-Sposerai
Sirius,Vitani. Non sono molte, ormai, le famiglie purosangue e meno
ancora quelle degne di esserlo. Sirius è un ragazzo singolare ma
saprà assumersi le sue responsabilità, crescendo.
Walburga lo informerà il prima possibile.-
Druella aveva pronunciato quelle parole quasi con rassegnazione,
fingendo un sorriso tirato e regalandole una lieve carezza, uno dei
pochi e brevi contatti che i genitori concedevano a Vitani.
Non aveva idea del tumulto che quelle parole avevano scatenato nel cuore della ragazza, poco più che quindicenne.
Sirius era sempre stato il suo eroe, il suo pilastro. Nonostante la
freddezza che il cugino ostentava continuamente, l’indifferenza e
talvolta la crudeltà, Vitani non riusciva davvero ad odiarlo. Le
sue parole, alle volte, la ferivano come lame affilate al pari di quei
suoi crudeli occhi grigi che la trafiggevano senza alcuna pietà
ricordandole giorno dopo giorno quanto fossero diversi.
Sorrise, mesta, cercando di trattenere l’euforia. – D’accordo, madre. -
Si congedò e corse nella sua camera a prepararsi.
Il vestito che avrebbe indossato quella sera, al ricevimento in onore
del fidanzamento di Narcissa e Lucius Malfoy, era incredibilmente bello
ma ai suoi occhi non abbastanza per lui, per meritarlo.
Era bello, Sirius. Bello e ribelle, volitivo e determinato. E Vitani
adorava ogni cosa di lui che non fossero i suoi amici o la Casa cui era
stato smistato.
- Signorina, Raelie è qui per vestirla. - mormorò una
vecchia elfa domestica avvicinandosi a lei e tendendole il vestito.
- Sbrigati, quanto ci vuole per allacciare un dannato corpetto?. - la
esortò, dura come le avevano insegnato ad essere. Attese non
senza continui sbuffi di impazienza che l’elfa finisse di
allacciare lo strettissimo corpetto e poi le strappò di mano la
collana che lei le porgeva.
- Adesso vattene. -
Se la allacciò al collo da sola e poi prese a rimirare la propria figura davanti al grande specchio.
L’abito blu come la notte ricadeva ampio fino ai piedi, con
voluminose volute di tulle arricciato in vita così da
sottolinearne la linea sottile, e la generosa scollatura incorniciava
l’enorme pietra preziosa che decorava il collo candido.
Sospirò, nervosa ed emozionata, ipotizzando ogni possibile
reazione del cugino, immaginando l’espressione del suo volto e
chiedendosi se, quella sera, avrebbe ricevuto il suo primo bacio: le
attenzioni, ad Hogwarts, non le mancavano. Era ricca, era bella ed era
anche intelligente, come risultava evidente ad ogni lezione, ma nessuno
di quegli smidollati che le facevano la corte era anche solo
lontanamente paragonabile a Sirius, alla sua aria disinvolta mentre
passeggiava fiero per i corridoi, impettito nella sua bellezza
così incurante.
-Buonasera,
signorina Black. Siete magnifica.- la accolse Craig Davidson facendole
il baciamano e lei rispose con un sorriso appena accennato e uno
sbrigativo cenno del capo.
La sala era gremita di gente che faceva quasi la fila per congratularsi
con i futuri sposi che, ritti e biondi, stavano in fondo alla sala
stringendo la mano agli ospiti.
-Vitani, tesoro, sei perfetta.- esclamò una sua compagna di
scuola, Kelly McFray, portandosi una mano perfettamente smaltata alle
labbra truccate.
-Anche tu stai davvero bene, Kelly.-
Vitani era troppo impegnata a cercare con lo sguardo i suoi cugini,
Sirius e Regulus, per prestare attenzione a chiunque altro, chiunque
altro fatta eccezione che per Andromeda.
-Med.- la raggiunse scivolando tra la folla e avvertì
distintamente una fitta allo stomaco quando incrociò i suoi
occhi tristi. Da qualche mese Andromeda non era più la stessa.
Non sorrideva, non scherzava, non mangiava neanche, alle volte. Stava
chiusa nella sua stanza e gufi e civette andavano e venivano dalla sua
finestra ad una frequenza inconsueta e inspiegabile per chiunque tranne
che per Vitani.
–Potresti sforzarti di farmi un sorriso, sorella? Non sopporto
l’idea che tu stia così per uno stramaledetto babb…-
La maggiore le tappò la bocca con una mano, leggera ma decisa e le rivolse un’occhiata di rimprovero.
-Il fatto che tu sia la più bella della sala non giustifica la
tua impertinenza.- la riprese, sicura che non avrebbe più
toccato l’argomento.
-Dici?- mormorò facendo una giravolta e l’ampia gonna scura ondeggiò attorno al suo corpo.
Andromeda stirò le labbra in un sorriso intenerito e le fece
scorrere una mano tra i capelli scuri, come faceva da sempre e come
sempre avrebbe fatto nonostante Vitani fosse quasi diventata una donna.
-Hai per caso visto i nostri cugini?- chiese cercando di apparire distaccata, sistemandosi le pieghe del vestito.
-Regulus sta conversando con i signori Malfoy di Merlino solo sa cosa,
mentre il cugino che stai cercando tu è lì.- disse,
consapevole della cotta ormai consolidata della sorella. -Si sta
annoiando sulla balconata o forse sta architettando un modo per far
saltare in aria casa nostra, non saprei dirlo.-
Vitani non riuscì a trattenere un sorriso e arrossì prima
di congedarsi e procedere nella direzione dell’unico uomo in
quella sala di cui le importasse qualcosa.
-Mi concederesti questo ballo, cugina?-
Regulus l’aveva afferrata al volo stringendole la mano e
l’aveva attirata a sé conducendola già in pista
senza attendere una risposta.
Il minore dei fratelli Black non abbassava di certo gli standard
estetici della famiglia, i capelli erano neri come quelli del maggiore
ma ordinati e corti, gli occhi chiari spiccavano sul viso diafano
dandogli un’aria angelica che però cozzava notevolmente
con la sua condotta non esattamente encomiabile, a scuola e fuori da
essa.
Era l’orgoglio dell’intera famiglia, il timore dei giovani
studenti della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, nemico
giurato di ogni Grifondoro e fedele compagno di malefatte della
peggiore cricca di Serpeverde che il mondo della magia avesse mai
conosciuto.
-Perché chiedere se prendi comunque qualsiasi cosa tu voglia?-
lo rimbeccò, furba, rilassandosi e cominciando a volteggiare
insieme al cugino in mezzo alle altre coppie.
-Semplicemente non considero minimamente plausibile un tuo rifiuto.-
-E perché mai?- Vitani e Regulus erano molto legati, compagni di
casa e di studio, ad Hogwarts, trascorrevano la maggior parte del loro
tempo insieme, uniti e complici come pochi altri, ma la giovane si
trovava spesso costretta ad arginare le pretese dell’altro che,
evidentemente, vedeva per loro un futuro completamente diverso da
quello da lei sperato.
-Perché tra qualche settimana torneremo a Scuola e potrei
decidere di non fare più i tuoi compiti di Storia della Magia.-
-Vile ricattatore.-
-Incantevole vittima dei miei raggiri.- la schernì, sorridente, facendole fare una giravolta.
Lei rise, spensierata, godendosi quegli istanti di divertimento e
imponendosi di non rimuginare troppo sulla verità che avrebbe
rivelato a Sirius di lì a poco.
-Vitani!-
La voce dura di sua madre la raggiunse dalla vasta balconata e lei la
raggiunse immediatamente, sollevando la gonna per non inciampare.
Quando la raggiunse si accorse che Druella e Walburga erano in
compagnia di un infelice Sirius che finalmente, sentendola arrivare,
abbandonò la ringhiera per voltarsi e unirsi alle tre donne.
-Cara, potresti per favore trascinare in pista questo screanzato di tuo
cugino? Non è educato da parte tua restare in disparte.-
concluse poi rivolta al figlio Walburga Black.
-Mi comporto mai in modo educato, per te?- rimbrottò lui,
scocciato, facendo schioccare la lingua sul palato per poi rivolgere
alla cugina uno sguardo annoiato e porgerle la mano. -Se
l’educazione si misura in inutili e ipocrite chiacchiere e in
passi di valzer credo proprio che non potrò sottrarmi.-
Vitani cercò di ignorare il sarcasmo di Sirius ma non
poté evitare di riappropriarsi dell’aria fredda e
impenetrabile che la contraddistingueva, mentre lui la riconduceva in
pista. Odiava il modo in cui lui riusciva a farla sentire inadeguata e
odiava vederlo mentire in quel modo così palese.
Vitani sapeva bene che parte dell’affetto che nutriva nei suoi
confronti era ancora sepolto chissà dove in quell’abisso
di indifferenza e se non si fossero continuamente indisposti a vicenda
magari sarebbe anche riuscita a riportarlo alla luce, così si
impose di mettere da parte l‘orgoglio e di sorridere.
-A questo punto dovrei chiederti se la tua vita procede come speri, cara cugina, o farti i complimenti per la tua bellezza.-
-Mi trovi bella, dunque?- chiese, tenace, mentre lui le circondava la
vita con un braccio e stringeva l’altra mano nella sua.
-Le Veela incantano gli uomini con la loro bellezza per nascondere il
loro vero volto, non è forse la stessa cosa che fai tu?- quello
che avrebbe potuto suonare inizialmente come un complimento non era
altro che l’ennesima critica che il giovane uomo rivolgeva alla
cugina per la sua Casa di appartenenza e per la sua somiglianza alle
sorelle.
-Non sto incantando te.-
Sirius strinse un po’ di più la presa sui suoi fianchi e
intensificò lo sguardo su di lei mentre continuavano a ballare
confondendosi nella folla.
-No, infatti.-
Vitani sbuffò, mettendo da parte il decoroso contegno che la
rigida educazione ricevuta le imponeva e gli rivolse un’occhiata
torva.
-Piantala, Sirius. Ci volevamo bene un tempo, io e te. Lo hai proprio dimenticato?-
-Un tempo, quando speravo che ci fosse ancora una piccola
possibilità che tu fossi diversa.– ribatté
l’altro, serio, stringendola a sé per il ballo successivo.
-Cosa ti fa pensare che io sia esattamente come loro?-
Il ragazzo scoppiò in una risata canzonatoria, in cui
riuscì ad esprimere meglio che a parole tutto il disprezzo che
provava nei confronti della sua famiglia. –Oh per piacere, il
ruolo della principessina incompresa e tormentata dalle rigide
imposizioni familiari non ti si addice, nonostante andrebbe di gran
moda dovessi scriverci un libro.-
-Non sono alla ricerca di un ruolo da recitare– rispose Vitani
allontanandosi di scatto dal ragazzo –e comunque questa famiglia
ha già il suo personaggio triste e tormentato, non credi?–
il suo sguardo freddo non riuscì a nascondere una punta di
dolore e delusione per le parole del cugino.
Nonostante si ripetesse continuamente quanto poco influente fosse per
la sua vita il parere della gente, non avrebbe mai potuto nascondere,
nemmeno a se stessa, quanto in realtà fosse importante per lei
l’approvazione di Sirius.
Avrebbe voluto conoscerlo meglio, capire cosa gli passasse per la
testa, il perché dei suoi comportamenti. Semplicemente le
sarebbe piaciuto andare indietro nel tempo, alle loro avventure di
bambini, e tornare a piacergli almeno un po’.
L’aria di superiorità e sdegno con cui la guardava ormai
da qualche anno, invece, scalfiva il suo orgoglio come niente prima
d’allora. Non poteva sopportarlo, era sempre come se lui sapesse
qualcosa che a lei sfuggiva. La faceva sentire piccola e stupida. Lei
invece era fiera della donna che era diventata, perché mai non
avrebbe dovuto? In famiglia seguiva le regole, voleva rendere fieri i
suoi genitori. A scuola era temuta e rispettata, com’era giusto
che fosse. Era una Black, e quello era il maggiore dei pregi. Allora
perché ogni volta che si ritrovava davanti al cugino, quel
cognome le sembrava solo il più pesante dei fardelli?
Prese un lungo respiro, cercando di darsi un contegno. Non poteva
mostrarsi debole di fronte a lui. L’illusione di avere il pieno
controllo delle sue emozioni di adolescente era l’unica cosa che
le rimaneva.
Con tutta l’arroganza di cui era capace si riscosse finalmente
dai suoi pensieri ed osò guardarlo dritto negli occhi, sperando
che quella rinnovata forza non l’abbandonasse proprio in quel
momento.
-Volevo solo metterti a parte dell’ultima decisione presa
dall’alto, ma immagino che sentirla direttamente dalla mente che
l’ha partorita non faccia alcuna differenza per te.–
continuò Vitani, un sorrisino ironico ad incresparle le labbra
–Sarà interessante osservare come tua madre
risponderà alla tua reazione.-
Dopo aver pronunciato quelle parole con l’astio e la veemenza che
aveva assorbito dopo anni e anni di convivenza con le sorelle, si
scostò dal cugino e gli voltò le spalle, procedendo verso
la scalinata con tutta l’intenzione di trovare una stanza vuota e
restarci per il resto della serata. I tacchi che cozzavano con il
pavimento di marmo risuonavano nel corridoio come colpi di pistola e
coprirono i passi di Sirius, che dopo qualche istante di smarrimento le
era corso dietro.
-Cos’è che dovrei sapere Vitani?- le chiese afferrandole il polso per trattenerla.
Non la chiamava mai con il suo nome, le rare volte in cui si rivolgeva
a lei lo faceva in modo puramente impersonale o con l’appellativo
di serpe.
-Pensavo ti desse noia parlare con me, vuoi davvero che io prolunghi il tuo fastidio?-
Fece per allontanarsi ma Sirius fu più veloce e la attirò
a sé, chiudendola fermamente tra il proprio corpo e il muro del
corridoio.
-Dimmelo, adesso.-
Lei sorrise nel vederlo innervosirsi sempre di più. Amava la
sensazione che le dava il tenerlo sulle spine, proprio lui che sembrava
essere sempre un passo avanti a tutti.
-I nostri genitori vogliono che ci sposiamo.– buttò
lì, curiosa di vedere come avrebbe reagito alla notizia. Il suo
viso una maschera impenetrabile, o almeno così sperava. Lui non
avrebbe dovuto capire quanto in realtà quell’idea
l’avesse resa felice.
Sirius la guardò ancora per un attimo, allibito,
dopodiché rivolse tutta la sua attenzione al pavimento, la
fronte corrugata e gli occhi ridotti a due fessure, la mascella era
serrata in un’espressione indecifrabile. Dopo quella che parve
un’eternità, posò lo sguardo su di lei.
-Non lo farò.– poche, semplici parole, che non esprimevano
neanche lontanamente quello che Sirius provava. La sensazione di essere
un burattino manovrato da pazzi visionari gli impediva di pensare
razionalmente. I pugni chiusi tremavano di rabbia sopra la testa di
Vitani, che lo fissava confusa.
Per un attimo, solo per un piccolissimo istante, si era permessa di
immaginare il loro ipotetico matrimonio. Lei con un vestito da fare
invidia a qualsiasi Reale, bella, ammirata da tutti, mentre camminava
verso l’altare, verso Sirius, il suo Sirius. E poi sarebbero
scappati insieme, lei lo avrebbe seguito ovunque. Lontani da quelle
case troppo fredde e grandi, da quelle rigide e assurde regole, dai
loro continui sguardi di disapprovazione, magari sarebbero stati felici.
-Cosa vuoi fare? Non ti permetteranno mai di sposare chi vuoi, lo sai…-
-Il punto non è sposare chi voglio– si allontanò da
lei, poggiando le spalle contro il muro opposto, le mani ancora strette
in due pugni –Non ho alcuna intenzione di sottostare al loro
volere. Non decideranno della mia vita, mai.–
-Ma… La decisione è già stata presa!– Vitani
non riusciva a comprendere perché Sirius stesse reagendo in quel
modo. Davvero pensava che opponendosi sarebbe cambiato qualcosa?
Conosceva i metodi di persuasione della famiglia Black. Sarebbe
arrivato a sopportare tanto pur di non sposarla?
Sentendosi ferita e umiliata, si avvicinò lentamente al cugino e
gli sfiorò una mano con la sua, pentendosene subito dopo.
-Sirius…-
Il ragazzo la spinse via immediatamente come se avesse toccato il fuoco.
-Sei tale e quale a loro, non capirete mai.- sibilò, guardandola
un’ultima volta con sdegno, prima di allontanarsi rapidamente
lungo il corridoio senza mai voltarsi indietro.
Si torturò le mani, immobile in quello stesso punto, per quelle che a lei sembrarono ore.
-Vitani! Dov’eri finita?- Regulus la chiamava, affacciato alla porta che dava sulla scalinata.
-Tutto bene?- chiese una volta che l’ebbe raggiunta, vedendola
più scura del solito ma non potendo neanche lontanamente
immaginare la discussione svoltasi poco prima con suo fratello e
l’effetto profondo che aveva avuto su di lei. Sembrava solo
impercettibilmente tesa nella sua compostezza.
-Tutto bene.- rispose, gelida, alzando lo sguardo sul cugino minore.
Quella notte Sirius aveva distrutto l’ultimo spiraglio di luce
che ancora osava sopravvivere in mezzo a tutto il buio che le avevano
insegnato. Aveva eliminato anche l’ultimo frammento della bambina
allegra che era stata in passato, e che teneva conservato gelosamente
in un angolo del suo cuore, in attesa che lui, solo lui, lo riportasse
a galla.
Quella notte era nata una nuova Vitani, una Vitani che non si sarebbe
mai più concessa nessuna debolezza. Una Vitani che avrebbe
distrutto ogni ostacolo sul suo cammino e sacrificato affetti, passioni
e sogni pur di restare in piedi.
-Va tutto bene.- ripeté puntando gli occhi in quelli di Regulus –Tutto alla perfezione.-