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Autore: lasognatricenerd    26/01/2015    2 recensioni
E se Harry Potter fosse stato smistato in serpeverde?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Uhm… Slytherin!
 
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che Harry Potter aveva preso il treno per andare ad Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria. Erano passati 19 anni, per la precisione, 19 anni da quando era riuscito a sconfiggere Voldemort. La pace regnava sovrana da un un po’ di tempo e per fortuna sembrava andare tutto bene per adesso, anche se non si era mai pronti a lasciare andare del tutto l’attacco. Sicuramente, in giro, c’era ancora qualche suo seguace che avrebbe cercato in tutti i modi di portarlo indietro, ma Harry sapeva che questa volta era la fine per quel tipo di male. Non poteva di certo dire che fosse la fine di ogni male, perché di quello, purtroppo, ce n’era sempre in circolazione. Ma per Voldemort non c’era più speranza: aveva distrutto tutti gli Horcrux e, fino a prova contraria, Tom Riddle era comunque un uomo, pieno di ideali malvagi, ma pur sempre un uomo che aveva compiuto la sua vita facendo del male alla gente, anche se a lui pareva giusto, insieme a tutta la schiera dei suoi mangiamorte.  Harry era riconosciuto da tutti come l’eroe che aveva salvato il mondo da un’entità così oscura da mandarlo a scatafasci. Era famoso e, nonostante fosse passato tanto tempo, ad ogni anniversario finiva sul giornale con una nuova intervista. Tutti gli anni diceva le stesse cose, ma lui era felice di poter far sapere a tutti quanto fosse soddisfatto che il mondo, per ora, andasse avanti come al solito, solo con i problemi quotidiani che potevano essere risolti con un movimento di bacchetta, anche lieve.
Aveva oramai oltrepassato la colonna della stazione di King’s cross per comparire al binario 9 e ¾ e accompagnare i suoi tre figli verso il treno, in modo che avrebbero potuto cominciare la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Era un’emozione per tutti, non solo per lui: anche Ron ed Hermione erano emozionati ed era proprio come tornare indietro nel tempo. Avrebbe voluto più di qualsiasi altra cosa al mondo tornare ad Hogwarts e rivivere quegli anni, magari con più tranquillità e senza l’ansia di vedere Voldemort ritornare per l’ennesima volta. Ma comunque non si pentiva di niente di quello che aveva fatto in quella scuola ed era felice di lavorare al Ministero al fianco dei suoi migliori amici.
- Papà… - Questo era Albus Severus che lo chiamava. Harry si guardò un attimo intorno e poi si avvicinò al figlio, inginocchiandosi davanti a lui in modo che potesse arrivare alla sua altezza e guardarlo direttamente in quegli occhi così chiari e splendidi, sicuramente. – Dimmi tutto, figliolo. – Lui abbassò lo sguardo verso i propri grossi bagagli, arrossendo sulle gote come se fosse timoroso o si vergognasse di dire quello che effettivamente volesse dire. – E se finisco in Grifondoro? – Harry sapeva che era arrivato il momento di spiegargli ogni cosa. – Albus, porti il nome di due grandi presidi, ed uno di loro era Grifondoro. Non devi preoccuparti di nulla. Mamma era di Gridondoro e papà di Serpeverde, ma questo non ci ha ostacolati… -
 
11 anni e la lettera per Hogwarts era arrivata. Ancora non poteva crederci di essere un mago, proprio come un gigante di nome Hagrid gli aveva annunciato. Era stato subito entusiasta di sapere che poteva essere qualcun altro, piuttosto di vivere in continuazione nel sottoscala di Privet Drive con i suoi zii. Lo zio Vernon aveva detto che non l’avrebbe mandato affatto in una scuola del genere, perché non aveva intenzione di pagargli qualcosa che odiava terribilmente. Okay, non lo aveva detto esplicitamente, ma la sua faccia non era molto difficile da interpretare. Lo aveva sempre saputo, fin dall’inizio, ma mai e poi mai ne aveva parlato con Harry, con suo nipote, come se fosse una cosa leggera e di poca importanza. Ma un’altra bellissima e nuova notizia lo aveva raggiunto: i suoi genitori gli avevano lasciato dei soldi alla Gringott, la banca dei maghi. Era così felice che continuava a sorridere in continuazione, tanto che le mascelle avevano preso a fargli male. Ben presto scoprì che la scuola era divisa in quattro casate: Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero.
Hagrid gli aveva spiegato tante cose e lui aveva ancora paura di sognare. Paura di alzarsi da un momento all’altro e rendersi conto di essere ancora nel sottoscala e zia Pentunia che lo chiamava per fare colazione. Avrebbe fatto un male tremendo, ma almeno per una frazione di secondo era stato pieno di felicità spontanea: e questa era davvero rara, se non unica.
I suoi zii avevano occhi solo per il loro unico figlio mentre Harry era solo una palla al piede, un peso, niente di cui preoccuparsi davvero. In qualche modo lui voleva bene ad essi, se solo fossero stati più gentili. Ne sarebbe stato anche particolarmente felice, ma evidentemente era come se chiedesse troppo. Erano gli unici parenti che aveva al mondo ma appena sarebbe stato abbastanza grande ed avrebbe avuto un po’ di denaro da parte se ne sarebbe andato.
Per frequentare Hogwarts aveva dovuto comprare un sacco di cose strane che fino ad allora non sapeva nemmeno della loro esistenza, ma era tutto meraviglioso. Ancora non poteva crederci di essere ciò che gli avevano detto che fosse.
Alla fine era finito alla stazione di King’s Cross ed Hagrid era sparito nel nulla, lasciandolo dunque da solo, disperso e particolarmente spaesato, in quanto non aveva idea di quale treno prendere. Il biglietto che l’uomo gli aveva lasciato aveva il numero del binario, ma non era possibile, perché non esisteva il binario 9 e ¾ . Non seppe come, riuscì ad individuare una famiglia di rossi che oltrepassavano, uno ad uno, una colonna della stazione e si rese conto che forse era proprio ciò che stava cercando, perché se quella non era magia, non aveva idea di cosa potesse essere. E così, mentre correva verso la colonna insieme al carrello, pensava a come sarebbe stato il resto dell’anno, quando restò a bocca aperta: era riuscito ad oltrepassarla ed ora si trovava in un altro binario. Dopo aver alzato lo sguardo e notato il numero di questo, gli venne da sorridere: 9 e ¾.
Stava entrando sempre di più in un mondo a lui sconosciuto ma che ben presto sarebbe diventata la sua vita. Un po’ timoroso era entrato sul treno, ma non si era rivelato affatto noioso: aveva fatto conoscenza. Il ragazzo che gli aveva chiesto se fosse libero il posto davanti a lui, si chiamava Ronald Weasley e lo aveva riconosciuto subito a causa della cicatrice sulla fronte. Ancora non poteva contemplare come la gente sapesse di tutto questo, come potesse essere così realmente famoso. Fu così anche per un’altra ragazza che era entrata nel vagone dicendo loro di indossare le divise perché presto sarebbero arrivati. Sperava solo di non avere tutti questi occhi addosso una volta entrato.
Li fecero dividere in gruppi una volta scesi dal treno e furono trasportati fino alla scuola in delle piccole barchette: il panorama che Harry aveva davanti era il migliore che avesse mai visto in vita sua. Il castello era enorme, spettacolare ed ogni finestrella era illuminata. Non sapeva come fosse arrivato nella suddetta “Sala Grande” troppo impegnato a guardarsi intorno ed ascoltare il discorso della professoressa Mcgranitt.
Si erano come messi in fila davanti ad un cappello parlato e proprio quest’ultimo li avrebbe smistati nelle casate. Si chiedeva in quale sarebbe finita lui. Intanto, lui e Ronald, scoprirono il nome della ragazza: Hermione Granger, smistata in Grifondoro. Dopo alcuni ragazzi, toccò a lui. Molti lo fissarono e tutta la sala si strinse nel silenzio. Non era affatto un buon segno. Avanzò, lentamente, guardando il cappello parlate. Si sedette sullo sgabello e se lo fece appoggiare sopra la testa. “Difficile, molto difficile… Coraggio da vendere, vedo, e anche un cervello niente male! C’è talento, oh sì. E desiderio di mettersi alla prova… Ma dove ti colloco?!”
Harry restò in silenzio, senza sapere che fare o che dire. Si sentiva a disagio sotto lo sguardo di tutta quella gente che lo esaminava come se potesse scoppiare da un momento all’altro. Infine aspettò, ci fu un silenzio troppo imbarazzante. “Diciamo… Serpeverde!”
Il tavolo indicato dai colori argento e verde si alzarono in piedi, applaudendo il nuovo arrivato, felice che Harry Potter fosse con loro. Mandò uno sguardo a Ronald che gli aveva detto parole molto critiche, prima: quella casata erano per i sangue puro, o per quelli che un giorno sarebbero stati dalla parte del male.
Forse, per una volta, il cappello parlante aveva sbagliato. O più semplicemente, aveva deciso di cogliere una sfida. 

- Quindi… Va bene qualsiasi casata? –
Albus sembrava davvero preoccupato dalla risposta del padre, ma lui lo rassicurò con una pacca sulla spalla. – Qualsiasi. -
   
 
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