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Autore: Nimueh    18/01/2015    3 recensioni
C'era una volta una principessa che vide il suo mondo esser distrutto sotto i suoi occhi.
La sua famiglia era stata divisa, e la sua casa occupata da immeritevoli.
La fuga fu la sua unica soluzione, tuttavia non sapeva che il suo viaggio sarebbe stato il più bello e difficile di tutti.
AVVISI: CaptainSwan acuta, possibili Crossover con altri telefilm, favole, libri, manga
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una donna per la Jolly Roger

 
Non ero mai stata su una nave. Mai.
Nemmeno quando ero una principessa e potevo fare tutto quello che mi passava per la testa. E al momento, col senno di poi, ho realizzato che non era una cosa che desideravo provare. Essere su una nave, una pirata soprattutto, era terribile.
Mi sentivo uno straccio. Durante le prime dodici ore di navigazione, mi sembrava un sogno. Le acque erano così limpide e bellissime; la costa in lontananza aveva un aspetto così irreale, di una bellezza sovrumana; il vento che mi accarezzava i capelli e gonfiava le vele del vascello.
Era uno spettacolo magnifico: non avevo mai goduto di quella vista nemmeno dal palazzo reale, eppure Approdo del Re era la mia casa, avrei dovuto conoscerla meglio di così.
Fu proprio quel pensiero che scatenò tutta una serie di riflessioni poco felici. In primis lo stomaco incominciò a rifiutare il pasto frugale che avevo ingerito, uscito niente di meno dalle cucine dell’imbarcazione, provocandomi una nausea non indifferente. Mi sembravo tanto come un vaso in bilico, sempre pronto a rilasciare il suo contenuto nauseabondo. Finché non avvenne, come c’era d’aspettarselo.
Era la prima volta che vomitavo in pubblico, e non c’era niente di più umiliante di quello, visto che gli spettatori erano dei pirati. Quegli uomini non avevano un cuore: mi prendevano in giro a causa della mia debolezza.
“Una femmina su una nave porta solo guai”, mi disse una vota un tipo tarchiato, dopo l’ennesimo rigurgito. Si chiamava “Spugna”, un grottesco personaggio che aveva arricchito i miei incubi, come se non avessi già molto materiale...
Tuttavia, in quel putiferio, il pensiero più doloroso era la lontananza dai miei cari. Erano già anni che non vedevo i miei genitori, conoscevo già il sapore dell’abbandono, ma il pensiero di mio fratello continuava a tormentarmi. Anche a distanza di chilometri non riuscivo a credere di non avere più una casa, di non essere più quell’Emma, quella persona solare che riempiva le sue giornate correndo per i giardini e i corridoi del palazzo. Ora ero solo una semplice ragazza qualunque, rinchiusa su una nave, aspettando il peggio.
L’unica consolazione era un ragazzo della ciurma, era l’unico che riuscisse a trasmettermi una vaga sensazione di conforto, logicamente tra un versamento e un altro. Il suo nome era William.
Era l’unico che si avvicinasse dopo aver rimesso per aiutarmi, o che mi sorreggesse la fronte nel momento del bisogno. Gli altri mi guardavano tutti schifati, senza alcuna intenzione di aiutare.
-Sai, il tuo nome mi ispira simpatia. La donna che amo ha il tuo stesso cognome... Quando ho sentito il nome Swan ho pensato che fosse lei, che mi avesse cercato... e trovato- mi raccontò una volta, cercando di distrarmi. Era strano, ma in tutta quella negatività mi sembrava un raggio di sole nell’oscurità.
-Perchè sei qui e non accanto alla tua, di Swan?- gli domandai indiscreta, dopo aver ripreso un posizione eretta. Sentivo il bisogno di parlare a cuore aperto con qualcuno, e anche se non potevo svelare niente di me che fosse vero, il suo atteggiamento si avvicinava molto all’unico amico che in quella situazione avrei potuto avere.
-Lei è ricca, troppo per un semplice artigiano come me... Sai prima di salire su questa nave, ero un fabbro. Mi piaceva tanto forgiare le spade... Una nobile non potrebbe mai stare con uno che vende pezzi di ferraglia al mercato, quindi sto cercando di fare fortuna, nella speranza che lei mi aspetti- mi spiegò amareggiato.
Non fu l’unica volta che parlammo. Con il tempo scoprii persino il nome della sua bella, e con mia grande sorpresa mi resi conto che non mi era nuovo. Era una della figlie di un ambasciatore scelto da mio padre, quando ancora potevo contare di averne uno, di padre. Aveva spedito questa famiglia nel lontano oriente, nel famigerato Paese delle Meraviglie.
Ero piuttosto piccola quando la conobbi. Prima di partire la mia famiglia aveva ospitato la sua, ed ebbi modo di conoscerla. Era una ragazza molto particolare: nello sguardo aveva il fuoco, ma nei modi era spenta, assente.
Mio padre mi diceva sempre che una persona che ha il fuoco dentro, finisce sempre per bruciare anche le persone che la circondano, e sicuramente il povero Will aveva subito una bella scottatura.
Con il senno di poi, non so che fine fece lei e la sua famiglia. Dalla scomparsa dei miei genitori, l’unica persona che fosse a conoscenza della politica del regno era il primo consigliere, il grande e potente Jafar. Ogni decisione era segreta per me, che ero la futura regina, mentre mio fratello conosceva molto più dettagli di me... Forse lui avrebbe potuto dirmi qualcosa in merito, ma non ricordavo niente del genere.
Mi raccontò in seguito che era una giovane piuttosto stravagante e per questo lui se n’era subito innamorato. Immaginavo che una lunga permanenza nel Palazzo della Regina Bianca significasse per gli individui più equilibrati, perlomeno divenire una persona bizzarra, nel migliore dei casi.
L’aveva conosciuta nella città libera di Myr, al confine tra il Paese delle Meraviglie e la Foresta Incantata, dove lui aveva sempre vissuto. Frequentava il mercato in cui vendeva le sue spade, e altre oggetti di sue creazione, cosa di cui si era vantato ampiamente, anche altre volte.
Tutto sommato mi intenerì molto, e fu per questo che decisi di affrontare il Capitano.
Un giorno, dopo aver sostato in un porto per fare rifornimento, mi feci trovare nelle sue stanze, cosa assolutamente oltraggiosa nel mio mondo, fatto di bicchieri di cristallo e lampadari di diamanti.
-Non puoi stare qui senza il mio consenso, amore. Sono le regole di base se non vuoi che ti cacci dalla nave e ti abbandoni su un’isola deserta- dissi vedendomi seduta accanto alla sua scrivania, scrutandomi diffidente. A quanto pareva anche su una nave era sconsiderevole farsi trovare nella camera di un uomo.
Da quando avevamo discusso i termini della mia offerta, non avevamo mai più realmente parlato. L’unico contatto era un buongiorno sussurrato a fatica ogni mattina.
A dirla tutta, non capivo la sua ritrosia, sentivo solamente che c’era qualcosa che non andava. Sembrava stanco, affranto. Mi guardava sempre con una luce strana negli occhi, ma non sembrava lo sguardo di un uomo innamorato, o di un nemico accecato dall’odio.
Avevo sentito tra gli uomini della ciurma che era turbato per qualcosa, ma non sapevo nient’altro. Alcuni dicevano che era tutta colpa della mia presenza, che il Capitano non guardava di buon occhio le donne che soggiornavano sulla Jolly Roger, ma la reputavo una stupidaggine. Che fastidio stavo dando? Passavo le mie giornate a rendermi silenziosamente utile per tutti quanti (oltre i problemi di stomaco).
-Oh, sì, certo, potete farlo, ma dopo chi vi porterà alla Laguna Blu?- risposi spavalda.
-Suppongo che potrei far a meno di te ora che mi hai consegnato la mappa, che tra parentesi non sai nemmeno decifrare- rispose indugiando un po’ troppo nel guardarmi  le labbra, mentre prendeva posto all’altro lato della scrivania.
-Potrete arrivare anche alla laguna senza di me, ma mai al tesoro senza il mio aiuto. Ve l’ho detto, ho studiato approfonditamente, so con certezza della moltitudine di trappole disseminate in quel luogo, le quali non sono di certo segnalate su quel pezzo di carta che vi ho dato.
-Cosa cerchi dunque nella mia cabina? Spero non un posto dove dormire più comodamente...- rispose stancamente, puntando finalmente i suoi occhi nei miei, quasi con timore.
-Voi, ovviamente. Devo chiedervi un favore.
-Le uniche mani che do, passano per luoghi che una signorina per bene non dovrebbe ascoltare, né auspicare- rispose divertito dalle sue stesse parole, e dalla mia più che evidente smorfia di disgusto. In realtà dentro di me fremeva anche qualcosa che non riuscivo ben a identificare, oltre il ribrezzo.
-Ho conosciuto uno dei vostri uomini, uno dabbene. Mi ha trattata con molto garbo e voglio premiarlo.
-Il tesoro che è custodito lì è grande, certo non immenso, ma considerevole. Voi stesso conoscete la leggenda del tesoro di... Tu sai chi.
-Non so come dividerete il bottino con la ciurma, e nemmeno mi interessa in parte, ma vorrei chiedervi di elargire una più che buona paga per tutto il lavoro svolto qui al mastro William Turner, tanto da permettergli di sposare la donna che lo sta aspettando a terra- gli spiegai con voce ferma. Forse troppo.
C’era più della principessa in quel discorso, che della nuova donna che ero diventata. Sperai non lo avesse notato.
-Immagino che se non esaudissi le tue richieste non mi condurresti lì...- azzardò sorridendomi maliziosamente. Era il primo sorriso che vedevo sul suo volto da tanto, tanto tempo. Non me l’aspettavo: credevo che chiedergli una sommetta che intaccasse il suo bottino l’avrebbe messo di cattivo umore. Chi li capiva questi pirati!
-Ovviamente- mentii spudoratamente. Per quanto volessi aiutare Will, non potevo permettermi di ritirarmi da quello scambio, dovevo assolutamente arrivare alla Laguna Blu.
-Sai... C’è una cosa che veramente non mi torna.
-Mi hai offerto l’opportunità di raggiungere questo luogo, in cambio di un passaggio per le Isole dell’Ovest. Non capisco perché tu abbia concesso quest’occasione proprio a me, e alla mia ciurma. Insomma di navi ce ne sono a bizzeffe. Che cos’è che ti serve precisamente da noi?
-Suppongo che il non rispondere equivalga a una chiusura delle trattative- asserii impassibile, mentre dentro di me il cuore scalpitava per le conseguenze di una rivelazione come quella. Concedergli di sapere troppo, avrebbe messo me nella posizione di svantaggio, in cui stavo cercando di tenere loro. Non potevo svelare nulla.
-Questa supposizione non potrebbe essere più giusta- rispose mantenendo il contatto visivo, per scrutare fin dentro la mia anima pur di trovare le risposte che cercava. Forse era un uomo troppo furbo per le mie capacità, e per i miei ventitre anni, contro i suoi duecento.
-Risponderò solamente se accetterete la proposta per cui sono venuta a parlare con voi.
-Lo sai che lo verrò a scoprire anche se non me lo dici. Tuttavia mi sento molto magnanimo, e se la risposta mi piacerà otterrai ciò che chiedi- rispose con un ghigno, mente incrociava le mani sulla pancia. Immaginavo che il mio sguardo avesse dimostrato perfettamente la mia incredulità. Un pirata magnanimo... Bella trovata, davvero!
-E sia- accetti velocemente, mentre sentivo i succhi gastrici iniziare a corrodermi dentro per l’ansia.
-Non volevo dirlo, ma sono sempre stata affascinata dalle storie che circolano su di voi... E se proprio dovevo scegliere qualche capitano da condurre in quel luogo, dovevate essere voi. E poi insomma, chi meglio di voi può affrontare un viaggio come questo? La Jolly Roger ha persino solcato i cieli fino a Neverland. Avevo bisogno di una nave che reggesse le asprezze di Laguna Blu- spiegai, cerando di mantenere uno sguardo limpido e sincero, ma il dubbio mi consumava le viscere. Tutti mi dicevano che non sapevo mentire!
L’unica speranza era affidata all’uomo vanesio che in lui, poiché avrebbe abboccato a tutti questi complimenti.
-Oh, Love... Cosa si dice esattamente di me in quella landa desolata di Approdo del Re?- mi domandò, reagendo positivamente. Sembrava così facile prenderlo in giro, che quasi non ci credevo.
-Bhè... Le storie su di voi non sono paragonabili alla realtà. Il Capitano Uncino di cui fantasticavo da bambina è solo un decimo di quello che ho davanti agli occhi- mormorai lasciva, sporgendomi in avanti, in modo che si concentrasse esclusivamente sul timbro caldo della mia voce, e sul mio davanzale.
Se prima pensavo di prenderlo in giro, in definitiva non era così: pensavo veramente quelle cose. Hook era un uomo così affascinante...
-Non so se dovrei fidarmi delle tue parole, ma te la sei cavata.
-Conosco bene le pene del giovane Turner, so bene quanto faccia male esser diviso dalla persona che si ama- disse guardando fuori dal finestrino della cabina –farò come dici, non preoccuparti. Mi occuperò personalmente della faccenda- continuò pensieroso. Dall’umore scherzoso, si era all’improvviso adombrato.
Per la prima volta vidi un uomo diverso da quello che avevo intravisto in quelle settimane. Proprio a proposito di quelle dicerie, sapevo che si diceva che il Capitano avesse perso l’unica donna che avesse mai amato. Forse non conoscevo solo un decimo di lui...
Questa storia mi incuriosiva molto. Rendeva quell’uomo come una specie di eroe malinconico, uno di quelli di cui si legge nei romanzi. Lo rendeva ancora più affascinante di quanto già non fosse.
Comunque sia, non dovetti aspettare troppo per scoprire un altro tassello di quel puzzle.
Un giorno, uno dei tanti (non riuscivo più a tenere i conto delle mie giornate!), giravo inquieta per la nave alla riceva di un erba medicinale che potesse alleviare i miei personali tormenti (l’odioso Spugna mi aveva giurato che sarei riuscita a trovare qualcosa), quando mi imbattei in un ricettario. Era nascosto dentro un cassetto, che, a giudicare dagli scricchiolii, non veniva aperto da molto tempo. Dentro c’erano una decina di vasetti contenenti polveri di cui ignoravo la natura, e sotto di essi vi era riposto quel libricino. Sembrava un comune diario di bordo, ma al suo interno trovai ricette di strani unguenti. La calligrafia indicava chiaramente che l’autore di quel testo era una donna, il cui nome, scritto sulla prima pagina, doveva esser Milah.
Avida di informazioni, iniziai a divorare quel volumetto, scoprendo non solo il modo di eliminare per sempre quella stupida nausea, ma soprattutto le origini di quella donna. Secondo i miei studi di linguistica, le espressioni utilizzate in quel libro risalivano a un modo di esprimersi di cerca duecento anni fa, tipico della Foresta Incantata, ma soprattutto di Approdo del Re. L’aspetto della carta confermava quella mia analisi, ma il mio istinto mi suggeriva molto di più delle mie conoscenze, mi diceva che l’autrice non era altro che l’amata del Capitano, poiché  nessun uomo della ciurma avrebbe mai potuto portare con sé una donna, al di fuori di Uncino.
A quanto sembrava la Jolly Roger aveva già ospitato in precedenza una donna., e ciò confermava la freddezza con cui ero stata accolta.
Se le dicerie erano vere, quella donna era morta su questa nave, e quindi la mia presenza aveva rivangato in quegli uomini, compreso logicamente il Capitano, il ricordo di quella perdita.
 
*-*-*-*-*-*-*-*
 
-Vedo che stai molto, molto meglio- mi disse Uncino, una mattina guardandomi dalla postazione del timone.
-Sì, tutto merito di un infuso suggeritomi da uno dei vostri uomini- risposi sorridendo, pensando alla miracolosa tisana che avevo trovato nel prontuario della sua amata.
Logicamente non avevo detto niente a nessuno. Immaginavo che se avessi anche solo accennato alla cosa, qualcuno mi avrebbe fatto notare poco gentilmente che non era cortese ficcare il naso.
-Ancora questo voi? Suvvia dammi del tu, è più di un mese che sei su questa nave. Non esistono formalità sulla Jolly Roger- continuò guardandomi bonariamente, cercandomi di convincermi.
Sembrava che nel suo sguardo fossero sparite quelle nuvole che avevano deturpato quelle pozze di cielo, che erano i suoi occhi. Non sapevo come e perché, ma doveva essere così.
-Come vuoi, Capitano.



Salve a tutti, cari lettori!
Ho guardato un po' i numeri di questa ff, e devo dire che sono molto soddisfatta!
Dai commenti ho ricevuto tutti responsi positivi, e questo mi gratifica tantissimo, quindi spero di non aver deluso con questo secondo capitolo coloro che hanno scelto di seguire la storia.
Un paio di precisazioni: ho messo tanta carne a cuocere, ma se avrete un briciolo di pazienza, e se l'ispirazione non mi abbandonerà, prima o poi tutto avrà un senso. Ve lo prometto! ;)

 
Con Affetto Nimueh
 
   
 
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