New York maggio 2011
Gli esami finali erano conclusi e le
ragazze si preparavano a rientrare nella loro piccola Mystic Falls soprattutto
si preparavano a rivedere Bonnie.
Erano stati mesi strani da febbraio in
poi, in cui Caroline si era trovata a fare i conti col carattere difficile di
Klaus col quale non era mai davvero successo nulla -molto insolito per entrambi
visti i loro precedenti- proprio per questo loro modo altalenante di capirsi e
poi litigare. In compenso questo aveva fatto sì che lei si legasse a Rebeka
diventando molto amiche ed Elena era stata ben felice di quell’unione così da
non doversi dividere tra le due.
Ma lei invece cosa poteva dire della sua vita?
Due occhi azzurri accapavano
sistematicamente nella sua vita -per poi sparire- giusto il tempo di metterla e
in crisi e farle tenere sospeso un fin troppo paziente Liam sulle sorti del
loro non rapporto perché sì Elena si era nascosta dietro alle scuse -il college, troppo presto per storie impegnative- che in
realtà avevano volto e nome ben chiari a lei, ma che non le davano mai quella
sicurezza di cui aveva bisogno. Damon era preso dal lavoro, dalla difficile
situazione di suo fratello e perché no da un periodo di
incomprensioni con la sua bff Rose che Elena proprio non riusciva ad odiare tanto era adorabile.
La colpa era di lui ovviamente, eccessivamente possessivo che buttava all’aria
ogni sua nuova relazione per poi lasciarla lì e finire tra le lenzuola di
Elena.
Una situazione che si stava facendo
pesante al punto da aver spinto la ragazza a prendersi una pausa da tutti- Liam
compreso- e attendere settembre per vedere che cosa sarebbe cambiato. E ora,
immersa nei suoi pensieri, aggrediva i vestiti per farli entrare nelle valige
suscitando l’attenzione della bionda davanti a lei che preferì non proferire
parola non avendo intenzione di litigarci per le lunghe ore che le dividevano
da Mystic Falls. D’un tratto sussultarono quando il cellulare di Elena,
abbandonato sul comodino in mezzo ai loro letti, iniziò a squillare attirando
l’attenzione di entrambe che si irrigidirono - per
motivi diversi- a leggere quel nome sul display. Elena dovette mordersi le mani
per non rispondere suscitando lo sguardo comprensivo di Caroline.
-Direi che possiamo andare-
La brunetta pensierosa, intenta a fissare
la chiamata persa, si riscosse e guardò l’amica che le sorrise appena.
-Sì, direi di sì-
-Faccio io-
Caroline prese la valigia dell’amica e la
mise accanto alla sua, poi raccolse le ultime cose e osservò Elena fare
altrettanto avvicinandosi quasi con sospetto al cellulare sul comodino temendo
che prendesse nuovamente vita.
Chiusero la stanza controllando di aver
portato via tutto e scesero con quel che rimaneva del loro primo anno alla NYU.
Il resto era stato già spedito giorni prima. Arrivarono sulla strada e Caroline
si lanciò per fermare un taxi quando il cellulare di Elena prese nuovamente
vita.
-Dannati newyorkesi cosa
devo fare, spogliarmi per farli fermare?-
La bionda sbottò solitaria, ma cambiò
espressione quando finalmente un’auto gialla si fermò e il tipo scese a caricare
le loro valige. Elena sentì a malapena le chiacchiere di Caroline continuando a
guardare, dubbiosa sul da farsi, quel nome che illuminava il telefono tra le
sue mani.
Era insistente quando ci si metteva, così come era bravo a ignorare lei altre volte.
Un moto di rabbia la fece borbottare ad
alta voce attirando l’attenzione dell’amica.
-Elena o rispondi o ti dai pace-
Alzò i suoi occhi neri su quelli azzurri
che la fissavano sbrigativi e anche un po’ esasperati.
-Io l’ho fatto
Elena, ho scelto me...invece di farmi rovinare la salute dall’indecisione di Klaus-
-Lo so-
Sospirò a fondo e bloccò il telefono
ignorando la chiamata.
La
bionda sorrise e
salirono sul taxi; mentre conversava col tassista e rispondeva alle mille
chiamate della madre ad Elena arrivò un messaggio dall’insistente.
-Sfioriamo lo stalking-
Lesse il messaggio e le venne voglia di
picchiarsi per il sorriso che le sfuggì.
"Mi sto per beccare una denuncia per stalking, risparmiami questa
umiliazione e rispondi"
Dannato, dannato,
dannato.
Rispose agile.
"Sto per chiamare la polizia"
"Devo parlarti"
"Da quando sei così veloce nelle
risposte?"
"Da quando tu fai la difficile"
"La situazione lo richiede,
direi"
"Dove sei"
"Sicuramente non con te"
"Elena ti devo
parlare"
"Bè dovrai
aspettare il mio ritorno "
"Stai partendo?"
"Il Jfk ha pronto un volo per la Virginia, perfetto non
trovi?"
"Stai scappando"
"Sto tornando a casa"
"Comprensibile, ma potevi
salutare"
"L'ho fatto, non sei stato attendo
Salvatore forse eri impegnato in altro"
Colpo basso dritto al centro.
Alzò lo sguardo dal telefono ignorando per
un istante qualunque frase idiota stesse per propinarle; Damon amava essere
provocato ma non in quel modo, non nei punti in cui lei era solita colpirlo
perché non poteva difendersi.
Osserverò la città scorrerle negli occhi e
un senso di nostalgia stringerle il cuore. Aveva salutato Liam il giorno prima
e quando era andata all’appartamento di Damon aveva
trovato una sorpresa- pensierino: solo nei film ci di presenta a casa della
gente senza avvertire- dai rossi capelli e occhi chiari al posto di lui, era
stato più che sufficiente per farla fuggire e smettere di rispondere alle sue
chiamate. Sapeva che era sciocco, che Rose lo conosceva da tutta la vita, che
era la Joey di Dawson e non di Pacey
come tendeva sempre a sottolineare Rebeka per rinforzare il concetto di amica
del cuore. Ma questo non le aveva impedito di sentirsi mancare la terra sotto i
piedi e scappare da un rapporto instabile e perennemente esposto ad ogni intemperia.
Ritornò con lo sguardo sul display,
nessuna risposta.
Si era spinta troppo in là lo sapeva bene,
ma non si pentiva di questo aveva ragione Caroline la vita ti viene incontro,
prende l’iniziativa poi c’è la tua libertà nel giocarti tutto e lui era decisamente un pessimo compagno di squadra.
Scesero dal taxi e valige in mano si
diressero al check-in, mancava la consueta ora di attesa al volo e caroline era
intenzionata a vagare per il duty free del gate non appena lo avessero aperto.
Elena in fila accanto alla bionda che si sventolava coi
loro biglietti sospirò pensando al tempo che la divideva da lì a casa e soprattutto
non aspettava altro che salire sull’aereo e poter spegnere il cellulare così da
non fissare tipo maniaca lo schermo, sperando che un certo tipo le scrivesse.
Finito il check-in e imbarcate le valige
si diressero verso il gate anche se non era
esattamente facile, data la grandezza dell’aeroporto, raccapezzarsi in quella
confusione; ma tanto avrebbe pensato a tutto Caroline.
-Ho appena sentito Bonnie, ha detto che
viene lei a prenderci a Richmond! Ancora non è partita e ovviamente ci aspetta-
-Ottimo!-
Bonnie frequentava la scuola di cucina a Richmond
così da poter agilmente trovarsi a Mystic Falls e aiutare sua nonna nei momenti
di bisogno.
Era stata una scelta difficile,
ma utile ai fini della locanda stessa. Non aveva mai incontrato qualcuno
con spirito di sacrificio e senso del dovere quanto Bonnie, quella equilibrata
e saggia del trio. Non aveva mai giudicato i suoi errori o scelte comprendendo
bene l’indecisione di Elena e consigliandole senza mai soffocarla.
Finalmente riuscirono a individuare il
gate e cominciarono ad attraversare l’intero aeroporto essendo dalla parte
opposta. Elena spippolò sul telefono rispondendo ad un
messaggio di Jeremy che le chiedeva a che ora avesse il volo per aggiornare i
genitori e non si accorse che Caroline aveva inchiodato in mezzo al grande
corridoio finendo per sbatterle contro.
-Ehi Care ma che fai!-
Elena alzò la testa mettendosi a fianco
dell’amica che aveva la faccia da "hanno venduto il vestito che avevo puntato". Così segui
lo sguardo azzurro fino a un punto davanti a loro e per poco non cacciò un
urlo.
Non sai come si reagisce a certe cose che,
diciamoci la verità, succedono solo nei film e nei
racconti. Cosa si fa davanti allo stronzo che ti si palesa all’aeroporto dopo
che lo hai mentalmente infamato un numero di volte più che sufficiente per
esserti guadagnata un biglietto per l’inferno?!
Una testa nera e sotto due specchi d’acqua
erano piantati a pochi metri da loro fissandola
divertiti, e lei in quel momento non vide che lui, aveva vagato distrattamente
tutto il tempo avviluppata da un certo malessere che adesso l’aveva colpita
come un’onda impazzita portandola sott’acqua.
Effetto Damon.
Dannazione.
Caroline si voltò di scatto verso Elena
con gli occhi iniettati di una strana ira, ma una volta letto lo stupore misto
a titubanza si era subito ammorbidita.
-Vado al gate intanto, vedi di non perdere
il volo ti prego-
La superò e raggiunto Damon gli bisbigliò
qualcosa che lo fece ridere.
Elena avanzò verso di lui a piccoli passi.
-Vuoi davvero beccarti una denuncia, eh
Salvatore-
-Con te bisogna sempre essere drastici-
Lei alzò un sopracciglio, sufficiente per
ribattere all’assurda osservazione appena fatta. Lei eh, era quella richiedeva
rimedi estremi. Si incamminarono lentamente verso il
gate.
-Come mai sei qui? Vai da qualche parte?-
-Non lo so Gilbert, pensavo di fare una
vacanza magari in Virginia-
-Damon seriamente-
Si fermò, voltandosi verso di lui a
braccia conserte, tipico atteggiamento ostile di Elena. Lui di tutta risposta
fece roteare gli occhi al cielo in modo esasperato.
-Elena seriamente, secondo te perché sono
qui? Ti chiamo, non rispondi, sapevo che dovevo partire in questi giorni e…non
lo so volevo vederti-
-Perché-
-Perché mi andava-
Sgranò gli occhi chiari ricevendo da lei
un respiro strozzato.
-Bè adesso mi hai
vista, ci vediamo a settembre-
Lei fece per voltarsi e superarlo, ma lui l’afferrò per un braccio.
-Aspetta-
Elena si voltò.
-Cosa-
Non ci riusciva, non riusciva
a dirle di quanta paura avesse, delle crepe nel suo muro che lei
silenziosamente gli aveva inflitto, non riusciva a lasciare andare Rose che c’era
da tutta una vita per quegli occhi di cioccolata che gli avevano spalancato un
mondo di possibilità.
Niente lo spaventava più di quell’umanità
pulsante sotto la pelle che lei gli aveva tirato fuori senza chiedere permesso.
Quello non poteva farlo, ma poteva
arrivare a lei nell’unico modo che conosceva così la
strattonò a se baciandola.
Il tempo di un respiro.
Poi la lasciò andare non abbandonando
quegli occhi imploranti.
Come quella sera che si erano
visti a Central Park ricoperto di neve e lo aveva sentito litigare a telefono
con suo fratello per una certa Kathrine e aveva incrociato il suo sguardo
liquido e preoccupato e dopo avevano litigato loro due perché lei non aveva fatto
altro che rimarcare quanto l’amore per suo fratello non potesse essere solo un
istintivo bisogno di proteggerlo, ma anche comprensione e accettazione delle
sue scelte. E lui era rimasto lì con il fiato sospeso e denso per il freddo di
fine febbraio e gli occhi furiosi piantati su di lei che lo guardava fiera,
senza intercedere di un passo e con quello stesso implorante desiderio di
lasciarsi amare da lei.
Adesso non c’era il freddo, non c'era un litigo con Stefan tra loro ne tanto meno la rabbia malcelata
di lui per il suo appuntamento con Liam il giorno di San Valentino a dividerli,
ma solo la sua profonda paura del cuore che pulsava dentro.
Elena rimase immobile con le gambe
piantate a terra.
-Ci vediamo a settembre-
Le sorrise appena, superandola e sparendo
nella folla di viaggiatori.
Elena dovette respirare una serie di volte
prima che il suo cervello desse alle gambe l’input di
muoversi.
***
-Che cosa ha fatto?-
L’urlo di Caroline fece voltare mezzo
aereo nella loro direzione, ma l’unica a cui importava
era una alquanto imbarazzata Elena che tentava inutilmente di bloccare le
braccia dell’amica, colte da uno spasso gesticolante.
-Urli più forte se usi il diaframma-
-Oh Elena, non puoi continuare a cascarci-
-Era solo un bacio non gli ho mica detto
che lo amo-
La bionda la gelò, facendola rimpicciolire
sul sedile.
-Oh che rabbia, ci sa proprio fare non c’è
che dire-
-Sai che ti sei appena contraddetta-
-Dire a un ladro esperto che ha abilità da
Lupin non è riconoscere che sia una qualità Elena –
Caroline incrociò le braccia stizzita,
puntando gli occhi sul poggiatesta davanti a lei, a quel punto ad Elena non poté che scappare una risata finendo per contagiare
inevitabilmente anche l’amica. Si rilassò contro il sedile e gettò
distrattamente lo sguardo fuori dal finestrino sentendo il corpo cedere sotto
il crollo di adrenalina. Damon poteva sfiancarla più di una corsa tra le stradine
di Central Park.
Chiuse appena gli occhi cullandosi nei
ricordi proprio di quel parco, come quel pomeriggio di marzo in cui l’aveva chiamata.
-Che stai facendo?-
-Teoricamente studio-
-E in pratica?-
Penso a te. Non dirlo Elena, si morse un labbro.
-Parlo con te-
-Decisamente meglio di qualsiasi cosa noiosa tu stia
studiando-
Elena gettò un occhio sugli appunti di macro economia,
storpiando la bocca.
-Una volta tanto sono d’accordo con te-
-Come sarebbe a dire? Direi che siamo piuttosto...affiatati-
Il cellulare le scottò l’orecchio, avvampando per quel
soffio sospirato a fior di labbra. Anche se era dall’altra
parte del telefono avverti quel brivido che le dava il suo respiro contro la
sua pelle.
-Tu che stai facendo?-
-Un sacco di niente-
-Oh e poi sarei quella che- cito- "studia ergo
non fa una beata mazza dalla mattina alla sera"-
Lo senti ridere e questo inevitabilmente la contagiò.
-In quel quaderno ci scrivi gli appunti di lezione o
le mie frasi?-
Alzò un sopracciglio perplessa
e poi si guardò intorno frugando tra i passanti.
Ok non stava per sbucarle alle spalle.
-Divertente-
-Dai chiudi quei dannati libri tanto non passerai mai
il test di macroeconomia-
-Oh grazie tante Damon-
-Sei una frana con i numeri
tesoro-
-E tu che ne sai-
-Sei stata mezz’ora a grattarti la testa fissando
selvaggiamente il libro-
Di nuovo si guardò intorno.
-Dove sei Damon?-
-Tu chiudi il libro-
-Questa cosa che mi spii è inquietante sappilo-
-Però ti piace-
Gli occhioni scuri rotearono al cielo.
-Non fingere di essere scocciata-
Tornò a guardarsi intorno e poi il bagliore del sole
sulle vetrate dei palazzi attirò la sua attenzione.
-Oh cielo mi stai spiando dal
tuo appartamento??-
-Non fare la drammatica-
-E tu il pervertito-
Damon, appostato alla grande vetrata, binocolo alla
mano, l’aveva casualmente individuata mentre si impiccava
del mondo comodamente seduto in poltrona.
-L'hai visto "la
finestra sul cortile”?-
Elena puntò gli occhi con fare risoluto verso il
palazzo di Damon.
-L'hai visto "il tipo
che frequento è un guardone"?-
Si pentì l’istante dopo, aveva davvero detto che
frequentava Damon? Era vero dopotutto, ma con lui non si potevano mai dare
etichette. Lo sentì esitare al telefono e debole della sua posizione esposta, dato che lei invece non poteva vederlo, si voltò verso i
propri libri e li sistemò.
-Dai "tipa che frequento" ti aspetto sotto-
Sospirò grata che lui l’avesse buttata sullo scherzo.
Prese le sue cose e corse verso di lui sempre con quel magone
sullo stomaco, come se ogni volta fosse la prima.
Effetto Damon Salvatore, era stata contagiata anni
prima e l’aveva incubato bene.
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Ciao a tutti!!
Scusate l’attesa ma rieccoci qua! Anzitutto voglio
ringraziare caldamente tutti quelli che leggono, seguono, commentano la mia
storia, per me è importante vedere che, seppur piccolo, ha comunque un seguito
di persone e che riesco ad arrivare magari a stuzzicare l’interesse e la
curiosità di qualcuno! Per restare fedele ai miei salti temporali siamo andati avanti di qualche mese rispetto all’incontro
tra Damon ed Elena la sera della festa di Rebeka e attraverso il momento che
stanno vivendo, racconterò cosa è accaduto nel buco di quei mesi per poi
tornare al famoso presente che lascerò sospeso per un po’ che vi sto già confondendo abbastanza!
La battuta che fa Caroline “urli più forte
se usi il diaframma”, è di gentile concessione di Buffy XD!
Grazie ancora,
Eli