprensiva e si allontanò altrettanto lestamente, lasciandoli di
nuovo soli e scombussolati.
Con discrezione
persino Kei si prese il tempo di fare un bel respiro, tentando di
frenare l'agitazione che gli impediva di pensare con la giusta
lucidità. Se davvero i rispettivi presidenti della N.C. e della
Hiwatari erano seduti dietro di lui, separati soltanto da un
sottile foglio di carta di riso..
I suoi pensieri
vennero interrotti dal muoversi della mora ed inarcò nuovamente un
sopracciglio, assumendo un'aria interrogativa, mentre questa si
inclinava sempre più verso l'esterno, cercando di gettare uno
sguardo nella direzione del tavolo. Arrivò persino ad alzarsi dal
suo cuscino, prima di arrivare ad un punto in cui finalmente, proprio
quando Kei arrivò a pensare che si sarebbe fatta scoprire, si
immobilizzò un istante e tornò subito dopo composta al suo posto,
dritta come un giunco e con il colorito del viso simile a quello di
un lenzuolo.
Quando lui la fissò
negli occhi, non era del tutto pronto a ciò che lei gli disse ancora
sotto shock.
– Tuo padre esce
con mia madre!
“Ma co..?”
non fece nemmeno in tempo a terminare quell'interrogativo nella
propria mente che lei ribadì la cosa.
– È un
appuntamento! – insistette in preda all'agitazione, accostando
persino una mano all'angolo destro delle labbra, prima di incitarlo –
Guarda tu stesso!
Non riuscendo a
crederci realmente, colse il suggerimento di lei e la imitò,
cercando di scoccare un'occhiata oltre la barriera divisoria, ma
quando riuscì ad avere uno scorcio di ciò che vi si celava dietro,
fu la visione di un istante prima che tornasse a rimettersi dritto al
proprio posto. Eppure tanto bastò a confermare la versione che gli
aveva appena dato la nightblader: aveva visto suo padre in abiti
eleganti, con un braccio appoggiato sul tavolo e rivolto verso la sua
accompagnatrice, della quale stringeva delicatamente una mano.
Era tutto
vero. I sospetti che aveva avuto sino a quel momento si erano
dimostrati fondati: suo padre era uscito ad un appuntamento galante.
Ciò che non aveva minimamente preso in seria considerazione sino a
quell'istante era l'eventualità che la donna con cui il suo vecchio
si vedeva regolarmente fosse realmente la signora
Natsuki.
La presidentessa
della Natsuki Corporation.
La madre di
Yukiko.
“Cazzo.”
– Che diamine sta
succedendo? – si ritrovò a mormorare fra sé e sé.
Susumu non era altri
che il signor Hiwatari. Il padre di Kei.
Tentando di
respirare profondamente, Yukiko non riuscì a pensare nient'altro per
i successivi cinque minuti, accorgendosi solo con una parte della
mente della domanda a senso unico che era sfuggita alle labbra del
dranzerblader sedutole di fronte. Le ci volle un po', prima di
riuscire a metterne a fuoco la figura e, quando ciò accadde, si
scoprì a chiedersi la stessa cosa.
“Che diamine
sta succedendo?!”
L'espressione
solitamente impassibile dell'altro lasciava trapelare il suo stesso
sconcerto, seppur quelle sopracciglia aggrottate erano un segno che
tentava di contrastare lo stupore a cui erano entrambi stati
sottoposti. Quando lui riuscì spiccicare di nuovo parola, aveva
abbassato ancor di più gli occhi scuri, facendo in modo che i suoi
capelli proiettassero un'ombra sulla parte superiore del suo viso.
– Non l'avrei mai
creduto.. – disse piano – ..non avrei mai creduto che potesse
essere.. – sembrava non riuscire a concludere quella frase, ma non
c'era alcun bisogno che lo facesse: aveva capito perfettamente e una
sensazione di disagio le si insinuò al centro del petto, mentre lui
sembrava altrettanto impossibilitato a reagire – ..da quando..?
Questa volta Yukiko
finì per lui, ritrovandosi ad esternare, con un sorrisetto privo di
ilarità – ..è iniziata? Parecchio, a quanto ne so. Da prima che
tornassimo.
Le proprie stesse
parole le risuonarono nella mente con una nota amara che non fece
altro che farle chiudere in una morsa la bocca dello stomaco. Si
ritrovò meccanicamente a stringere i pugni, avvertendo una nota di
fastidio dentro di sé che reclamò la sua attenzione. Comprese di
non esserne felice. Proprio per niente.
Sua madre le aveva
tenuto deliberatamente nascosta quella verità per tutto quel tempo..
costringendola persino a mentirle.
Quella
considerazione la indusse a scuoter appena il capo in segno di resa
ma, subito dopo aver ceduto al bisogno di avere un appoggio concreto
sotto i gomiti, quella nuova angolazione le permise di cogliere -
così come poté senza dubbio fare Kei - parte della conversazione
che stavano affrontando i loro genitori dietro a quel paravento.
– ..non è stato
facile per lei.. – quelle poche parole, le prime che comprese senza
ombra di dubbio, la fecero irrigidire nuovamente in ogni muscolo,
tesa come una corda di violino. Stavano parlando di lei? Trattenne
persino il respiro, nel tentativo di cogliere il dire successivo –
..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che
è successo con quel ragazzo..
Oddio...
Oddio...
Per un attimo Yukiko
credette di essere sul punto di avere un capogiro. Sua madre stava
raccontandogli della storia di Manabe!
Incrociando lo
sguardo di Kei, lo vide immobile tanto quanto lei, sebbene con
un'espressione più tesa, quasi corrucciata. Nemmeno lui sembrava
entusiasta di ciò che stava arrivandogli all'orecchio.
– ..ora capisco..
– a quel punto colse distrattamente la replica del signor Hiwatari,
anche se il resto del suo dire le giunse troppo ovattato per esserle
comprensibile. Così non fu per la voce di sua madre un paio di
secondi dopo.
– Il trasferimento
è stato un bene, ma non so se si sia davvero ripresa del tutto.. –
il brusio circostante coprì parte della frase successiva – ..nuovi
amici, per questo.. – nuova pausa di incomprensione – ..con tuo
figlio speravo che.. – il resto le giunse confuso ma il senso
l'aveva intuito.
– Kei è riuscito
più volte a vanificare i miei tentativi – la voce del presidente
risuonò improvvisamente nitida nel suo timbro tipicamente baritonale
e questa volta fu il dranzerblader a tradire la sua attenzione,
drizzando leggermente la schiena e bloccandosi ancora una volta in
quella posa rigida – Non è mai stato facile averci a che fare e mi
sorprende che si siano avvicinati tanto..
– Non tutto è
perduto, Susumu – intervenne la signora Natsuki con tono più
morbido – Ricorda che c'è ancora una speranza, da quel che mi hai
detto. In fin dei conti, potrebbero essere riusciti dove noi come
genitori abbiamo fallino sino ad ora.. non dimenticare che sono
ragazzi.
– Sì – il tono
dell'altro era più sicuro, più fiducioso – A tal proposito ho già
messo in moto.. – il rintocco costante di un paio di zoccoli di
legno fece perdere parte delle parole a seguire e quando la mora
riuscì a distinguere qualcosa di ciò che il presidente stava
dicendo, ormai aveva già terminato – ..sono fondati, ne avremo
presto una prova.
– Tutto ciò che
potrà scoprire sul loro rapporto andrà a nostro vantaggio.
A quelle ultime
parole, il senso di colpa che aveva provato negli ultimi tempi sino a
quel preciso istante svaporò dall'animo della mora, come se non
fosse mai esistito. Al suo posto iniziò a montarle in petto
un'irritazione che la costrinse a chiudere gli occhi, corrucciata in
viso mentre lo abbassava, lasciando che i propri capelli glielo
adombrassero al pari di quanto aveva fatto il suo compagno poc'anzi,
tesa tanto da arrivare al punto d'essere pronta a scattare come una
molla.
E, ricordando i
propri propositi per quella serata, non riuscì a trattenersi.
– Ne ho
abbastanza... – mormorò in un soffio.
Appoggiando ambo le
mani di nuovo aperte sul bordo del tavolo si sollevò in piedi in un
movimento talmente brusco da far sussultare la cameriera che stava
nuovamente tentando di avvicinarsi a loro. Kei per contro non si
mosse e, quando lei ne incrociò gli occhi scuri leggermente
spalancati, si ritrovò a rimarcare dentro di sé quanto le era
appena sfuggito con un sorriso contrito.
Era giunto il
momento di mettere le cose in chiaro, specialmente con sua madre.
Quando si mosse sul
parquet, questo cigolò appena, rumore che venne soffocato dalla
cacofonia circostante, sebbene questa non fosse mai risultata
eccessiva nel suo volume. Percepì più di un paio di occhi puntati
addosso a sé, ma non se ne curò mentre, sollevando il mento,
superava il separé.
Si fermò
esattamente accanto al tavolo dei due presidenti, i quali tardarono
un momento a zittirsi. Calò il mutismo soltanto quando la mora
incrociò il loro sguardo, vedendoli farsi simili a statue di sale di
fronte a lei. Un vago movimento alla propria sinistra le rese noto,
senza doversi prendere il disturbo di accertarsene, che il
dranzerblader l'aveva raggiunta e si era fermato a sua volta,
calamitando per un istante l'attenzione dei due.
– Yuki-chan..
che.. che sorpresa.. – se ne uscì con voce carica di tensione la
donna che l'aveva messa al mondo.
– Kei.. – esordì
il signor Hiwatari, prima che un'occhiata da parte dello stesso lo
mettesse a tacere.
Yukiko, tenendo ora
il proprio sguardo di smeraldo sul volto atteggiato in un'espressione
carica di tensione e imbarazzo di sua madre, avvertì la propria
irritazione crescere e gonfiarsi, mutando in una collera che la
raggelò dall'interno. Quando finalmente riuscì a parlare, lo fece
con una tale freddezza ed una impersonalità da farle credere che la
sua anima si fosse distaccata dal suo stesso corpo.
– E così era
questo che non volevi dirmi.
– Lascia che ti
spieghi.. – tentò la presidentessa, in un tentativo di diplomazia
che finì in un buco nell'acqua.
– Non c'è nulla
di cui ti mi debba dare spiegazioni – la contraddisse, senza batter
ciglio – Mi è tutto perfettamente chiaro, ora.
Il signor Hiwatari
fece per dire qualcosa ma Kei lo interruppe sul nascere, incrociando
ambo le braccia sul petto.
– Padre –
esordì, in un tono che risuonò tanto serio e fermo da essere la
causa di una nuova paralisi dei muscoli facciali dell'uomo più
anziano – Credo che tu abbia qualcosa da dirmi. O sbaglio?
La provocazione fece
serrare la mascella al presidente della Hiwatari, che per
contro non disse una parola.
Di fronte a quel
nuovo silenzio, Yukiko non riuscì più a trattenere una smorfia di
sdegno.
– Siete proprio
fatti l'uno per l'altra.
Quell'ultima frase
la sputò come veleno, prima di voltarsi, non riuscendo più a
sopportare l'immobilità a cui la situazione la stava costringendo.
– Andiamo.
Non disse altro e
Kei, dopo averla lasciata passare, la seguì senza una parola mentre
lei si riavvicinava al loro tavolo per prendere la propria borsa. La
voce di sua madre si levò alta nel locale.
– Natsuki Yukiko!
Lei la ignorò, così
come non diede importanza al tono perentorio da lei usato per
chiamarla.
No, questa volta non
l'avrebbe lasciata fare come se niente fosse, si disse.
Si diresse con passo
deciso e la giacca sottobraccio verso l'uscita, mentre una sensazione
di soffocamento iniziò ad attanagliarla alla gola. Doveva uscire;
doveva respirare un po' d'aria fredda e schiarirsi le idee. Doveva
andarsene da lì, e l'avrebbe fatto subito. Assolutamente.
Alla guida della sua
auto, Kei lanciò per la terza volta un'occhiata alla sua compagna
sedutagli affianco, prima di imboccare la strada sulla quale
affacciava casa di lei. Usciti dal ristorante di Kippei, lei si era
scusata e gli aveva chiesto di riportarla a casa, cosa a cui lui
aveva acconsentito con un cenno del capo. Dopodiché non aveva detto
più null'altro.
Durante il viaggio
di ritorno non gli aveva rivolto più la parola ed il silenzio
nell'abitacolo della Camaro era tutt'ora talmente pesante da
dargli l'impressione che l'aria fosse intrisa d'elettricità.
Un'elettricità la cui fonte era proprio la giovane Natsuki lì
accanto.
Rallentò, sino a
fermarsi accanto all'accesso al vialetto di casa di lei e, dopo aver
tirato il freno a mano, ruotò la chiave nel quadrante, spegnendo
finalmente il motore. Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, appena
si voltò a guardarla apertamente ruotando persino il busto verso di
lei, trovò la mora con la cintura già slacciata e protesa verso la
maniglia della portiera.
– Scusami – gli
disse in poco più di un sussurro, senza nemmeno guardarlo
direttamente – Non è stata la serata che mi ero aspettata.. mi
spiace.. – un momento di pausa, come se faticasse a mantenere
controllato il tono di voce, nonostante il tenue sorriso privo di
ilarità che le si stava delineando in volto – ..ho bisogno di
stare da sola per un po'.
Kei fece per aprire
bocca e tentare di fermarla ma risultò di un istante troppo lento.
L'aria fresca gli sfiorò la pelle del viso appena la portiera si
spalancò e un istante dopo lei era già sul marciapiede, imboccando
quasi di corsa il passo carraio che irrompeva nella sua proprietà.
Con un'imprecazione fra i denti, lui si slacciò in fretta la cintura
prima di scendere a sua volta dalla propria auto.
Poteva capire come
si sentiva, ma non gli piaceva per niente il suo modo di reagire a
quella storia. Non che lui avrebbe fatto diversamente.. se non fosse
stato per lei, probabilmente, a quest'ora avrebbe persino rotto il
naso a quello che per tutti quegli anni si era spacciato per suo
padre, finendo per questo in un discreto mare di guai. Ma lei era più
importante persino di quella magra soddisfazione, per questo le andò
dietro senza pensarci due volte, sbattendo forse la portiera della
Camaro con più impeto del dovuto, visto il tonfo sordo che
emise nel richiudersi.
Non fece in tempo a
raggiungerla tuttavia: appena raggiunse il cancello aperto, fece
appena in tempo a svoltare l'angolo del muro di cinta che alle
orecchie gli giunse il rumore di un motore in fase di avvio e le luci
posteriori della Mazda 2 si accesero, come ad intimargli
nella loro viva tonalità rossa di stare fermo dov'era.
Così fece, suo
malgrado, arrestandosi appena oltre l'ingresso al cortile, non
potendo far altro che seguire con lo sguardo l'auto mentre faceva
retromarcia e si immetteva in strada con un'unica manovra priva di
sbavature. Si mosse soltanto quando l'auto viola si fu immessa
completamente in strada, ferma il tempo che la ragazza al volante
potesse cambiare marcia, inserendo la prima, ma riuscì a malapena a
raggiungere il marciapiede, prima di vederla sgommare via con uno
stridio di protesta dei pneumatici neri sull'asfalto intriso di
umidità.
Una manciata di
secondi dopo Kei era ancora lì, fermo sul ciglio della strada, lo
sguardo perso nel punto in cui aveva visto scomparire l'auto della
sua ragazza, con l'abbaiare di un cane in lontananza come unico suono
a tenergli compagnia nella quiete della notte.
Inspirò un'ampia
boccata d'aria fredda che gli si insinuò fra i denti, prima di
sollevare una mano e ravviarsi i capelli d'argento nello stesso
momento in cui svuotava i polmoni in uno sbuffo di insofferenza. Non
aveva idea di dove fosse appena andata la sua compagna ed era una
consapevolezza che non gli piacque affatto, specie visto l'umore di
lei.
Preda di una nuova
irrequietezza che lo fece corrucciare visibilmente in volto, digrignò
i denti, piegando le labbra in una smorfia.
– Maledizione!
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Uhaaa!!!!! Eccomi!! Vi sono mancata?!
Finalmente ho di nuovo la linea, ma... ahimé, gli esami incombono, quindi bene o male dovrete avere ancora un po' di pazienza. Non manca molto, rallegratevi, appena riesco a finire il capitolo avrete degli aggiornamenti più rapidi, promesso!! *___*
Intanto, ecco qua il capitolo che aspettavate tutti con ansia: quello dei nodi che saltano al pettine!!!
E siamo anche arrivati al numero 45, per cui mi sento in dovere di ringraziarvi apertamente per i fantastici commenti ed il supporto che mi avete dato tutte fino ad ora. Senza di voi non so se sarei arrivata sino a questo punto, sul serio! Quindi vi ringrazio pubblicamente tutte quante, dalla prima all'ultima! Grazie grazie grazie, per la vostra pazienza soprattutto!
Intanto, siccome sono piuttosto soddisfatta di questo capitoletto, aspetto con trepidazione un vostro nuovo parere, annunciandovi che mancano solo 5 capitoli alla fine. Sì, 5. Li ho già suddivisi e impostati e sto per finire l'ultimo, quindi non ci sono più dubbi.
Non piangete, e se dovete gioire, fatelo con discrezione XD potrei sempre mettermi a scrivere qualcos'altro! Ahahaha!
Mi sono dilungata anche troppo.
Vi mando un bacione *-* e a presto!
La vostra esaltatissima..
Kaiy-chan