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Autore: Nuel    19/01/2015    9 recensioni
Sirius Black si nasconde a Grimmauld Place e offrire la sua casa come sede dell'Ordine della Fenice è tutto quello che può fare, mentre i ricordi di un passato ormai perduto sembrano rivivere attraverso il suo figlioccio, Harry. Harry, però, non è James, non è l'uomo che Sirius ha amato ed ama ancora...
♣ Questa fanfiction si è classificata seconda al contest "L'amore che non osa pronunciare il suo nome" indetto da Mary Black e SteviaCookies sul forum di EFP.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Il colpo del cane


L’orologio a pendolo, al piano superiore, batté tre lugubri rintocchi che si espansero come un’eco nell’altrimenti silenzioso numero dodici di Grimmauld Place.
    La notte gli dava conforto, forse anche di più del whisky stantio e di bassa qualità che si ostinava a bere. Forse, avrebbe dovuto dire a Mundungus di comprargli dell’Ogden Stravecchio, per una volta. In fondo, pagava lui.
    Sirius Black, ultimo della sua prestigiosa ed antichissima famiglia, così prestigiosa ed antica da essere, ormai, rappresentata unicamente da un galeotto alticcio che si commiserava nella cucina seminterrata di una casa vecchia e puzzolente, si ripromise di andare a letto dopo l’ultimo bicchiere. Ancora uno soltanto per affogare i suoi pensieri, ancora uno soltanto per mettere a tacere i desideri.
    Sirius Black, al calare delle tenebre, pensava troppo e desiderava ancora di più e la casa fredda e umida sembrava amplificare quel freddo appiccicoso che gli scorreva addosso come sudore, ogni notte, come se fosse ancora rinchiuso ad Azkaban.
    Odiava essere rinchiuso, odiava quella casa, odiava la sua famiglia estinta e, in mezzo a quell’odio, era fiorita la colpa. Non sapeva bene quando e come avesse messo radici ed avesse germogliato, ma quando era fiorita, sul finire dell’estate, simile ad un grande girasole sorridente l’aveva fatto sentire di nuovo un ragazzo, facendogli dimenticare la prudenza, gli anni trascorsi ad Azkaban e la strisciante presenza dei Dissennatori. Per un breve periodo il cielo ero tornato azzurro, l’aria profumata ed il sole caldo. 
    Per fortuna, si era detto il secondo giorno di settembre, quando aveva creduto di poter tornare in sé facilmente, l’estate inglese era piuttosto corta; sarebbe tornato l’autunno, con il cielo grigio, la pioggia fredda e pigra ed il silenzio a Grimmaul Place.
    Non era successo.
    L’autunno era arrivato, ma lui aveva continuato a pensare a Harry: stava diventando un uomo, ormai e somigliava sempre di più a James.
    « James... » mormorò decidendo che era davvero ora di andare a letto.
    La porta della cucina si aprì mentre Sirius si alzava, non troppo saldo sulle gambe e credette di trovarsi di fronte all’uomo che aveva amato per tutta la vita.
    « Sirius... »
    Il girasole si aprì come se fosse giunta l’alba, i fumi dell’alcol passarono istantaneamente e Sirius Black sorrise come un ragazzino. « Harry! Che ci fai in piedi a quest’ora?! »
    « Non riesco a dormire » gli rispose candidamente il suo figlioccio.
    « Nemmeno io » gli disse allora Sirius, anticipando la sua domanda. « Vuoi un po’ di latte? »
    Gli occhi di Harry caddero sulla bottiglia quasi vuota di whisky e tornarono su di lui con un’espressione divertita. 
    « Non ci pensare nemmeno, marmocchio! » rise di una risata sincera Sirius, agguantando la bottiglia per rimetterla in dispensa e recuperare il cartone del latte.  Mise un bricco a scaldare, anche se gli sarebbe piaciuto bere con Harry come faceva un tempo con suo padre.
    Impiegò poco a scaldare il latte e versarlo in una tazza con un disegno natalizio che doveva essere comparsa in cucina in quei giorni. La mise in mano a Harry e gli sedette di fronte. « Non ci pensare, Harry ».
    Harry sorseggiò il latte caldo e posò la tazza, tenendola tra le mani. « Come sai a cosa sto pensando? »
    « Non ci vuole molta fantasia per capirlo, ma, Harry, hai salvato la vita ad Arthur e passerai qui con me le vacanze di Natale: non c’è niente che puoi fare. Non c’è niente che Silente ti permetterebbe di fare, per adesso, quindi, qualunque cosa sia, non ci pensare! »
    Harry lo guardò coi suoi occhi verdi un po’ trasognati per colpa della miopia, i capelli spettinati ed il pigiama spiegazzato e Sirius si sentì felice, felice e straziato perché non poteva, non era giusto, non doveva desiderare Harry come lo desiderava.
« Adesso, su, vai a letto! » lo invitò con tono che voleva essere leggero, ma che risultò un po’ troppo roco.
    Harry si alzò, strisciando la sedia sul pavimento e fece il giro del tavolo per abbracciare il suo padrino che, con un sospiro pesante, se lo strinse al petto. « Avanti, Harry: sei un po’ troppo grande per venire a letto con me! » cercò di scherzare, accarezzandogli la schiena e Harry ridacchiò, non percependo quella punta di amarezza nascosta tra le sue parole.
    « Credo proprio di sì! » rispose, infatti, il ragazzo, sciogliendo l’abbraccio ed uscendo dalla cucina.
    “O troppo giovane” pensò invece Sirius, mentre lo seguiva con lo sguardo.
 
*

Quando, il mattino successivo, Remus Lupin era entrato in casa come la pioggia gelida d’inverno, Sirius aveva indossato il sorriso più schietto che possedeva, comodo come un vecchio cappotto, per affrontare l’unico che avrebbe potuto smascherare la natura della sua allegria; in qualche modo, l’aria dimessa di Remus Lupin era la sua ancora di salvezza, la voce della sua coscienza.
    Remus reggeva due sacchetti e li aveva sollevati all’indirizzo di Sirius, con quel sorriso un po’ afflitto, ma sincero, che compensava quello del padrone di casa. « Eccoli qui! Sono sicuro che Harry li apprezzerà! » aveva detto, soddisfatto del regalo che avevano scelto di fare assieme a Harry: una serie di libri intitolata Magia Difensiva Pratica: Come Usarla contro le Arti Oscure. Sirius non aveva mai pensato, in vita sua, di regalare dei libri. 
    « Remus! Sono così contento di vederti! » aveva stretto l’amico in un abbraccio, togliendogli i sacchetti dalle mani. « Li nascondo in camera mia ».
    « Dov’è Harry? »
    « Non si è ancora alzato. Ieri ha faticato a prendere sonno » gli aveva spiegato mentre gli faceva strada nella casa che si stava svegliando. I Weasley erano una famiglia allegra e rumorosa e gli facevano bene. Gli faceva bene trascorrere i pomeriggi a ripulire quella casa e ricoprirla di una patina d’oro e d’argento, in previsione del Natale. 
    Sirius, però, sapeva già che era solo un’illusione: gli anni che avevano adagiato veli scuri sui candelabri di Grimmauld Place non potevano essere spazzati via da un rivestimento di porporina e, passato il Natale, sapeva che lui sarebbe rimasto lì, come le cose dimenticate, mentre Harry sarebbe uscito dalla porta e sarebbe fiorito come lo splendido girasole che era, lontano da lui. 
    Fu allora che manifestò quel malessere che lo accompagnava da tutta la vita, ma che si era esacerbato negli anni di Azkaban. Inquieto, più incline all’azione che alla riflessione, Sirius era stato un giovane irrequieto che, per fortuna, aveva avuto accanto gli amici giusti. James, Remus e persino quel topo d fogna di Peter gli avevano permesso di incanalare le sue energie in maniera costruttiva, ma ora che le vacanze stavano per finire e che doveva fare i conti con la consapevolezza che sarebbe rimato nuovamente solo, in quella casa, con l’unica, sgradita compagnia di Kreacher, Sirius veniva colto da quelli che Molly Weasley definiva “attacchi di broncio”. Oh, non era un “broncio”, non solo, almeno: l’angoscia lo divorava, l’angoscia di veder partire Harry, di stare lontano da lui per mesi. Non poterlo vedere, non poterlo ascoltare, non poterlo sfiorare. 
    Cominciò ad isolarsi, perché l’idea del distacco era troppo penosa da affrontare guardando quei rumorosi inquilini riempire la sua casa.
    « Non è James! » si ripeteva, stringendo i pugni, chiuso nella stanza di Fierobecco per ore intere, con la scusa di occuparsi dell’ippogrifo. Gli effetti del suo malumore stavano contagiando anche gli altri o, forse, nemmeno loro volevano tornare alla vita di tutti i giorni, ai pericoli, alla realtà in cui c’era Voldemort.
    Qualcuno bussò alla porta e Sirius, per qualche momento, trattenne il respiro, valutando la possibilità di fingere di non esserci, ma la verità era che non avrebbe potuto essere da nessun’altra parte. « Avanti » concesse, di malavoglia.
    La testa di Harry fece capolino dallo spiraglio aperto « Ciao. Ti disturbo? »
    « Tu non disturbi mai! Vieni, entra! » lo invitò con rinnovato buon umore: non poteva essere infelice con Harry accanto, anche se non è James, gli sussurrava la voce della coscienza. 
    Harry si inchinò davanti all’ippogrifo ed attese di essere ammesso alla sua presenza, prima di avvicinarsi al padrino. Aveva appreso bene la lezione di Hagrid e, quando si avvicinò, guardò fugacemente la stanza ridotta a stalla prima di sorridere a Sirius, sedendosi accanto a lui, su un vecchio divano appoggiato al muro.
    « Cosa c’è Harry? » gli chiese con affetto, sollevando un braccio sopra la spalliera del divano, aggrappandovi la mano per non farla scendere a circondare le spalle del figlioccio.
    « Ci ho pensato a lungo e mi chiedevo... » Harry abbassò lo sguardo sulle proprie mani, allacciate in grembo. « Mi chiedevo se... se non potrei rimanere qui, invece che tornare a Hogwarts ». Alzò lo sguardo su Sirius, prima di continuare: « Potrei essere più utile all’Ordine, se non fossi chiuso a scuola! »
    Sirius si accorse di aver trattenuto il respiro nel momento in cui lo rilasciò. 
« No, non se ne parla, Harry! Mi piacerebbe più di quanto tu possa immaginare, ma Silente ti vuole a Hogwarts ed è lì che starai! »
    « Ma perché?! L’hai detto anche tu che sono abbastanza grande per fare parte dell’Ordine! In fondo Voldemort è me che vuole! Non voglio aspettare che sia lui a decidere di venirmi a cercare! »
    « Hai quindici anni, Harry. Devi finire la scuola! »
    « Cosa me ne farò del diploma, se Voldemort riuscirà ad uccidermi?! » protestò Harry, con enfasi, tanto da far schioccare di fastidio il becco all’ippogrifo. « Potrei morire domani, Sirius! Voglio fare qualcosa, voglio vivere! »
    La voglia di vivere, Sirius la conosceva fin troppo bene: una fiera che ruggiva nel petto, che incitava a sbranare la vita, a divorare a grandi morsi quello che si desiderava, l’amore, il successo, la giovinezza... Sirius la conosceva perché a lui tutto era stato strappato e, da quel momento, non gli era rimasto che sopravvivere.
Mise a tacere la coscienza e abbracciò Harry con impeto, stringendoselo al petto, aggrappandoglisi alla schiena. « Tu non morirai! » gli promise. « Io non gli permetterò di togliermi anche te! »
    Fu in quel momento, che la porta si aprì ed entrò Remus. Si schiarì la voce e Sirius si staccò da Harry troppo in fretta, con espressione colpevole sul volto sciupato.
    « Harry, per favore, puoi lasciarci soli per qualche minuto? Devo parlare con Sirius » il tono insolitamente autoritario di Lupin, disse a Sirius che il vecchio amico non aveva frainteso il suo trasporto. 
    « Vai, Harry. Ne parliamo dopo » gli disse, dandogli un buffetto sulla guancia, la voce incerta che cercava di nascondere una nota di commozione.
    Harry annuì, guardò Sirius e poi Lupin e uscì, accostando la porta, mentre il suo ex insegnante si inchinava a Fierobecco, prima di avanzare.
    « Chiudi la porta, Harry, per favore! » aggiunse Remus e la porta, questa volta, si chiuse per davvero.
    Sirius guardò il licantropo come se attendesse il bacio di un Dissennatore: l’espressione di Remus non era delle più amichevoli, anzi, in realtà, raramente l’aveva visto così ostile.
    « Cosa stavi facendo? » gli chiese, mal celando l’ombra di un ringhio nella voce.
    « Nulla di male. Stavo solo abbracciando il mio figlioccio, è vietato, forse? » lo attaccò per difendersi, sentendosi dannatamente in colpa.
    « Solo questo, Sirius? Ti ricordo che Harry non è James! »
    « LO SO! » urlò Sirius, mettendosi le mani tra i capelli. « Lo so! » ripeté con più calma. Nessuno dei due si accorse del filamento rosa che si allargava nella forma di un orecchio che scivolava sotto la porta. « Gli assomiglia così tanto che io... » si interruppe, abbassando la voce quando riprese a parlare « io non riesco a togliermelo dalla testa. È come se James fosse tornato da me, come se fossimo di nuovo ragazzi... » alzò gli occhi lucidi verso l’amico « Cosa devo fare, Remus? Non voglio fare del male a Harry ».
    « Per quanto gli assomigli, devi ricordare che Harry non è James e che non potrà mai prendere il suo posto » rispose Remus, con tono amaro.
    « Me lo ripeto ogni giorno... me lo ripeto continuamente... » Sirius, afflosciato su se stesso, si coprì il volto con le mani, lasciandosi sfuggire un sospiro infranto. 
    « Fra pochi giorni tornerà a scuola. Quando non lo avrai sempre davanti agli occhi, sarà più facile » cercò di consolarlo il vecchio amico.
    « Facile?! » abbaiò, invece, Sirius. « Non sarà affatto facile! Penserò continuamente a lui! Finirò per fare pensieri... che non dovrei fare! »
    Per qualche momento, Remus rimase in silenzio, meditando sulle ultime parole dell’altro. Sembrava più stanco e polveroso del solito. « Credi che James sarebbe contento se sapesse in che modo desideri suo figlio? » gli chiese con tono afflitto.
    « No » sospirò solamente Sirius, senza esitazione, chiudendo gli occhi, sconfitto.
    « Ancora pochi giorni, poi... per le vacanze di Pasqua penseremo ad un’altra soluzione, se preferirai non vederlo ».
    Sirius scosso il capo. « Mi ha detto che vorrebbe restare qui, anziché tornare a Hogwarts. Immagino che sia colpa di quel rospo della Umbridge, ma... dice di non voler aspettare che Voldemort vada a prenderlo... »
    « Anche Harry seguirà le disposizioni di Silente. Dovrà capire di essere troppo importante per rischiare di perdere la vita adesso che non è ancora pronto ad affrontare Voldemort ».
    « Sarà mai pronto, Remus? A Hogwarts potranno mai insegnargli incantesimi sufficientemente potenti da sconfiggere Voldemort? Se nemmeno Silente è sicuro di poterlo battere, come farà Harry? »
    Remus strinse le labbra, osservando il suo amico con dolore e severità. « Non cercare scuse per tenerlo con te » gli disse senza inflessione. « Nemmeno Grimmauld Place sarà sicura per sempre ».
    « Potrei portarlo lontano... nasconderlo... » c’era qualcosa negli occhi di Sirius, una luce che brillava di disperazione quanto di follia, di illusioni a cui voleva aggrapparsi, pur sapendo che erano solo fantasie.
    « Non indulgere in questi pensieri, Sirius. Ti fai solo del male e, invece, devi avere fiducia in Harry e in Silente. Devi dargli il tuo appoggio: sei il suo padrino, tutto quello che gli resta della sua famiglia ».
    « Darei la vita, per Harry! » rispose, più serio che mai.
    Remus annuì. « Ero venuto a dirti che Molly ha trovato Kreacher, quindi non preoccuparti ».
    « Quel maledetto sorcio! Prima o poi appenderò la sua testa accanto a quelle dei suoi antenati! »
    Remus scosse il capo e gli porse la mano. « Scendiamo, adesso? » e Sirius annuì e  la strinse. « Dovrò dire a Harry che non può restare, vero? » chiese, come se sperasse che, nei pochi istanti in cui i toni della conversazione erano tornati pacati, la situazione fosse cambiata.
    « Sì, dovrai dirglielo » confermò Remus, con una nota di dispiacere nella voce.
    Quando aprirono la porta, Harry era fermo, in loro attesa, l’orecchio oblungo stretto nella mano e il volto in fiamme. Aveva la mascella contratta e gli occhi lucidi di rancore e guardava Sirius come se il padrino l’avesse appena tradito. 
    « Che cosa significa?! » chiese con voce più alta del solito e tremante. 
    « Harry... » cercò di ammansirlo Sirius, ma Remus si frappose tra loro.
    « Cosa hai sentito, Harry? » chiese l’ex insegnante.
    « Ti posso spiegare tutto! » si precipitò a dire, invece, Sirius, il cuore in gola e la voce malferma.
    « E allora fallo! Di cosa mio padre non dovrebbe essere contento? Perché non posso restare qui con te? » infilò rapidamente le domande e poi guardò Remus come se anche lui fosse colpevole, sebbene non sapesse di cosa. « Cos’altro non so di mio padre? » Tirò sul col naso e fece un passo in dietro, tornando a guardare Sirius. « Perché dovresti farmi del male? Se non mi vuoi tra i piedi, bastava dirlo! »
    « Non è come credi, Harry! » si sbrigò a replicare l’interpellato, colto dal panico. « Io... io... » la gola gli si chiuse. « Merlino, Harry! Come faccio a dirti che... » Chiuse gli occhi, alzando il volto al soffitto mentre digrignava i denti. 
    « Dillo e basta! » sputò Harry, mentre Remus chinava il capo e sembrava cercare qualcosa da dire.
    « Amavo tuo padre » la parole di Sirius, dette con tanta fatica, rimasero tra loro come la presenza lattiginosa e spenta di un fantasma, sgradevoli come l’esserne attraversati. « Lo amo ancora e... ogni volta che io ti guardo, Harry, ogni volta che ti penso... » sospirò, lasciando cadere la frase per alcuni istanti. Si passò la lingua sulle labbra secche, disprezzandosi e maledicendo la sorte. « Oggi, il passato mi ricorda che non so sfuggirti senza fingere, Harry... » lo guardò, cercando di fargli comprendere il proprio dolore, supplicando il suo perdono. « Ti desidero, come desideravo tuo padre... e non posso sentirmi libero dalla tua corda, dal tuo patibolo, finché sei qui con me... devi tornare a Hogwarts, Harry... »
    Harry sgranò gli occhi, quegli occhi che ricordavano Lily e che sembravano accusarlo di tradire anche lei, e scosse la testa come se non comprendesse le parole che aveva sentito. Girò sui tacchi, le labbra strette e tremanti e corse giù, senza dire niente, mandando in frantumi il cuore di Sirius.
    « Dagli tempo » suggerì Remus, ma il tempo era proprio quello che a loro mancava: le vacanze erano quasi finite e Sirius non voleva che Harry tornasse a scuola senza averlo perdonato. Gli sembrava di aver giocato agli astragali con la felicità propria e di Harry e che fosse uscito uno su tutti i dadi.
    Remus cominciò a scendere le scale e Sirius si costrinse a fare altrettanto, anche se, ad ogni passo, gli sembrava di sentire più vicino il fuoco dell’Inferno. Sirius chiuso il dolore dentro di sé, facendo del proprio cuore l’ennesima prigione: nessuno doveva sapere. Nessuno doveva immaginare. Avrebbe aspettato che Harry metabolizzasse e poi gli avrebbe parlato, gli avrebbe spiegato e Harry avrebbe capito. 
Sirius sperava con tutte le sue forze che Harry avrebbe capito.    
 
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Note dell'Autore: 
Il titolo “Il colpo del cane” si rifà al gioco dei dadi, anticamente usati anche come strumenti di divinazione. Il tiro peggiore ottenibile da una coppia di dadi (1+1) era chiamato “colpo del cane”, indicava svenuta, disfatta.
Questa storia si è classificata seconda al contest “L’amore che non osa pronunciare il suo nome” indetto da Mary Black e SteviaCookies sul forum di EFP, col pacchetto 7: Sirius Black/Harry Potter. 
Contesto: La storia deve svolgersi mentre Sirius è costretto in Grimmauld Place. 
Citazione: "Oggi il mio passato mi ricorda che io non so sfuggirti senza fingere... E che non posso sentirmi libero dalla tua corda, dal tuo patibolo..." - "Veleno", Subsonica. 
Situazione: Sirius prova una morbosa attrazione nei confronti di Harry, a causa della somiglianza con James, da cui è sempre stato ossessionato



Come sempre, vi aspetto sulla mia pagina FB per chiacchiere e novità! ^^
   
 
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