By Xavier
Due
anni.
Cinque
mesi.
Due
settimane.
Quattro
giorni.
Sette
ore.
E…
minuti e secondi fuggono troppo in fretta le barriere del tempo,
affinché la mia mente umana possa coglierli. Da quando son
rinchiuso
in questa cella angusta la Terra ha compiuto quindi ben due periodi
siderali attorno al Sole. Quante altre rivoluzioni dovranno avvenire
prima che io venga liberato? Non m'interessa neppure tanto saperlo,
se penso che fuori non ho più nessuno. Ho sempre desiderato
rimanere
da solo, il solo e l'unico essere, ma non in un mondo corrotto e
marcio come questo. La solitudine è qualcosa di positivo
quando si è
Dio, è assenza di conflitto, pace eterna, dominio su se
stessi e sul
resto.
Qui
sono circondato da persone che, similmente a me, hanno fallito in
qualcosa. Chi in un piano di conquista, chi in una rapina, ancora in
un omicidio, ed infine chi, come me, ha fallito nella vita. Ero un
fallimento, un caso perso, anche e sopratutto per i miei genitori.
Chissà cosa staranno facendo adesso, se sono ancora vivi. La
questione non mi fa né caldo né freddo, non avrei
risparmiato
nemmeno loro, come non avrei risparmiato neppure quelle persone del
team Galassia alle quali avevo promesso la salvezza. Giovia, Martes,
Saturno… non eravate neppure voi convinti della riuscita del
mio
piano, ma allora perché mi avete seguito per poi
abbandonarmi
all'apparizione di Giratina? Patetici. No, non ho bisogno di nessuno,
tanto meno di sottufficiali.
Ah, Giratina.. non era per nulla
previsto quell'incidente, non avevo minimamente calcolato la remota
possibilità di una cosa simile. Nonostante tutto, preferirei
di gran
lunga venir lasciato abbandonato nel Mondo distorto, piuttosto che
rimanere in questo posto. Quel luogo non era poi così
terribile,
anzi! Io ero l'unico essere umano, a farmi " compagnia" vi
era solo l'ombra di quel demonio che aleggiava sulla mia testa, quasi
temesse di avvicinarsi ulteriormente. Ma allora se mi temeva
così
tanto, perché non ha riaperto un varco per farmi tornare
nella mia
dimensione? Che volesse semplicemente la presenza di qualcuno al
proprio fianco? Solo sfiorare questa patetica idea mi fa venire la
nausea. Inizialmente, e ancora me ne vergogno, provai paura alla sua
apparizione. Che sentimento inutile e dannoso, fonte di gran parte
dei mali. La mia paura era dovuta all'ignoranza, non all'imponenza o
alla bestialità di quella creatura, perché
purtroppo sono solo un
uomo, e una volta catapultato nell'antimateria, laddove tutte le
leggi della fisica alle quali siamo abituati sono stravolte o
inesistenti, mi son ritrovato spaesato, non sapevo come agire. Non si
percepiva lo scorrere del tempo, né l'attrito dell'aria,
allo stesso
modo era assente la forza di gravità. Non avevo neanche
bisogno di
respirare o di nutrirmi! L'ambiente circostante infine, era
un'accozzaglia di materia di ogni tipo, rocce, pietre, alberi che
crescevano sottosopra con le radici piantate in isolotti fluttuanti
nel nulla, acqua immobile e scura, pareti disconnesse e schegge di
materia sospese e vaganti. Non c'era aria e quindi non si diffondeva
il suono, provai ad urlare ma non si sentiva alcun'eco, a stento io
stesso riconoscevo la mia voce. L'oscurità imperava su
tutto, o
quasi. La cosa stranissima era il fatto che riuscissi a vedere coi
miei occhi, sebbene non vi fosse né il sole, né
altre stelle,
nessuna fonte luminosa a irradiare energia, oltre alle pupille
scarlatte di Giratina che scintillavano come rubini quando puntavano
lo sguardo carico d'arroganza verso di me. Lo presi come un gesto di
sfida, quello, e così quando mi passò davanti per
l'ennesima volta
gli saltai addosso, aggrappandomi ad uno dei suoi tentacoli per poi
arrampicarmi e sedermi comodamente sulla sua groppa. Il suo corpo
sinuoso serpeggiava lento e flemmatico in quel lenzuolo di tenebre,
di tanto in tanto con un colpo della robusta coda spazzava via quel
che ci lasciavamo alle spalle facendolo disperdere per sempre, mi
chiedevo allora che forma avesse quello spazio e se fosse
effettivamente infinito, ma ecco che i medesimi oggetti ci
ritornavano contro, e allora ipotizzai che quel mondo dovesse avere
una forma circolare e fosse certamente limitato. Stavo formulando
ipotesi e man mano facevo scoperte sempre più sorprendenti,
ma ciò
che mi stupì davvero avvenne poco dopo.
Ero ancora intento ad accarezzare col palmo la "pelle" di quella creatura per capire di cosa fosse fatta, se era simile a quella di altri Pokémon o se anche la sostanza del suo corpo era qualcosa di estraneo alle mie conoscenze, quando le mie iridi si dilatarono percependo un aumento dell'intensità luminosa e il mostro si fermò, aveva abbassato la testa per permettermi di contemplare quella meraviglia che mi si materializzò davanti: una miriade di specchi cristallini, incastonati gli uni tra gli altri come le cellette che costruiscono i Combee per custodire le uova, sfavillavano di luce propria e riflettevano ciascuno un luogo diverso della Terra. In uno di essi potei benissimo riconoscere la mia Arenipoli, non era cambiata per nulla, ammesso che quei vetri riflettessero in tempo reale ciò che accadeva. Pensai subito che fossero tanti piccoli varchi dimensionali attraverso i quali sarei potuto tornare nel mio mondo d'origine, ma appena mi alzai per toccarne uno, Giratina s'infuriò lanciando un terribile boato che fece tremare tutti i corpi sospesi nel giro di qualche chilometro. Non voleva che mi avvicinassi. Mi cinse il corpo con una delle sue appendici artigliate e poi si precipitò su un promontorio roccioso, si acciambellò proprio come faceva il mio Gyarados quando doveva riposarsi e mi lasciò libero. Mi arrampicai sulle sue spire attorcigliate e, una volta saltato giù, mi sedetti con la schiena poggiata al suo collo. Entrambi eravamo nella totale contemplazione di quegli schermi tersi e sgargianti, ci sentivamo esclusi da tutto e da tutti, rifiutati, respinti… Ma non era affatto qualcosa di negativo, non mi sono mai sentito integrato in quel putridume che i miei simili chiamano " società", la Terra è come una ferita aperta nel grembo dell'universo, infettata da miliardi di germi purulenti che si moltiplicano sempre di più e diventano giorno dopo giorno sempre più violenti e affamati d' ingordigia, si contagiano a vicenda e si espandono oltre i confini. Io volevo semplicemente chiudere, suturare, cauterizzare una volta per tutte questa piaga, in modo da eliminare l'"infezione" umana e salvare l'intero spazio sconfinato che prima o poi verrà inevitabilmente rovinato da quest'epidemia. Mi voltai per guardare il Pokémon che sembrava essersi assopito e provai una strana sensazione scorrere nelle mie vene: una forza vitale, una voglia di riprendere tra le mani le redini del destino del mondo, di dominare… Il mio piano non era stato per niente mandato a monte! Mi sarei alleato con Giratina e insieme avremmo spodestato Arceus, io avrei preso il suo trono e così Palkia e Dialga sarebbero divenuti delle semplici pedine nelle mie mani, avrei messo fine alla razza umana e avrei poi ricreato un mondo tutto mio dove avrei regnato da imperatore assoluto, parallelamente al mio alleato che avrebbe fatto lo stesso nel suo. Due divinità, una dell'universo e l'altra dell'antimateria. Non avrei potuto chiedere di meglio. Mi distesi sul terreno e alzai i pugni verso l'alto, con fare trionfante, non mi rimaneva altro che comunicarlo al Pokémon per trovare insieme una soluzione. Calmai a stento la mia euforia e abbracciai uno dei suoi tentacoli, usandolo come giaciglio, per provare ad immergermi in un sonno ristoratore come stava facendo lui e destarmi al suo risveglio. Ecco, cosa accadde in quel lasso di tempo me lo devo ancora spiegare. Un intenso fascio luminoso mi fece svegliare violentemente e rividi la stessa ragazzina che aveva intralciato il mio progetto di conquista! Era venuta a riprendermi! Per quale assurdo motivo stava facendo una cosa simile? Provava compassione verso di me? Era preoccupata per colui che considerava un nemico terribile da stroncare ad ogni costo?
«Cosa
stai facendo ragazzetta? E dov'è Giratina? Non riportami
sulla
Terra! Non farlo!»
non voleva sentire ragioni. Ricordo solo che mi prese la mano e mi
strattonò con una forza inaudita verso un bagliore talmente
luminoso
che mi fece serrare le palpebre, e poi, così,
all'improvviso, ecco
che ci ritrovammo ad Arenipoli.
Stavo per prenderla per le spalle,
percuoterla, estorcerle delle risposte ma.. Ecco il pronto intervento
delle autorità. Mi presero a peso morto senza che lei
dicesse nulla
e mi trascinarono in quella che adesso è la mia prigione,
senza
neppure processarmi o darmi la possibilità di appellarmi ad
un
avvocato. Ma non avrei spiaccicato parola comunque. Non parlo
più da
quel giorno, cerco di muovermi il meno possibile, di non reagire agli
stimoli esterni. Molti qui attorno pensano che lo shock subito nel
Mondo Distorto mi abbia reso pazzo, mi abbia privato dell'anima,
ammesso che esista e che ne abbia mai avuta una, mi abbia tolto ogni
facoltà mentale. Sciocchi. Mi fanno pena, chi più
chi meno.
Appena giunto c'erano solo Giovanni, Max e Ivan. Il primo è sempre stato un attaccabrighe vanaglorioso e attaccassimo al denaro, l'ultima parola deve sempre esser la sua, ha sempre qualcosa da fare e quando non fa nulla è perennemente pronto ad aizzare una rissa tra detenuti. Che parassita insopportabile. Gli altri due mi sembrano, detto schiettamente, due imbecilli. Sia per il modo in cui si son fatti catturare, sia per il loro atteggiamento. Ivan ha il QI inferiore alla media di parecchio e non fa altro che allenare i suoi muscoli per mettersi in mostra e sentirsi qualcuno, che pallone gonfiato. Max almeno sembra intelligente, d'altronde anche lui è uno scienziato, ma basta un nonnulla per farlo innervosire, e quando si innervosisce è peggio di una donnetta isterica, e la sua isteria è contagiosa, certi momenti riesco a stento a trattenermi dal reagire in modo brusco ai suoi schiamazzi acuti. Ma tutto si può sopportare, quando si ripone la speranza in qualcosa di più elevato e gratificante, e la mia è riposta nel ritorno di Giratina, sarebbe tornato prima o poi.
Riesco comunque a mantenere la calma e l'apatia, durante il giorno cerco di dormire per poi esser attivo la notte mentre tutto tace e nessuno mi guarda. Ma ecco che giungono altri due altri detenuti, come se i miei vicini non bastassero, e vengono stipati nella cella di fronte: un vecchio acciaccato dall'età con una lunga chioma verde e uno strano monocolo rosso, traboccante d'ira da tutti i pori, e accanto a lui un altro scienziato alto e snello con un paio di occhiali e uno strano ciuffo azzurro che gli orbita attorno alla testa. Quest'ultimo non pare per nulla turbato dalla prigionia, anzi, guarda tutti con un'aria di superiorità mista a rassegnazione che lo fa apparire freddo e sadico. Meglio distogliere lo sguardo, o potrebbero insospettirsi. Torno quindi a guardare quello che Ivan definisce " un punto nel vuoto", che in realtà è un punto strategico e ben studiato: nella parte interna dello stipite della porta che chiude la mia stanzetta ho attaccato con delle gomme da masticare alcuni pezzi del grande specchio che si trovava nel mio bagno prima che lo rompessi, e, in altri punti ho appiccato altrettanti frammenti attraverso i quali, cambiando semplicemente l'angolazione, riesco a vedere le immagini riflesse di quel che accade nelle altre celle o fuori dalla finestra, spostandomi semplicemente di pochi metri, dal letto alla sedia, dalla sedia alla scrivania o anche per terra. Così ho un modesto controllo su ciò che accade qui attorno senza far nulla. Mi muovo talmente poco, anche nell'ora d'aria, che adesso le guardie entrano senza timore nella mia camera per portarmi da mangiare, e se non mi mettono il piatto davanti agli occhi faccio finta di non accorgermene neppure, per poi mangiare molte ore dopo, con una flemma ineccepibile. Mi crederanno incapace d'intendere e di volere, così chiederanno un trasferimento di postazione e a quel punto, quando nessuno se l'aspetta, scapperò via.
Filerebbe tutto liscio, se non ci fosse quel dannatissimo Maxie che non si fa mai gli affari suoi e tenta sempre di parlarmi, di estorcermi una qualsiasi parola, di trattarmi come un bambino bisognoso di tutto e di difendermi dagli insulti di quel depravato di Ivan. Qualsiasi cosa sia, altruismo o semplice compassione, mi disgusta. Rischierei davvero di danneggiare la mia sanità mentale con questo atteggiamento di chiusura, se non ci fosse uno strano Clefairy che, ogni notte di luna piena, viene alle sbarre della mia finestra per farmi compagnia con la sua presenza eterea, e la sua sola visione mi dona un senso di pace indescrivibile. Ci fissiamo intensamente e provo a comunicargli i miei pensieri, che pare intendere e comprendere. Nessuno ci ha mai visti, né quelli della sicurezza dal momento che non rientra nel raggio di visuale della telecamera (e per essere un carcere di sicurezza, devo dire, i sistemi di sorveglianza sono alquanto scarsi e alcuni neppure funzionano, il mio quartier generale a Rupepoli era molto più fornito), né gli altri carcerati, chi perché dorme chi perché come quell'accoppiata di scostumati pensa a far cose poco pudiche a letto illudendosi anche di " tanto non ci sentirà nessuno Maxie!" Mi fanno una pena indescrivibile quei due, mi chiedo se anche loro, come me, hanno assunto quell'atteggiamento ridicolo per un qualche scopo, o sono proprio idioti per natura. Ad ogni modo, sono alquanto stufo di tutto ciò, perché Giratina tarda a venirmi a prendere? Che si sia dimenticato anche lui di me? Sento che qualcosa sta per succedere, ancora non per molto dovrò atteggiarmi così. Cambierà, lo percepisco nell'atmosfera.