C
A P I T O L O
sei
Hinata guardò Sakura avviarsi verso la
porta del bagno, il loro sguardo si incontrò per qualche secondo, il tempo che
l’amica le facesse l’occhiolino e poi s’infilasse dietro una fila di paravento
decorati con motivi floreali. Si sentì improvvisamente ribollire il viso mentre
chinava il capo, il piatto vuoto stretto fra le dita tremò appena, minacciando
di cadere.
«Tutto bene, Hinata?» le chiese Naruto
chinando il capo di lato, osservandola con sguardo interrogativo. Le sembrava
sul punto di svenire, e – da quel che ricordava – era successo più di una volta
che cadesse sul pavimento a peso morto, quindi non sarebbe stato un evento
tanto strane e particolare. Non aveva mai capito il perché, però.
Forse soffriva di cali di zucchero.
Le posò una mano dietro la schiena,
cercando di prevenire un suo eventuale crollo, ma appena le sue dita entrarono
in contatto con la stoffa della sua maglietta la ragazza si irrigidì, facendosi
più in là, schivando la sua mano.
«T-tutto
bene, Naruto-kun» la sentì balbettare, e poi sorrise
indicando della carne cruda sul bancone, «l’anguilla è buona» gli disse,
riempiendosi poi il piatto con del pollo.
Naruto sorrise guardandola, «Beh, ho
mangiato carne tutta sera, quindi posso cambiare un po’» le rispose, e lei lo
aiutò riempiendogli il piatto con il pesce.
«Ci metti su la mollettina con il
numerino del tuo tavolo» gli spiegò passandogli una pinzettina di legno, «e poi
poggi il piatto qui, e loro te lo portano quando è pronto!».
Naruto non ricordava di averle mai
sentito fare un discorso tanto lungo davanti a lui, solitamente al liceo
farfugliava qualcosa e poi scappava, oppure sveniva o balbettava qualcosa che
lui faticava a capire. Ma forse era anche colpa sua, non si era mai fermato ad
ascoltarla davvero.
La seguì andando a posare il piatto
sul banco della griglia, in fila, dietro tutti gli altri, quando una mano gli
sfiorò il braccio.
«Naruto! Cosa ci fai qui?» gli chiese
una voce femminile familiare.
Era Mai, una ragazza che frequentava Pedagogia con lui.
«Ciao Mai» la salutò, e lei lo
abbracciò, alzandosi sulle punte dei piedi.
«Sei qui con i tuoi coinquilini?» gli
chiese, staccandosi da lui, stringendogli la mano.
Era sempre stata molto espansiva, e la
cosa non lo aveva mai infastidito. Era una sua amica, tutto qui.
«Più o meno, è una sottospecie di
rimpatriata della classe de liceo» le spiegò con un sorriso, «e questa è la mia
amica Hinat-» provò a dire, ma si bloccò cercando la
ragazza che prima era accanto a lui.
Sparita. Si era dissolta nel nulla.
«Me la presenterai la prossima volta,
Naruto» sorrise la sua compagna d’università, tirandolo verso il buffet.
― ♦ ―
Sakura si sforzò di sorridere davanti
allo specchio, provando disperatamente a non scoppiare in un inutile pianto isterico,
se non altro per evitare di sbavare il trucco che Ino le aveva fatto con tanto
impegno e concentrazione. L’ultima cosa che voleva era sembrare un panda e
rovinare la serata alle altre ragazze.
Inspirò profondamente aprendo la porta
del bagno, tornando verso la sala.
Se
non altro almeno alle altre sta andando bene, si disse con un sorriso, ma quando attraversò i tavoli
del buffet non poté fare a meno di notare Naruto accanto ad una ragazza.
Una ragazza bionda e alta. Una ragazza
che di certo non poteva essere Hinata.
Quello
stupido idiota!,
pensò sistemandosi i pantaloni, raggiungendolo prima che fosse troppo tardi.
«Naruto…» lo
chiamò, la sua voce sembrava venire dall’oltretomba. «Che diavolo stai
facendo?» ringhiò afferrandogli il braccio sotto gli occhi della ragazza,
palesemente confusa da questa sua improvvisa comparsa.
«Sakura-chan!»
esordì Naruto con un sorriso, «Ti presento Mai, una ragazza che-».
«Ciao Mai, potresti lasciarci soli,
grazie» sorrise lei, interrompendo qualsiasi cosa lui stesse per dire.
Non le importava sapere chi fosse,
voleva sapere che diavolo di fine avesse fatto Hinata. Cinque minuti prima
erano assieme, e adesso lui era con un’altra.
La ragazza la guardò confusa,
spostando rapidamente lo sguardo dalla sua espressione furibonda a quella di
Naruto, spaesata e stordita. Come al solito.
«D’accordo…» le rispose con un po’
d’imbarazzo, «allora a Lunedì, Naruto» aggiunse, lasciando la mano del suo
migliore amico.
Sakura aspettò che si fosse
allontanata abbastanza e poi, prima che Naruto potesse anche solo provare ad
aprire la sua boccaccia, gli tirò un pugno sul fianco, facendolo piegare in
avanti.
«Perché mi hai picchiato?» si lamentò
reggendosi la parte colpita, «Mi hai bucato un polmone» continuò a piagnucolare
come un bambino.
«I polmoni non sono sul fianco,
idiota!».
«Che cosa ho fatto questa volta?»
domandò cercando di raddrizzare la schiena.
«Pensaci intensamente e ringrazia di
avere ancora i testicoli» gli rispose, secca, girando i tacchi e tornando verso
il tavolo, pregando che Hinata non fosse scappata a casa con la macchina che
avrebbe dovuto riaccompagnare lei ed Ino. Certo, l’avrebbe capita se lo avesse
fatto, ma da un lato sapeva che sarebbe rimasta nonostante tutto, se non altro
per tutti gli altri.
Non era il tipo da scene tragicomiche,
quella era la parte di Ino.
Sentì Naruto dietro di lei, borbottava
qualcosa inerente alle sue costole, «Non ti ho fatto niente, smettila di
lamentarti come una femminuccia» lo rimbeccò tirandolo per il braccio, «se non
fossi così stupido non ti avrei colpito, ma dal momento che non capisci nemmeno
quando una ragazza è tua amica e quando ci sta provando con te-».
«Sei gelosa?» la interruppe Naruto.
«Non ti ho picchiato per me, l’ho
fatto da parte di qualcuno che è troppo buono e gentile per farlo, e adesso
siediti e mangia!» lo ammonì mentre anche Sasuke, concentrato sul piatto,
alzava lo sguardo su di loro, cercando di capire che cosa fosse successo.
«Ti ha picchiato, vero dobe?» domandò retorico all’amico, lasciandosi sfuggire un
mezzo sorrisino.
«Chiudi quella bocca, teme!».
― ♦ ―
Ino svuotò il bicchiere di birra e si
asciugò le labbra con il tovagliolo, toccandosi la pancia piena. «Che
mangiata!» disse, appoggiandosi allo schienale, accennando ad una risata.
«Hai mangiato un sacco di carne, per
forza ora ti senti piena come un uovo» suggerì Sai, appoggiando la punta delle
bacchette nell’apposita ceramica bianca,
«vuoi fare due passi per smaltire un po’? Magari stai meglio…» propose allora,
ottenendo un gesto d’assenso.
«Vado a chiedere ad Hinata se mi
presta il suo cappotto… fuori fa talmente freddo!» disse, alzandosi sui tacchi,
attraversando l’intero tavolo in tutta la sua lunghezza per chiedere all’amica
se le prestava la giacca, facendo poi segno a Sai di raggiungerla. Lui l’aiutò
ad infilare il montgomery e la accompagnò fuori con una mano sulla sua schiena.
«Certo che le temperature sono basse…»
commentò lui, sfregandosi le mani, avvicinandosi ad Ino appoggiata su una
colonna di legno, «sarà un inverno rigido» continuò poi, «non hai vestiti più
coprenti? Poi ti ammalerai» le disse, apprensivo, specchiandosi negli occhi
chiari di lei.
Ino rimase incantata da quello sguardo
dolce e profondo, come se la notte avesse deciso di insediarsi nelle sue iridi,
trovando casa in Sai. Era di una bellezza rara e lei lo sentiva incredibilmente
vicino a sé. E lo era. Le dita del ragazzo scivolarono sul suo braccio fino a
prenderle la mano, chiudendola poi tra le proprie per scaldarla – riuscendo a
farla arrossire.
«Vuoi rientrare?» le chiese, piano,
raccogliendo anche l’altro palmo.
«No…» sibilò lei, rapita, con le gambe
tremanti e il cuore in preda alle palpitazioni. Non le era mai capitato di
sentirsi così debole, spogliata di
tutto quello che riusciva a costruirsi per ammaliare qualcuno. Sai vedeva oltre
i vestiti all’ultima moda e i capelli perfettamente acconciati. Ecco che cosa
sentiva, allora, quando lui la faceva sorridere.
Una
settimana è un po’ poco tesoro, non credi? Le aveva detto una dipendente di sua madre, la donna di
mezza età a cui Ino confessava tutti i suoi segreti amorosi, troppo
imbarazzanti per dirli ai suoi genitori o a Sakura, che di certo l’avrebbe
presa in giro e rimbeccata (cosa che faceva già, puntualmente, quando cambiava
fidanzato).
Non ci pensò più, Sai liberò le dita
di Ino che si appoggiarono automaticamente al suo petto, caldo, dove sentiva il
cuore battere sotto la maglia nera. Le mani di lui le strinsero i fianchi, con
la stessa delicatezza che lei immaginò riservasse alla tela su cui dipingeva.
Lo vide avvicinarsi al suo viso e perse un battito, andando in arresto cardiaco
quando le sue labbra incrociarono quelle di lei, appoggiandola alla colonna di
pino.
La strinse per la vita, facendo
aderire i loro bacini, accarezzandole la schiena e la punta dei capelli. La
baciò piano, facendo scivolare le dita di una mano fino al mento, che afferrò
dolcemente con il pollice e l’indice.
«Non so se te l’ho detto apertamente»
le sussurrò, «ma sei bellissima».
Per la prima volta non seppe cosa
rispondere, arrossì e abbassò lo sguardo, trovando solo i loro corpi
incredibilmente vicini, e a quella consapevolezza il profumo di muschio e
tempera di Sai che le impregnò le narici, annebbiandole il cervello.
«Che ne dici di uscire di nuovo, solo
io e te, la prossima volta?» le domandò, staccandosi lentamente da lei,
abbottonandole il cappotto per non farle prendere freddo, «e in jeans, magari,
così non prendi freddo».
Annuì, sentendosi una cretina,
rifiutandosi di rompere il legame fisico che si era creato tra di loro,
decidendo quindi di prendergli una mano.
«Finalmente ti sei decido a chiedermi
di uscire» disse Ino, cercando di recuperare un po’ di quello spirito di cui
andava tanto fiera, «stavo iniziando a stufarmi di aspettarti» disse,
sorridendo.
In tutta risposta, lui le lasciò un
bacio sulla fronte che le sembrò ancora più bello del primo che le aveva dato.
― ♦
―
Quando rientrarono, Ino notò con
rammarico che tutti stavano recuperando le proprie cose e Neji raccoglieva i
soldi per andare a pagare alla cassa. Sai si affrettò ad estrarre il
portafoglio dalla tasca, tirando fuori il doppio delle banconote necessarie,
«offro io per te» le disse gentile.
Ino sorrise, andando a ridare la
giacca ad Hinata, depositandole anche un bacio sulla guancia, «vi devo raccontare
un sacco di cose stasera, ragazze» le sussurrò all’orecchio, andando ad
accomodarsi al suo posto per salutare Shikamaru.
«Ci dovremo vedere più spesso»
commentò Kiba, passando un braccio attorno alle spalle di Shino
e l’altro attorno a quelle di Hinata – il primo si ritrasse, Hinata si strinse
nelle spalle, cercando di scomparire nella sciarpa che aveva già indossato,
morta di vergogna, «è stato divertente».
Neji sospirò, controllando che i soldi
corrispondessero al prezzo sullo scontrino, «per quanto mi riguarda ho già
dato, vivo con voi e le ragazze le vedo abbastanza spesso».
Kiba sbuffò, lasciando i due amici per
scrollare le spalle, «eddai, non fare il guastafeste!
Lo sappiamo che ti piace avere la casa tutta per te, così poi Tenten viene a
trovarti e…», iniziò a muovere il bacino avanti e indietro, provocando la
risatina di Rock Lee, un grugnito di Neji e una Tenten che tratteneva a stento
degli insulti.
«Almeno lui fa sesso» commentò poi la ragazza
presa in causa, «tu invece da quanto ti ammazzi di seghe, Kiba?» ribatté
incrociando le braccia al petto, soddisfatta, prendendo Neji per mano e andando
a pagare, mentre Lee applaudiva ridendo come un idiota.
«Che ne sai tu!» ribatté Kiba, rivolgendosi
a Rock Lee, «l’hai mai vista una vagina, tu?!» e fu sul punto di attraversare
il tavolo con un salto, ma Choji e Sai lo bloccarono, tenendolo per il colletto
della giacca.
«Buono cagnolino, buono…»
sussurrò Choji, senza subire danni dai pugni che l’altro gli tirava.
«Sakura-chan!»
la voce di Naruto sovrastò tutte le altre, catturando l’attenzione di Sakura,
«promettimi che ci vedremo ancora, va bene? Io, tu e il teme!» esclamò, tirando
per il braccio Sasuke, costringendolo ad avvicinarsi agli altri due, «hanno
aperto un bar vicino all’università dove fanno pasticcini e cioccolata calda,
ho sentito da alcune ragazze che è buonissimo! Ci andremo, vero?».
Sasuke sospirò – ma non aveva detto di
no, quindi era possibile che ci
potessero andare tutti e tre. Dopotutto, non le sarebbe dispiaciuto passare un
paio d’ore con loro, come quando ritornavano assieme a casa dal liceo e
prendevano la stessa metro. «Va bene!» esclamò Sakura, guardando Sasuke con un
sorriso che, per un qualche motivo che lei non riuscì a capire, distolse lo
sguardo da lei, «allora ci sentiamo per organizzare questa uscita» concluse,
estraendo il cellulare dalla borsa per segnarsi sul calendario che aveva in
lista un appuntamento con Naruto e Sasuke… beh, in
effetti era il suo unico appuntamento in programma, quindi non avrebbe fatto
molta fatica a trovare dello spazio per loro.
Forse
potrei portare anche Hinata… pensò per un attimo, alzando lo
sguardo verso la ragazza che parlava a bassa voce con Shino.
Non le sembrava molto il caso – anche se ci teneva davvero che potesse uscire
con Naruto. Ma un appuntamento a quattro, con la loro situazione attuale… no.
Per lei avrebbe escogitato altro.
Neji ritornò, mettendo le mani in
tasca, «possiamo andare?!» borbottò, ancora infastidito per il battibecco con
Kiba.
Uscirono tutti assieme, facendo un
ultimo saluto generale, con la promessa che si sarebbero rivisti di nuovo tutti
quanti.
Magari
sarà così davvero,
pensò Sakura, magari le cose gireranno
davvero per il verso giusto.
Si girò a dare un ultimo sguardo a
Sasuke, il volto pallido illuminato dalla luce del cellulare – un accenno di
sorriso al messaggio o alla foto che gli avevano mandato, probabilmente era
stata Asami. Lo osservò mettere il telefono in tasca,
indossare il casco e partire, senza scambiarle nemmeno un’occhiata.
Forse le cose non sarebbero andate
così bene come credeva.
― ♦
―
Mercoledì.
Dieci e mezza, dodici e mezza, Anatomia. Aula A501.
Come aveva fatto a dimenticarsene?
Naruto sospirò correndo come un pazzo,
continuando a domandarsi come aveva potuto ignorare la lezione di anatomia per
un mese intero. Era colpa di Sasuke, quel teme
aveva la brutta abitudine di impilare i suoi libri accanto al suo orario, e –
casualmente, a sua detta – aveva coperto per tutto quel tempo proprio quella lezione.
Dannazione.
Entrò in aula quando la professoressa,
una vecchina alta un metro e un citofono, stava estraendo i suoi libri da una
borsa ricolma di gattini di tutti i colori.
Cercò di non attirare la sua
attenzione e si infilò nella prima fila di banchi, poggiando la borsa nel
piccolo spazio riservato al suo posto.
«N-Naruto-kun»,
sobbalzò sulla sedia facendo cadere la tracolla sul pavimento con un tonfo,
attirando l’attenzione della professoressa.
«Hinata!» sorrise, mai come in quel
momento fu più felice di vedere una faccia conosciuta, «Che bello vederti
qui!».
L’anziana donna lasciò cadere un libro
sulla cattedra, facendolo sussultare di nuovo. «Possiamo iniziare?» domandò
retorica, prima di prendere un pennarello e incominciare a spiegare qualcosa
inerente a neutroni, o forse neuroni, Naruto non aveva capito bene.
Provò a prendere gli appunti, cercando
anche di capire quale fosse l’argomento trattato, ma fra sinapsi, termini
derivati da lingue strane, e i nomi di dodici nervi che non aveva assolutamente
compreso, il cervello sembrava andargli a fuco. Avrebbe potuto giurare di
sentirlo fumare.
«Naruto-kun»
la voce di Hinata era un sussurro mentre gli porgeva il suo quaderno, «puoi
controllare i miei appunti, se vuoi» gli disse, la testa chinata sul tavolo e
la penna stretta fra le dita.
Quella ragazza era un angelo! La sua
salvatrice!
«Grazie mille, Hinata!» affermò,
iniziando a correggere le poche frasi sconclusionate che aveva preso.
«Se… se hai bisogno di una mano» gli rispose
lei, offrendosi implicitamente di aiutarlo.
Kami era dalla sua parte, per una volta le
cose giravano in suo favore!
«Ah, ma parliamo del cervello!»
affermò dopo qualche minuto passato a ricopiare quello che Hinata aveva
scritto, strappando una risatina sommessa alla sua compagna di bancone.
«Stiamo facendo i nervi cranici, Naruto-kun» gli spiegò, incominciando ad aiutarlo nel
comprendere quello che la professoressa diceva e disegnava.
― ♦
―
Sakura entrò nella stanza, scivolando
in fondo al secondo bancone, cercando di scaldarsi con la luce che filtrava
dalle finestre poste in alto. Si raccolse i capelli con l’elastico,
ringraziando tutte le divinità che conosceva per averle dato il mondo di
arrivare in tempo, o quantomeno prima del professore, dato che la lezione
doveva essere iniziata da almeno cinque minuti.
Sospirò, rendendosi conto di non aver
visto Sasuke, quando era entrata – ma era talmente concentrata a prendere posto
che non se ne era nemmeno preoccupata. Si girò, cercando di spiare tra le persone
che chiacchieravano e messaggiavano la sua presenza,
ma non lo vedeva da nessuna parte.
Poi, prima che se ne accorgesse,
quella voce familiare e profonda – ma a suo modo dolce – le riempì i timpani e
il cuore. «Non è ancora arrivato?» Sasuke era di fianco a lei, a meno di mezzo
metro di distanza, e si guardava attorno spaesato come un cucciolo. Ok, forse un cucciolo no… si corresse,
spostandosi un ciuffo dalla fronte. «No, è in ritardo» gli disse, sedendosi
sullo sgabello, osservando la lavagna nera, pulitissima, davanti a loro.
«Ho sentito dire che il professore di
laboratorio è sempre in ritardo» borbottò Sasuke, accomodandosi pure lui,
incrociando le braccia al petto, «ma che i suoi esami sono impossibili» e
sospirò, affranto, come se l’esame di chimica potesse rovinargli la brillante
media che sicuramente avrebbe avuto.
«Non potrà essere peggio di quello di
statistica, no?» cercò di sdrammatizzare lei, senza ottenere buoni risultati.
«Già».
Il vociare dietro di loro calò
improvvisamente, la porta grigia scivolò silenziosamente e il professore, nei
suoi quasi due metri, il suo camice bianco, e il suo quarto d’ora di ritardo si
manifestò con una mano in tasca. Camminò lentamente, grattandosi la testa con
noncuranza. «Scusate il ritardo» cominciò, parlando da dietro la mascherina
bianca, «ma ho incontrato un gatto nero».
Un mormorio si levò dietro le spalle
di Sakura, e tra le varie frasi, riuscì a cogliere alcuni frammenti quali
«questo è completamente fumato!» o «dicono che non toglie mai quella maschera
perché ha fatto degli esperimenti su se stesso che lo hanno sfigurato». Poi, un
rumore secco li fece zittire tutti – anche Sasuke, di solito immune alle
dimostrazioni di superiorità degli altri, stava dritto in piedi come un
soldato. La mano del professore si staccò dalla lavagna, lasciando impresse le
cinque dita.
«Ci sono alcune regole che dovete
seguire, per sopravvivere al mio
corso» iniziò a parlare, «la prima, è che chi non ha voglia di lavorare può
benissimo andarsene». Sakura immaginò che qualcuno prendesse le proprie cose e
scappasse via, ma stranamente non successe. «La seconda, è che le domande vanno
fatte solo se intelligenti, non tollero gli idioti e tendo a non ricordarmi i
loro nomi» continuò, vagando con lo sguardo sui volti di ogni studente.
Ci fu un minuto intero di silenzio
poi, qualche idiota – per l’appunto –
osò aprir bocca, «solo queste?» domandò, e tutti si girarono verso di
lui, «voglio dire, sono queste le regole?».
Il professore infilò le mani in tasca,
ridacchiando sotto la mascherina, «questa è una domanda stupida, per esempio,
ma dato che siete carne fresca farò finta di non aver sentito» i suoi occhi
bicromatici si assottigliarono, sembravano due katane, una dalla lama scura e
una chiara. «La terza, beh… è più una raccomandazione» inspirò profondamente, chiudendo gli occhi,
come se si inebriasse di qualche profumo che loro non sentivano, «prima dei
miei esami…» iniziò, i suoi occhi si rivolsero a loro due, Sakura se li sentiva
addosso, «evitate di fare colazione».
La tensione si sciolse
improvvisamente, prima che arrivasse al suo culmine, quando il professore
sorrise, «comunque io sono il professore Hatake Kakashi, e adesso infilate i camici e incominciamo con le
norme di sicurezza».
Sakura cercò di capire per quale
oscuro motivo non avrebbero dovuto fare colazione prima dei suoi esami, se
fosse una battuta oppure un reale consiglio, e poi recuperò il camice bianco,
infilandoselo ed estraendo il quaderno.
N O T E ♦ D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per conto
del Signore.
Buon sabato a tutti quanti!
Eccoci qui, con questo sesto capitolo.
Iniziamo con le dovute spiegazioni,
ecco.
Vi comunichiamo, per prima cosa, che
la scelta di Kakashi come professore di chimica è
stata principalmente fatta per via della mascherina. Volevamo mantenere questo
dettaglio che fa di lui quello che è, e quindi chimica ci è sembrata la più
idonea. Mentre per gli occhi abbiamo deciso di darglieli di due colori diversi,
un po’ come David Bowie (che è un figo, ma shh), per chi lo conoscesse,
giusto per sottolineare la differenza fra lo sharingan
e il suo vero occhio.
Come avrete notato ci piace riprendere
e modificare alcuni avvenimenti della serie, ma ci divertiamo un sacco, e non
potevamo non farlo. Perdonateci, insomma.
Per il resto ci scusiamo per qualche
frammento volgare di questo capitolo, ma come abbiamo già detto, sono giovani,
e noi vi avevamo avvisati *3* Ci dispiacerebbe molto se qualcuno si fosse
sentito offeso da questo, o traumatizzato (dato che abbiamo saputo di avere un’utenza
abbastanza giovane), ma abbiamo messo apposta il disclaimer.
Chiariamo un po’ di cose adesso, ecco.
Noi abbiamo la bella abitudine di inserire nuovi personaggi nelle storie, come
avrete notato ce ne sono anche qua, ed aumenteranno, perché è normale che conoscano
persone al di fuori del loro gruppo. Ci dispiace se non vi piacciono gli OC, ma
è tutto fatto per rendere più realistica la storia, e speriamo che approverete
queste nostre scelte, perché dietro ogni nuovo personaggio c’è un perché, non
li abbiamo messi perché ci va, o perché non volevamo inserirne altri esistenti.
È che ognuno farà la sua comparsa quando sarà il momento, e per ora questo è,
insomma.
Detto questo vi ringraziamo ancora per
il feedback altissimo, siete tutti splenditi e site tantissimi, davvero.
Vi lasciamo citando Ron Weasly: soffrirete,
ma poi ne sarete felici. Ecco tutto.
Vi aspettiamo ancora sul gruppo facebook, accettiamo tutte le nuove anime, tranquilli, non
mangiamo nessuno.
Al prossimo capitolo che verrà
pubblicato il 31!
A settimana prossima.~
papavero
radioattivo