47. Un epilogo infausto
Non ricordava d'essersi mai arrabbiato
tanto.
Era andato tutto storto, dalla prima
all'ultima cosa.
Era incazzato con suo padre per aver
osato arrivare a tanto, ma al tempo stesso era incazzato con sé
stesso ed un po' anche con lei. Con Yukiko.
Sì, era incazzato nero anche con lei
per il modo in cui se n'era andata e l'aveva lasciato lì davanti a
casa sua senza uno straccio di spiegazione, degnandosi di mandargli
un misero messaggio di due righe scarse dopo due ore di assoluto
silenzio. Si era sentito uno stupido. Si sentiva uno stupido persino
in quel momento, se si soffermava a pensarci su troppo a lungo.
La riunione di quel mattino s'era
protratta oltre l'orario d'inizio pausa-pranzo, cosa che aveva
contribuito in maniera esponenziale a fargli saltare i nervi. Che poi
non fosse ancora riuscito ad incrociare neanche per sbaglio suo
padre, per aver così l'opportunità di affrontarlo una volta per
tutte, aveva sortito lo stesso effetto di una valvola di sfogo
guasta.
Perciò, lo sapeva, ormai era sul punto
di esplodere.
Attraversando il corridoio con passo
deciso, il dranzerblader non si risparmiò neanche un'occhiata storta
a chi incrociava il suo cammino, finendo per indurre ogni dipendente
della Hiwatari a scostarsi al suo passaggio in tutta fretta. Persino
appena varcò la soglia della mensa, il brusio abituale ebbe un netto
calo e non pochi sguardi saettarono verso di lui fra il sorpreso e
l'allarmato, per poi deviare in qualche altra direzione, sfuggendo i
suoi occhi di brace. Incurante della cosa, Kei si ritrovò a
corrugare ancor di più le sopracciglia chiare: fra tutte quelle paia
d'occhi, infatti, mancavano proprio quelli che stava cercando.
Dopo una manciata di secondi di
immobilità, fece dietrofront, tornando sui suoi passi e rischiando
per il movimento brusco di urtare uno dei contabili del nono piano.
Se ne fregò altamente, ignorando il modo goffo di quest'ultimo di
spostarsi all'ultimo secondo così come ne ignorò l'esclamazione
soffocata che gli era scappata nel farlo.
L'unica cosa che gli importava, ora,
era trovare lei.
Ma dove cazzo era finita?!
“Forse dovresti calmarti un poco”
gli suggerì atona la voce dell'Aquila nella sua mente “Cosa
pensi di ottenere in questo modo?”
Delle spiegazioni, ovviamente.
“Sai benissimo che le spiegazioni
che vuoi non sono le sue..”
Quelle parole lo fecero bloccare
davanti all'accesso alle scale, le braccia ancora rigide lungo i
fianchi, i pugni chiusi sino a far sbiancare le nocche. Cosa stava
dicendo? Certo che voleva delle spiegazioni da lei! Non gli aveva
nemmeno mandato un messaggio, dopo ieri notte! Non sapeva dov'era
stata, né con chi! L'unica cosa di cui era certo era che non fosse
tornata a casa..
In balia di silenziose invettive contro
il mondo intero, il dranzerblader finalmente si ricordò di aver un
cellulare e senza porre altro tempo in mezzo lo estrasse dalla tasca
dei jeans. S'era a malapena messo la camicia, quel mattino, lasciando
perdere tutte quelle stronzate sull'abbigliamento più consono
all'ambiente di lavoro e tutto il resto. Sul petto gli pesava
addirittura la croce d'argento che solitamente sfoggiava solo quando
usciva la sera, questo più per il fatto di essersi dimenticato di
togliersela che per vera intenzione di sfoggiarla in quell'ufficio.
“Merda!”
Era troppo teso addirittura per usare
il cellulare senza rischiare di sfondarne lo schermo con le dita.
Doveva davvero darsi una calmata.
Inspirando, pensò in un impeto di
frustrazione che quel che gli ci sarebbe voluto era un bell'incontro.
Sì, un incontro di Beyblade lo avrebbe
fatto scaricare e concentrare su qualcos'altro, dando il tempo al suo
cervello di elaborare l'intero accaduto senza minacciare di implodere
o fargli venire un embolo. Avrebbe sfogato la tensione nervosa che
gli accendeva lo sguardo di lampi incandescenti e sarebbe riuscito ad
affrontare la situazione con il giusto autocontrollo e la solita
padronanza di sé.
Peccato che non ne aveva la
possibilità. Non in quel momento. Prima doveva trovare Lei!
Facendo partire la chiamata, si accostò
il cellulare all'orecchio ed attese, ascoltando con sempre meno
pazienza il susseguirsi di squilli a vuoto. Ne contò sei, prima che
la ragazza dall'altro capo si degnasse di rispondere.
– Pronto?
– Dove sei? – spiccio, freddo come
il ghiaccio. La sentì esitare per un secondo.
– Sul tetto...
Non le lasciò il tempo di aggiungere
altro che riattaccò, imboccando di nuovo il corridoio per arrivare
così davanti all'ascensore. Per questa volta fu abbastanza
fortunato: le porte gli si spalancarono praticamente davanti e lui
poté entrarvi senza dover attendere che chicchessia
scendesse. Non degnò di un'occhiata i tre dipendenti all'interno, si
accostò alla pulsantiera e ne spinse il bottone dell'ultimo piano
con una certa veemenza, prima di incrociare le braccia e, con un
cipiglio più che evidente, appoggiarsi ad una delle pareti di
metallo con una spalla. Si predispose così ad attendere che la sua
ascesa terminasse al piano desiderato, lo sguardo basso e
un'imprecazione mentale dietro l'altra per ogni sosta effettuata da
quella cabina. Quando finalmente poté scendere, mettendo piede sul
pavimento piastrellato dell'ultimo piano, ne era assolutamente
convinto: la prossima volta ci avrebbe sicuramente messo meno tempo
facendosi quelle dieci rampe di scale a piedi.
Sicuramente.
Tenendo il cellulare ancora di fronte a
sé, Yukiko tardò a rimetterlo in tasca, osservando il display con
aria ansiosa e tormentata al contempo.
– È successo qualcosa?
Quella domanda la fece voltare verso il
suo interlocutore, seduto come lei sulla pavimentazione di quel tetto
che era a tutti gli effetti un giardino pensile. Gli occhi ambrati di
Shinnosuke la scrutavano con una punta di curiosità, seppur il suo
tono avesse lasciato trapelare una nota di preoccupazione; per questo
la mora si ritrovò a sorridergli in un tentativo di rassicurazione.
– Nulla di grave, davvero. Non
preoccuparti.
Kei non le aveva risposto dopo quel
messaggio. Non l'aveva neanche cercata, stando alla mancanza di
avvisi che aveva riscontrato quel mattino, quando aveva riacceso il
cellulare dopo aver fatto colazione a casa di Hilary. Quel silenzio
si era protratto per tutta la mattinata, una cosa che aveva minato il
suo umore già pericolante, facendola sprofondare in un'acuta
depressione. Quando poi non l'aveva incontrato come al solito
all'inizio della pausa pranzo, le era nata nel petto una fitta che le
aveva gelato il cuore e si era diffusa nel resto del suo corpo,
facendola rabbrividire di freddo.
Un freddo che tutt'ora la stava
attanagliando, combattendo il fioco tepore del sole autunnale che
tutt'ora splendeva su di loro e rendendo perciò vana quell'uscita
sul tetto. Il cielo era sereno, spazzato da un debole vento che in
quell'ora più calda s'era quietato abbastanza da permettere ad
entrambi di restare a godersi il bel tempo. O almeno, provarci.
Yukiko non ci stava riuscendo, men che meno in quel momento, dopo
aver finalmente sentito la voce del suo dranzerblader.
Una voce talmente fredda da risuonarle
nelle orecchie come una pugnalata in pieno petto.
Non aveva alcun dubbio: era in arrivo
una tempesta. Metaforicamente parlando, ovviamente.
– Qualche problema con Hiwatari?
La tensione che già la permeava in
ogni muscolo la fece quasi sussultare a quella domanda diretta e si
affrettò a riporre nella borsa il cellulare mentre gli rispondeva,
evitandone lo sguardo con un sorrisetto nervoso.
– No, figurati! Che problema dovrebbe
esserci? – una domanda retorica che cadde nel vuoto, suonando vuota
persino a lei. Per questo tentò di riempire quella sensazione con
nuove parole – Davvero, sarà una cosa da nulla..
– Quello ha una pessima reputazione –
se ne uscì senza preavviso lui, interrompendola con fare noncurante
ed inducendola a scoccargli un'occhiata fra il guardingo ed il
sorpreso. L'aveva presa totalmente alla sprovvista, effetto che si
accentuò alla vista del tranquillo sorriso che aveva in volto.
Quel sorriso glielo aveva visto spesso
nei giorni passati, ogni qualvolta avevano avuto occasione di parlare
e, sebbene con un certo sconcerto della mora, avevano finito per
passare quasi tutto il tempo libero alla Hiwatari insieme da
quando si erano presentati, quella volta in corridoio. Per questo,
sebbene certo fossero pochi i giorni trascorsi a quel modo, inarcò
suo malgrado un sopracciglio, lasciando affiorare la propria
perplessità riguardo quelle parole.
– Di cosa stai parlando?
– Ho sentito delle voci di corridoio:
pare sia un tipo poco raccomandabile – le rivelò lui, apparendo
quasi mortificato della cosa, prima di proseguire – ..è stato
coinvolto più d'una volta in qualche rissa ed i ragazzi con cui
girerebbe sembra siano tutti dei 'figli di papà' che hanno,
come concetto di divertimento, quello di passare le serate a
sbronzarsi con donne sempre diverse.
– Ah... – se ne uscì Yukiko,
impietrita, senza riuscire ad aggiungere altro, prima di venire
anticipata ancora una volta.
– Insomma, non voglio farti la
paternale, anche perché sarebbe strano visto che abbiamo quasi la
stessa età.. ma, fossi in te, ci starei attento ad uno come lui..
Sorpresa, la nightblader lì per lì
non seppe cosa rispondergli, aspettandosi di tutto tranne un discorso
simile da parte di qualcuno appena conosciuto. Ebbe quasi la netta
sensazione che le cose le stessero iniziando a sfuggire di mano; una
sensazione sgradevole, che la spinse a sfoggiare un sorriso a metà.
Poco dopo, sul punto di ribattere qualcosa nel modo più cordiale
possibile concesso dalle circostanze, vennero tuttavia interrotti dal
rumore della porta di servizio che si spalancava, cosa che la indusse
a voltarsi di scatto in quella direzione, spalancando le palpebre.
Sotto i suoi occhi, Kei fece un passo
avanti, fermandosi a fissarla con un'espressione che ella riuscì
soltanto a classificare come 'di pietra', malgrado i suoi
occhi si fossero appena altalenati da lei a Shinnosuke e viceversa.
Una folata di vento più fredda spazzò il tetto, scompigliando loro
i capelli e insinuandosi sotto gli abiti, infrangendo quel silenzio
calato a dividerli all'improvviso con il suo fruscio.
Per Yukiko fu come se il mondo intero
perdesse importanza, come se non vi fosse più altro a parte loro
due, cosa che contribuì a farla sprofondare in sé stessa.
Dio, era bello persino da
arrabbiato. Perché sì, per lei era evidente quanto in realtà lo
fosse, nonostante l'aria apparentemente imperturbabile che ostentava.
Lo poteva indovinare dalla forma delle spalle, dalla linea tesa della
mascella, dalla posa delle braccia lungo i fianchi, culminanti con
due mani chiuse a pugno, mentre si stagliava stoico contro quella
carezza gelida che gli schiuse maggiormente il colletto della camicia
nera e le permise di cogliere il riverbero prodotto dal pendente a
forma di croce che teneva al collo, appeso ad una catenina del
medesimo metallo grigio.
Quando il dranzerblader si soffermò
per un lungo momento a fissare il ragazzo che era con lei, la mora
sentì una nuova tensione permearla da capo a piedi, inducendola ad
alzarsi in piedi per pararglisi innanzi. Alla mente le tornarono le
parole che Shinnosuke le aveva proferito poco prima, per quanto
razionalmente queste per lei non potessero aver alcuna importanza e,
in una situazione diversa, le avrebbe sicuramente accantonate in un
battito di ciglia.. invece, in quell'occasione non le fu così
semplice farlo, serrando le labbra in una smorfia che tradiva tutta
la sua ansia.
– Dobbiamo parlare – esordì il
ragazzo dai capelli d'argento, interrompendo il silenzio che era
calato fra loro. Quelle parole non ammettevano repliche e lui non si
mosse, cosicché fu la sua voce ad attraversare i pochi metri di
distanza fra loro, prima che scandisse, senza ombra di incertezza –
da soli.
Quella precisazione le bloccò ogni
muscolo, pietrificandole il sangue nelle vene, ma la sua mente dopo
un primo istante di assoluta sorpresa, si ribellò.
No.
Era stanca di nascondersi; era stanca
di mentire..
Shinnosuke si mosse dietro di lei, ma
Yukiko, cogliendo con la coda dell'occhio quel movimento, allargò il
braccio destro per frapporlo fra lui e quella porta. L'irritazione si
riaccese in lei, questa volta rivolta verso quello che da più di un
mese e mezzo era il suo ragazzo.
– Lui resta – ribatté senza più
alcuna incertezza, in un tono di sfida che la spinse a sollevare
persino il mento.
Quella reazione parve prendere in
contropiede il blader di fronte a lei, perché questi inarcò un
sopracciglio in un primo momento. Il successivo, sembrò tuttavia che
gli argini che si era costruito per contenere il suo umore si fossero
finalmente infranti, perché le scoccò uno sguardo tanto tagliente
da costringerla a ricambiarlo, stringendo al contempo la mano ancora
accostata al proprio fianco a pugno.
– Bene – le rispose ancor più
freddamente, facendo un mezzo passo avanti. Si richiuse la porta alle
spalle con un unico movimento del braccio, imprimendo in esso tanta
forza da far risuonare il tonfo che ebbe il battente sino alla base
del vano scale su cui si apriva.
Quel suono la fece sussultare e
riavvicinò il braccio a sé, improvvisamente impaurita di fronte
alla furia espressa dell'altro, il quale finalmente si mosse,
avanzando verso di lei con un'andatura dalla quale era evaporata ogni
fluidità. Un'occhiata sommaria le rivelò che non dovesse esservi
più traccia di un solo muscolo rilassato in quel corpo a lei noto.
– Inizia a dirmi chi cazzo è
lui.
Nessuna inflessione particolare, nessun
sentimento che non fosse un astio tagliente ella riuscì a cogliere
nel giovane, del quale l'intimidazione la prese alla sprovvista. Aprì
la bocca per parlare ma a quel primo tentativo la voce, infame
traditrice, le venne a mancare, dando il tempo al dranzerblader di
fermarsi a meno di due metri da lei. I suoi occhi, fissi in quelli
verdi di lei, ardevano come braci incandescenti.
– Io sono Takumi Shinnosuke – si
fece a quel punto avanti il diretto interessato, comparendo affianco
alla nightblader e prendendola alla sprovvista. Voltandosi a
fissarlo, lo vide sfoggiare quell'aria tranquilla ed incurante che
gli aveva visto spesso addosso, in quel suo sorriso sicuro di sé e
gentile al tempo stesso. Una gentilezza che tuttavia nascondeva una
sfumatura più tagliente ora che i suoi occhi d'ambra si fissarono su
Kei – Un nuovo amico di Yukiko.
Merda.
Quell'esordio le tolse il respiro, come
se l'aria di tutto il pianeta fosse stata risucchiata da un buco nero
il cui centro era proprio il dranzerblader. Questi sembrò sul punto
di incenerirlo senza una parola, prima di riservare lo stesso sguardo
anche a lei, in accompagnamento ad un mezzo sorriso privo di
qualsiasi ilarità.
– Un tuo amico, eh?
I sottintesi racchiusi in quell'unica
parola la fecero arrossire, preda di un improvviso sdegno che
riaccese, in una vampata di tutto rispetto, la sua irritazione,
facendole ritrovare la voce persa poc'anzi.
– Un amico – ribatté con
veemenza, punta sul vivo, offesa, oltraggiata da
quell'allusione maligna.
In cuor suo non considerava ancora
Shinnosuke un amico, ma era stata spinta dall'impulso del momento a
rimarcare quelle parole con quel tono. Che lui avesse pensato, spinto
da un qualche tipo di gelosia, all'eventualità che lei avesse potuto
guardare qualcun altro all'infuori di lui la faceva andare
letteralmente in bestia. Con chi diamine credeva di aver a che fare?!
Lo sguardo che gli restituì non ebbe
niente da invidiare a quello di lui di poc'anzi, mentre stringeva
convulsamente i pugni lungo i fianchi.
– Che razza di opinione ti sei
fatto?! – gli domandò, cedendo all'impulso di esternare ciò che
pensava – Non sono io quella che ha passato gli ultimi anni della
sua vita a scoparsi chiunque avesse un paio di tette!
Colpito.
Kei digrignò i denti, punto sul vivo a
sua volta a quell'accusa, e le sue spalle ebbero un fremito, ma lei
non gli lasciò aprire bocca. Col respiro rotto a causa della
tensione, afferrò con un movimento rapido il proprio beyblade,
tirandolo fuori dalla tasca per rivolgerne il bit in sua direzione,
lo sguardo fermo e tagliente. Se davvero era bastato così poco per
fargli dimenticare chi fosse, ci avrebbe pensato lei a spolverargli
la memoria.
– Risolviamo questa cosa a modo
nostro! – lo spronò, senza più alcun tentennamento.
Aveva preso la sua decisione: solo così
avrebbero messo fine a quella situazione; solo così si sarebbero
chiariti. Per quanto il blader infatti potesse essere chiuso in sé
stesso e non abituato a parlare, quando scendeva in campo era
tutt'altra cosa e lei ne aveva avuto la prova ormai più d'una volta.
In campo, il suo ragazzo tirava fuori un'espressività che, seppur
sottile, era sempre meglio di quel muro di indifferenza che, con un
impeto inatteso, le era venuto a sbattere contro.
L'iniziale momento di stupore che gli
fece così inarcare un sopracciglio, venne presto accantonato da un
lievissimo tremito dell'angolo destro delle sue labbra, che si
sollevò verso l'alto prima che il blader di fuoco infilasse la
mancina in tasca ed estraesse Dranzer dai jeans.
– Come vuoi..
Kei si mise in posizione dopo che la
moretta ebbe recuperato il suo lanciatore dalla borsa e finalmente
quel tipo dai capelli biondi si fece da parte, incitato dalla ragazza
stessa, per lasciar loro lo spazio che gli serviva.
Fissandosi l'un l'altra con il medesimo
sguardo combattivo e penetrante, il dranzerblader si ritrovò a
pensare che sì, la splendida ragazza che lo stava fronteggiando in
quel momento era proprio l'unica che avrebbe potuto considerare
“sua”. Solo a lei sarebbe venuto in mente di sfidarlo;
solo lei avrebbe avuto l'intuizione che il modo più rapido e sicuro
per risolvere ogni cosa con lui era un incontro di Beyblade.
Non dovette attendere molto, prima che
Yukiko si mettesse in posizione ad una manciata di metri di distanza,
ed appena questo avvenne scandì il conto alla rovescia.
– Tre.
– Due – fece lei di rimando, con il
medesimo tono combattivo.
– Uno..
– Pronti.. Lancio! –
esclamarono all'unisono, azionando il lanciatore.
Imprimendo tutta la sua forza nel
lancio, Kei digrignò i denti mentre Dranzer sfrecciò ad altissima
velocità verso il centro dell'area che lo separava dalla sua
avversaria e compagna, al pari di ciò che fece Night nello stesso
momento. Le trottole di due diverse tonalità di blu si scontrarono,
mandando scintille per poi riallontanarsi di scatto a causa del
contraccolpo inferto e subito. La lieve onda d'urto che arrivò a
sfiorare il volto dei due contendenti ed a smuoverne i capelli neri e
d'argento, gli fece batter una volta sola le palpebre mentre la
concentrazione, ormai preda di tutto il suo essere, gli fece seguire
con sguardo fisso la traiettoria circolare seguita dai due beyblade,
intenti a girarsi intorno.
Fu in quel momento di stasi, il quale
si protrasse per qualche minuto - entrambi fin troppo consapevoli che
l'iniziativa avrebbe decretato la vittoria o la sconfitta - che la
voce di lei lo raggiunse, tanto fredda quanto alta a sovrastare il
rumore delle due trottole in gioco.
– Io non riesco a credere che tu
abbia davvero pensato ciò che hai detto!
Kei si riscosse, sollevando lo sguardo
sulla mora a qualche metro da lui: sembrava rigida nella sua posa,
con le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi, per non parlare di
quegli occhi, di un verde tanto intenso quanto cupo. Ricordando
l'impulso che lo aveva spinto a rivolgerle l'insinuazione di cui ella
stava parlando, scoccò un'occhiata in tralice all'unico spettatore
presente, quel tale di nome Shinnosuke, prima di tornare a dare tutta
la sua attenzione alla moretta.
– Non lo so – mormorò scontroso,
con una smorfia malcelata. Lo sguardo di lei lo trapassò da parte a
parte, facendolo irrigidire meccanicamente.
– Stai dicendo che non ti fidi di
me?!
– Non mi fido degli altri! – sbottò
il dranzerblader, esasperato da quella situazione.
Davvero non capiva? Davvero non
riusciva a vedere che genere di sguardi attirava su di sé, persino
in ufficio?
– Scusami?! – esclamò di rimando
lei, con tanto d'occhi, prima di continuare – Come se fossi io
quella che per strada attira gli sguardi di ogni ragazza che
incontra! Come se fossi io quella che gli altri tentano di
abbordare con ogni pretesto! Io, quella a cui viene fatta la
radiografia persino in ufficio!
A quelle parole accusatorie e cariche
di insofferenza, lui si ritrovò a boccheggiare, gli occhi
spalancati.
Allora non capiva davvero.. non vedeva!
– Allora sei cieca!
Con un movimento del braccio Kei, persa
la pazienza, mandò di nuovo all'attacco Dranzer, che si scagliò con
forza contro il bey avversario. Quando lui e Night cozzarono l'uno
contro l'altro rimbalzarono nuovamente indietro, per poi tornare a
scontrarsi più volte, con più foga, tanta da rispecchiare
perfettamente gli stati d'animo di entrambi gli sfidanti. E, proprio
durante questi attacchi consecutivi, la nightblader ritornò a
parlare con una voce della quale riuscì a captare chiaramente la
nota incrinata.
– Te ne stai via più di una
settimana, senza neanche raccontarmi com'è andata o cos'hai fatto...
e poi te ne salti su con un'accusa simile?! Sei uno stronzo! – lo
insultò apertamente, prima di far prendere lo slancio a Night e
scagliarlo di nuovo contro il suo avversario in un riverbero luminoso
del bit al centro – Neanche mi hai chiamata stamattina, men che
meno hai risposto al mio sms!
Kei richiamò il potere del proprio
bitpower appena in tempo per sostenere quell'assalto tanto energico,
mentre le parole di lei riecheggiavano ancora nella sua mente in
tutto il loro significato, inducendolo a rispondere con il medesimo
tono a quella nuova accusa irragionevole. Dopo essersi riparato
dietro un braccio alzato a quella nuova folata causata dagli attacchi
dei loro beyblade, tirò fuori il cellulare dalla tasca, mostrando il
display ora illuminato alla mora, lasciandola libera di riconoscere
quel fantomatico messaggio di cui stavano ora discutendo ed il cui
scarno contenuto di due righe lo informava che stava bene e che
sarebbe rimasta fuori per la notte.
– E cosa avrei dovuto rispondere?! –
ringhiò, per nulla accondiscendente a dargliela vinta su quella
questione, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti ironici ed amareggiati
al tempo stesso nel proseguire con sicurezza – E scusa se
volevo parlare con te di persona, dopo quanto accaduto ieri sera! –
l'ironia nella sua voce venne meno, lasciando posto ad un'accusa
palpabile – Sei sparita! Non sapevo dove fossi né con chi, né se
stavi bene! – ribadì, totalmente serio nel dar voce a ciò che si
teneva dentro da ore, sbottando infine – Hai idea di quanto mi sia
preoccupato?!
Non gli importava più ormai di
apparire debole o ridicolo: da un pezzo aveva smesso di far finta di
non preoccuparsi per lei. Era la sua ragazza, era naturale che lui lo
facesse! E lei non poteva in alcun modo continuare a far finta di
niente; non poteva continuare a comportarsi come se non avesse alcuna
responsabilità nei suoi confronti.
Scoccandole uno sguardo penetrante
tanto quanto quello d'ella di pochi minuti prima, la vide spalancare
gli occhi di smeraldo ed aprire le labbra in un moto di stupore, cosa
che gli fece nascere in petto una scintilla di soddisfazione. Le
parti s'erano appena invertite.
Quell'ultima frase colpì Yukiko in
pieno petto, facendola vacillare nelle sue convinzioni. Kei che
ammetteva di essersi preoccupato per lei era in assoluto una delle
poche cose che mai si sarebbe aspettata di sentire, non così presto
né a quel modo. Gli occhi le pizzicarono. In quel momento, la colse
l'illusione di essere tornata indietro nel tempo, in quel
parcheggio, entrambi non propriamente padroni di sé stessi, seppur
per motivi diversi da quello attuale - questa volta l'alcol non
c'entrava nulla.
Un'illusione che venne infranta
l'attimo seguente.
– A mio parere.. – esordì
Shinnosuke facendo un passo avanti, intromettendosi così in quella
discussione biunivoca.
I due litiganti si voltarono entrambi a
guardarlo di scatto, gli occhi che mandavano lampi.
– Tu stanne fuori! –
esclamarono all'unisono, prima di tornare a rivolgersi l'una verso
l'altro.
Il malcapitato fece un passo indietro,
apparentemente sconvolto e nuovamente silenzioso, permettendo alla
mora di riprendere la parola.
– Ero fuori di me, ok? Avevo bisogno
di stare un po' per conto mio! – esclamò a quel punto Yukiko,
tornando a concentrarsi esclusivamente sull'altro blader.
– Questo non implicava il tenermi
all'oscuro! Dove cazzo sei stata, che non vuoi dirmelo?
– Sono tornata a casa!! – gli disse
tutto d'un fiato, vedendolo dopo questo inarcare un sopracciglio,
come se fosse stato preso alla sprovvista. Non gli diede il tempo di
dire alcunché comunque, spiegandosi mentre teneva i suoi occhi
incollati in quelli di lui – Sono tornata al vecchio appartamento
dove ho vissuto con mia madre e mio padre – abbassò finalmente lo
sguardo lucido sui due bey ancora in gioco, di nuovo intenti a
girarsi attorno. I lunghi capelli scuri e sciolti le adombrarono
parte del viso, prima che proseguisse con il medesimo tono alterato,
incrinato ma un poco più basso, tornando a stringere i denti – Ho
incontrato per caso Uzumi.. e dopo non me la sentivo di tornare, così
ho passato la notte da Hilary.
– Da Hilary? – ripeté in tono
interrogativo, in un soffio carico di incredulità.
Sollevò ancora una volta i propri
occhi verdi sul ragazzo dai capelli d'argento, quasi a sfidarlo a
contraddirla dopo averne udito il tono – Sì, da Hilary! Non sapevo
da chi altro andare e lei è stata tanto gentile da accogliermi a
casa sua.
– Potevi venire da me – ribatté
prontamente Kei, con una nota di amarezza nel tono nuovamente
controllato, seppur fece quasi un mezzo passo avanti, sostenendone lo
sguardo con uno altrettanto deciso e fermo, ribadendo risentito –
Potevi tornare da me.
Quelle parole le lacerarono il cuore.
– No, non potevo – scosse il capo
in segno di diniego, l'irritazione e la rabbia di poc'anzi ormai
evaporate come neve al sole, mentre trovava finalmente il coraggio di
aprirgli il suo cuore. Lo guardò come si guarda l'oggetto di un
desiderio consumato dal tempo dell'attesa ma ancora troppo intenso
per perdere il suo effetto – Non potevo parlarti in quelle
condizioni, né potevo chiederti il consiglio che mi serviva.
Il dranzerblader serrò la mascella, ma
stavolta rimase calmo dietro una nuova maschera di freddezza;
anch'egli era abbastanza provato dalla rabbia che aveva sfogato sino
a pochi istanti prima, tanto da lasciare che sul suo volto si
delineasse un'espressione carica d'amarezza mista a confusione.
– Perché no? – le chiese, più
cupo che mai.
E quella domanda finalmente giunse,
facendola irrigidire prima di lasciare che i propri sentimenti
avessero la meglio su di lei e sulla sua compostezza ancora una
volta. Così esplose, chiudendo strettamente gli occhi ed incassando
il capo fra le spalle mentre dava sfogo a quella verità.
– Perché ti amo!
Kei sussultò, sgranando gli occhi e
fissandola con un'incredulità ed uno smarrimento che non riuscì a
nascondere. Le corde vocali non gli risposero più, men che meno gli
andò in aiuto il suo cervello, in preda ad un corto circuito
neuronale da record. Persino la sfida in corso perse importanza e
Dranzer rallentò impercettibilmente a causa del turbamento del suo
blader.
Questi infatti, si sentì
improvvisamente tanto stupido che anche Takao in quel momento avrebbe
potuto passare per intelligente, al confronto. Ma lei non gli diede
neanche il tempo di riprendersi dallo shock emozionale che gli aveva
causato quella confessione tanto repentina quanto sentita.
Vide una lacrima abbandonare le ciglia
scure d'ella, ne incrociò nuovamente lo sguardo ed il rimpianto che
vi lesse dentro gli tolse il respiro, negandogli il guizzo di
felicità che aveva tentato di esplodergli al centro del petto,
soffocandolo come farebbe un panno umido su una fugace scintilla.
– Non ce la faccio più a continuare
così, Kei – gli si rivolse ancora, con voce spezzata ed un flebile
sorriso sulle labbra rosee – Non posso più negare di provare
qualcosa per te e non mi importa che si venga a sapere di noi: non
voglio più nascondermi!
Night tornò all'attacco, scagliandosi
contro Dranzer con la stessa foga dimostrata poco prima dalla mora,
mettendo il bey di fuoco alle strette senza che il suo blader potesse
reagire a quel nuovo assalto.
– Non voglio più stare in silenzio a
guardare qualcuna che ci prova con te!
Quell'ultima affermazione lo travolse
in tutto il suo significato, facendolo boccheggiare. Non riuscì a
far altro che rimanere lì impalato a guardare impotente la propria
disfatta, senza riuscire a recuperare abbastanza fiato da farlo
passare per la gola sotto forma di parole di senso compiuto. Riuscì
solo a pensare di essere stato uno stupido, fin dall'inizio, per aver
sottovalutato la faccenda. La sua mente era sommersa da quell'unico
pensiero e fu questo a farlo tardare ad avere una qualsiasi reazione,
abbastanza da venir preso in contropiede dall'attacco speciale di
lei.
– Night! Stella Cometa!
– gridò.
Totalmente incapace di opporvisi, il
dranzerblader sussultò quando, l'istante successivo, il suo beyblade
subì in pieno l'attacco gelido, venendo scagliato nella direzione
opposta con tanta energia da rendergli impossibile il seguirne lo
spostamento. Gli passò a pochi millimetri dalla guancia sinistra,
mancandolo di poco, e la cosa lo pietrificò sul posto facendogli
balzare il cuore in gola. Immobile, colse il secco rintocco che
produsse Dranzer andando a colpire la parete di alcuni metri dietro
di lui, intaccandone l'intonaco prima di ricadere mestamente sul
pavimento. Spiazzato dalla rapidità con cui si erano susseguiti gli
eventi, non riuscì nemmeno a rendersi conto del pizzico di capelli
che la sua stessa trottola gli aveva reciso passandogli tanto vicino,
non potendo far altro che rimanere a fissare colei che si era appena
aggiudicata la vittoria di quell'incontro.
Yukiko, lo sguardo basso e le labbra
schiuse a riempire ripetutamente i polmoni d'aria, tremava appena di
fronte a lui, i capelli corvini ad adombrarle il viso a discapito
della luminosità di quel tiepido meriggio. Per il breve tempo a
seguire, la cui percezione per entrambi era alterata dall'adrenalina
in circolo, facendo loro credere che esso fosse eterno ed assoluto,
nessuno si mosse, le orecchie di tutti colme del ronzio prodotto
dall'unico beyblade rimasto ancora in gioco.
Quando finalmente Kei riuscì anche
solo a pensare di scuotersi di dosso quella sgradevole sensazione di
smarrimento che l'aveva assalito sin dal termine della loro sfida,
venne privato dell'occasione di aprire bocca a causa di un movimento
al limitare del suo campo visivo. Questo gli ricordò la presenza
indesiderata di Shinnosuke, ancora lì, fermo a fissarlo con tutta
l'aria di attendere una sua precisa reazione. La cosa lo irritò e,
serrando nuovamente i pugni lungo i fianchi, gli fece perdere
momentaneamente di vista la sua ragazza, giusto il tempo di
scoccargli un'occhiataccia delle sue.
Tanto bastò a lei per reagire, perché
nello stesso momento richiamò il suo beyblade e, senza attendere
oltre, scattò in avanti, passando accanto al dranzerblader tanto
rapidamente da non dargli neanche possibilità di provare a fermarla.
Non potendo far altro, lui si voltò su sé stesso, puntando i suoi
occhi dai riflessi d'ametista sulla schiena di lei.
– Yukiko! – la chiamò, invano,
mentre i suoi muscoli finalmente rispondevano correttamente ai
messaggi inviati dal cervello e le gambe si muovevano.
La nightblader lo ignorò, sparendo
oltre la porta in metallo prima che lui riuscisse a raggiungerla e,
quando si affacciò alla rampa di scale chiamandola ancora una volta,
ne colse appena la chioma bicolore sparire per la rampa di scale.
L'unica risposta che gli giunse fu
l'eco della sua stessa voce.
Quando quella sera Yukiko rincasò, si
chiuse in camera senza una sola parola e, raggiunto il proprio letto,
vi si lasciò andare in uno stato di abbandono pressoché totale.
Sua madre rincasò meno di venti minuti
più tardi e quando salì a cercarla lei le rispose a malapena a
mugugni, cosicché fu la stessa signora Natsuki a gettare la spugna
ed a lasciarla sola, senza insistere sul fatto che scendesse a
mangiare qualcosa. Persino una madre degenera come lei aveva quel
minimo di sensibilità necessaria a capire quando insistere su certe
cose e quando invece non fosse opportuno.
Quella sera, per Yukiko fu come se gli
accadimenti della notte precedente avessero perso del tutto la loro
importanza in virtù di quanto era successo quel primo pomeriggio.
Gliel'aveva detto.
Gli aveva detto che lo amava.
Ed ora era tutto finito.
Soffocò un singhiozzo contro il
cuscino, raggomitolandosi su sé stessa e stringendoselo sul volto,
artigliando la stoffa con ambo le mani sino a ché le dita non
iniziarono a dolerle, mentre il senso di vuoto che aveva provato per
quelle ultime ore lasciava il posto ad un dolore sordo talmente
intenso da smorzarle il respiro.
Merda.
Rivisse per l'ennesima volta l'intera
discussione, si rivide davanti agli occhi della mente l'espressione
marmorea del dranzerblader subito dopo la sua stessa confessione,
rilesse la sorpresa e la confusione sul suo volto e si sentì morire.
Che stupida era stata, a pensare, a sperare che lui provasse
gli stessi sentimenti. Che razza di stupida, nel credere che si
sarebbe risolto tutto per il meglio.
Alla fine era accaduto proprio ciò che
temeva: aveva rovinato tutto, con le sue stesse mani.
Voleva piangere. Almeno il dolore che
sentiva al centro petto avrebbe trovato uno sfogo di qualche tipo,
invece non riuscì ad esternare una sola lacrima. Solo singulti
aridi, che le ferirono la gola e minacciarono di soffocarla. Soltanto
a quel punto cedette e, con una fatica inimmaginabile, in un momento
di calma ed autocontrollo scivolò giù dal letto per raggiungere lo
stereo. Quando lo accese, alzò il volume finché la musica non fu
l'unica cosa che fu in grado di sentire fra quelle quattro mura,
riuscendo a trovare un po' di sollievo nel non udire più il suono
del proprio respiro affannoso.
Sapeva di essere penosa, non aveva
bisogno di alcuna conferma da parte del proprio corpo.
Fece scorrere la playlist sino a
trovare la canzone cercata e, quando le prime note di Bring me to
life inondarono cristalline l'ambiente, si lasciò ricadere sul
pavimento al centro della camera, gli occhi socchiusi sul soffitto e
le braccia spalancate, in un abbandono di sé praticamente totale. Si
concentrò sulla musica, su quelle parole che lei conosceva a
memoria, finché infine riuscì ad arrestare il frenetico lavoro
della propria mente e la prima lacrima le trasbordò dalle ciglia,
scomparendo il secondo seguente nell'attaccatura dei suoi lunghi
capelli neri.
Smise di pensare.
Smise di essere.
E finalmente riuscì ad abbandonarsi al
proprio dolore.
Il ragazzo fece un rispettoso cenno di
saluto al suo cliente più importante, prima di accomodarsi alla
scrivania, cercando di mantenere un'espressione più neutra
possibile, ma l'uomo d'affari dall'altro lato inarcò comunque un
sopracciglio nel soffermarsi a scrutarlo in volto.
– Che nuove mi porti, Shinnosuke?
– Signore, credo che sia accaduto il
peggio – gli rivelò senza mezzi termini il castano, piegando le
labbra in una smorfia. Si sentiva a disagio, quasi in colpa per
quanto era avvenuto sul tetto, ed il pensiero aveva continuato a
tormentarlo per tutto il pomeriggio.
Il signor Hiwatari lo fissò come si
può guardare una corsa d'auto in cui la tua beniamina veniva appena
sorpassata in curva da un'avversaria. O almeno questo fu l'unico
paragone che il giovane detective riuscì a trovare più calzante in
quel momento di disagio. Con voce pacata gli raccontò tutto,
osservando nel mentre il volto del presidente perdere
progressivamente la sua imperturbabilità in favore di un'aria
dapprima incredula, poi allarmata ed infine decisamente cupa.
Quando il silenzio tornò a calare
nell'ufficio, lo vide passarsi una mano sul viso prima di abbassare
poi lo sguardo sul telefono alla sua destra. Passarono un paio di
secondi prima che l'importante uomo d'affari arrivasse a capo dei
propri pensieri e tornasse ad incrociarne gli occhi ambrati.
– Bene. Se le cose stanno davvero
così è il caso di prendere in mano la situazione – affermò con
risolutezza, prima di allungare una mano verso quello stesso telefono
e iniziare a comporre il numero.
A quel punto Shinnosuke accennò ad
alzarsi per lasciare la stanza, ma Hiwatari lo fermò con un semplice
cenno della mano che gli indicava di nuovo la sedia, così si rimise
seduto. La voce femminile che rispose all'altro capo della linea
risuonò poco dopo nell'interfono.
– Pronto, Susumu?
– Sakura, è successa una cosa..
– Che è successo alla mia
Yuki-chan?! – la voce della signora Natsuki non perse
compostezza, anzi. Il suo tono assunse una sfumatura più seria ed
inflessibile: il tono di una madre pronta a difendere i propri
cuccioli in qualunque modo e momento.
Ora toccò al signor Hiwatari spiegare
l'accaduto alla donna e lo fece con voce greve, che lasciava
trapelare quanto seria potesse essere per loro l'intera questione.
Shinnosuke non lo valutò troppo strano, in fondo era pur sempre dei
loro figli che si parlava, era inverosimile che la loro felicità non
gli stesse un minimo a cuore. Quando terminò, la risposta dall'altro
capo della linea si fece attendere e in un primo momento il detective
credette che la chiamata potesse essersi interrotta, ma poi la voce
della donna d'affari tornò a farsi udire.
– ..è colpa nostra –
mormorò quella infatti, tradendo per la prima volta una nota
trafelata. Shinnosuke inarcò un sopracciglio, non riuscendo a
seguire più il loro ragionamento, ma la signora continuò –
..avremmo dovuto dir loro tutto fin dall'inizio. Avrei dovuto dire
a Yukiko di noi fin da subito, così niente di tutto questo sarebbe
successo.. oh, Susumu, è tutta colpa mia.
– Non è colpa tua, cara – la
interruppe morbidamente il presidente della Hiwatari,
scuotendo il capo – Tutta questa storia è iniziata nel peggiore
dei modi e non abbiamo saputo gestirla nel modo corretto nemmeno alla
fine.
– Ora come ora è inutile
rivangare il nostro fallimento – si fece avanti la
presidentessa della N.C. con una certa determinazione che denotava il
suo carattere pragmatico, sempre incline al cercare una soluzione
piuttosto che al piangersi addosso.
A quel punto Shinnosuke si schiarì la
voce, attirando l'attenzione di entrambi.
– La persona di cui mi hai parlato
è lì con te?
– Sì, è qui: può sentirti.
– Salve signora Natsuki – la salutò
il giovane detective, scandendo bene le parole per farsi capire il
più possibile al viva-voce – Se permettete, io avrei un'idea su
come fare a sistemare le cose.
Il signor Hiwatari inarcò un
sopracciglio, ma dopo un istante fu la donna a rispondere.
– No.
Il ragazzo si ritrovò a spalancare un
po' di più gli occhi chiari sull'apparecchio.
– Ci siamo impicciati anche
troppo.. è giunto il momento per noi di fare i genitori, Susumu.
Il presidente
Hiwatari assunse un'aria greve fissando anche lui il telefono da
ufficio lì accanto al suo braccio, prima di passarsi stancamente una
mano sul volto e infine lasciar sgonfiare i polmoni in un quieto
sospiro a labbra chiuse.
– Hai ragione,
Sakura.. – ammise, suo malgrado.
Una pausa di
silenzio.
– Vado a
preparare qualcosa per la cena.. non credo che per stasera la mia
bambina uscirà dalla sua stanza.
L'uomo d'affari
annuì e si salutarono, concludendo così quella conversazione.
Quindi i suoi occhi scuri così simili a quelli del figlio si
posarono sull'unico rimasto.
– Non sono mai
stato molto bravo a fare il padre.. – mormorò, preda dell'impulso
del momento, facendo inarcare un sopracciglio al suo interlocutore.
Questi attese, non avendo nulla da dire in merito, finché pochi
secondi dopo il presidente di fronte a lui non aprì nuovamente bocca
– Da questa sera puoi considerare il tuo incarico terminato.
Qualunque cosa farai da questo momento in poi sarà a tua
discrezione.. farò in modo che domani la somma pattuita venga
versata sul conto di cui mi hai fornito i dati bancari.
Che in lingua da
uomo d'affari voleva dire che aveva carta bianca e che poteva agire
liberamente secondo il suo personale giudizio. Non c'era niente di
più liberatorio di questo, per un libero professionista come lui.
Annuendo, si alzò dalla sedia su cui era stato fatto precedentemente
accomodare e si voltò per raggiungere la porta.
Alla prima
occasione avrebbe fatto la sua mossa. Ormai non c'era più nulla a
trattenerlo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ciao a tutte/i!! XD ok, lo confesso, sono un po' nervosa.
Cosa ne pensate di sto capitolo? Confesso che è un po' il fulcro di quest'ultima parte, quindi sì, ci tengo particolarmente ad avere un parere oggettivo a sto punto.. è anche più lunghetto dei precedenti di un paio di pagine, cosa che non sono proprio riuscita ad evitare! Allora, allora?? ç.ç
Ho aggiornato prima, visto? L'avevo detto che l'avrei fatto presto, ma a sto punto mi chiedo se la cosa vi abbia fatto piacere, visti i contenuti ed i risvolti della trama di questo capitolo!! ^.^'
Inizio ad essere nervosa, soprattutto perché la fine è trooooppo vicina e io coi finali sono sempre un disastro! Spero ne venga fuori una cosa accettabile, in caso contrario vi do' l'autorizzazione a linciarmi..
be', che dire? vi saluto e vi auguro un buon weekend!
Alla prossima!
Kaiy-chan