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Autore: the Matrix Restored    26/01/2015    4 recensioni
"È che non riesco a continuare a vivere in mezzo a gente che abbraccia e coltiva l'apatia come se questa fosse una.. una virtù. [...] L'apatia è una soluzione, insomma è più facile stordirsi con qualche droga piuttosto che dover affrontare la vita; è più facile rubare quello che si vuole piuttosto che guadagnarselo. È più facile picchiare un figlio che educarlo. Diamine! L'amore costa, costa impegno, lavoro.."
-Se7en
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FANGO
 

Buio. È da quando sono qui sotto che non vedo una luce vera e propria. Un buio infame. Ogni tanto arriva qualcuno di quei disgraziati che devono attraversare la porta della città, dall’altra parte della palude, e così i bagliori del fuoco mi permettono di dare un’occhiata intorno. Gli occhi, in ogni caso, si sono assuefatti all’oscurità, e così sono riuscito a farmi un’idea dell’ambiente.

Fango. Il fango è la cosa peggiore. Si ha l’impressione costante di affondare, eppure si è sempre lì, fermi alla stessa profondità in un’acqua limacciosa e putrida, insondabile alla vista. E proprio per quest’ultimo motivo la gente diventa molto suggestionabile: il movimento di un’alga, o di uno di quei dannati che sono sommersi del tutto diventa chissà quale diavoleria pronta a farti provare le pene più atroci. E così l’aria è piena di grida terrorizzate del tutto vane. Ora sono qui, ossessionato dall’incubo di finire sotto queste acque maledette, senza possibilità di fare altro se non annaspare disperatamente e pensare. Pensare, ricordare di quando ero ancora là sopra, fuori da questo buco infernale, dove l’aria era limpida e non nerastra e morta, dove la primavera con i suoi fiori e i suoi profumi tornava sempre a rischiarare il buio invernale, dove le urla e i lamenti non erano l’unico suono che risuonava nelle mie orecchie. Ora che sono imprigionato in questa immobilità piatta, monotona, fangosa, solo ora mi rendo conto di quanto la vita fosse in realtà un idillio di sensazioni, maestoso nella propria varietà e pienezza. E mi rendo conto con rimorso di aver sprecato il tempo che mi fu assegnato in quel mondo senza apprezzarlo, chiudendo occhi e orecchie di fronte a un tale spettacolo. Proprio per questo mio nascondere la testa, al modo degli struzzi, vissi la mia vita saltellando da un impulso all’altro, rifiutando ciascuno di essi con le scuse più disparate.

Ricevetti in dono, alla nascita, la dote di un’intelligenza fuori del comune, il che mi permise, durante la mia infanzia, di primeggiare con poco sforzo tra i miei coetanei in fatto di rendita scolastica. Mi furono proposti diversi interessi, che io sistematicamente lasciai decadere senza remore una volta esaurita la carica iniziale dovuta alla novità. Fu così che intrapresi una mezza dozzina di discipline sportive, e imparai i rudimenti della pratica di altrettanti strumenti musicali, ma nessuna di queste attività riuscì a catturare la mia attenzione per più di un anno. Inesorabilmente, l’infanzia terminò, sfociando nell’adolescenza, e con essa cessò il potere propositivo dei miei genitori. Il misero impegno scolastico cominciò a intaccare i risultati frutto della dote naturale; gli ultimi rimasugli degli interessi fasulli che nel periodo precedente avevo mantenuto si estinsero del tutto; la ‘scoperta’ di internet e dei social network incominciò come un mostro a cibarsi delle mie giornate senza che nulla, genitori e amici compresi, potesse impedirglielo. Evitavo gli appuntamenti inventando scuse assurde, e passavo il tempo così risparmiato attaccato allo schermo. Vissi i primi ‘amori’ in modo passivo e quasi inconsapevole, mai vera passione ma piuttosto un semplice cedimento alle attenzioni della ragazza di turno. Quando anche questo periodo volse al termine, e fu il tempo delle scelte più importanti, gli anni di immobilità e fangosa staticità psicologica avevano gettato il mio cervello in una palude, lasciandomi un’ingiustificata sensazione di fiacchezza. Questo mi indusse a chiudere con gli studi e non iscrivermi ad un’università, scialacquando tempo e denaro in divertimenti vuoti e ancora una volta passivi. Presi a frequentare le discoteche in balìa di una compagnia di amici fasulli, vendetti la mia anima e la mia salute all’alcol e al fumo, accettai a poco più di venticinque anni la proposta di matrimonio di una ragazza conosciuta in discoteca e vissi da mantenuto per i cinque anni successivi, senza darmi da fare per cercare un lavoro, lamentandomi per le disgrazie che la vita mi infliggeva senza ammettere di essermele procurate da solo. Una sera, a trentuno anni, un’alleanza fatale tra alcol e gradini scivolosi ebbe pietà di me. La mia vita ebbe fine così, sul pianerottolo di un condominio anonimo, dall’intonaco scrostato, senza mai essere davvero cominciata. Ebbi un funerale cristiano, in una chiesa quasi deserta. I miei ‘amici’ erano probabilmente in qualche locale a scolare birra e giocare a poker, forse neppure si erano resi conto che mancassi.

Questi sono i ricordi che, adesso che davvero non ho la possibilità di fare nulla, riempiono la mia anima di rimorso e di rancore verso quello che fui. Perché quando si ha un’opportunità, la peggior cosa che si possa fare è sprecarla.
   
 
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