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Autore: Matih Bobek    17/01/2015    0 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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In casa Zandri, bisogna muoversi con assoluta attenzione. Non è mai troppa. No perchè lei, questo famelico mostro che si nasconde nelle nicchie oscure dei corridoi, e che sbuca all'improvviso come un ratto, con le sue vestagliette improbabili e fare  melodrammatico, questo genio del male, frutto della passione di Satana e Miss Marple, cosparsa di creme all'olio d'olive manco fosse una bruschetta, semina trappole con un'abilità sconvolgente. Il fatto è che non è nemmeno cosciente di farlo. Io e mio padre, i cosidetti sopravvisuti ( perchè i miei fratelli sono riusciti a scappare in tempo) viviamo col terrore di fare un passo falso e far scattare la trappola.
Non mi riferisco solo alla sua mania compulsiva dell'ordine e del pulito, nemmeno ai suoi sbalzi d'umore a ritmo di valzer, e nè tantomeno alle sue altre piccole manie, come il gusto per il macabro, la cronaca nera, le malattie, i medicinali, le foto dei parenti tenute nella borsa e l'amore smisurato per i panni stesi. No, non mi riferisco a nessuna di queste cose, sebbene, capite bene, abbiano il loro non trascurabile peso. Mi riferisco ad un altro piccolo, odioso tratto della sua personalità, tipico delle ultracinquantenni relegate a vivere nella buie province: le superstizioni. Certo, cedere a qualche piccola credenza popolare, di tanto in tanto, non ha mai ucciso nessuno. Ad esempio, io qualche volta leggo l'oroscopo. In realtà, un po' più che spesso, ecco, diciamo che mi sono scaricato l'applicazione di Paolo Fox sul cellulare, ma non è che ci creda, solo che è bello avere qualcosa di sgrammaticato e poco impegnativo da leggere sul treno la mattina alle sette, che ti dica che tutto andrà bene, e che quindi questo rodimento di sedere non è giustificato, o al contrario, che è bene che continui a roderti. Lo trovo rassicurante, tutto qua.
Mia madre invece non è rassicurante. Non lo è mai. Rientro a casa dopo stressanti e interminabili ore di lezione, nonchè due ore di treno, tra andata e ritorno, e non appeno poggio la punta del piede sulla soglia di casa, la sento gracchiare come un famelico avvoltoio. Ecco, forse è proprio mia madre la mia seconda e ultima concessione alla superstizione. Con la sola differenza che lei non porta sfiga, ma ansia ( mio fratello ci tiene a precisare che, secondo lui, porta pure sfiga).
Ora, voi mi chiederete: che problema c'è? Qualche superstizione che male può fare! Son d'accordo. Ma qui non si tratta di "qualche superstizione", bensì dell'intera tradizione popolare italiana. Mettiamo, non so, che stiate tornando a casa, e poniamo, che fuori stia piovendo, il che sarebbe regolare dato che negli ultimi due mesi ha piovuto, fatemici pensare, proprio per due mesi interi. Uscite dalla macchina, aprite l'ombrello e percorrete un breve corridoio di pioggia, stando ben attenti a non fradiciarvi le scarpe. Di corsa vi avvicinate alla soglia di casa, e vi rendete conto che il tetto non sporge abbastanza per corprirvi dalla cascata d'acqua che si sta rovesciando a nord della Capitale, perciò con l'ombrello parzialmente aperto, inserite le chiavi nella fessure e entrate in casa. Nemmeno varcate la porta che subito eccola pronta a sferrare il suo attacco: 
" Oddio stai attento che mi bagni tutto, ho appena lavato!" 
" Un attimo ma', fammi entrare!"
" Ma cosa vorresti fare con quell'ombrello?" Mah niente, pensavo di improvvisare un bella coreografia di Umbrella; non trovi che somigli a Rihanna?
" Fuori piove!" Devo sempre sprecare fiato per le ovvietà, perchè?
" Chiudilo! CHIUDILO IMMEDIATAMENTE" Mi esce il sangue dalle orecchie.
" Ecco, ecco!"
" Porta sfiga! porta sfiga! CHIUDI QUELL'OMBRELLO!!"
E me lo strappa dalle mani, apre la porta e lo butta in mezzo al cortile.
" Quanto ci vuole a chiudere un ombrello, eh?" 
" Lo stavo facendo!"
" Eh ma tu sei lento! Qua ne abbiamo troppa di sfiga." Quoto. Ne abbiamo troppa. Ne ho troppa.

   
 
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