Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ale Villain    17/01/2015    0 recensioni
“Prendi fiato, Ambra” disse lui “Non ti voglio fare niente”
“Come sai il mio nome?” s’incupì lei, traendo un profondo respiro e cercando di calmare il battito accelerato del cuore. Lui ghignò e Ambra notò, grazie a questo suo gesto, che il ragazzo aveva dei canini leggermente più lunghi e affilati del normale.
“So molte cose su di te” rispose lui, incrociando le braccia al petto “Anche cose che non sai nemmeno tu”
---
“E adesso cosa c’è?” fece Martina con stizza, posando a terra i sacchetti della spesa e incrociando le braccia al petto. Ambra era ancora a labbra socchiuse e aveva, dipinta sul suo viso, un’espressione sconvolta e incredula. Né Martina né Ambra ci stavano capendo qualcosa riguardo a quella situazione, chi per un motivo chi per un altro.
“Dov’è Karim?” esclamò Ambra, alzando di scatto la testa e fissando le proprie iridi verdi in quelle azzurre dell’amica. Questa corrugò la fronte.
“Chi è Karim?”
Ambra sentì di avere un mancamento.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


MissingMomentElements10
 
 




 
Gli uomini sono artefici del proprio destino: possono commettere sempre gli stessi errori, possono fuggire costantemente da ciò che desiderano,
e che magari la vita gli offre in modo generoso;
oppure possono abbandonarsi al destino e lottare per i propri sogni accettando il fatto
che si presentano sempre nel momento giusto
 
 
 
 
 









Dopo tutto quello successo in precedenza.
 
 
Ginevra strinse con forza le bende intorno al torace nudo di Karim.
“Ahi!” esclamò quest’ultimo, voltando di scatto il viso verso la donna prossima alla sessantina d’anni, inginocchiata dietro di lui “Fai piano”
“Le bende non sono molto lunghe” spiegò lei, iniziando a mettere una crema particolare su un’altra ferita presente tra le scapole “E tu hai il torace grosso”
Karim emise un verso di soddisfazione, mentre Daniel, seduto sul divano ad osservare la scena, ridacchiò. In effetti, il ragazzo era messo bene di fisico: era asciutto, ma i muscoli erano ben delineati e i bicipiti si vedevano tranquillamente. Per l’immensa forza che possedeva, come minimo avrebbe dovuto avere il doppio dei muscoli. Ambra era rimasta a labbra socchiuse quando aveva visto il ragazzo senza maglia. Generalmente, Karim tendeva sempre ad indossare maglioni o camicie a manica lunga e lasciava scoperti solo gli avambracci, dato che le maniche le tirava sempre su fino ai gomiti. La ragazza, infatti, aveva visto solo una volta e di sfuggita il ragazzo a petto nudo, quando gli era volato un qualcosa in un fiume e lui si era tuffato per riprenderla.
Perciò in quel momento, Ambra si trovava a gambe incrociate in un angolo del divano, il più lontano possibile dal punto in cui il ragazzo si trovava per essere medicato da Ginevra. Il ragazzo, infatti, era parecchio attraente e sensuale senza maglia, secondo la ragazza, ed era soprattutto per questo evitava il contatto visivo diretto con lui.
“Contro chi avete combattuto, ‘sta volta?” domandò Ginevra, mentre passava una seconda garza intorno al torace del ragazzo, facendola passare per la spalla sinistra.
“Non ci crederai mai” rispose Karim “Era una sorta di drago”
Ginevra interruppe per qualche attimo la medicazione.
“Un drago?” domandò incredula, prima di riprendere a fasciare il ragazzo. Daniel annuì in direzione della donna.
“Sì, un drago. Anche se sembrava più un serpente gigante con le ali” disse Daniel, incrociando le braccia al petto e allargando le gambe, stendendole. Ambra, intanto, continuava a stare in disparte, nello stesso divano su cui era seduto Daniel, e continuava a far vagare il suo sguardo sui mobili della casa – ormai aveva imparato a memoria tutti gli arredi della stanza – e sulle proprie unghie.
“Ed è stata Ambra a buttarlo giù”
Ambra si voltò di scatto verso Karim, stando bene attenta a non far scendere lo sguardo lungo i pettorali. Il ragazzo ricambiò lo sguardo con serietà.
“Per puro caso” continuò Daniel “Ma comunque l’ha buttato giù lei”
Ginevra sorrise divertita.
“Okay, ho finito” disse infine quest’ultima, alzandosi e dirigendosi verso il bagno a mettere via le varie creme, garze e tutti i medicamenti che aveva usato per aiutare Karim a guarire. Non che il ragazzo ne avesse bisogno: avendo un corpo resistente come l’acciaio, era in grado di guarire molto velocemente dalle ferite, anche da quelle più gravi e profonde. Se però veniva curato, il ragazzo riacquistava più velocemente le forze e le ferite guarivano più in fretta.
Karim si alzò e afferrò la maglia che aveva abbandonato per terra, poi si diresse in una delle camere con la stoffa tra le mani. Ambra tornò a respirare tranquillamente.
“Sai quando tornava Martina?” chiese Daniel, osservando l’orologio appeso al muro di fronte a lui. Ambra scosse la testa.
“No, non ne ho idea” rispose, alzandosi. Decise che avrebbe raggiunto l’amica al negozio, dato che aveva dimenticato di dire a Martina di comprare delle cose prima della loro partenza.
“Comunque sto andando a raggiungerla” spiegò, mentre chiudeva la zip della felpa larga che aveva deciso di indossare quella mattina “Mi sono dimenticata di dirle delle cose”
“Cercate di tornare per pranzo” disse Ginevra, ritornando nella stanza e accompagnando Ambra all’uscio della porta “Dovete fare la valigia”
Ambra si voltò e le sorrise.
“Tranquilla, non dobbiamo fare molte compere”
La donna annuì e chiuse la porta non appena la ragazza fu uscita definitivamente dall’abitazione. Pochi istanti dopo, Karim rientrò nel salotto con addosso una camicia blu: le maniche rigorosamente tirate su fino ai gomiti e i primi due bottoni slacciati.
“Dov’è andata?” domandò, mentre si sistemava il colletto della camicia. Fu Daniel a rispondergli:
“Ha raggiunto Martina” spiegò il ragazzo, alzandosi “Dovrebbero tornare prima del pranzo”
Karim annuì con poco interesse.
 
 
Le strade della cittadina in cui soggiornava, nel Mondo Elements, erano abbastanza piccole, ma ricche di negozi, bar e quant’altro. Ambra si era sempre persa nell’osservare i vari negozi e ciò che vi era esposto nelle vetrine. Anche quel giorno, infatti, ci mise più del previsto a ritrovare il piccolo market in cui si era recata Martina, per via delle numerose vetrine presenti sia a destra che a sinistra. Ovviamente, anche nel Mondo Reale erano presenti numerose vie di quel genere; ma vederne così tante in una piccola cittadina, che poteva tranquillamente sembrare e passare per un villaggio, faceva molto il suo effetto. La ragazza si ricordò, inoltre, di quando venne nel Mondo Elements e nella Regione della Terra per la prima volta: oltre a sapere che tutte le persone che le passavano accanto avevano dei poteri, quelle vie sempre colme di negozi e gente l’avevano colpita particolarmente. Martina era rimasta meno sorpresa: era nata nella Regione dell’Acqua e, rispetto ad Ambra, era tornata parecchie volte in quella regione e lì le vie sono molto più ampie e ricche. Nonostante questo, anche Martina aveva passato la maggior parte della sua vita nel Mondo Reale ed era sempre un’emozione ritornare nel proprio mondo d’origine.
Lasciò perdere le vetrine dei vari negozi e tirò dritto, cercando il market in cui si era diretta l’amica. Quest’ultima aveva deciso di spendere l’ultimo giorno nel Mondo Elements in giro per la città e aveva deciso, al contempo, anche di spendere soldi. Avrebbe voluto prendere qualche specialità locale, prima di andarsene, perciò si era offerta volontaria per andare a fare la piccola spesa anche per Ambra. Avevano deciso di ritornare nel Mondo Reale anche per non rimanere troppo indietro con lo studio: infondo stavano ancora frequentando le scuole superiori e non volevano rischiare di rimanere indietro col programma scolastico rispetto ai compagni; e, soprattutto, non volevano assolutamente perdere l’anno scolastico. Ma probabilmente, per le vacanze di Natale, sarebbero ritornate lì.
Era anche questo il bello del Mondo Elements: la temperatura era quasi sempre costante e non c’erano mai periodi in cui faceva davvero freddo. Anche ora che erano agli inizi di dicembre, dei pantaloni lunghi e una felpa bastavano a mantenerti al caldo. Si erano, però, attrezzate di giubbotti per il ritorno nel Mondo Reale, dove, vivendo entrambe a Milano, faceva sicuramente parecchio freddo.
Non appena raggiunse la porta del market, spinse il vetro e vi entrò, allungando il collo per cercare l’amica nei vari reparti. A primo impatto non notò la ragazza, perciò si addentrò nei pochi reparti del posto. La trovò nel reparto della cosmetica, intenta a leggere qualcosa scritto su una confezione rettangolare.
“Cos’è?”
Martina distolse lo sguardo dalla confezione e osservò con un certo stupore la ragazza.
“Ambra” disse, rimettendo a posto la scatoletta bianca “Una crema per i capelli, comunque. Ma come mai sei qua?”
“Ho dimenticato di dirti di comprare alcune cose” spiegò la ragazza “E inoltre, Ginevra mi ha detto che dobbiamo tornare prima del pranzo”
Martina si spostò da quello scaffale, per cercare gli oggetti della lista iniziando a dirigersi nei corridoi. Ambra la seguì, stando al suo fianco.
“Prima del pranzo?” ripeté, in un lamento “Pensavo avessimo il pomeriggio libero”
“A quanto pare no” rispose la rossa “Anche perché se ci pensi non abbiamo ancora fatto la valigia”
“Ah, già” disse solamente Martina “Allora, già che ci sei, leggimi le cose della lista intanto che giriamo”
Ambra afferrò il foglietto bianco pieno di scritte che le aveva passato Martina e si preparò a leggerle l’elenco scritto da lei, ricordandosi, anche, di aggiungere quelle poche cose che si era dimenticata di scrivere su di esso.
Rimasero per parecchio tempo nel reparto del cibo, facendo rifornimento soprattutto di yogurt, formaggi e frutta fresca. Ambra prese un grosso sacchetto di mandarini: sia a lei che a suo fratello piacevano tantissimo.
Ambra, nonostante tutto, era davvero contentissima di ritornare nel Mondo Reale: le mancava il posto, la gente e suo fratello. Probabilmente, se anche avesse conosciuto un suo ipotetico fratello biologico, non sarebbe mai riuscita a volergli bene quanto a Giovanni, il suo fratello adottivo.
Anche Martina era parecchio felice di ritornare a casa, essendo stata, insieme all’amica, per molto tempo in quel mondo. Era meno elettrizzata della rossa solo per il fatto che lei, nel Mondo Elements, ci veniva molto spesso assieme, anche, alla sua famiglia, mentre Ambra era sempre venuta da sola.
“Non mi piacciono i mandarini” commentò Martina, storcendo la bocca nel mentre in cui Ambra afferrava un sacchetto colmo di quegli agrumi. Ambra le lanciò un’occhiataccia.
“Come fanno a piacerti i fichi, allora?” rispose la rossa di rimando, mettendo la retina nel cestino bianco dal manico nero.
“Ma sono buoni, a differenza di quelli” rise Martina. Ambra la guardò nuovamente male, ma evitò di rispondere.
Tutt’a un tratto, si sentì un forte boato proveniente dal centro del piccolo supermercato e il suolo tremò per qualche secondo. Nonostante la scossa durò relativamente poco, la potenza con cui mosse la terra era decisamente forte, tanto che le ragazze si attaccarono a dei cestini di frutta, sperando di non volare per terra. Senza capirne il motivo, Ambra sentì l’istinto di afferrarsi il braccio sinistro. Subito dopo, divenne improvvisamente tutto bianco e non riuscirono più a distinguere la realtà.
 
Ambra aprì di scatto le palpebre. Era, in un modo o nell’altro, arrivata all’esterno del supermercato e si ritrovava, appesi a entrambi gli avambracci, due sacchetti colmi di roba, probabilmente acquistata poco fa. La lista della spesa era ancora tra le dita della mano destra.
“Ambra?” chiese Martina, notando che la ragazza aveva uno sguardo perso.
“Ehm… Martina?” chiese la ragazza, guardandosi intorno, prima di mettere in uno dei sacchetti il foglietto accartocciato “Quando siamo uscite?”
Martina assunse un’espressione di completo sconcerto, mentre continuava a guardare con preoccupazione la sua amica.
“Poco fa” rispose comunque la riccia “Ti ricordi perché abbiamo fatto la spesa?”
Ambra rimase per qualche istante ad osservarla.
“Dobbiamo partire” rispose con poca convinzione. Martina trasse un lungo sospiro di sollievo, poi sorrise all’amica.
“Menomale!” esclamò radiosa “Pensavo ti fossi dimenticata del viaggio”
Ambra sorrise a sua volta. Allora andava davvero tutto bene, a quanto pare, anche se continuava a non spiegarsi il perché non ricordasse minimamente di aver finito di fare compere e di aver addirittura pagato.
“Sì, scusami” disse la ragazza, mentre iniziava ad incamminarsi, insieme all’amica, verso casa “E’ che sono emozionata all’idea di tornare a casa”
Martina scoppiò a ridere di gusto. Ambra la guardò stranita.
“Sei emozionata di tornare a casa tua? Ci sei stata neanche mezz’ora fa” continuò la ragazza, divertita come non mai “Tu sei fuori” concluse, dandosi un po’ di contegno, essendo in mezzo alla gente.
“Ma io parlo… dell’altro Mondo” specificò Ambra, piegando la testa di lato e studiato l’espressione dell’amica. Questa corrugò la fronte.
“Ambra, stai bene?”
Ambra sospirò amareggiata.
“Sì che sto bene” rispose “Sei tu che sei strana”
Martina non rispose, continuando ad osservare con sospetto la ragazza di fronte a lei, avendo smesso di camminare.
“Martina, dobbiamo tornare nel Mondo Reale. L’avevamo deciso settimane fa”
“Tu non stai per niente bene” disse Martina, scuotendo la testa e iniziando ad incamminarsi, sospirando preoccupata. Ambra la seguì, raggiungendola e ponendosi di nuovo al suo fianco.
“Aspetta un attimo“ ribatté Ambra “Posso chiederti solo una cosa?” domandò con ansia. Se stava succedendo quello che stava pensando, sarebbe stata la fine.
Martina annuì, senza voltarsi.
“Per quale viaggio… ci stiamo preparando?” chiese, per poi mordersi nervosamente il labbro inferiore.
“Non pigliare per il culo” disse Martina con disprezzo. Se la rossa stava giocando, lei non si stava divertendo affatto.
“Sono seria, Martina” provò ancora Ambra con dispiacere, cercando di stare al passo con la ragazza, che aveva cominciato ad accelerare senza motivo. Quest’ultima sospirò irata.
“Senti, se non vuoi più che venga in Toscana con te fai prima a dirmelo” esplose Martina, agitando i sacchetti della spesa.
Ambra spalancò le palpebre e arrestò la camminata. Quando Martina si accorse che la ragazza non la stava più seguendo, smise anch’essa di camminare e si voltò svogliatamente verso di lei.
La rossa abbassò lo sguardo sconvolta, allibita e sconcertata allo stesso tempo. Non era possibile. Tutto quello non era umanamente e assolutamente possibile. Cosa caspita stava accadendo?
“E adesso cosa c’è?” fece Martina con stizza, posando a terra i sacchetti della spesa e incrociando le braccia al petto. Ambra era ancora a labbra socchiuse e aveva, dipinta sul suo viso, un’espressione sconvolta e incredula. Né Martina né Ambra ci stavano capendo qualcosa riguardo a quella situazione, chi per un motivo chi per un altro.
“Dov’è Karim?” esclamò Ambra, alzando di scatto al testa e fissando le proprie iridi verdi in quelle azzurre dell’amica. Questa corrugò la fronte.
“Chi è Karim?”
Ambra sentì di avere un mancamento, perciò lasciò andare i sacchetti della spesa, che atterrarono al suolo con un tonfo; si abbassò e si sedette sul marciapiede, osservando il viale davanti a sé. Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso.
Ambra analizzò, per qualche istante, la via che si ritrovava davanti. Non era per niente una via della cittadina del Mondo Elements in cui viveva, assieme a Ginevra.
“Quindi non sai neanche chi sono Daniel e Ginevra” mormorò a bassa voce Ambra, continuando ad osservare, sempre più sopraffatta dall’emozione, il viale che si apriva di fronte alle due.
“Proprio no” rispose Martina sospirando “Sono di questa zona di Milano?”
Ambra gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, strizzando le palpebre. Non doveva piangere, non poteva permetterselo proprio ora. Non doveva cedere, era solo un incubo, ne era fermamente certa e a breve si sarebbe risvegliata.
Si alzò di scatto dal marciapiede e si mise di fronte a Martina, che la stava guardando preoccupata e timorosa. Non aveva mai visto Ambra reagire in questo modo. Mentre erano andate semplicemente a fare la spesa, per giunta!
“Quando siamo tornate a Milano?” gridò Ambra in direzione della riccia, attirando l’attenzione di parecchi passanti. Martina stessa si guardò intorno con fare preoccupato.
“Adesso basta, Ambra” la rimproverò, abbassando notevolmente il tono di voce. Ambra si passò le mani sul viso.
 
 
**
 
 
Seduta sul divano della casa di Martina, Ambra ripensò a quello successo solo qualche ora prima. Continuava a non capire cosa diavolo fosse successo e soprattutto a come ciò accadde. Perché c’era sicuramente qualcosa che non andava: era convintissima di aver lasciato Daniel e Ginevra in casa con Karim, dato che lei era uscita per fare la spesa con Martina; si ricordava anche del fatto che aveva raggiunto l’amica poiché si era dimenticata di scriverle alcuni prodotti nella lista, che aveva preparato insieme a lei. Ricordava perfettamente anche il fatto che l’aveva trovata nel reparto cosmetica. E che l’ultima cosa che si erano dette, era stato un brevissimo scambio di battute riguardo ai mandarini. Poi era tutto nero e offuscato. O meglio, era tutto bianco. Poiché era sicura di aver visto una sorta di luce bianca investire sia lei che Martina in pieno volto. Da lì si era ritrovata fuori dal supermercato di colpo. Nel Mondo Reale.
“Sono nel Mondo Reale” piagnucolò, posando la fronte sulle ginocchia che aveva stretto al petto. Martina, dall’altro capo del divano, continuava a guardarla con stizza, sperando che tutta quella messa in scena finisse all’istante.
“Adesso mi spieghi cosa diavolo ti prende” disse Martina, senza distogliere, neanche un istante, gli occhi dalla ragazza seduta a poca distanza da lei. Questa tirò su la testa con estrema lentezza, sospirando.
“Noi non dovremmo essere qui, lo capisci?” iniziò a spiegare “Dovremmo essere di là…. Nel Mondo Elements”
Certo che era felice di essere rimasta amica di Martina anche in quell’incubo, ma non era tutto quello di cui aveva bisogno.
“Ma la pianti con ‘sta storia? L’hai ripetuto per tutto il tragitto dal supermercato a casa” sbraitò Martina, agitando mani e braccia.
Ambra abbassò lo sguardo, seriamente intristita per via di quella situazione.
Martina si avvicinò alla ragazza. Per quanto la stesse facendo uscire dai gangheri con quelle stronzate, era comunque una sua grande amica e le dispiaceva non poco vederla giù di morale in quel modo. Anche se continuava a non capire bene cosa le stesse raccontando.
“Magari hai fatto un sogno che era parecchio realistico” disse la riccia, facendosi più vicina a lei. Ambra rialzò lo sguardo.
“Ho sognato?...” borbottò con poca convinzione. Martina tentò di sorriderle.
“Secondo me sì” continuò la ragazza, annuendo alle sue stesse parole “Avrai fatto un sogno talmente realistico che ti è sembrato vero, appunto. Inoltre ‘sta mattina ti sei alzata tardi, quindi…”
La ragazza sembrò valutare l’idea per qualche istante. Eppure ne era sicura, quelle situazioni le aveva vissute davvero, una per una. Questo voleva dire che… Karim non esisteva? Era solo frutto della sua immaginazione?
“Mi sono… Karim…” mormorò Ambra. Martina si preoccupò ulteriormente. La ragazza stava delirando.
“Vieni con me” disse la ragazza, scendendo dal divano e porgendo la propria mano ad Ambra “Ti porto in cucina. Vuoi un tè o una camomilla?”
“Quello che vuoi tu” rispose la ragazza, accettando la mano e alzandosi dal divano. Seguì la ragazza in cucina, ma non si accorse del tavolo in legno sulla sinistra; per questo, sbatté un fianco contro lo spigolo, senza farlo di proposito.
“Ahi” borbottò, massaggiandosi la parte lesa. Poi alzò lo sguardo verso Martina. Aveva assunto un’espressione strana, dato che era rimasta, per qualche attimo, con gli occhi fuori dalle orbite. Fu Ambra a spaventarsi, questa volta.
“Martina…”
La riccia scosse la testa con furore.
“Ti preparo il tè” disse semplicemente. Ambra si sedette su una delle sedie, osservando la ragazza con stranezza.
 
 
 
Karim si piegò sulla ragazza, osservando attentamente la sua espressione. Per qualche istante, la fronte e le sopracciglia della ragazza si corrugarono e nel suo viso si dipinse una lieve smorfia di dolore. La ragazza, inoltre, aveva portato la mano sinistra sul fianco destro.
“Cosa credete che abbia?” domandò Karim, senza staccare lo sguardo dal volto di Ambra. La ragazza era caduta in una sorta di sonno particolare e non erano ancora riusciti a svegliarla. Quando Martina era riuscita a portarla indietro, anche se con molta fatica, dal supermercato, Karim aveva preso un colpo. Era la seconda volta che vedeva Ambra in quello stato e non voleva di certo ripetere l’esperienza passata, vissuta ormai parecchio tempo fa.
“Non ne ho idea” disse Ginevra, sorpassando Daniel e osservando, come Karim, la rossa distesa sul divano “Ma si sta toccando il fianco destro. Forse…”
Ginevra allungò la mano e slacciò la felpa della ragazza; subito dopo, alzò leggermente la maglietta nel punto in cui si trovava la mano della ragazza.
“Ha un segno rosso. È piccolo, ma c’è” concluse, mostrandolo anche agli altri tre. Daniel si avvicinò maggiormente, mentre Karim osservo più attentamente il fianco della giovane.
“Martina” disse Ginevra, voltandosi verso la ragazza seduta sul divano alle loro spalle “Ci puoi spiegare meglio cos’è successo?”
Martina sospirò.
“Ve l’ho detto” iniziò, stringendo la stoffa dei pantaloni tra le dita “Abbiamo sentito un improvviso boato e poi c’è stata una luce bianca, una sorta di flash. È durato tutto poco tempo, ma quando è finito Ambra era per terra. L’ho portata fuori subito” concluse, per poi mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore.
Karim si alzò in piedi, sospirando irato. Poi si diresse verso la porta d’entrata, senza dare alcuna spiegazione.
“Dove vai, Karim?”
Karim ignorò la voce di Ginevra che lo stava chiamando e spalancò la porta.
“Non è possibile che queste cose succedano sempre ad Ambra” ringhiò, prima di uscire e sbattere la porta con violenza.
Gli altri tre si guardarono tra di loro preoccupati.


**
 
Ambra si alzò dal letto, si recò di fronte alla finestra e spalancò le ante, per lasciare entrare l’aria. Come ogni mattina. Successivamente si diresse in cucina, salutò Giovanni e aprì la dispensa per prendere i biscotti e il latte con cui fare colazione. Dopo aver mangiato, con Giovanni che le raccontava cosa aveva combinato assieme ai suoi amici la sera precedente, pulì il tavolo, mise il cucchiaio e la tazza nel lavandino e si recò verso camera sua, per prendere i vestiti. Come ogni mattina. Afferrò il primo maglione e i primi jeans che trovò nell’armadio, andò nel bagno e fece una doccia veloce. Dopo essersi asciugata e vestita, pettinò i capelli mossi con la spazzola, stando attenta che non diventassero gonfi. Guardò la pochette contenente il mascara e l’eyeliner: non aveva voglia di truccarsi, quella mattina.
Lasciò il bagno, tornò in camera sua per prendere lo zaino, si recò nel salotto e prese il giubbotto dall’attaccapanni, urlando un saluto al fratello e dicendole per che ora sarebbe tornata, in modo da trovare, una volta tornata a casa, il pranzo pronto. Come ogni mattina.
Come sempre, a scuola passò le ore a scarabocchiare su un foglio, a guardare il cellulare e a chiacchierare con la sua compagna di banco. Fu concentrata solamente alla quarta ora, quando doveva svolgere il compito di matematica. Non si era esercitata molto per quella verifica, ma credette di averla svolta abbastanza bene.
Uscita da scuola, si fiondò verso la fermata del pullman che arrivò, come al solito, con qualche minuto di ritardo. Ormai ci era abituata e non si lamentava più per quell’inconveniente che si ripeteva praticamente sempre.
Tornata a casa, Giovanni era ancora ai fornelli. Si giustificò dicendo che si era addormentato un’oretta prima e, quando si era svegliato, non si era accorto che non sarebbe mai riuscito a preparare il pranzo in tempo per la sorella. Così se l’era presa con comodo e aveva deciso di pranzare in solitudine e solo successivamente preparare il mangiare anche per Ambra. Non era la prima volta che accadeva e Ambra ci passò sopra, liquidando la faccenda con un Fa niente.
Dopo aver giocato per una mezz’oretta con i videogames del fratello, in seguito al pranzo, si chiuse in camera per fare i compiti per il giorno dopo. Si rese conto di essere piena di esercizi – come di consueto – in quasi tutte le materie e, a breve, avrebbe avuto anche un’interrogazione.
Presa così tanto dai compiti e dallo studio, non si accorse delle ore che passavano e di aver saltato la merenda quotidiana delle quattro del pomeriggio, perciò, a cena, si abbuffò di carne e contorno. Rifiutò il gelato che le aveva messo, sotto al naso, Giovanni e si diresse in camera da letto, dove si stese sulle coperte e afferrò il libro che teneva, come sempre, sul comodino, per averlo sempre a portata di mano.
Giovanni, dopo un’oretta e mezza, interruppe la sua lettura, imponendole di andare a dormire poiché, la mattina, faceva sempre una faticaccia ad alzarsi, anche se erano solo le dieci di sera. La ragazza sbuffò, ma poggiò comunque il libro sul comodino; afferrò il pigiama da sotto il cuscino, si cambiò e si distese nel letto, poco dopo aver spento l’abat-jour sul comò. Rimase per qualche istante a rimirare il soffitto azzurro, poi si ricordò di non aver preparato la cartella con i libri di scuola per il giorno dopo. Sbuffò scocciata e si alzò, gettando via le coperte e, senza accendere la luce, cercò la cartella e la spostò, trascinandola, sotto la mensola dove aveva riposto tutti i libri per la scuola, accanto a quelli che Giovanni aveva usato fino a tre anni prima. Si disse che avrebbe dovuto dire al fratello che, ormai, sarebbero stati anche da vendere, quei libri. Si abbassò e svuotò lo zaino, che poi riempì con i libri che le sarebbero serviti per le materie che aveva la mattina seguente. Nel mentre in cui fece il cambio di libri e quaderni, si rese conto di quanto tutto questo le fosse fin troppo familiare, oltre che abitudinale. C’era qualcosa di insolito e che non quadrava, in questa quotidianità. Era ormai qualche giorno che ripeteva le stesse azioni che aveva compiuto anche durante gli anni precedenti, quindi non si sarebbe dovuta sorprendere più di tanto. Eppure non le andava affatto bene, questa situazione. Sentiva di stare facendo qualcosa di sbagliato, sentiva di aver quasi dimenticato qualcosa.
Dopo la piccola discussione avuta con Martina, non avevano più toccato quell’argomento e Martina l’aveva convinta del fatto che aveva semplicemente fatto un sogno molto realistico. Fin troppo, si disse Ambra. Ma lei era sicura che le emozioni che aveva provato con Karim le aveva sentite veramente; come davvero aveva provato dolore, quando era stata attaccata più volte nel Mondo Elements. Lei, infatti, rimaneva fermamente convinta del fatto che sia il Mondo Elements che Karim esistessero veramente. Per provare se ciò era vero, il giorno precedente si era recata alla stazione centrale di Milano. Aveva provato a vedere se riusciva ad individuare le scale sotterranee che, se il Mondo Elements esisteva davvero, l’avrebbero condotta verso l’unico binario presente (a Milano) per recarsi in quel Mondo, più precisamente nella Regione della Terra. Non aveva trovato nessuna scala che portava sotto la stazione e, accompagnata da una Martina accigliata poiché aveva perso parecchio tempo, era tornata a casa delusa come non mai.
Stentava a crederci che tutto ciò era stato solo un unico frutto della sua mente e della sua immaginazione. E poi, un sogno può durare anni? Perché nonostante Karim fosse presente nella sua vita solamente da diversi mesi, era venuta a conoscenza del Mondo Elements anni prima. Per quanto non ci fosse nulla di veramente normale in quella storia, era umanamente impossibile arrivare a sognare cose del genere, con troppi dettagli e troppe storie.
Decise di fare un’ulteriore prova. Se davvero non esisteva il Mondo Elements e tutte le sue storie, voleva dire che Giovanni… era il suo fratello biologico.
Chiuse alla rinfusa la cartella, si alzò, aprì la porta di camera sua e si diresse in salotto, dove trovò Giovanni spaparanzato sul divano a guardare un programma alla televisione, a luci spente. Non appena si accorse della sorella, allungò la mano verso il tavolino su cui c’era una lampada, che accese.
“Cosa c’è?” domandò, guardando stranito la sorella che si era piazzata di fronte a lui a braccia incrociate. Ambra prese un bel respiro e si preparò: non si era mai immaginata che sarebbe arrivata a fare quella fatidica domanda che spesso, alcuni bambini, si ritrovavano a fare ai loro genitori, anche solo per semplice curiosità.
“Io sono stata adottata?” chiese tutto d’un fiato. Il fratello rimase sconcertato per qualche istante, poi ridacchiò leggermente, rilassando i muscoli tesi, dato che si era aspettato chissà quale quesito.
“No, Ambra” rise lui “Perché me lo chiedi?”
“E allora perché non assomiglio né a mamma né a papà?”
Giovanni assunse nuovamente un’aria circospetta.
“Non sempre i figli sono la fotocopia dei genitori” spiegò. Il discorso non faceva una grinza, anche Ambra lo riconobbe, ma non ne era comunque convinta al massimo.
“Dove sono nata?” domandò ancora, iniziando a muoversi sul posto con agitazione. Giovanni corrugò le sopracciglia e la fronte.
“Se non lo sai tu” continuò, ridendo. C’era, però, qualcosa di strano nella sua risata. Ambra se ne accorse, poiché, grazie alla grande conoscenza del fratello, sapeva che egli rideva in quel modo – ovvero storcendo la bocca verso sinistra – solo quando stava raccontando una balla o era in ansia e nervoso per qualcosa.
“Tu lo sai?” insistette Ambra, indicandolo con un cenno del capo e sciogliendo le braccia dalla presa. Giovanni spense la televisione.
“Certo che lo so, sei mia sorella” dichiarò, allargando le braccia con fare incredulo, ma continuando a ghignare in quel modo strano.
“E allora dimmi dove sono nata. Voglio il nome della città” s’impose.
Giovanni rimase a labbra socchiuse qualche istante, poi si alzò. Si posizionò di fronte ad Ambra, che rimase immobile, sicura di avere ragione riguardo a quello scambio di battute. Il ragazzo aprì la bocca, ma invece di parlare mostrò dei terribili e disumani canini appuntiti. Ambra indietreggiò spaventata. Eppure, nonostante il ragazzo fosse sul punto di attaccarla, non era mai stata così felice in vita sua. Mai stata così felice di sapere che non era impazzita, che il Mondo Elements e Karim esistevano. Karim. Perché stava gridando il suo nome?
Ambra si tirò su a sedere di scatto, facendosi male alla parte posteriore del collo. Si massaggiò la parte lesa e guardò le coperte. Era in un letto. Aveva sognato?
“Ho sognato” disse, stringendo con forza le coperte tra le dita “Ho sognato!”
“Sì Ambra, hai sognato” disse la voce preoccupata di suo fratello, con una mano poggiata sulla sua spalla. Ambra si voltò verso di lui. Non c’era Karim, c’era suo fratello. Non era a casa di Ginevra, era a casa sua, con Giovanni. Non era nel Mondo Elements, era… dov’era? Non poteva più considerarlo il Mondo Reale, dato che, a quanto pare, esisteva solo quello.
“Che ore sono?” domandò Ambra, notando che in camera sua l’unica fonte di luce era l’abat-jour sul comodino accanto al letto.
“Le tre e mezzo circa” rispose Giovanni, rilassatosi nel momento in cui la sorella si fu svegliata. Evidentemente, constatò la ragazza, doveva aver gridato parecchio per aver svegliato uno come Giovanni, che aveva un sonno particolarmente pesante.
Poi si rese conto di quanto appena accaduto: aveva avuto un sogno nel sogno?
 
 
 
“Karim, cazzo, ti devi fermare” esclamò Daniel, seguendo il ragazzo che stava camminando velocemente, percorrendo un sentiero che lo avrebbe portato verso il centro della città.
“Lasciami stare” rispose brutalmente Karim, stringendo i pugni mentre camminava a passo di marcia. Daniel sospirò, ma non si arrese.
“Fermati, Karim! Davvero, cosa pensi di risolvere così?”
Probabilmente quella frase non avrebbe sortito alcun effetto nel cacciatore, come infatti accade, ma Daniel volle provarci lo stesso. Forse, per lo meno, si sarebbe reso conto che Ambra non si sarebbe svegliata, se lui scappava via in quel modo.
“Lo so” rispose infatti Karim, senza accennare alcun rallentamento “Ma almeno mi sfogo”
“Per cosa dovresti sfogarti?” chiese Daniel, cercando di mantenere il suo passo, fortunatamente con buoni risultati. In fondo, era un cacciatore nero pure lui.
“Lascia perdere, non capiresti” sospirò Karim, rallentando, inizialmente senza rendersene conto, la cadenza con cui stava camminando. Daniel si accigliò.
“Perché tu pensi che io non tenga a nessuno” disse “Tipo, Martina mi è indifferente, vero?”
“Non fare del sarcasmo” rispose Karim, evitando di guardarlo direttamente in viso “Non ho detto questo”
“Bè” fece soltanto Daniel, per niente soddisfatto.
“Martina non ha mai rischiato la vita” sillabò Karim. Daniel si passò una mano tra i capelli.
“Non è necessario che Martina arrivi a rischiare la vita, per farmi preoccupare” rispose a tono l’amico “E tu lo sai meglio di me”
Karim si morse la lingua.
“E comunque non è detto che Ambra sia seriamente così in pericolo” proseguì il ragazzo, riuscendo, finalmente, a stare al suo fianco “Bisogna solo trovare il modo di svegliarla”
Karim alzò lo sguardò e il viso al cielo. Non ne poteva più.
 
 
 
 
…Continua.
 
 
 
 
°°°°°°°°°°
 
 
 
Dopo essermi resa conto di aver scritto ben NOVE pagine di Word (i miei standard sono quattro pagine), sono arrivata ad un punto in cui mi sono detta che forse è meglio dividerlo, questo capitolo. Anche per questo capitolo mi sono ispirata al manga di Inuyasha dell’episodio 68 (mi sembra). Chiedo ancora scusa, ma per essere la mia prima ff completamente inventata credo sia normale, all’inizio, prendere spunto da altro.
Comunque nel prossimo capitolo l’introduzione con la scritta rossa e la citazione in grigio sarà uguale. So…

 
A prestissimo! 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ale Villain