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Autore: Kaiyoko Hyorin    21/01/2015    1 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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46. Come uno specchio


La serata era iniziata nel migliore dei modi, quindi perché era dovuta andare a finire così?
Da quando avevano messo piede in quel ristorante era andato tutto a rotoli. E la colpa era di una sola persona.
Spento il motore la giovane Natsuki restò immobile per una manciata di secondi ancora, limitandosi a fissare la sagoma dell'edificio oltre il vetro del parabrezza. Le finestre del vecchio appartamento in cui era nata e cresciuta erano buie, neri occhi di tenebra in un volto squadrato di asettico cemento armato. Accanto alla rampa di scale che portava direttamente alla porta d'ingresso allo stesso, posto al primo piano, era ancora presente il cartello di Affittasi che la proprietaria aveva affisso dopo che sua madre le aveva comunicato che se ne sarebbero andate. A quanto pareva era ancora in cerca di un affittuario, nonostante fossero passati parecchi mesi.
Lasciandosi sfuggire un sospiro, si decise a piegarsi verso il cruscotto, aprendolo e tirandone fuori una chiave solitaria dalla base cilindrica, quindi scese finalmente dall'auto. Il fiato le si condensò subito in una candida nuvoletta al primo respiro, ma lei non vi prestò la benché minima attenzione, facendo scattare la chiusura automatica e avanzando verso la rampa in metallo.
Aveva tenuto la propria copia di quella chiave per ricordo, ma non aveva mai creduto di riutilizzarla.
No, non aveva mai pensato neanche per una volta di tornare lì, prima di quella sera.
Eppure ora sentiva di non aver altro luogo in cui andare per poter stare sola con sé stessa.
Non scordarti di me” le risuonò nelle tempie la voce del suo bitpower, seppur più morbida del solito.
Inarcò un sopracciglio ma non disse niente, fermandosi davanti alla porta e inserendo la chiave nella toppa.
Come avrebbe potuto dimenticarsi di Night?
Il clangore della serratura che scattava le risuonò talmente familiare nelle orecchie che finì per aspettarsi di venir accolta dal familiare odore di bruciato assieme ad una versione più giovane di quattro o cinque anni di sua madre, intenta ad impazzire ai fornelli nel cucinotto, illuminato appena dalla luce della lampada da parete dello stesso. La porta d'ingresso ruotò sui cardini senza sforzo, dandole accesso ad uno spazio immerso nell'oscurità e nel silenzio assoluto. Gli unici suoni provenivano dall'esterno e, dopo un paio di secondi d'esitazione, Yukiko si risolse a fare quel passo avanti che la fece entrare definitivamente, accompagnando il battente blindato con una mano finché questo non tornò al suo posto, esiliando il mondo esterno fuori da quell'ambiente.
Come spinta dalla sensazione di familiarità che le attanagliò il petto, attraversò il cucinotto su cui dava l'ingresso al buio, finché non entrò nella stanza che avevano usato per salotto, trovando l'interruttore della luce esattamente dove ricordava. Quando tuttavia, l'istante dopo illuminò l'ambiente, lo trovò spoglio, delimitato soltanto dalla presenza delle due porte scorrevoli laterali che separavano l'ambiente dalle due stanze adiacenti. Il tavolino, il basso ripiano di legno in cui originariamente era stata posizionata la televisione.. tutto sparito. Così come sapeva non esserci più alcuna stoviglia o batteria di pentole nei ripiani alle proprie spalle, accanto al lavandino ed ai fornelli a gas.
Sullo stipite della porta sotto la quale stava ancora attardandosi, le tacche incise nel legno erano state riverniciate, cosicché la traccia dei suoi progressi in altezza di anno in anno erano quasi del tutto invisibili.
Mentre si addentrava nella modesta stanza tuttavia, non furono i ricordi della sua infanzia ad assalirla mentre posava lo sguardo sull'ampia ed unica finestra che forniva luce all'ambiente. No, i ricordi che la colsero erano tutti molto più recenti e vividi in lei e la collera, dapprima presente come un vago formicolio sottopelle, si ridestò con la stessa rapidità di un incendio su cui era stata versata della benzina.
..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che è successo con quel ragazzo..” le parole di sua madre le risuonarono nella mente inaspettatamente nitide, facendole stringere i pugni mentre si arrestava di botto sul posto. In un angolo, la sagoma luminescente di Night era appoggiata al muro accanto al vano dell'ingresso, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo di ghiaccio fisso su di lei.
Ignorando quegli occhi di un azzurro incredibile, la mora tornò a muoversi, mentre sprazzi del discorso origliato per caso tornavano ad affacciarlesi alla mente. Ed ogni passo, ogni secondo avvertì la propria delusione, la profonda contrarietà e l'irritazione farsi più pressanti, gonfiandolesi in petto finché alla fine non si ritrovò a sbottare verso il suo bitpower, rimasto sino a quel momento in attesa.
– Io non posso crederci! – esclamò.
Night inarcò un sopracciglio, senza comunicarle ancora alcunché, cosa che le permise di continuare coi suoi improperi, tirando pian piano fuori ogni cosa.
– Credevo di potermi fidare – affermò infatti, riprendendo a girare per la stanza come una fiera in gabbia, liberandosi del giubbotto e della borsetta, che lasciò ricadere per terra senza alcuna grazia mentre proseguì – Credevo che il suo ruolo di madre fosse una garanzia sufficiente al fatto che non sbandierasse i miei affari in giro..
Il suo migliore amico la seguì con quel suo sguardo imperturbabile, abbozzando un accenno di mezzo sorriso prima di far sentire la propria voce “Non ti sembra di essere un po' troppo esagerata? In fondo non li stava sbandierando a chiunque..
– È proprio questo il punto! – esplose Yukiko, arrestandosi nuovamente di botto per rivolgersi al suo interlocutore dall'altro capo della stanzetta – Li stava raccontando a lui! Al padre di Kei! – si ravviò i capelli scuri con una mano, deviando il proprio sguardo verso la finestra in un momento di esasperazione. Il suo riflesso la fissò di rimando con la stessa espressione tesa, prima che si voltasse di nuovo verso Night – L'uomo con cui è uscita per tutto questo tempo.. il Susumu di cui lei mi ha parlato.. era lui! Mioddio.. – un'occhiata anche al soffitto, come se lì potesse trovare le risposte alle proprie parole – Che staranno architettando stavolta?!
Forse niente che vi riguardi..” azzardò ottimisticamente l'altro.
Lo sbuffo ironico che lei gli rivolse in risposta sarebbe di per sé stata una replica sufficiente, non fosse per la sua alterazione.
– Peccato che li abbia sentiti dire il contrario! – sottolineò, rammentando fin troppo bene l'impressione natale dalle ultime due frasi dei loro genitori, con un secco movimento del braccio ad esternare una certa esasperazione – Stanno indagando su di noi.. su di me! Hanno pure assoldato qualcuno per spiarci! – imprecò di nuovo, richiamando in causa un Dio fra i tanti mentre tornava a ravviarsi i lunghi capelli neri e viola, lo sguardo strabuzzato in un punto imprecisato dell'ambiente – Come ha potuto? Credevo... credevo che le cose fossero cambiare, che il nostro rapporto di madre e figlia fosse cambiato, diventando quasi normale... ero persino pronta a dirle ogni cosa!
Gli occhi di ghiaccio del suo bitpower non la persero un solo istante, ma non commentò nulla, sfoggiando soltanto una smorfia tesa sul bel volto.
– Che stupida che sono stata.. – sospirò a quel punto Yukiko, avvertendo un moto di spossatezza – ..una totale stupida. Mi sono pure sentita in colpa.. ero disposta a darle fiducia, credendo persino che, per una volta, sarebbe semplicemente stata felice per me.. e invece sta ancora pensando a quella storia dell'azienda!
Cosa te lo fa credere?” le chiese lui con assoluta pacatezza.
– È evidente!
Finché non vi parlerete non puoi dirlo con certezza” le fece notare con pazienza e diplomazia l'amico e compagno di battaglia.
Stava per rispondergli pan per focaccia, troppo arrabbiata per prendere davvero in considerazione l'idea di ascoltare il suo compagno di battaglie, quando lo stesso reclinò appena il capo verso la spalla sinistra e spostò lo sguardo in quella stessa direzione, verso il cucinotto e conseguentemente l'ingresso, come in ascolto.
Un istante dopo un paio di colpetti alla porta infransero il silenzio appena calato.
La mente ancora in subbuglio della giovane Natsuki non ci impiegò molto a trarre le sue conclusioni, ipotizzando che fosse la padrona di casa che, sentendola berciare a vuoto, fosse passata per capire cosa stesse succedendo nel suo appartamento.
Con uno sbuffo che la aiutò a scaricare parte della tensione nervosa, dopo un istante di immobilità si mosse per raggiungere nuovamente il battente che dava sulla rampa di scale esterna, iniziando a visualizzare nella propria mente tutta una serie di scuse e/o motivazioni riguardanti la sua presenza in quella proprietà. Eppure ogni pensiero che le attraversò la mente sino a quando non posò la mano sulla maniglia svaporò, dileguandosi nel nulla, proprio nel momento in cui schiuse l'anta e si ritrovò a posar lo sguardo sulla persona che, fra tutte, non si sarebbe mai aspettata di vedere lì davanti.
Uzumi le donò un flebile quanto teso sorriso, mentre dalle sue labbra già sul punto di schiudersi fuoriuscì una nuvoletta di candido fiato.
E Yukiko le sbatté la porta in faccia.


Kei esternò una nuova nuvola di fiato condensato, che si disperse in fretta nella notte gelida della sera.
Con lo sguardo abbassato sul display del suo cellulare e l'espressione corrucciata, vide l'ora scandire le 22:18, ma nessun nuovo messaggio. Dopo una manciata di istanti ancora, sbloccò lo schermo e fece partire la chiamata, accostandosi quindi il telefono all'orecchio destro. Un secondo dopo ecco partire di nuovo il messaggio registrato dell'operatore telefonico, che con timbro femminile quanto impersonale lo informò per l'ennesima volta dell'irraggiungibilità del numero da lui selezionato.
Fantastico. Davvero fantastico.
– Tsk.
Con un movimento carico di tensione repressa si infilò nuovamente cellulare e mano all'interno della tasca del giubbotto, tornando a spaziare lo sguardo tormentato verso il cielo punteggiato di nubi di fine Novembre. Si intravedevano solo poche stelle e non v'era alcuna traccia della luna calante, ma non erano gli astri notturni ciò che sperava inconsciamente di vedere su quella volta. In realtà sperava di trovarvi un segno; qualcosa che gli dicesse il senso di ciò che era accaduto quella stessa sera.
Cazzo! Le cose non potevano andare lisce per una volta?
Finalmente era tornato. Finalmente era riuscito a riabbracciarla ed aveva persino avuto l'impressione che ci fossero stati tutti i presupposti a far nascere l'atmosfera giusta per parlarle. Aveva creduto che quella sarebbe stata La sera.
Digrignò i denti in una smorfia di frustrazione, avvertendo nuovamente una fitta di disagio al pensiero di non aver idea di dove fosse Yukiko.
Vedrai che starà bene..” tentò di dirgli l'Aquila, la cui forma eterea era presente al suo fianco già da una manciata di minuti.
– Umphf.
L'attimo dopo si ritrovò a pensare a colui a cui aveva attribuito tutta la colpa: suo padre.
Era già tornato alla villa ma del suo vecchio non c'era ancora traccia. Probabilmente si stava trattenendo con la signora Natsuki a parlare di quanto accaduto, forse per decidere come comportarsi da quel giorno in avanti. Oppure stavano brindando, incuranti di ciò che avevano scatenato con i loro comportamenti da arroganti uomini d'affari.
– Tsk – ripeté fra i denti, corrucciato in viso nel distogliere lo sguardo dalla volta celeste.
Tirando un'altra volta il cellulare fuori dalla tasca compose il numero della sua ragazza, pregando con tutto sé stesso di non sentire altra voce se non la sua.


Non ti sembra di esagerare?
Quella è proprio l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento!
Fuori ci saranno 5 gradi a dir tanto” ribatté imperturbabile Night nel cucinotto.
– Chissenefrega!
Yukiko scoccò un'occhiataccia talmente penetrante al suo bitpower, da fargli inarcare un sopracciglio.
S'era rifugiata in quel piccolo appartamento col preciso intento di stare lontana da tutto ciò che era la causa o l'eventuale valvola di sfogo del suo pessimo umore. Non aveva alcun bisogno di alimentarlo, ritrovandosi davanti una delle due persone che aveva deciso di escludere per sempre dalla sua vita.
– Non voglio parlarle.
Forse è lei ad aver qualcosa di importante da dirti.
– Chissenefrega! – ripeté una seconda volta la nightblader, sbattendo una mano sull'anta del portone.
Il suo migliore amico rimase a guardarla in silenzio per una manciata di secondi ancora, senza ribattere niente. Si limitò a fissarla con espressione carica di significato, con quel suo sopracciglio sempre sollevato e le palpebre mezze abbassate, contornato da quel vago alone di luce bluastra che illuminava di riflessi il lavabo della cucina ed i vari accessori in metallo.
Quando il silenzio si protrasse per più di un minuto, Yukiko si ritrovò a cedere e, con uno sbuffo ed un secco movimento del braccio di nuovo proteso verso la maniglia, riaprì l'uscio ritrovandosi davanti la sagoma di Uzumi ancora esattamente nella stessa posa in cui l'aveva lasciata, con l'ombrello chiuso appeso al polso e gli avambracci sovrapposti sulla chiusura del suo giubbotto di nylon color beige.
– Che diavolo vuoi? – le chiese con ben poco garbo, guardandola malissimo.
La sua coetanea abbozzò un sorriso contrito. Aveva il viso completamente struccato, fatta eccezione per un velo di ombretto sugli occhi scuri, e quell'aria di superiorità che le aveva visto l'ultima volta in volto sembrava solo un lontano ricordo, con le spalle minute un po' più curve ed il capo quasi incassato fra di esse.
– Ehm.. – quella indugiò un istante – ..non ero sicura fossi tu.. ma lo speravo – un'occhiata nervosa alla strada, prima di tornare su di lei – ..volevo.. ecco, speravo potessi darmi la possibilità di parlarti.. non ti ruberò più di un minuto, davvero..
Per una frazione di secondo Yukiko credette di aver di nuovo di fronte la stessa ragazza che l'aveva avvicinata a scuola; la stessa che con tanta facilità era riuscita a guadagnarsi la sua amicizia a dispetto della sua disgraziata reputazione di ragazzina viziata e snob. Quella sensazione le fece trattenere il fiato per un primo momento, prima di esternarlo in uno sbuffo infastidito del naso e fare un mezzo passo indietro, ruotando su sé stessa.
– Entra.
Solo questo, e la cosa bastò ad Uzumi per annuire con un cenno del capo e cavarsi dall'aria fredda della notte. Anche se, si disse la nightblader, si sarebbe meritata di restarci fino alla fine dei suoi giorni, dannazione!
Richiudendole alle spalle l'anta con un tonfo sordo, non le rivolse alcuna parola mentre l'anticipava in quel salottino vuoto, illuminato di una luce artificiale che non arrivava comunque a ferire gli occhi per la sua tonalità giallastra. Soltanto quando la sua ex compagna di classe l'ebbe seguita, la mora si voltò verso di lei a braccia conserte e rimase a fissarla con una freddezza che si rifletté nelle poche parole che finalmente le rivolse.
– Ti avevo detto che non volevo più aver niente a che fare con te.
– Lo so – le rispose l'altra prontamente, seppur abbassando lo sguardo sulle assi di legno del pavimento sul quale stava ancora ritta in piedi, scalza – Lo capisco. Non sono stata una vera amica per te, nemmeno per un secondo.. ed è diventato il mio rimpianto più grande.
– La cosa non mi interessa più ormai.
– Non potevo comunque non dirtelo – affermò Uzumi a quel punto, sollevando inaspettatamente i suoi occhi castani sulla mora con una determinazione tale da lasciarle intendere la profonda serietà delle sue intenzioni ed il suo tormento – Mi dispiace. Davvero. Per tutto.
Già piuttosto tesa, Yukiko voltò lo sguardo su Night, fermo in piedi nel vano della soglia, appoggiato con una spalla allo stipite, ed i suoi occhi le rimandarono indietro soltanto calma e un pizzico di sorpresa in quel mare di ghiaccio. Lo sguardo di Uzumi invece era traboccante di dispiacere, ma in esso la ragazza scorse anche un barlume di speranza.
Una speranza che fece inarcare ambo le sopracciglia alla diretta interessata: non poteva crederci.
– Sei qui per questo?! Per dirmi che ti dispiace?? – l'incredulità le fece alzare di un'ottava l'accusa nel proprio tono di voce, ma non se ne curò, sentendo di nuovo la rabbia prendere il sopravvento. Fece un passo avanti, stringendo le mani a pugno lungo i fianchi, con un'espressione tanto minacciosa da far indietreggiare di un mezzo passo persino la ragazza che aveva di fronte – Ma cosa credi? Che un misero 'mi dispiace' possa risolvere ogni cosa?! – sbottò, prima di sentire affiorare un sorriso carico di amarezza sulle proprie labbra, quando agli occhi della mente le comparve il viso di sua madre. Quasi le venne da ridere ed alzò gli occhi verdi al soffitto, ancora del tutto impossibilitata a crederci – Io dico che vi è saltato a tutti il cervello!
– No.
La replica secca dell'altra le fece abbassare di nuovo lo sguardo, facendole render conto di aver fatto addirittura mezzo giro su sé stessa in quel breve momento di irrazionalità. Poca cosa comunque, perché non tornò a fronteggiarla pienamente, preferendo rimanere profilata alla moretta, fissandola con un sopracciglio inarcato.
– No – ripeté quella, con aria greve, tirando fuori parte del coraggio che l'aveva condotta fin lì. O quello, o una gran faccia tosta, insomma – So bene che non basterebbe e non te l'ho detto per questo.. volevo solo che tu sapessi.. ho fatto un grosso errore e ne sto pagando pienamente le conseguenze, credimi – il sorriso amareggiato che lei sfoggiò fece perdere ogni traccia di ironia dal viso della nightblader, che non la interruppe più ma anzi, attese con rinnovata pazienza che continuasse.
Non dovette aspettare a lungo perché anche quel fioco sorriso scomparisse dal volto della castana.
– Sai.. le cose non sono andate come speravo e forse me lo merito.
Senza il forse” pensò amaramente Yukiko, prima di avvertire una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Spostando impercettibilmente lo sguardo verso Night, lo vide scuoter il capo in segno di diniego e quel suo gesto di commiserazione le fece nascere in volto una smorfia, prima di tornare sulla sua interlocutrice. Anche lei stava scuotendo il capo.
– ..no, decisamente non è andata come speravo – ripeté Uzumi.
Quelle parole risuonarono terribilmente nitide nella mente della blader, tutt'ora rimasta in silenzio ad osservare la sua interlocutrice, e fu come se il mondo si capovolgesse davanti ai suoi occhi. Le tornò alla mente ciò che l'aveva portata lì e quell'unica frase le calzò talmente a pennello che si sentì come risucchiata in una dimensione parallela.
Una dimensione nella quale era lei la ragazza con lo sguardo fisso al pavimento e l'aria miserabile; lei quella con le lacrime agli occhi ed un nodo ben fissato in fondo alla gola che le impediva di avere il totale controllo della propria voce.
Fu come se, in quel momento, fosse in piedi di fronte ad uno specchio che riflette non tanto l'aspetto esteriore, quanto i sentimenti più profondi. Rivedersi in Uzumi le provocò un'acuta sensazione di disagio mista a nausea che le fece mordere il labbro inferiore con insistenza e la costrinse a voltarsi, dandole le spalle con il preciso intento di non darle modo di notare il suo tormento interiore. Eppure questo non bastò ad impedirsi di lasciarsi sfuggire il proprio pensiero al riguardo.
– So cosa vuol dire.. – mormorò atona.
Le sembrò addirittura di poter vedere il capo dell'altra risollevarsi e ne indovinò fin troppo facilmente l'espressione sorpresa. Ma questo non impedì alla ragazza dietro di lei di mormorare pochi istanti dopo un assenso tanto flebile che, se in quella stanza non vi fosse stato lo stesso silenzio, se lo sarebbe perso.
A quel punto fu il suo turno di scuoter il capo in segno di diniego, seppur il motivo che la spinse a farlo fu quello di cercare di scacciare quella sensazione alienante da sé stessa.
– Immagino che con Manabe... – non terminò la frase, riuscendo ad esternarla in tono più fermo e indifferente di quanto si sarebbe aspettata, puntando l'iridi di smeraldo sul riflesso che le mandava il vetro della finestra. Attraverso di esso vide l'altra abbozzare un mezzo sorriso privo di allegria e deviar lo sguardo alla sua destra.
– Sì... è finita.
Il silenzio che seguì sapeva di dolore, di rimpianto, di delusione... e fu come se quei sentimenti volessero soffocarla, così Yukiko cedette all'impulso di riempirlo.
– Ho trovato qualcuno – la vide guardarla con un nuovo stupore, lo stesso che la sua parte razionale le stava trasmettendo per quell'affermazione, ma la ignorò e proseguì – ..un ragazzo – specificò, prima di abbozzare un mezzo sorriso al pensiero del dranzerblader, di quanto potesse essere al contempo uomo e bambino insieme – Sto bene con lui – ammise, prima di avvertire l'impulso di dire di più, come se quanto fatto fin'ora non fosse abbastanza. Dopo un istante di esitazione lo fece – Me ne sono innamorata.
Quella confessione le risuonò nelle orecchie con tutto il suo peso ed il suo significato, quella volta più di quanto era mai accaduto in precedenza, diverse settimane prima in Cina. Le fece un effetto strano, non propriamente spiacevole ma trasmettendole per altro un senso di ineluttabilità tale da spingerla a voltarsi finalmente su sé stessa, per incrociare lo sguardo castano dell'altra ragazza. Quando ciò avvenne, avvertì la rabbia ed il rancore ormai scomparsi dal proprio animo, come svaporati, sopraffatti da una spossatezza interiore che lei per prima non era in grado di combattere. Sorrise.
– E ciò che provo per lui non è neanche lontanamente paragonabile a ciò che sentivo per Manabe – le spiegò, realizzando forse per la prima volta lei stessa quella verità – Perché non ci si può innamorare davvero di una menzogna.. ed era solo questo che c'era fra noi: una bugia. Tutto falso, dall'inizio alla fine – tacque un istante, soppesando una nuova sensazione. Fu come se si fosse finalmente tolta un peso dal cuore e, incrociando gli occhi di Night ancora fermo accanto allo stipite della porta, ne ricambiò il sorriso prima di tornare a guardare Uzumi – E so perfettamente che penserai che mi sbaglio, ma sono convinta che anche tu capirai ciò che sto dicendo un giorno.. anche tu troverai qualcuno che ti farà capire cosa vuol dire davvero amare una persona con tutto il cuore per quello che è.. ma accadrà soltanto quando sarai totalmente sincera con te stessa e con gli altri.
La stanchezza di quella giornata si fece sentire ancora una volta e Yukiko si ritrovò a desiderare di tornare a casa.. o, anche meglio, di tornare da lui.
Sospirò, muovendosi per attraversare la stanza e passare oltre alla sua ex migliore amica, ma quando quella tentò di aprire bocca la interruppe sul nascere.
– Non pensare che te l'abbia detto perché in qualche modo ti ho perdonata – la frenò immediatamente, desiderando metter le cose in chiaro prima di raggiungere la porta e raccogliere le proprie poche cose dal pavimento – Ti ho detto questo solo per fartelo sapere.
Non aggiunse altro e voltò l'angolo, entrando nel cucinotto e raggiungendo l'atrio. Le giunse la voce di Uzumi ma non la stette a sentire, ignorandola per aprire nuovamente il portone verso l'interno e lasciarvi le chiavi appese. La folata d'aria gelida le si insinuò sotto il cappotto, facendole incassare un poco il capo fra le spalle, ma si fermò giusto il tempo di voltarsi verso la sua coetanea e dirle di chiudere la porta quando se ne fosse andata, prima di lasciarla lì.
Soltanto una volta che fu salita in macchina, la mora si ritrovò a guardare oltre il parabrezza davanti a sé senza realmente vedere il mondo esterno. L'oscurità della notte infranta dal bagliore dei lampioni e dall'unico riquadro luminoso dato dalla luce ancora accesa nell'appartamento; il silenzio dell'ora ormai fattasi tarda ad accentuare il profondo sospiro che le svuotò i polmoni; la sensazione di freddo sulla pelle delle mani aggrappate indolentemente al volante.. ogni cosa le trasmise una quiete che le fece rilassare le spalle e la spinse a tardare ad accendere il motore.
L'impulso di andare a casa era già sfumato, lasciandole soltanto il dubbio su dove andare ora che era nuovamente in macchina. Non se la sentiva di tornare, né di discutere con qualcuno... a dirla tutta, non se la sentiva nemmeno di chiedere a Kei, ben consapevole che se l'avesse fatto avrebbe alla fine vuotato il sacco su ogni cosa riguardasse la loro storia. Prese a mano il proprio cellulare e lo riaccese, valutando l'ora sul display nuovamente illuminato, ma non fece in tempo ad appoggiarlo accanto a sé e ad accendere il motore che questo iniziò a squillare in un susseguirsi continuo di nuovi messaggi. Sussultando alla prima ondata, Yukiko lo raccolse nuovamente e con orrore crescente si rese conto che la maggior parte erano avvisi di chiamata del dranzerblader.
Cazzo!
Nove chiamate, di cui l'ultima meno di quindici minuti prima.
Stava per sfiorare l'icona di richiamata quando l'apparecchio vibrò di nuovo nelle sue mani, avvisandola di un nuovo sms non letto. Questa volta però, non si trattava né di Kei, né di sua madre. Appena lesse il mittente, entrambe le sopracciglia le schizzarono verso l'alto, in una sorpresa e una perplessità iniziale che durarono soltanto un paio di secondi. Subito dopo questi infatti, l'idea che mise fine ai suoi tentennamenti le balzò alla mente tanto disperata da convincerla a fare un tentativo e mandò subito risposta, prima di scrivere due righe anche al suo ragazzo.
Non attese un attimo di più.
Avviò il motore e si immetté in strada, lasciandosi presto alle spalle quell'area abitata senza saper ancora dove andare di preciso. Conobbe la sua meta soltanto un minuto dopo, quando la risposta che attendeva le giunse con tanto di un indirizzo. Le bastò quello. Spense nuovamente il cellulare e inserì l'indirizzo sul navigatore gps, già dirigendosi nella zona indicata senza neanche attendere che questo calcolasse il percorso più veloce.
Aveva bisogno di vedere un viso amico.. gliene sarebbe bastato soltanto uno.


...continua.

[ANGOLO AUTRICE]
Bene.. finalmente mi sono decisa!! XD Scusatemi, fra una cosa e l'altra ho tardato ad aggiornare e ne sono consapevolissima... tutta colpa dell'ultimo capitolo: non mi piace, sto cambiandone la stesura e la cosa mi sta impiegando più tempo del previsto, soprattutto perché ho un esame a breve e devo studiare... maledetta ispirazione che salta su nei momenti meno opportuni!
Beh, questo capitolo è incentrato su Yukiko come avrete notato e il motivo è semplice: avevo bisogno di farvi capire dov'era e cos'aveva combinato XD Tanto Kei per contro non ha fatto molto.. quindi diciamo che non vi siete persi niente! Ahah.. dai, vi rifarete nel prossimo capitolo, che è anche abbastanza lunghetto ^__^
Nel frattempo auguro a tutte voi buon resto della settimana, che ora devo proprio scappare!
Vi ringrazio tanto per continuare a seguire e sì, aggiornerò presto, promesso!
Un saluto dalla vostra impossibile

Kaiy-chan
   
 
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