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Autore: _ Arya _    21/01/2015    11 recensioni
Emma Swan è una specializzanda al quarto anno di chirurgia. Durante un tragico incidente dove presterà soccorso, riuscirà a salvare il timoniere della Jolly Roger: Killian Jones. Non ci si dovrebbe mai innamorare di un paziente, ma le regole sono fatte per essere infrante...
"-Sono la dottoressa Swan. Emma. E le prometto che la tirerò fuori di qui- cercai di sorridergli incoraggiante.
-Lei è bellissima dottoressa- sorrise di rimando, e solo allora notai i suoi bellissimi occhi blu." [dal 1° capitolo]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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The Beginning is the End is the Beginning - Rise up

 

Non ero il tipo da avere paura, ma la sua mano continuava a salire e l'altra mi teneva con forza contro il letto.
-Voglio ricordarti come mi desideravi fino a due giorni fa Emma. E lo so che mi vuoi ancora, sei solo troppo testarda per ammetterlo.
Non volevo piangere e mostrarmi debole, nonostante avessi un gran mogone alla gola per l'assurdità e l'incredulità di ciò che stava succedendo. Non riuscivo a credere che sarebbe stato capace di spingersi fino in fondo e approfittarsi di me in un momento simile.
Per quanto avesse sbagliato, mai e poi mai l'avevo visto come un uomo crudele a tal punto da voler violentare una donna.
I dolori e la nausea che fino a quel momento erano stati sopportabili si impadronirono del mio corpo scosso dallo stress.
La sua mano salì verso l'alto, tra le mie gambe, e io restai immobile ed inerme, pronta al peggio.
-Puoi fermarmi- sussurrò -se mi dici “basta” io mi fermerò. Ma sappiamo entrambi che anche tu mi vuoi... e io non ti farò del male. So dove toccarti e dove no.
Come pretendeva che io potessi fermarlo? Non si accorgeva che non ero in grado di avere la minima reazione? Lo sapeva, doveva saperlo per forza, e ciò era ancora peggio: sapeva quanto stessi soffrendo per quanto mi stava facendo e perché non riuscivo a fermarlo, eppure non sembrava volersi interrompere.
Portò un dito dove non mi aveva mai toccata, neanche quando stavamo insieme. “Per non farti male”, disse, ma più spingeva e più urlavo dentro di me per il dolore sia fisico che psichico.
Chiusi gli occhi mentre una lacrima scivolò prepotente sulla mia guancia, e semplicemente attesi: in un altro momento avrei reagito, gli avrei spaccato la faccia, ma ora non ne avevo le forze.
Se proprio doveva fare ciò che sembrava avesse intenzione di fare, volevo solamente che finisse in fretta e mi lasciasse in pace.
-Cosa diavolo stai facendo a mia figlia, Booth!
Aprii gli occhi appena in tempo per riuscire a vedere mio padre tirarlo via e sbatterlo contro il muro, per poi dargli un pugno allo stomaco con forza. Ad August uscì un grido soffocato e si accasciò per terra, ma l'altro continuò a dargli calci.
-Papà, basta così!- esclamai tirandomi su a sedere, nonostante fossi ancora scossa -lo ammazzerai e sarai tu a rimetterci, non ne vale la pena.
-Invece ne vale la pena, stava cercando di abusare di te, te ne rendi conto?!- esclamò schifato, e gli tirò ancora un calcio.
-Basta! Non l'avrebbe fatto, io... basta. Fermati.- lo supplicai, e finalmente si decise a lasciar stare l'uomo e spingerlo fuori dalla stanza.
Dopo che ebbe chiuso la porta venne a sedersi sul letto, e senza dire niente mi abbracciò.
Ricambiai la sua stretta e finalmente lasciai sfogare le lacrime e i singhiozzi che erano rimasti serrati dentro di me per tutto il tempo. Piansi fino a inzuppargli il colletto del camice, ma continuò a tenermi stretta contro il suo petto.
Allentò la presa solamente qualche minuto dopo, quando finalmente riuscii a calmarmi. Con le maniche mi asciugai gli occhi e inspirai a fondo, vergognandomi dello sfogo che avevo avuto.
Non era una reazione da me, ma il sentirmi impotente sotto le braccia di quell'uomo mi aveva fatta stare male come non mai; il non riuscire per la prima volta ad avere il controllo mi aveva distrutta.
-Piccola mia, stai bene? Ti ha fatto del male?- mi chiese con dolcezza, accarezzandomi i capelli e portando una ciocca dietro l'orecchio.
-Tutto ok. È solo che... ho avuto paura di non riuscire a fermarlo. Non so cosa mi sia successo... non sono neanche riuscita a dargli un pugno! E poi... poi non lo capisco! Lui non è mai stato così... non era perfetto, ma era dolce una volta.
Mi strinse una mano e mi accarezzò la guancia; anche a lui August era sempre piaciuto, fin dal principio aveva approvato la nostra relazione perché lo considerava un uomo con la testa sulle spalle e serio. Invece avevamo sbagliato entrambi sul suo conto, e non riuscivo ancora a capacitarmene.
Aveva esagerato, eppure non porevo odiarlo. Doveva avere qualche problema per arrivare a trattarmi in quel modo, e volevo scoprire di cosa si trattasse.
-Non voglio farti pressione piccola, ma... dovresti denunciarlo per quello che ti ha fatto. Non può continuare a lavorare qui...
-Sapevo l'avresti detto.- sospirai -E forse dovrei darti retta ma non voglio farlo. Lascia che me la sbrighi io con lui, ok?
Mi guardò preoccupato, e sapevo che avesse paura potesse farmi ancora del male, ma doveva fidarsi di me: una volta rimessa sarei stata perfettamente in grado di difendermi.
-Ok. Ora prenditi l'antidolorifico che ti ho portato però. Quando Zelena ti dimette ti porto a casa io, puoi stare con me e la mamma questi giorni.- propose. O forse non era propriamente una semplice proposta, ma più un ordine.
Preferii non rispondere e presi la pastiglia che mi porse con un bicchiere d'acqua mandandola giù.
Gli avrei detto al momento giusto che non mi sarei chiusa in casa per i prossimi due giorni.
Ero turbata dall'accaduto, ma tornare al lavoro il prima possibile mi avrebe aiutata a distrarmi e smettere di pensarci.
-Va bene, stanotte posso restare da voi- dissi -ma la mamma cosa sa?
-Tutto. Riguardo al bambino almeno. L'aborto. Ho dovuto dirglielo... sta operando una bambina di due anni e non è potuta venire, ma appena avrà finito passerà...
-Ok. Non dirle nulla di August. Chiaro?
-Bene. Ma devi parlare con qualcuno, tu forse non capisci la gravità...
-Non mi ha violentata- lo interruppi -forse l'avrebbe fatto, forse no. Comunque sto bene, non preoccuparti. Adesso voglio dormire un po', così mi sveglio quando è ora di uscire.
Annuì poco convinto, ma mi stampò un bacio sulla guancia e uscì spegnendo la luce e lasciandomi sola.
Non appena chiusi gli occhi tornai a piangere in silenzio ancora una volta. Non era vero che stavo bene, per quanto volessi negarlo ero stata vicinissima all'essere violentata. Mi sentivo umiliata e sporca, non vedevo l'ora di tornare a casa e fare una doccia.
Non ero in grado di valutare quanto fosse stato grande il trauma, non sapevo se avrei reagito come tante altre donne che per mesi, o addirittura anni non riuscivano a farsi toccare da un uomo, o se invece non sarebbe stato un problema.
Forse da Killian mi sarei lasciata toccare... senz'altro mi sarei lasciata almeno baciare ancora. O forse l'avrei baciato io questa volta. I suoi baci mi facevano stare così bene...
Sorrisi lievemente al ricordo delle sue labbra calde sulle mie, e con quel piacevole pensiero riuscii finalmente ad addormentarmi.

***

Seduta sul divano aspettavo che i miei mi portassero la cena. Mia madre si era rifiutata di farmi mangiare su una sedia in cucina, perché secondo lei sarebbe stata troppo scomoda per me al momento. Non avevo obiettato solo perché non avevo alcuna voglia di discutere.
Anche se la nausea era passata, continuavo ad avere qualche crampo, e la cosa mi infastidiva parecchio. Non volevo tornare a lavoro in questo stato, ma allo stesso tempo non volevo saltarlo.
Prima di andare a casa, nonostante le proteste dei miei, ero voluta passare a salutare Killian e ringraziarlo. L'avevo trovato addormentato, ed era così dolce che non avevo voluto svegliarlo; gli avevo dato un bacio sulla guancia ed ero andata via, incaricando Anna, che aveva il turno di notte, di dirgli che stavo bene e sarei tornata il giorno dopo.
Anche con Regina avevo avuto solo cinque minuti, dato che mio padre per prendersi la serata libera le aveva affidato il paziente che avevano operato insieme.
Comunque le avevo spiegato che era tutto ok accennandole di avere parecchie cose da raccontarle quando entrambe avremmo avuto un momento libero insieme.
-Ecco qua tesoro, brodino di pollo al limone, ti farà bene...- mia madre posò il piatto fumante sul tavolo che avevano sistemato perché potessimo mangiare lì.
Io la guardai incredula: non poteva davvero essere quella tutta la mia cena!
-Mamma, io non sono malata! Posso mangiare come una persona normale e... ho fame!
-Ed è per questo che io ti ho ordinato la pizza che arriverà a momenti- mio padre mi fece l'occhiolino beccandosi uno sguardo di rimprovero da mia madre.
Lo ringraziai contenta e mandai giù metà del brodo giusto per fare in modo che i miei non si uccidessero a vicenda, ma non appena arrivò la pizza mi avventai su quella: wurstel e patatine con la mozzarella, una delle mie preferite!
Riuscii a mangiarla intera, insieme ad una lattina di coca cola dato che di comune accordo decisero di impedirmi di bere qualunque bevanda alcolica potessi chiedere.
-Emma, domani mi sono presa la giornata per stare qui con te, dopodomani invece rimarrà papà... va bene?
Mi morsi il labbro, pentendomi di aver aspettato tanto per spiegargli che se volevano passare del tempo con me sarebbero dovuti andare al lavoro.
-Domani io sono di turno. Non... non sto a casa. Lo sai che non mi potete obbligare.- borbottai, guardandoli dispiaciuta. In fondo erano i miei genitori, e si preoccupavano per me... ma mi conoscevano bene, avrebbero dovuto prevederlo.
-Non puoi andare a lavoro Emma! Se lo fai per distrarti e non pensare a tutto questo, ci sono io con te. Possiamo parlarne, ma non puoi tornare subito...- protestò mia madre.
-Non c'entra niente! Non sono depressa per l'aborto! Io... devo andarci e basta!- non esisteva che rimanessi a casa senza poter vedere Killian. Non potevo lasciarlo solo tutto il giorno, avevo promesso che sarei passata. Aveva bisogno di me. E in più dopodomani avrebbe cominciato la riabilitazione, e io volevo essere con lui.
-E' per quel paziente con cui passi molto tempo?- fece mio padre alzando un sopracciglio.
Arrossi involontariamente, ma proprio non riuscii a farne a meno: mi conosceva troppo bene, era riuscito a capire tutto in due minuti.
-Sono il suo medico. E mi piace. Come persona voglio dire... come paziente. È... lui vuole me. È il mio caso, io gli ho salvato la vita e io lo rimetterò in piedi.
-Dev'essere proprio carino questo tipo, devo passare a vederlo, se nostra figlia è tanto presa...
-Mamma! Basta, io me ne vado a dormire. Voi... pensate agli affari vostri. Comunque rimarrò a lavoro solo fino alle 17, alle 18 Henry torna dalla gita e vado a scuola a prenderlo. Buona notte!

KILLIAN POV
Quella mattina mi svegliai piuttosto presto, anche nell'inconscio ero impaziente di vedere Emma.
Mi ero abituato a chiacchierare con lei del più e del meno, e anche ai momenti più seri e intimi.
Non ero sicuro di riuscire a sopravvivere quando mi avevano riportato sotto i ferri, quindi le avevo chiesto di farmi quella promessa senza alcuna spiegazione.
Mi ero sentito in dovere di raccontarle tutto quando l'avevo rivista; nonostante non avessi raccontato tutta la storia a nessuno, neanche a Milah, lei aveva il diritto di sapere. In tal modo avevo creduto di riuscire a risparmiarle un dolore ingestibile, e ci ero rimasto di sasso quando mi aveva confessato di aver avuto un aborto spontaneo.
Non mi ero arrabbiato per il fatto che non me l'avesse detto subito, perché non era stato difficile intuire il motivo. Si era sentita in colpa. Io l'avevo fatta sentire in colpa, e l'avevo fatta star male con la mia storia.
Emma aveva una corazza molto forte, ma tolta quella era una donna vulnerabile, e non poteva essere altrimenti dopo tutto quello che aveva passato. Il periodo di separazione dei suoi genitori quando era soltanto una bambina, la fuga di Neal dopo averla lasciata incinta, il tradimento del suo ultimo fidanzato... e magari c'era anche dell'altro di cui non ero ancora a conoscenza.

Non ero del tutto sicuro che sarebbe venuta, perché nonostante sua sorella mi avesse riferito il suo messaggio, mi aveva anche spiegato che per prescrizione del medico sarebbe dovuta rimanere 48 ore a riposo, o almeno senza lavorare.
Da un lato avrei preferito che stesse a casa a riprendersi, ma dall'altro avevo imparato quanto fosse testarda, quindi probabilmente se aveva detto che sarebbe venuta l'avrebbe fatto.
Ero curioso di sapere se il mio bacio avesse funzionato a distrarla dai momenti spiacevoli del suo intervento.
Io, dal canto mio, potevo ancora sentire il tocco invisibile delle sue labbra.
Avevo voluto baciarla fin dal primo momento, quando si era avvicinata a me ed aveva cercato di liberarmi da quella trave che avrebbe finito per schiacciarmi da un momento all'altro.
Ieri, però, non ero più riuscito a trattenermi: per ben due volte in pochi minuti ci eravamo ritrovati tanto vicini da fondere i nostri respiri.
Quando l'avevo sentita rilassarsi tra le mie braccia e avevo visto i suoi occhi chiudersi, baciarla mi era venuto d'istinto.
Ed era stato subito bellissimo: le sue labbra sapevano di vaniglia, ed erano più morbide e perfette di quanto le avessi immaginate.
Avevo continuato a baciarla per istanti interminabili, fino ad esaurire tutto l'ossigeno che avevo in corpo.
Era rimasta sconvolta, ma non sembrava le avesse dato fastidio.
Sorrisi ripensando a com'era uscita dalla stanza quasi barcollante, e si era toccata le labbra prima di chiudere la porta.
-Ehi, ti hanno drogato? Cos'è quel sorriso ebete...
Strizzai gli occhi e mi voltai verso la porta, dove a guardarmi poggiata allo stipite c'era un' Emma sorridente, vestita nella sua solita tenuta da medico. Dunque era davvero già tornata a lavoro.
-Ti sono mancato? So che dovevi stare 48 ore a riposo.
-Aah, sciocchezze!- sorrise ancora e venne a sedersi sul mio letto, guardandomi negli occhi.
-Come stai?- ci domandammo all'unisono, per poi scoppiare a ridere. Era lei che era mancata a me, lei e il suo sorriso, e i suoi occhi verdi splendenti.
-Io me ne sono stato qui, quindi...- tagliai corto -ma sono piuttosto sicuro che non sia una sciocchezza il fatto che ora non dovresti essere qui. Com'è andata ieri?
-E'... è andata piuttosto bene. Sono anche passata a salutarti ma dormivi e non ho voluto svegliarti. Comunque sto bene, lo vedi da te... e grazie per la “distrazione”, tra parentesi.
Era vero, sembrava piuttosto in forma ma nonostante il sorriso riuscivo a leggere nel suo sguardo che mi stava nascondendo qualcosa. Era titubante, e non mi guardava dritto negli occhi, quindi qualunque cosa fosse non doveva essere bella.
La guardai interrogativo e lei si morse un labbro: avevo notato che lo faceva quando non sapeva se dirmi qualcosa oppure no. Quindi attesi in silenzio, avrei rispettato qualsiasi decisione avesse preso. Non le avrei fatto pressione, dato che l'ultima cosa che volevo era vederla star male di nuovo.
Io ero quello bloccato in un letto d'ospedale, eppure fin dal primo istante in cui nei suoi occhi avevo letto la sua fragilità, avevo deciso che l'avrei protetta a tutti i costi per quanto fossi riuscito.
Invece di dire qualcosa, si chinò su di me e chiuse gli occhi.
Posò le labbra sulle mie, e dopo aver indugiato per qualche secondo mi baciò con delicatezza, portando una mano tra i miei capelli.
Si fermò per un solo istante, per prendere un respiro, e poi tornò a baciarmi, sempre più intensamente. A quel punto non resistetti, e dopo averla stretta a me con una mano dietro la schiena, sotto i suoi capelli biondi lunghissimi, ricambiai anch'io.
Sembrava che le nostre labbra si appartenessero da sempre, tanto eravamo in sintonia; le lingue, che prima si studiarono lentamente, si trovarono dopo poco ad esplorarsi con passione.
Fu quando poggiai la mano sulla sua gamba che improvvisamente sentii il suo corpo irrigidirsi, e smise di baciarmi.
Non riuscii a capire cosa fosse successo, il mio era stato un gesto del tutto innocente: sperai non pensasse che volessi spingermi oltre. Non era ciò che volevo fare, e non solo perché non potevo.
-Emma, ehi... stai bene?- sussurrai sulle sue labbra -Se stai pensando male... non farlo. Io non volevo...
-No, scusami tu. Va tutto bene... non hai fatto nulla di sbagliato...- mi rassicurò, dandomi un altro leggero bacio.
Però aveva una voce strana, tremolante.
Mi allontanai quanto bastava per guardarla in faccia: i suoi occhi per qualche motivo erano colmi di lacrime. Non seppi cosa dirle non avendo idea del motivo per cui stesse piangendo.
Forse aveva a che fare con ciò che non mi aveva detto riguardo al giorno precedente, e se piangeva così doveva essere peggiore di quanto credessi.
-Killian, mi dispiace. Io non volevo reagire così, questo bacio è stato... stupendo... m..ma...- singhiozzò, continuando a cercare di asciugarsi le lacrime col camice.
Non seppi come consolarla, non ero neanche sicuro di poterla toccare e accarezzarla senza che le facessi più male che bene. Mi sentii impotente, e questo mi distrusse. Non potevo far altro che guardarla piangere, senza poterla aiutare a smettere.
-Emma, ti prego... dimmi cosa posso fare...- la supplicai afflitto, limitandomi ad accarezzarle una mano.
-O... ok. Ma tu promettimi che non farai nulla, che non ti metterai in mezzo...- disse tra i singhiozzi e le lacrime.
Io annuii, avrei fatto qualsiasi cosa mi avesse chiesto. Tutto pur di aiutarla.
Le diedi un paio di minuti per calmarsi, finché i singhiozzi finalmente cessarono. Mi spostai facendole spazio sul letto, e senza obiettare si sistemò accanto a me, guardandosi le mani.
-Dopo l'intervento di ieri il mio ex è venuto a parlarmi. Aveva saputo dell'aborto... io l'ho respinto, e ho sbagliato ok. Non potevo evitarlo per sempre, ma non me la sentivo ecco... lui però ha insistito troppo! Voleva dimostrarmi che tra di noi c'era ancora chimica, voleva dimostrarmi che io lo volessi. E... mi... mi ha... mi ha...
Sbarrai gli occhi, guardandola incredulo. Non poteva essere vero, non poteva essersi approfittato di lei, per di più in un momento delicato come quello. Che razza di codardo era quell'uomo!
-Non... non mi ha violentata Killian- disse, come leggendomi nel pensiero -però... mi ha toccata. Mi ha... mi ha umiliata. E se non fosse arrivato mio padre non so se si sarebbe fermato.
Fu lei, rannicchiandosi sul mio petto che mi diede un silenzioso consenso di abbracciarla e stringerla forte a me, come per cercare di assorbire il suo dolore e riuscire ad alleviarlo.
Avevo ragione, era davvero più fragile e vulnerabile di quanto mai avrebbe ammesso o mostrato; anche lei aveva bisogno di conforto e di aiuto. Se solo fossi stato in forma, sarei andato a farlo nero quel bastardo...
-Ovviamente questa cosa dei baci non deve uscire di qui o ti assegneranno un altro medico e io non voglio...- sussurrò solleticandomi il collo col suo respiro.
-Certo tesoro... neanch'io voglio- la rassicurai e tornai ad accarezzarle i capelli. Ero felice che mi volesse, che volesse proprio me, un uomo bloccato a letto e senza una mano, che al momento non sarebbe riuscito neanche a proteggerla.
Ma già il fatto di saperla far sorridere, ridere, e stare meglio mi era di gran conforto. Voleva dire che non ero del tutto inutile, e che potevo davvero fare qualcosa per quella donna meravigliosa.
In realtà non avevo neanche idea di cosa fosse il nostro rapporto ora: era il mio medico, e fin qui ci potevo arrivare. Eravamo diventati amici, e anche su questo ero quasi certo di poterci mettere la mano sul fuoco.
E poi c'erano stati quei baci, a cui non sapevo dare un significato. Stavamo diventando qualcosa che andava oltre l'amicizia o erano solo baci?
Forse potevamo definirci amici che si baciano: “baciamici”, era presto per qualcos'altro. Magari non per me, ma per lei sicuramente.
-Killian, ti dispiace se ti lascio solo un attimo? Dovrei andare a parlare con Regina...
-Certo, figurati...
-Tornerò col pranzo, da oggi puoi riprendere a mangiare da solo... e visto che io dovrei essere a riposo ma sono qui, non mi affideranno nessun intervento particolare... quindi ho tempo per stare da te!
-Ok... non sforzarti troppo dolcezza.
La donna sorrise lasciandomi un bacio a fior di labbra, poi si alzò dal letto un po' a fatica e si diresse verso la porta, salutandomi con la mano.
Doveva essere ancora dolorante per l'intervento, eppure era venuta a lavoro apposta per me. Ero fortunato. Molto più di quanto non meritassi.

***

EMMA POV

-Ci siamo baciati Regina! Sapessi come bacia...- mi lasciai cadere pesantemente sul letto della stanza del medico di guardia, mentre lei mi guardava interrogativa e sconvolta.
Risi nervosamente e le feci spazio accanto a me, dove si sistemò mettendosi su un lato.
-Tutto mi aspettavo tranne che trovarti così attiva e raggiante. Oltre che in preda a una crisi ormonale. Quanto sedativo hai preso ieri?
Risi ancora, constatando che aveva fin troppo ragione. Fino a prima di vedere Killian ero ancora distrutta dal giorno prima, ma come sempre mi aveva fatto tornare il buon umore.
I baci, poi, erano di nuovo stati un toccasana. Non sapevo definirli, non sapevo dire cosa stavamo diventando io e lui... ma mi piaceva baciarlo.
Anche se quando mi aveva toccata mi ero irrigidita: mi era dispiaciuto non riuscire a farne a meno, non avevo potuto controllare l'impulso, ma per fortuna non se l'era presa.
Ero consapevole che l'avesse fatto innocentemente, lui non mi avrebbe mai fatto del male.
Mi voltai verso la donna e le raccontai del bacio che mi aveva dato ieri. Fu d'accordo con me sul fatto che fosse pazzo a sorprendermi così, ma secondo lei era anche molto romatico.
Fu quando iniziai a raccontare di August che qualcuno bussò con forza alla porta.
-Avanti!- esclamai; doveva essere qualche matricola incapace che veniva a chiedere consiglio, forse in fin dei conti avrei dovuto fingere di non esserci.
-Emma! Grazie al cielo sei qui!- esclamò Anna irrompendo nella stanza -Ciao Regina. Emma, devi venire, c'è August da Jones e stanno litigando. Ho paura che finisca male, ma non vogliono ascoltarmi!
-Cosa?!- scavalcando Regina saltai giù dal letto, e questo mi costò una fitta parecchio dolorosa, ma non potevo permettere che August facesse del male a Killian.
Anna mi guardò preoccupata ma la ignorai e la tirai per un braccio fuori da lì, con Regina che ci seguì a ruota.
Irruppi nella stanza e trovai gli uomini l'uno di fronte all'altro: anche Killian si era alzato in piedi.
Era completamente inappropriato, ma non potei fare a meno di notare quanto fosse bello anche se indossava semplicemente un pigiama largo azzurro. Ed era alto, forse almeno 10 centimetri più di me.
Cercai di riscuotermi e lo raggiunsi, prendendolo per un braccio.
-Devi tornare a letto Killian. Non puoi fare a botte, hai promesso di non intrometterti!
-E' stato lui a venirmi a cercare, non io!- obiettò, continuando a guardare l'altro con disprezzo.
Apprezzavo il suo coraggio, e la premura che dimostrava nei miei confronti affrontando l'uomo che mi aveva fatto del male, ma non volevo che ne facesse anche a lui.
-Allora ho ragione, vero Emma? Mi hai lasciato per fartela con questo storpio!- esclamò August, e senza pensarci due volte lo colpii dritto in faccia, con abbastanza forza da farlo gridare.
Fu una vendetta non solo per quello che aveva detto di Killian, ma anche per quello che mi aveva fatto. L'aveva passata liscia perché mi aveva colta in un momento delicato, ma ora ero in pieno possesso delle mie facoltà motorie.
Non reagii perché fu del tutto inaspettato che anche lui allungasse le mani, ma prima che potesse colpirmi, Killian gli afferrò il polso.
-Che razza di uomo sei se allunghi le mani su una donna! Non toccarla!- tuonò spingendolo addosso al muro, e solo allora sentii la puzza di alcol del suo alito.
Questo finalmente spiegò molte cose, ma prima che potessi fare qualsiasi cosa fu lui ad avventarsi contro Killian, che sbatté sulla parete opposta con un lamento soffocato.

 


Chi può determinare dove finisce il vecchio e comincia il nuovo? Non è un giorno di festa, non è un compleanno né un capodanno. È un evento grande o piccolo. Qualcosa che ci cambia e che idealmente ci dà speranza. Un nuovo modo di vivere e di vedere il mondo, liberarsi delle vecchie abitudini, dei vecchi ricordi. La cosa importante è non smettere mai di credere che si può sempre ricominciare. Ma c'è un'altra cosa importante da ricordare. In mezzo a tanto schifo ci sono alcune cose alle quali vale la pena di aggrapparsi (cit Grey's Anatomy 2x13)


















 









Angolo dell'autrice
Ciao a tutti! Intanto chiedo scusa per la lunghezza, ma ogni capitolo che scrivo mi viene ogni volta più lungo del precedente... non riesco a regolarmi.
Questa volta ho inserito anche il primo POV di Killian, in futuro ce ne saranno altri... come anche di Regina e forse di qualche altro personaggio, non lo so.
Finendo questo capitolo stavo pensando al fatto che non ho idea di quanto andrò avanti... possono essere altri 5 capitoli come altri 50 (ok 50 forse no, ma per rendere l'idea xD). Per ora di idee ne ho molte, ma non so se finire quando Killian verrà dimesso oppure andare avanti anche dopo...
In ogni caso spero che il capitolo vi piaccia almeno un po' xD
P.S. un'ultima cosa: anche questo titolo l'ho preso da Grey's Anatomy, ma l'ho stravolto dato che originariamente era The End is the Beginning is the End. Così invece vuol dire "L'inizio è la fine, la fine è l'inizio".

   
 
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