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Autore: verystrange_pennylane    28/01/2015    10 recensioni
Paul McCartney conduce una vita praticamente perfetta: lavora come professore in un paesino della Scozia, è stimato e ben voluto da tutti e sta per sposarsi con l'amore della sua vita, Linda.
Quello che non sa è che, in diretta nazionale, il suo migliore amico Ringo farà una dichiarazione su di lui che gli cambierà per sempre la vita. E che farà crollare tutte le sue certezze, una volta per tutte.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Everybody's Got Something to Hide

Capitolo 2



 
La domenica di Paul trascorse tra chiamate ignorate, parecchie chiamate ignorate, e una serie di tisane per riprendersi dal dopo sbronza.
Verso le sei, mentre sorseggiava l’ultima tazza di infuso al finocchio, provò a mettersi a correggere i compiti dei ragazzi, senza risultato. Concentrarsi era difficile, se non impossibile.
E pensare che aveva bellamente deciso di ignorare la televisione, perché sapeva che avrebbe beccato un servizio su Ringo, o sui Bafta, o su entrambi.
Dopo la cena dunque si era dedicato all’ascolto di qualche vinile, aveva strimpellato al pianoforte, e si era ritrovato a letto, sotto le coperte, incapace di chiudere occhio.
Il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare il lavoro, i colleghi, i ragazzi.  Come avevano preso tutti la notizia?
Continuava a fissare il soffitto, alla ricerca di un sollievo dai suoi pensieri.
Alla fine si liberò con uno scatto delle coperte, si alzò in piedi, e si mise allo specchio, puntando il dito contro il suo riflesso.
“Parliamoci chiaro,Paul McCartney. Nessuno ti giudicherà solo perché un attore famoso, in diretta nazionale, sul principale canale della televisione inglese, ti ha dato dell’omosessuale. Basterà arrivare a scuola e spiegare che non è vero, che probabilmente quella strana associazione era frutto di una qualche pasticca di acido, o di una trovata pubblicitaria del suo nuovo agente.
Inoltre, basterà ricordare che non c’è nulla di male se un professore dovesse essere gay: il Regno Unito è un paese tollerante, che accetta le minorità sessuali e culturali. Potrebbe essere uno spunto interessante per una lezione di Linda o del professor Mustard.
Certo, certo. Nessun problema. Io arriverò, estremamente sereno e sicuro di me stesso. Se qualcuno tirerà fuori l’argomento, ci faremo una grassa risata insieme. Ricordati, Paul, che sei un professore eterosessuale di 34 anni, che sta per sposarsi con la propria fidanzata storica. Tu ami Linda, tutti lo sanno. Nessuno avrà creduto a quella stupida storia!”
Il monologo proseguì per parecchi minuti, finché gli occhi si fecero più pesanti e Paul sentì che finalmente avrebbe dormito sonni sereni.
E così fu.

La mattina la sveglia suonò, e già alle prime note di “I want to break free” Paul aveva aperto gli occhi, pronto per alzarsi e affrontare l’ennesima giornata lavorativa.
Solo mentre tostava una fetta di pane, sorseggiando del succo di arancia, si ricordò esattamente perché quella giornata non era uguale alle altre.
E non era solo perché alla mensa avrebbero servito il Pasty vegetariano.
Avrebbe dovuto affrontare un centinaio di adolescenti e spiegare loro che no, non era gay. E sì, avrebbe sposato Linda. No, trovava Barbra Streisand a malapena accettabile. E sì, Ringo era un drogato.
Ripeté quel mantra tra sé e sé mentre si lavava i denti, mentre si vestiva e persino a cavallo della propria bicicletta. Era riuscito anche a dargli un motivetto simpatico, e l’aveva trasformato in una canzone. La canticchiò allegro, finché pedalava in prossimità del liceo.
Peccato che neanche il tempo di scorgere il cortile, e la canzoncina gli morì sulle labbra, assieme al suo sorriso.
La scuola era circondata da furgoncini bianchi, da cui uscivano giornalisti e cameraman, con grandi microfoni e telecamere. Entrare era pressoché impossibile, se non facendosi largo con uno sfollagente.
E lui non sarebbe mai ricorso alla violenza, soprattutto perché implicava macchiare la sua giacca color cachi.
Doveva essersi soffermato un minuto di più a studiare la situazione, poiché una giovane donna lo adocchiò e, richiamando l’attenzione del suo cameraman, gridò a gran voce:
E’ lui, il professore gay!”
Paul sgranò gli occhi e, risalendo velocemente sulla bicicletta, pedalò lontano da quel marasma.

Mentre girava attorno al palazzo, cercando un modo per arrivare alla sala professori senza passare tra i giornalisti, Linda lo chiamò al cellulare.
Paul, dove sei?”
La donna stava gridando alla cornetta per riuscire a farsi sentire, tanto era il caos in sottofondo.
“Sono dietro la scuola, devo trovare un modo di passare dal retro, Linda! Cosa diavolo sta succedendo?”
“Vogliono tutti parlare con te, vogliono intervistarti! Oh, è terribile!”
Ogni professore della sala sembrava non voler far altro che dare consigli a Paul, aumentando il suo mal di testa e la sua confusione mentale.
Alla fine, il professor Kite prese la parola, strappando il cellulare dalle mani di Linda. Gli gridò nelle orecchie di scavalcare il muretto, in una parte in cui era più basso. Lui l’avrebbe atteso dall’altra parte, pronto a dargli una mano.
Paul non era molto convinto, non gli sembrava un’idea poi così straordinaria, ma le grida nel telefono si erano fatte così forti, che la diede vinta all’insegnante di ginnastica.
L’orologio della chiesa di Campbeltown rintoccò le otto, le lezioni erano in procinto di iniziare e Paul stava cercando di scavalcare per la quarta volta il muretto.
Stava sudando, aveva il fiatone e malediceva il giorno in cui aveva smesso di giocare a cricket. L’idea di buttarsi in pasto ai giornalisti ora non era più tanto spaventosa come prima, si trovò a pensare, asciugandosi la fronte col suo fazzoletto di stoffa.
Un clacson, all’improvviso, richiamò la sua attenzione, facendolo quasi morire di infarto.
Era George, con la sua Mini del ’67, la macchina che diceva di amare più della sua stessa vita.
Con uno scatto veloce spalancò la portiera, facendogli cenni confusi per spronarlo ad entrare.
“George, cosa diavolo?”
“Lascia perdere Kite e quegli altri. Ho avuto un’idea io.” Disse, lisciandosi la barba e i baffi.
“Cos-?”
“Sei pronto, Macca? Allacciati la cintura.” Un ultimo sguardo d’intesa. Poi, premendo forte sull’acceleratore, in una nube di fumo, partì.
Entrarono dall’ingresso principale, mentre Paul pestava i piedi sul suo tappetino, cercando un freno che non c’era. George cominciò a girare in tondo con la macchina, cercando di schivare giornalisti e cameraman, sollevando sabbia e polvere. Gli alunni intanto, dalle finestre, sembravano apprezzare molto la scena, e accompagnarono i giri della Mini con applausi e grida.
Dopo quella che sembrava un’eternità, George inchiodò davanti all’ingresso e spinse Paul fuori dalla sua macchina, invitandolo a correre al riparo dentro la scuola.
Paul all’inizio faticò a trovare l’equilibrio e la stabilità, e inciampò al primo gradino, rischiando di cadere a terra come un sacco di patate. Poi, al secondo scalino si riprese, e riuscì ad arrivare alla porta, chiudendola con un tonfo.
Dentro, una folla di ragazzi e professori lo stava aspettando.
Ma stava succedendo davvero, o stava ancora sognando? Si pizzicò la guancia.
No, era la realtà. Dannazione.

Fare lezione fu più difficile del previsto. Già arrivarci, alla classe, non era stato facile. Aveva dovuto schivare parecchi curiosi, che non facevano altro che porgli domande riguardo sabato sera.
“Le sono piaciuti i Bafta? Li ha guardati, i Bafta? E’ stato contento delle premiazioni dei Bafta? E il discorso di Ringo ai Bafta?” insomma, Paul stava rischiando di andare fuori di testa.
Perciò era stato molto chiaro e diplomatico, appena entrato in classe.
“Ragazzi, un po’ di attenzione. Prima di iniziare, mi sembra giusto fare un appunto: io non sono gay e non so perché Ringo abbia detto quelle cose. Ora proseguiamo la lezione come se nulla fosse successo.”
Neanche il tempo di finire quella frase che alcune mani si erano alzate per intervenire.
A prendere la parola per primo fu Stuart Sutcliffe, uno degli studenti più talentuosi che Paul avesse mai avuto, nonostante passasse la maggior parte delle lezioni a disegnare e a farsi i fatti suoi. Si sistemò il ciuffo, buttò via la gomma da masticare, e dopo una lunga pausa drammatica si decise ad iniziare il discorso.
“Sa, prof, ci ho pensato a lungo. Ho capito perché Ringo Starr ha pensato che lei fosse gay. Innanzitutto quei cravattini, non si possono vedere! Andiamo, li abbina sempre alla sciarpa e alla giacca, chi altro potrebbe farlo? Per non parlare del suo taglio di capelli, mai con un ciuffo fuori posto! Le ciglia folte e gli occhioni che si ritrova non aiutano affatto, di quello non ne parliamo nemmeno!
Ha fondato un club di appassionati di musica classica, sa suonare molti strumenti, e nessuno di questi è un po’ rock. Va in giro con la bicicletta, fischiettando canzoni che conosce solo lei, tutte melense e di almeno cinquant’anni fa. Per non parlare del fatto che è sempre così… così pulito. E ci dica la verità: lei si sistema le sopracciglia, vero?” concluse, con una smorfia, tra le risate generali.
Paul sgranò gli occhi, appoggiandosi la mano sul petto e sentendo all’improvviso il bisogno di sedersi. Gli mancava l’aria, tutto d’un colpo.
Era quello che i suoi alunni pensavano di lui?
Cosa stava succedendo alle sue certezze, al suo mondo? Non avrebbe mai pensato di dare quell’impressione agli altri!
Mentre ignorava il resto dei commenti degli studenti, pensò che Ringo gliel’avrebbe pagata.
Gliel’avrebbe pagata eccome.

Fortunatamente, la pausa pranzo arrivò in fretta, e Paul si trovò chiuso in sala professori, con il suo triste vassoio, mentre tutti gli altri colleghi erano in mensa, a mangiare in compagnia.
Linda aveva insistito per stare lì con lui, ma la verità era che Paul sentiva il bisogno di stare un po’ da solo.
Immaginava che anche i colleghi avessero avuto di che parlare, durante quella lunga mattinata, e temeva che non fossero discorsi lusinghieri sul suo conto. D’altronde, aveva ancora i commenti di Sutcliffe in testa, che vorticavano come dei pazzi.
A farlo morire di spavento e a distrarlo dalle sue paranoie, ci pensò lo sbattere violento della porta.
“Ma cosa cazzo sta succedendo?” esclamò John, entrando in sala professori come un reduce di guerra. Con un gesto scocciato si sistemò gli occhiali, a penzoloni sul naso, e i capelli, riflettendosi nel piccolo forno a microonde.
Paul deglutì rumorosamente, cercando di mandare giù un pezzo troppo grosso di pasty.
Dio, nella classifica delle persone che non aveva voglia di vedere, Lennon era stabile al primo posto. Sì, prima di Ringo e dei giornalisti che lo aspettavano là fuori.
“Sono ancora lì?”
“Sì, ma cosa ci fanno qua, Macca? Saranno un centinaio tra reporter e cameraman, sono impazziti tutti, tutti! Una tizia assurda, credo che fosse cinese, mi ha chiesto se è vero che hai un piccolo chihuahua di nome Barbie.”
Paul sgranò gli occhi, e stavolta sì che il pasty gli andò di traverso. John si avvicinò ridendo, colpendolo leggermente tra le scapole, finché il collega non si sentì meglio e smise di tossire.
“Tranquillo, Macca, ho detto di no!” esclamò alla fine, rubandogli la mela dal vassoio.
“Vuoi dirmi che davvero non sai cosa stia succedendo?” gli chiese Paul, dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante tra di loro.
“No, sono stato impegnato il weekend, se sai cosa intendo, e stamattina non avevo lezione. Perché abbiamo i giornalisti di mezza Inghilterra fuori dalla scuola?”
“Beh, Lennon, tutta quella gente è lì fuori perché vuole le foto del professore gay.”
La faccia di John era alquanto perplessa, ma alla fine batté la mano contro la propria fronte e si illuminò.
“Dio, l’ho sempre saputo che il preside Epstein ci nascondeva qualcosa. Credo che un paio di volte mi abbia anche guardato il sedere. Per non parlare di quella volta in gita in Spagna, quando…”
“No, Lennon. Sarei io.” Esclamò Paul, alzandosi in piedi.
John lo squadrò, masticando la mela lentamente, e per un secondo, per un lunghissimo secondo, Paul si sentì nudo sotto il suo sguardo. Alla fine, in preda all’imbarazzo e rosso come un peperone, cercò di sviare l’attenzione riassumendo tutta la storia dei Bafta e dei giornalisti. Il collega però, anziché consolarlo, scoppiò a ridere di nuovo.
“Ah, sempre uguali, questi pezzi di merda. Stai tranquillo, amico. Tempo un giorno o due e il cortile sarà di nuovo vuoto. Ora Ringo è sulla cresta dell’onda, e tutti sono curiosi di sapere le minime stronzate su di lui, ma ormai un gay non fa più scalpore. Sono solo curiosi di sapere chi ha ispirato il protagonista di quel film da intellettualoidi.”
Paul annuì. Certo, John era un tipo molto tollerante, su quello non c’erano dubbi, ma per quanto assurdo, il suo ragionamento filava. E parecchio.
Si preparò velocemente un caffè, e ripensò a quel commento.
“Mi sa che hai ragione, Lennon.” Mai avrebbe pensato di sentirsi pronunciare quelle parole. In quei giorni succedeva davvero di tutto, non c’era che dire.
“Certo che ho ragione. E poi, cinque giorni e sarai sposato alla Eastman. E quale modo migliore di questo, per convincere la gente che non sei gay?” concluse John, facendo canestro nel cestino della spazzatura con il suo torsolo di mela.

Linda aveva finito le lezioni subito dopo pranzo, quel giorno, eppure decise di attendere fino alla fine del turno di Paul, per poter stare del tempo insieme al proprio fidanzato, e per parlare di quella situazione assurda che si stavano trovando a vivere.
Di nascosto da tutti si era chiusa in bagno per sistemarsi i capelli e per truccarsi un po’ il viso. Per assurdo, quell’intera faccenda aveva reso molto più insicura lei che il suo futuro marito.
All’improvviso i suoi lunghi capelli biondi le sembravano troppo disordinati, troppo crespi, troppo tutto.
Inoltre, per affrontare un centinaio di giornalisti, era meglio che le sue occhiaie fossero il meno visibili possibile.
Quella giornata lavorativa era stata molto impegnativa, dal punto di vista psicologico ed emotivo, e ora si trovava con un gran mal di testa. Aveva beccato i colleghi a sparlare di lei, ancora prima di mettere piede in sala professori.
Dopodiché era stata chiamata dall’assistente sociale, la signorina Wood, che si era preoccupata di sapere come Linda stesse affrontando questa fase “di cieca negazione di una realtà abbastanza evidente”. Infine, a quanto pareva, la Wood ci teneva a farle sapere che “se fosse stata mollata sull’altare per un altro uomo lei era disponibile per consolarla, e non solo”.
Linda non sapeva come prendere quella conversazione, e se ne andò ringraziando, indecisa se sentirsi lusingata o spaventata.
Dopo quel genere di avventure, necessitava di rassicurazioni.
Si piazzò in corridoio, tamburellando impaziente il piede, e attese che Paul si congedasse dai suoi ragazzi. Stette per parecchi minuti ferma ad aspettare che la classe si svuotasse e che il professore uscisse dall’aula; ma il tempo passava, e non succedeva niente. Dunque, bussando leggermente, entrò nella classe deserta.
Paul era seduto sulla cattedra, strimpellando una chitarra acustica, intonando una canzone di Elvis.
Ed Elvis significava solo guai. Guai seri.
“Ciao.” Lo salutò timidamente Linda.
“Com’è andata la giornata, cara?”
“Pensavo peggio. La tua?”
“Pensavo meglio.” Le rispose, ridendo appena, tenendo lo sguardo fisso sulla chitarra.
L’aria era pesante, non si trovavano soli da sabato sera, e Linda per un attimo sentì una fitta di preoccupazione colpirle il cuore.
“Sono ancora fuori, quei pescecani?” chiese alla fine Paul, dopo quelli che erano sembrati dei minuti infiniti.
“Sì, stanno aspettando noi, temo. In realtà alcuni giornalisti se ne sono già andati via. Lennon e Harrison si sono divertiti un mondo a giocare un po’ con loro. Un paio di reporter hanno persino intervistato la Rigby! Chissà cosa aveva da dir loro, povera cara. Magari qualcosa sui gattili, come suo solito. E Kite ha fatto il suo solito spettacolino di flessioni, mentre Mustard...” Linda non finì il suo discorso, perché Paul si alzò, mise da parte la chitarra e l’abbracciò. La donna ne approfittò per stringerlo forte a sé.
“Ti prego, dimmi che ci sposiamo ancora, Paul.”
“Certo!”
“Bene, perché non mi ridaranno più indietro i soldi del vestito. E ho ordinato la torta alle meringhe solo per te. E non vorrai che tutto quel ben di dio vada sprecato, vero? Vero? ”
Paul si staccò dall’abbraccio per guardare negli occhi la fidanzata.
“Non ti devi preoccupare di niente, fidati di me. Ci sposeremo.”
Linda gli sorrise dolcemente, asciugandosi velocemente una lacrima. Gli prese il viso tra le mani e gli diede un leggero bacio.
“Ti conviene, Paul, ti conviene.” 









Angolo dell'autrice:

Buon pomeriggio a tutti, miei cari lettori.
Capitolo-corridoio breve per farvi immergere un po' di più nella storia, ma non temete, per il prossimo non dovrete aspettare ancora molto! Già sabato aggiornerò!
Che dire? Ci sono parecchi riferimenti alla cultura queer, quindi spesso e volentieri troverete nomi di personaggi "chiave" e di canzoni un po' stereotipate, ma facilmente riconducibili al mondo lgtb. Spero che siano dei riferimenti abbastanza facili per tutti voi, sennò non abbiate timore a dirmelo e aggiungerò link come se non ci fosse un domani.
Vorrei ringraziarvi tutti, perché siete stati meravigliosi e mi avete riempito di complimenti e recensioni e io non vi merito <3 Come al solito: grazie, grazie e ancora grazie. Fatemi sapere se anche questo capitolo continua a piacervi! *ansia* 
Infine, una tazza di amore per Kia85 che mi sopporta e mi aiuta tanto tanto, anche e soprattutto nei momenti di crisi >_<
Ci si legge sabato, e grazie di essere arrivati fino a qui ;)
Anya



 
   
 
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